Legittimazione ad agire in giudizio: la parola alle Sezioni Unite della Cassazione

La non univocità degli orientamenti giurisprudenziali e delle tesi di dottrina, oltre il rilievo socio economico della questione, inducono la Prima sezione della Cassazione a rimettere al Presidente, come questione di massima importanza, quella relativa all’ammissibilità o meno dell’intervento ad adiuvandum delle associazioni dei consumatori, in quanto enti esponenziali dei diritti e degli interessi dei consumatori risparmiatori.

Con l’ordinanza interlocutoria del 19 febbraio 2016, n. 3323, la Prima sezione della Corte di Cassazione, stante l’esistenza di un contrasto in giurisprudenza e di diverse posizioni in dottrina, ha inteso rimettere al Presidente, affinché provveda a trasmetterla eventualmente alle Sezioni Uniti, la questione relativa alla possibilità, per le associazioni dei consumatori, di intervenire con intervento adesivo alle azioni giudiziarie promosse dai singoli consumatori. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in commento, ha origine dall’azione avviata da diversi risparmiatori nei confronti di alcune banche per ottenere il risarcimento delle somme investite in prodotti finanziari rivelatisi, in seguito, fallimentari, con conseguente perdita delle somme investite. In primo e secondo grado le domande vengono accolte ma vengono, per contro, rigettate le richieste di intervento adesivo promosse da due associazioni dei consumatori, sul rilievo dell’assenza di un interesse diretto delle stesse, avendo i risparmiatori promosso autonomamente l’azione giudiziaria. Il S.C., ravvisando sul punto contrastanti orientamenti, rimette la questione al Primo Presidente perchè investa, eventualmente, le Sezioni Unite. L’intervento adesivo dipendente come e perché. Secondo il codice di rito, l'interesse richiesto per la legittimazione all'intervento adesivo dipendente nel processo in corso fra altri soggetti art. 105, secondo comma, c.p.c. , deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tal che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere - anche solo in via indiretta o riflessa - pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa. La questione, peraltro, è molto più complesso qualora la richiesta all’intervento provenga, come nel caso di specie, da associazioni di consumatori, ossia da associazioni che tutelano interessi diffusi dei membri delle stesse, quali enti esponenziali dei diritti vantati dai medesimi appartenenti. Associazioni dei consumatori e codice del consumo l’azione inibitoria. Per quanto di interesse in questa sede, deve osservarsi che secondo la giurisprudenza, di legittimità e di merito, le associazioni di consumatori iscritte all'elenco di cui all'art. 137 del Codice del Consumo sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi per chiedere l'inibitoria di comportamenti che siano contrari agli interessi collettivi, quali l'applicazione di clausole contrattuali contrarie a disposizioni di legge e quindi in contrasto con gli interessi collettivi alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali. Deve essere riconosciuta legittimazione attiva dell'associazione di consumatori, infatti, che si affermi titolare di un diritto alla correttezza nei rapporti contrattuali , laddove ne lamenti la lesione in ragione dell'applicazione ad opera della controparte di una clausola asseritamente nulla, anche in ragione di una, intervenuta, modifica legislativa. Intervento adesivo delle associazioni dei consumatori chi dice sì Per quanto riguarda, invece, l’ammissibilità di un intervento ad adiuvandum – con riferimento ad un’azione promossa da un singolo – deve riscontrarsi un contrasto di giurisprudenza, tale da giustificare la rimessione al Primo Presidente con l’ordinanza interlocutoria in commento. Secondo una tesi positiva, infatti, le associazioni dei consumatori e degli utenti sono legittimate ad intervenire nel giudizio instaurato da un consumatore in particolare, la Cassazione ha ritenuto ammissibile l’intervento dell’associazione avanti al giudice di pace per il recupero delle somme versate quale canone per il servizio di depurazione delle acque reflue a causa dell'inesistenza del servizio, in forza di quanto previsto dalla l. n. 281/1998, che all'art 3 attribuisce ad esse la legittimazione ad agire, a tutela di interessi collettivi, al fine di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori, senza preclusione delle azioni individuali di costoro, danneggiati dalle medesime violazioni. e chi dice no. Per