Colpito alle gambe con spranghe di ferro, avvocato in ospedale: niente differimento dell’udienza

Pesanti conseguenze fisiche per il legale. Conseguente la richiesta di spostamento della discussione in una vicenda relativa a una richiesta di risarcimento danni. Per i giudici, però, il professionista deve organizzarsi per fronteggiare le emergenze.

Violentissima e infame aggressione ai danni di un avvocato. Il professionista sta percorrendo il tragitto casa-studio, quando viene colpito alle gambe con delle spranghe di ferro da due criminali. Pesantissime le conseguenze fisiche, con tanto di ricovero in ospedale. Ciò, però, non è sufficiente per ottenere il differimento della discussione” in un procedimento relativo a una richiesta di risarcimento danni Cassazione, ordinanza n. 2246/2016, Sezione Sesta Civile, depositata il 4 febbraio 2016 . Compiti. A fare da contesto è la vicenda relativa alla battaglia intentata contro la società difesa dal legale. Casus belli il furto del caravan di un uomo, furto avvenuto mentre il veicolo era custodito per il rimessaggio nell’area di proprietà della società. Pomo della discordia il risarcimento dei danni richiesto dal proprietario del caravan. La pretesa viene ritenuta legittima dai giudici la società dovrà versare oltre 6mila e 500 euro. Cifra, questa, che si va ad aggiungere ai 9mila euro già intascati dall’uomo e pagatigli dalla sua compagnia assicurativa . Secondo il legale della società, però, i giudici hanno commesso un errore gravissimo, non accogliendo la sua domanda di differimento della discussione . Ciò perché hanno ignorato l’attentato da lui subito, e che, sostiene il legale, gli ha impedito di svolgere adeguatamente la propria attività di difensore , non consentendogli di depositare una memoria adeguatamente sviluppata . Tale obiezione, però, viene respinta dai magistrati della Cassazione. Sia chiaro, nessuno pone in dubbio la gravità della violenza di cui è rimasto vittima il legale. Tuttavia, i giudici sostengono che il difensore ha il dovere di organizzare il proprio studio e la propria attività, eventualmente disponendo le necessarie sostituzioni e collaborazioni, in modo tale da garantire comunque lo svolgimento dei compiti da lui assunti . E in questa vicenda è emerso che fra l’attentato – metà novembre 2015 – l’ udienza camerale è trascorso un periodo di circa un mese , tempo sufficiente a fronteggiare l’emergenza , secondo i giudici. Ciò rende non accettabile, quindi, la richiesta di differimento avanzata dal legale. Anche tenendo presente che, alla fine, l’avvocato ha svolto, in sostanza, il proprio compito, come dimostra la memoria da lui tempestivamente depositata .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 dicembre 2015 – 4 febbraio 2016, n. 2246 Presidente Vivaldi – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione. 1. D.Z. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, la Sanvito s.a.s., chiedendo che fosse condannata al risarcimento del danno conseguente al furto del proprio caravan, custodito per il rimessaggio presso l'area di proprietà della convenuta. Si costituì la convenuta, eccependo in via preliminare che l'attore aveva già ottenuto il pagamento della somma di euro 10.000, per lo stesso titolo, dalla propria società di assicurazione, e chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale - sulla premessa che l'attore aveva identificato in euro 20.899 il complessivo danno subito e pur censurando il comportamento dello stesso, che del pagamento da parte dell'assicuratore nulla aveva detto - ritenne fondata la domanda e condannò la società Sanvito al pagamento della somma di curo 6.574, pari alla differenza tra il danno stimato dal c.t.u. e la somma già ricevuta dallo Z. pari ad euro 9.000 . 2. La pronuncia è stata appellata dalla Sanvito s.a.s. e la Corte d'appello di Milano, con sentenza del 9 luglio 2013, ha accolto il gravame solamente in relazione al profilo delle spese, confermando in sostanza la decisione del Tribunale e compensando nella misura di metà le spese di entrambi i gradi di giudizio, poste a carico della società Sanvito quanto all'altra metà. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre la Sanvito s.a.s., con atto affidato a tre motivi. Resiste D.Z. con controricorso. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli arti. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Occorre preliminarmente rilevare che è infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata dalla parte controricorrente. Risulta dagli atti che la sentenza della Corte d'appello di Milano è stata notificata, unitamente al precetto, in data 13 settembre 2013, alla Sanvito s.a.s., in persona del legale rappresentante, presso la sede legale di Via Roma 82/84, in Usmate Velate MB . Tale notifica, avvenuta nella vigenza del testo dell'art. 479 cod. proc. civ. di cui al decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modifiche, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, siccome compiuta alla parte personalmente anziché al difensore a tale conclusione può giungersi alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite 13 giugno 2011, n. 12898, che ha affrontato il problema in relazione al testo precedente, che consentiva la notifica della sentenza in forma esecutiva anche al procuratore costituito, ai sensi dell'art. 170 del codice di procedura civile. D'altra parte, l'eccezione è infondata anche in relazione al decorso del termine lungo per impugnare trattandosi di giudizio incominciato prima del 2009, si applica ratione temporis l'art. 327 cod. proc. civ. nel testo precedente, per cui il termine da applicare è, nella specie, quello annuale. Pertanto, essendo stata depositata la sentenza d'appello il 9 luglio 2013, il ricorso odierno, spedito per la notifica il 1 ° ottobre 2014, è sicuramente tempestivo considerando la doppia decorrenza della sospensione feriale dei termini . 