Ingiunzione fiscale per riscossione dell’ICI: l’opposizione va proposta dinanzi al giudice tributario

In materia di imposta comunale sugli immobili ICI , imposta da qualificarsi come tributo e non come entrata patrimoniale pubblica extratributaria, la controversia promossa dal contribuente avverso l’ingiunzione fiscale, emessa dal Comune in pendenza del giudizio tributario promosso contro l’avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. n. 546/1992 e, quindi, sostanzialmente equivalente all’iscrizione dell’imposta nel ruolo notificata al contribuente, è assimilabile alla controversia avente ad oggetto l’impugnazione del ruolo, con la conseguenza che lo stesso è attribuito alla giurisdizione del giudice tributario.

È quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 29/2016 del 5 gennaio. Il caso. Il giudizio nasce dall’opposizione proposta da una donna avverso due ingiunzioni fiscali emesse da un Comune in provincia di Mantova per il pagamento dell’ICI, dalla stessa dovuta in relazione a terreni di sua proprietà siti in detto Comune. Quest’ultimo, nel costituirsi in giudizio, eccepiva il difetto di giurisdizione del Tribunale ordinario adito, essendo la giurisdizione nella materia oggetto del giudizio attribuita al Giudice tributario. Il Tribunale di Brescia presso cui era stato incardinato il giudizio, nel respingere l’eccezione sollevata dal convenuto, dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario, rilevando, però, d’ufficio la propria incompetenza per territorio, essendo competente il foro di Mantova ove si trovava il comune autore dell’ingiunzione. Nella specie, il giudice riteneva insita l’eccezione d’incompetenza territoriale nella stessa difesa del convenuto, che aveva indicato la Commissione tributaria provinciale di Mantova quale giudice territorialmente competente. L’attrice proponeva, quindi, istanza di regolamento di competenza e il ricorso veniva assegnato alle Sezioni Unite. La questione sottoposta alle Sezioni Unite. I Giudici delle Sezioni Unite sono chiamati a verificare la possibilità per la Corte di Cassazione di rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario originariamente adito qualora venga proposto regolamento di competenza avverso una sentenza di primo grado con cui il giudice ordinario abbia esaminato e deciso sia una questione di giurisdizione, dichiarando esplicitamente la giurisdizione del giudice ordinario, sia una questione di competenza, dichiarando la propria incompetenza per territorio ed indicando il diverso giudice ritenuto territorialmente competente. Invero, al fine di pronunciarsi su tale questione, gli Ermellini ritengono indispensabile il riesame del dibattuto rapporto di pregiudizialità tra la questione di giurisdizione e quella di competenza. Pregiudizialità tra questione di giurisdizione e questione di competenza. Nell’ordinanza di rimessione è ritenuta maggiormente condivisibile l’opinione risalente, un tempo maggioritaria, che la competenza rivesta carattere prioritario. Di contrario avviso si mostrano invece le Sezioni Unite, che, proseguendo sulla scia tracciata dalla giurisprudenza prevalente, ritengono pregiudiziale la questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza ogni giudice, anche nei casi in cui egli stesso – o la parte – dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche d’ufficio, la sussistenza della propria giurisdizione. Tale opinione trae fondamento non solo da un principio di ordine logico-giuridico – in virtù del quale il problema della competenza, intesa quale frazione o misura della giurisdizione , sorge come questione logicamente successiva e conseguente da affrontare solo dopo che sia stato risolto affermativamente il quesito sulla giurisdizione – ma soprattutto dal dettato costituzionale. In particolare, i Giudici di legittimità ritengono che il principio della precostituzione per legge del giudice naturale enunciato dall’art. 25, comma 1, Cost. sia riferito non solo alla competenza in senso stretto, ma anche, e ancor prima, alla giurisdizione. Invero, tale disposizione, unitamente alle norme che individuano ogni magistratura, stabiliscono i criteri di attribuzione della giurisdizione e istituiscono la Corte di Cassazione quale unico giudice legittimato a dirimere questioni di giurisdizione, costituisce il reale fondamento della pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto alla questione di competenza. Tale regola può, quindi, essere derogata soltanto in forza di norme o princìpi della Costituzione o espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come, ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale nell’instaurazione del giusto processo , oppure della formazione del giudicato, esplicito o implicito, sulla giurisdizione. Rilievo d’ufficio del difetto di giurisdizione da parte della Cassazione. Le considerazioni svolte consentono, quindi, alle Sezioni Unite di rispondere al quesito sottoposto al loro esame. Ebbene, i Giudici di legittimità ritengono che, nella fattispecie in oggetto, sia consentito alla Corte di Cassazione di ri esaminare, d’ufficio, la questione di giurisdizione. All’uopo, rileva innanzitutto il fatto che il regolamento di competenza proposto dalla ricorrente sia qualificabile come facoltativo dal momento