contro, una diversa tesi si esprime nel senso che una posizione qualificata e differenziata - come quella di un'associazione che rappresenta gli interessi diffusi dei consumatori - non legittima per ciò solo a ricorrere, in quanto è necessario che sussista un interesse concreto e attuale il quale, costituendo condizione dell'azione, deve essere verificato dal giudice, di volta in volta. Detto interesse non può ritenersi in re ipsa , nel sol fatto di essere titolari di una posizione qualificata e differenziata, essendo necessario che sia allegata una diretta e concreta lesione Associazioni di consumatori ed accesso ai documenti. La legittimazione delle associazioni dei consumatori è stata invece riconosciuta in diverse occasioni con riferimento alla tutela degli associati. In un caso, in particolare, si è affermato che in tema di accesso ai documenti amministrativi, sussiste il diritto d'accesso di un'associazione di consumatori e utenti, iscritta nell'elenco ex art. 137, d.lgs. n. 206/2005, alle informazioni ambientali tenute dalla Regione tale forma di accesso, riferita ad atti e provvedimenti in grado di incidere sull'ambiente quale bene giuridico protetto dall'ordinamento, è, infatti, del tutto svincolata da motivazioni precise e dalla dimostrazione dell'interesse del singolo. Associazione dei consumatori e persona offesa dal reato. Analogamente, si è affermato in giurisprudenza che un'associazione di consumatori in quanto legittimata, in base al Codice del Consumo, ad agire a tutela degli interessi collettivi degli associati in materia di diritto alla salute, può considerarsi persona offesa dal reato di abuso in atti d'ufficio, stante la natura di reato plurioffensivo, quando ha per fine o effetto di arrecare ad altri un danno ingiusto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 17 novembre 2015 – 19 febbraio 2016, n. 3323 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e Diritto L’associazione Sportello del consumatore” il Comitato denominato ”San Giorgio per la difesa dei soci delle istituzioni creditizie”, nonché singolarmente M.E.P. +Altri hanno convenuto in giudizio la s.p.a. Carige per chiedere che fosse dichiarata la nullità od inefficacia nei contratti di negoziazione di prodotti finanziari sorti tra le parti ed aventi ad oggetto le obbligazioni Eur Parm 6,25 00/05 da essi acquistate la nullità ed inefficacia di qualsiasi altra pattuizione negoziale compresa, connessa o contestuale rispetto ai rapporti oggetto di causa, la condanna alla restituzione delle somme investite l'accertamento della responsabilità contrattuale e precontrattuale della banca con condanna al risarcimento del danno consequenziale. A sostegno delle domande proposte hanno dedotto di aver acquistato, nel gennaio 2000 su consiglio di funzionari della banca le obbligazioni Parmalat in questione senza essere resi edotti della grave crisi già in atto a carico della emittente. La banca ha, pertanto, violato il dovere di correttezza e trasparenza in sede di contrattazioni di valori mobiliari così come previsto negli artt. 5 e 21 del T.U.F. Le obbligazioni acquistate si sono rivelate particolarmente rischiose essendo peraltro destinate ad investitori istituzionali e non a piccoli risparmiatori in quanto emesse su mercato estero da una società finanziaria per importi superiori al capitale, senza garanzia di solvibilità. La banca non poteva non essere a conoscenza delle caratteristiche del prodotto e della sua inadeguatezza rispetto al profilo degli acquirenti, con conseguente obbligo di fornire tutte le informazioni necessarie per ottenere la formazione di un consenso informato. La banca non aveva fatto avere conoscenza del regolamento di emissione delle obbligazioni, operando, inoltre, in conflitto d'interessi per aver scaricato sugli acquirenti l'intero rischio dell'operazione. Il Tribunale, in primo grado, ha dichiarato la carenza di legittimazione ad agire delle associazioni e ha accolto la domanda di risarcimento del danno quantificandolo nelle somme versate da ciascuno per gli investimenti contestati. Su impugnazione principale della banca ed incidentale dei risparmiatori, la Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza impugnata ha rigettato l'appello principale ed accolto parzialmente quello incidentale. A sostegno della decisione assunta la corte territoriale ha affermato per quel che ancora interessa Il difetto di legittimazione attiva delle associazioni. Nella fattispecie le associazioni, alle quali va attribuita la qualificazione giuridica