6. Nel merito, con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione dell'art. 183 cod. proc. civ. in relazione alla modifica delle conclusioni avvenuta con una memoria inviata al difensore domiciliatario a mezzo fax. 6.1. Il motivo è infondato. Anche volendo prescindere dal profilo di inammissibilità consistente nel fatto che il ricorrente non specifica se, nella specie, il procuratore domiciliatario fosse o meno munito di procura, è decisivo il corretto rilievo della Corte d'appello secondo cui la trasmissione al domiciliatario a mezzo fax non determina alcun vizio nel caso di specie, avendo l'atto raggiunto il suo scopo, tanto più che il destinatario si è difeso sul punto, con ciò escludendo l'esistenza di ogni nullità v. la sentenza 15 marzo 2010, n. 6237 . 7. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 183 cod. proc. civ., in relazione alla modifica delle conclusioni rassegnate dallo Z 7.1. II motivo è palesemente infondato. Lo Z., dopo aver promosso il giudizio chiedendo il risarcimento del danno pari all'intero valore del caravan perduto, ha poi ridotto la propria domanda in considerazione del rilievo della società Sanvito relativo all'avvenuto risarcimento parziale del danno da parte della società di assicurazione dell'attore. Si tratta, evidentemente, di una emendatio e non di una mutatio libelli, pacificamente ammissibile. Quanto alla transazione tra lo Z. e la società di assicurazione, essa non impediva al primo di esigere il danno residuo dalla società convenuta, sicché la legittimazione attiva dello Z. non è venuta meno come hanno insegnato le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 30 dicembre 2011, n. 30174, la previsione dell'art. 1304, primo comma, cod. civ., non si riferisce alla transazione parziale, bensì alla sola transazione avente ad oggetto l'intero debito. 8. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'ars. 91 cod. proc. civ., in relazione alla liquidazione delle spese compiuta dalla Corte d'appello. 8.1. Il motivo non è fondato. La Corte d'appello ha accolto l'appello della società Sanvito nei soli limiti della liquidazione delle spese, ma per il resto la società appellante, oggi ricorrente, è rimasta soccombente. La decisione di compensare in parte le spese dei due gradi non comporta, perciò, alcuna violazione dell'art. 91 cod. proc. civ., sussistendo comunque la soccombenza parziale della società Sanvito tanto più che il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l'onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell'esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all'esito finale della lite v., tra le altre, la sentenza 23 agosto 2011, n. 17523, e l'ordinanza 13 marzo 2013, n. 6369 . 9. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato . Motivi della decisione 1. Entrambe le parti hanno depositato memorie alla trascritta relazione, insistendo per l'accoglimento delle rispettive conclusioni. L 'avv. Palmieri, inoltre, nella qualità di difensore della parte ricorrente, ha chiesto un differimento della discussione lamentando di non aver potuto adeguatamente svolgere la propria attività di difensore a causa di un attentato subito in data 12 novembre 2015. Rileva il Collegio che tale istanza non può essere accolta. Senza nulla togliere alla natura dell'attività defensionale, che si fonda su un rapporto fiduciario con il proprio cliente, va detto che l'avv. Pahnieri ha lamentato di non aver potuto depositare una memoria adeguatamente sviluppata . Tuttavia è chiaro che il difensore ha anche il dovere di organizzare il proprio studio e la propria attività, eventualmente disponendo le necessarie sostituzioni e collaborazioni, in modo tale da garantire comunque lo svolgimento dei compiti da lui assunti il che è tanto più evidente nel caso di specie, nel quale tra la data dell'attentato e quella dell'udienza camerale è trascorso un periodo di circa un mese, sufficiente a fronteggiate l'emergenza. E comunque l'avv. Palmieri ha svolto, in sostanza, il proprio compito, come dimostra la memoria che è stata da lui tempestivamente depositata. 2. Nel,merito, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, precisando che le osservazioni critiche contenute nelle memorie di entrambe le parti non valgono a superare il contenuto della relazione, risolvendosi in parte nella ripetizione di argomenti già proposti e vagliati e, quanto al resto, nel tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 2.300, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.