che la sentenza impugnata contiene una pronuncia sulla giurisdizione, assimilabile – per giurisprudenza costante – ad una pronuncia di merito. Tale circostanza rende applicabile la disciplina di cui all’art. 43 c.p.c., che, al terzo comma, prevede la sospensione dei termini per la proposizione dell’impugnazione ordinaria qualora prima di essa sia proposta l’istanza di regolamento di competenza non opera quindi la preclusione pro iudicato sulla dichiarazione di giurisdizione . Sotto altro profilo, qualora fosse negato alla Corte di Cassazione di riesaminare la questione di giurisdizione da valutare e decidere nell’ambito di un eventuale giudizio d’appello , oltre a sovvertirsi il giusto ordine di priorità tra le due questioni, si avrebbe un esito paradossale e al contempo lesivo dei princìpi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ove, in sede di impugnazione della pronuncia sulla giurisdizione, fosse negata la giurisdizione del giudice ordinario affermata dal giudice di primo grado dichiaratosi incompetente, ne conseguirebbe il travolgimento non solo della pronuncia sulla competenza perciò inutiliter data , ma dell’intero processo. In definitiva, quindi, le Sezioni Unite affermano il principio per cui qualora venga proposto regolamento di competenza avverso una sentenza di primo grado con cui il giudice ordinario adito abbia esaminato e deciso sia una questione di giurisdizione affermandola sia una questione di competenza negandola , la Corte di cassazione può rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito. La ratio della disciplina sulla semplificazione dei riti. Pronunciando, quindi, sul ricorso, le Sezioni Unite affermano la giurisdizione del Giudice tributario a conoscere la controversia oggetto del giudizio. Invero, il giudice a quo aveva fondato l’affermazione della propria giurisdizione sulle disposizioni di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 150/2011, secondo cui le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici di cui all’art. 3 del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 sono regolate dal rito ordinario di cognizione. In tal modo, il giudice di prime cure, in spregio alle regole che governano l’interpretazione delle norme giuridiche, ha omesso di valutare adeguatamente l’oggetto della legge delega n. 69 del 2009, in applicazione della quale è stato emanato il d.lgs. n. 150 del 2011. In particolare, l’art. 54, comma 1, della citata legge ha attribuito al Governo il compito di adottare uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale. Ebbene, tale norma ha limitato l’oggetto della delega ai soli procedimenti civili di cognizione che, disciplinati da leggi speciali, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario in ragione della tutela di diritti soggettivi che con essi sono fatti valere, ma non ha escluso che la singola controversia, ancorché introdotta con uno dei tre riti civili, possa risultare attribuita, invece, alla giurisdizione di un giudice diverso da quello ordinario, in ragione della natura del rapporto dedotto in giudizio, della relativa disciplina sostanziale e della tutela concretamente richiesta. In definitiva, le disposizioni del d.lgs. n. 150 del 2011 sono dettate sul presupposto della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario e non introducono deroghe alle norme attributive della giurisdizione, sicché detta sussistenza deve essere verificata caso per caso. La controversia in materia di ICI è attribuita al giudice tributario. Per quanto rileva nella specie, le Sezioni Unite hanno già affermato che, in materia di opposizione all’ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui all’art. 3 del R.D. n. 639 del 1910 non deroga alle norme regolatrici della giurisdizione e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario controversie che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti e alla disciplina ad essi relativa, debbano ritenersi attribuite alla giurisdizione di altro giudice. La giurisdizione a conoscere la controversia in materia di imposta comunale sugli immobili ICI è, dunque, attribuita al giudice tributario. Stante la natura tributaria dell’imposta in questione, rileva innanzitutto l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, che riconduce alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali. Né lo strumento giuridico utilizzato dal Comune per la riscossione dell’ICI – l’ingiunzione fiscale di cui al citato R.D. n. 639/1910 – in pendenza del giudizio tributario avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento dell’imposta, è idoneo ad incidere sulla affermata giurisdizione del giudice tributario. Tale ingiunzione è sostanzialmente equivalente all’iscrizione dell’imposta nel ruolo, notificata al contribuente, sicché il giudizio di opposizione all’ingiunzione medesima è assimilabile alla controversia avente ad oggetto l’impugnazione del ruolo, controversia che, alla luce del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 19, comma 1, lett. d , del d.lgs. 546/1992, e 15 del d.lgs. n. 504/1992, è indiscutibilmente attribuita alla giurisdizione del giudice tributario.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 18 novembre 2015 – 5 gennaio 2016, n. 29 Presidente Rovelli – relatore Di Palma