di enti esponenziali d'interessi diffusi hanno proposto la domanda in nome proprio e nell'interesse altrui, così realizzando un'inammissibile forma di sostituzione processuale in contrasto con l'art. 81 cod. proc. civ. Peraltro la loro partecipazione al giudizio non può neanche qualificarsi come intervento volontario dal momento che esse non fanno valere un diritto proprio, né può adombrarsi una forma d'intervento ad adiuvandum non risultando dotate di un proprio interesse a sostenere una delle ragioni delle parti. La violazione degli obblighi informativi nella specie non ha ad oggetto la validità ed efficacia del contratto quadro ma la responsabilità precontrattuale dell'intermediario nei singoli contratti esecutivi del predetto,L'art. 1337 cod. civ. deve essere integrato dalle disposizioni del t.u.f. e del correlato regolamento Consob a tutela del diritto all'informazione e ad una contrattazione consapevole da parte del risparmiatore. La culpa in contrahendo si sostanzia pertanto nell'interesse negativo a non essere coinvolti in una statuizione pregiudizievole. Tale specifica domanda, di natura risarcitoria, è stata autonomamente formulata con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado. Il tribunale non l'ha affrontata e gli appellanti ne hanno fatto oggetto d'impugnazione incidentale. L'accoglimento di tale domanda risarcitoria non sposta tuttavia l'ammontare del risarcimento liquidato dal Tribunale correttamente determinato nell'importo investito al netto del reddito dagli investimenti effettuati attraverso le cedole riscosse. Nella specie, l'interesse negativo consiste proprio nel pregiudizio derivante dall'investimento eseguito soltanto in virtù della carenza informativa ascritta all'intermediario, sul quale grava l'onere ex art. 23 t.u.f. della prova contraria. - Le spese di lite del primo grado di giudizio sono state liquidate in favore dei risparmiatori al di sotto dell'applicazione corretta della tariffa forense in considerazione dell'attività difensiva prestata e sono modificate in aumento. - Le spese di lite del secondo grado sono a carico CA.RI.GE. mente nel rapporto processuale con le associazioni le spese processuali devono essere compensate. - Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la CA.RI.GE. affidato a 5 motivi. Hanno resistito con controricorso le associazioni ed i risparmiatori formulando anche ricorso incidentale affidato a due motivi. Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., con censura ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per avere la Corte d'Appello accertato l'esistenza di una responsabilità extracontabile della banca mai prospettata dalle controparti che avevano incentrato le loro difese sulla risoluzione del contratto ed il risarcimento danni consequenziale allo scioglimento del vincolo. Nel secondo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione oltre che la violazione dell'art. 23 T.U.F. per avere la corte d'Appello trascurato di accertare l'esistenza del nesso causale tra l'inadempimento ravvisato in sede precontrattuale ed il A danno. Sotto il profilo dell'inadempimento agli obblighi informativi prescritti dall'art. 23 T.U.F. e 28 Reg. Consob la parte ricorrente afferma che nel documento rischi allegato al contratto quadro erano ben individuati i rischi delle operazioni finanziarie in caso di default dell'emittente i titoli in questione avevano ottima fama prima del default dovuto ad attività criminale dei vertici Parmalat la banca aveva svolto mera attività di negoziazione e non di sollecitazione e consulenza le parti non avevano voluto indicare il proprio profilo finanziario la non quotazione in borsa era irrilevante alla luce delle buone indicazioni sul titolo le parti avevano cognizione del titolo tanto da averne percepito le cedole per tre anni l'intermediario non aveva l'obbligo d'informare il cliente in ordine agli sviluppi successivi alla fase di negoziazione dell'andamento del titolo. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 1337 cod. civ. per non aver limitato il risarcimento ai c.d. interessi negativi. Nel quarto motivo si contesta la statuizione relativa alla compensazione delle spese di lite con le Associazioni. Rigetto è motivata. Nel quinto vengono censurate le espressioni offensive di controparte relative all'uso dei termini truffa contrattuale e condotta scandalosa, con riferimento al A comportamento negoziale della banca. Nell'unico motivo di ricorso incidentale viene contestata sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione la ribadita insussistenza della legittimazione ad agire delle due associazioni costituitesi. Lo statuto dello Sportello del Consumatore reca espressamente nella definizione dell'oggetto sociale la promozione della tutela individuale e collettiva dei consumatori da realizzarsi sia mediante assistenza sul piano tecnico e giuridico sia esercitando attività di rappresentanza anche attraverso la richiesta di legittimazione attiva e passiva nei giudizi civili e penali e nelle controversie arbitrali. Lo statuto del Comitato san Giorgio ha nel suo oggetto a tutela degli interessi e diritti a qualunque titolo vantati dai soci nei confronti degli istituti di credito in ogni sede ivi compresa quella giudiziaria. La semplice lettura degli statuti avrebbe dovuto indurre la Corte d'Appello a riconoscere che le associazioni presentavano lo scopo statutario diffuso della difesa dei diritti economici dei risparmiatori e degli utenti bancari e la conseguente legittimazione ad agire. Le associazioni non hanno agito come sostituti processuali ma hanno richiesto che fosse riconosciuta la loro qualità di interventori quanto meno ad adiuvandum ritenendo che l'esito del giudizio avrebbe avuto un effetto riflesso positivo o negativo giuridicamente apprezzabile nella loro sfera giuridica. Nell'intervento ad adiuvandum non si richiede la titolarità di un diritto nei confronti delle parti originarie ma soltanto la presenza di un interesse giuridicamente rilevante ad un esito favorevole della controversia. Tale interesse poteva cogliersi in ordine ai seguenti profili l'interesse a veder riconosciuto il ruolo di capofila delle associazioni in questione l'interesse a veder riconosciuto il ruolo statutario diffuso di difensori dei diritti economici dei risparmiatori ed utenti bancari l'interesse ad una soluzione positiva spendibile in altre analoghe controversie l'interesse al rimborso delle spese sostenute per la gestione collettiva della lite e delle spese processuali. Deve essere affrontato pregiudizialmente la censura relativa alla legittimazione ad intervenire ad adiuvandum della associazione sportello del consumatore e del Comitato San Giorgio. Le azioni risarcitorie promosse dagli investitori nel presente giudizio, hanno natura individuale ancorché siano state proposte ai sensi dell'art. 33 cod. proc. civ. davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una delle parti o come può ritenersi nella specie di tutte per essere decise nello stesso processo. Ne consegue che la questione da affrontare riguarda la legittimazione ad intervenire ad adiuvandum di un'associazione che si propone, come indicato nel proprio statuto, la cura, la promozione e la tutela dei diritti dei consumatori tra i quali sono espressamente compresi i risparmiatori/investitori e gli utenti bancari, in un giudizio individuale, promosso da una pluralità di singoli risparmiatori i quali denuncino specificamente la lesione di diritti loro riconosciuti dalla legge proprio in virtù dell'asimmetria informativa e contrattuale che caratterizza il rapporto contrattuale tra risparmiatore/investitore ed intermediario. È necessario osservare, prima di affrontare il tema specifico della legittimazione dell'intervento ad adiuvandum, stabilire se i risparmiatori/investitori persone fisiche possano essere qualificati consumatori e, conseguentemente se ad essi possa essere applicata, salvo deroghe specifiche, la disciplina normativa a tutela dei consumatori applicabile ratione temporis, attualmente sostituita dal Codice del Consumo d.lgs. n. 205 del 2006 . La risposta è affermativa e trova riscontro in convergenti indici normativi provenienti, nel sistema antevigente artt. 1469 bis e seguenti cod. civ. e l. n. 281 del 1998 ed in quello attuale. In primo luogo i contratti d'intermediazione finanziaria rientrano nell'ampio genus delle prestazioni di servizi e più specificamente nella categoria dei servizi finanziari , espressamente disciplinati negli 1469 bis, quarto e quinto comma, cod. civ. riguardanti rispettivamente una disciplina derogatoria del regime generale consumeristico in tema di recesso del professionista e di modulazione dello ius variandi. Attualmente, analoga previsione è contenuta nell'art. 33 quarto comma del codice del consumo che ha ad oggetto esclusivamente la previsione entro limiti definiti dello ius variandi. Inoltre l'art. 67 ter del Codice del Consumo include tra i contratti che sono assoggettati al regime giuridico stabilito nella Sezione IV bis Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori alla lettera b i servizi finanziari, tra i quali si comprende qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, d'investimento. La correlazione tra la disciplina normativa codicistica ante codice del consumo e l'attuale è indispensabile per comprendere come l'appartenenza all'ambito della tutela consumeristica dei contratti in questione è sorto fin dall'entrata in vigore dell'art. 24 della l. n. 52 del 1996 che ha interpolato il codice civile con gli artt. 1469 bis e seguenti ed è stata conservata, senza soluzione di continuità ed, anzi con un regime protettivo rafforzato anche dopo l'entrata in vigore del Codice del consumo. Del resto il T.U.F. il d.lgs n. 58 del 1998 e successive modificazioni è fortemente permeato di disposizioni poste a tutela della asimmetria informativa e contrattuale tra le parti del contratto. L'inclusione dei contratti in oggetto nell'ambito della tutela consumeristica consente di ritenere applicabile ad essi anche la tutela collettiva prevista sia nel vigore della disciplina normativa ante codice del consumo che nell'attuale, pur dovendosi riscontrare dall'entrata in vigore del d.lgs n. 206 del 2005 e con l'introduzione della class action, un incremento dell'importanza e dell'incidenza delle azioni collettive come strumento primario di accesso alla giustizia per la categoria dei consumatori ed utenti. Nel regime giuridico applicabile ratione temporis, l'art. 1469 sexies cod. civile prevedeva l'azione inibitoria collettiva. L'entrata in vigore della l. n. 281 del 1998, applicabile al presente giudizio ha ampliato la tutela collettiva aggiungendo alla tutela inibitoria anche la c.d. tutela conformativa, volta ad adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate e consentendo alle associazioni dei consumatori, ove iscritte nel registro regolato all'art. 4, di richiedere anche la modifica o l'adozione di comportamenti idonei a ripristinare la lesione dei diritti dei consumatori ed utenti. Con il Codice del consumo, il legislatore ha eletto le azioni collettive a principale strumento di tutela dei diritti dei consumatori intitolando il Titolo II della parte quinta dedicato alla legittimazione ad agire delle associazioni, ed alle forme di tutela collettiva, attualmente composta anche dell'azione di classe, volta al riconoscimento anche in sede di azione collettiva, del diritto al risarcimento del danno, accesso alla giustizia . L'art. 140, comma nove e l'art. 140 bis comma cinque, fanno salvo il diritto dei consumatori di svolgere azione individuale, anche aventi il medesimo oggetto dell'azione collettiva. Nell'azione di classe può esercitare questo diritto il consumatore che non abbia aderito o non sia intervenuto nell'azione collettiva. Per poter promuovere un'azione collettiva inibitoria o conformativa occorre essere iscritti nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale. L'art. 137 del codice del consumo ed il precedente art. 4 della l. n. 281 del 1998 stabiliscono i requisiti per poter essere iscritti. Per l'azione di classe non è richiesta l'iscrizione nel predetto elenco, ma la valutazione dell'adeguatezza della rappresentatività art. 140 bis secondo comma è rimessa all'esame del giudice. Il rapporto tra la tutela individuale e quella collettiva è disciplinata dagli artt. 140 e 140bis codice consumo ancorché in modo ritenuto largamente insoddisfacente dalla dottrina. Sono stati, tuttavia, fissati, alcuni principi regolatori la proposizione di un'azione ex art. 140 codice consumo non preclude azioni individuali dei consumatori danneggiati dalle medesime violazioni art. 140 ultimo comma i consumatori che non hanno aderito preventivamente all'azione di classe o non sono intervenuti successivamente non subiscono alcuna limitazione al loro diritto di proporre azioni individuali anche aventi il medesimo oggetto risarcitorio dell'azione di classe. Il quadro normativo descritto evidenzia il rilievo centrale delle associazioni nel sistema della tutela consumeristica e la consapevolezza dell'insufficienza ed inadeguatezza delle azioni individuali, sotto lo specifico e preminente profilo dell'accesso alla giustizia e al riconoscimento giurisdizionale dei diritti dei consumatori. Non sorprende, pertanto, che, come nel caso di specie, le azioni individuali siano proposte cumulativamente servendosi dell'ausilio delle associazioni che recano come loro scopo sociale la tutela degli interessi collettivi dei consumatori o di una specifica categoria di essi, La prevalente omogeneità e standardizzazione delle violazioni di legge e dei danni lamentati dai consumatori e la prevedibile sproporzione tra la lesione denunciata ed il costo dell'accesso alla giustizia evidenziano il ruolo delle associazioni, come principale organismo di riferimento per il consumatore anche al di fuori della tutela collettiva tipica. All'interno di questo sistema incentrato anche normativamente sulla funzione delle associazioni e sul rilievo della riproducibilità e standardizzazione dei diritti individuali risarcitori dei consumatori oltre che sull'efficacia collettiva della tutela inibitoria o conformativa, si pone come prius logico il quesito relativo alla configurabilità di un ruolo attivo, riconosciuto nel processo, alle associazioni anche nelle azioni individuali promosse dai consumatori, ancorché, come nella specie, in forma cumulativa. Il secondo quesito che sottende, tuttavia, una risposta affermativa al primo, riguarda più specificamente la modalità di partecipazione delle associazioni all'interno del processo rivolto alla tutela individuale dei consumatori ovvero se ed in che forma può manifestarsi l'intervento in giudizio delle predette associazioni fuori delle azioni collettive. Il presente giudizio pone esclusivamente la questione dell'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum e non di quello principale, fondato sul riconoscimento di un interesse autonomo e diretto alla partecipazione al giudizio e alla conseguente formazione del giudicato. In ordine alla prima questione le soluzioni prospettabili sono di segno opposto. Si può sostenere che il ruolo delle associazioni nei giudizi consumeristici si esaurisce in quello espressamente previsto dal Codice del Consumo. Le associazioni possono essere rappresentative dei diritti ed interessi dei consumatori se iscritte nel registro apposito ed agire per la tutela inibitoria o conformativa o possono, all'interno delle rigorose condizioni previste dalla legge, promuovere ed instaurare l'azione di classe. Il legislatore si è preoccupato di regolare il diritto d'azione individuale dei consumatori anche quando sia proposta un'azione collettiva o di classe ma nulla ha indicato nell'ipotesi contraria, così confermando la tipicità dell'intervento giurisdizionale delle associazioni medesime. La soluzione estensiva potrebbe determinare un'incontrollata partecipazione di enti esponenziali di diritti ed interessi dei consumatori anche costituiti ad hoc per singole controversie, così determinandosi una sorta di eterogenesi dei fini rispetto all'esigenza di offrire una tutela adeguata e tendenzialmente tempestiva a tali diritti. Può, tuttavia, essere sostenuta anche la soluzione contraria fondata, per quanto riguarda l'intervento ad adiuvandum, sul riconoscimento del rilievo che le associazioni hanno nella tutela dei diritti dei consumatori anche ante causam, costituendo nella stragrande maggioranza dei casi la prima agenzia d'informazione, conoscenza e riconoscimento dei diritti dei singoli consumatori, art. 2 e 139 codice del consumo . La trasformazione delle singole violazioni o lesioni denunciate in una dimensione collettiva e standardizzabile costituisce il nucleo della funzione delle associazioni proprio in virtù dell'insufficienza ed inadeguatezza delle risposte individuali sia in fase stragiudiziale che giudiziale. Il raggiungimento di quest'ultimo obiettivo può essere realizzato mediante le forme tipiche di tutela collettiva previste negli artt. 140 e 140 bis del codice del consumo ma anche mediante azioni cumulative quando non vi siano le condizioni giuridiche o le azioni tipiche non siano ritenute lo strumento più adeguato per la tutela dei diritti da intraprendere. Il quadro così delineato può integrarsi con il riconoscimento costituzionale del valore dell'associazionismo art. 18 Cost. e con il pari rilievo riconosciuto all'associazionismo dall'art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea nonché del successivo art. 38 nel quale è stabilito che nelle politiche dell'Unione è garantito un livello di protezione elevato per i consumatori. Oltre alle opzioni alternative illustrate è, tuttavia necessario fornire una definizione giuridica dell'interesse ad adiuvandum così come elaborata dalla giurisprudenza di legittimità. L'intervento adesivo dipendente deve fondarsi su un interesse giuridico e non di mero fatto ad una delle due soluzioni alternative della controversia. Sul contenuto dell'interesse giuridico non vi è una totale consonanza. Si ritiene alternativamente necessario che si debba riscontrare un'efficacia riflessa del giudicato anche nella sfera giuridica del terzo o che sia sufficiente la preesistenza di un rapporto giuridico tra una delle parti ed il terzo tale da postulare quanto meno la possibilità che quest'ultimo possa trarre un concreto vantaggio secundum eventum litis. La configurazione più restrittiva dell'interesse ad adiuvandum si può riscontrare nella recente pronuncia n. 25145 del 2014 L'intervento adesivo dipendente del terzo è consentito ove l'interveniente sia titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti o da esso dipendente e non di mero fatto, attesa la necessità che la soccombenza della parte determini un pregiudizio totale o parziale al diritto vantato dal terzo quale effetto riflesso del giudicato, nonché nella coeva n. 364 del 2014 la legittimazione ad adiuvandum ex art. 105, secondo comma, cod. proc. civ. presuppone che il giudicato destinato a formarsi tra le parti del giudizio arrechi una lesione ad un interesse giuridico e non meramente fattuale del terzo interveniente. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il Consorzio del Parco Regionale della Valle del Lambro non fosse legittimato ad intervenire nella controversia risarcitoria vertente tra uno dei comuni consorziati ed altro soggetto, valutando come interessi di mero fatto la possibile perdita dei contributi necessari per il funzionamento del consorzio e l'esigenza di tutela degli aspetti pubblicistici ad esso demandati . Deve, tuttavia, rilevarsi che proprio in tema di intervento adesivo dipendente dei c.d. enti esponenziali d'interessi collettivi e diffusi l'orientamento è stato più estensivo. Nella sentenza n. 15535 del 2005 è stato affermato che Le associazioni dei consumatori e degli utenti sono legittimate ad intervenire nel giudizio instaurato da un consumatore avanti al giudice di pace per il recupero delle somme versate quale canone per il servizio di depurazione delle acque reflue a causa dell'inesistenza del servizio, giacché la legge 30 luglio 1998, n. 281 all'art. 3 attribuisce ad esse la legittimazione ad agire, a tutela di interessi collettivi, al fine di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori, senza preclusione delle azioni individuali di costoro, danneggiati dalle medesime violazioni . In questa pronuncia la Corte, rivolgendosi, tuttavia, ad un'associazione iscritta nell'elenco che abilita alla proposizione di azioni collettive ex art. 140 cod.consumo e ratione temporis ex artt. 3 e 5 l. n. 281 del 1998 , non richiede ai fini dell'intervento ad adiuvandum che l'interesse dell'interveniente sia fondato sull'efficacia riflessa del giudicato, essendo sufficiente che essa abbia come scopo sociale il raggiungimento del medesimo obiettivo la rimozione della violazione delle norme lesive dei diritti dei consumatori ed il riconoscimento dei loro diritti economici che s'intende perseguire con l'azione individuale, ancorché relativo a diritti altrui, e conseguentemente non inciso neanche indirettamente dal giudicato, dal momento che la finalità istituzionale degli enti in questione è proprio la promozione, la protezione e la tutela giurisdizionale di diritti non propri ma di una categoria di soggetti che dalle associazioni intendono essere direttamente rappresentati nelle azioni collettive o sostenuti nelle azioni individuali o cumulative . Peraltro la Corte aggiunge che il diritto delle associazioni d'intervenire nei giudizi individuali costituisce un corollario della conservazione del diritto individuale d'azione dei consumatori anche dopo la proposizione di azioni collettive ed in virtù della nuova disciplina dei diritti dei consumatori introdotta con la legge n. 281 del 1998 ritiene superati i precedenti orientamenti contrari Cass. 1111 del 2003 . La non univocità degli orientamenti giurisprudenziali anche nella giurisprudenza di merito le posizioni al riguardo sono non convergenti e delle tesi della dottrina oltre che il rilievo socio economico della questione inducono il Collegio a rimettere al Primo Presidente, come questione di massima di particolare importanza, quella formante oggetto dell'unico motivo di ricorso incidentale relativa all'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum delle associazioni resistenti nel presente giudizio Sportello del Consumatore e Comitato San Giorgio in quanto enti esponenziali dei diritti e degli interessi dei consumatori risparmiatori. P.Q.M. La Corte, dispone la trasmissione del procedimento al Primo presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili.