Il credito del professionista è prededucibile se il suo operato è stato utile per la massa di creditori

Il decisum in commento affronta il tema della prededucibilità del credito vantato da un avvocato per l’attività professionale prestata nel procedimento prefallimentare di una s.r.l Nello specifico si tratta di stabilire se, nel caso in cui la domanda di concordato venga dichiarata inammissibile, si possa comunque ravvisare una concreta utilità per la massa dei creditori.

Con l’ordinanza n. 25589/2015, depositata il 18 dicembre, i Giudici della sesta sezione civile di piazza Cavour chiariscono che, anche a voler ritenere, conformemente al precedente giurisprudenziale dello scorso marzo cfr. Cass., 4486/2015 , che il nesso teleologico richiesto dall’art. 111, comma 2, l. fall., ai fini della prededucibilità del credito debba essere inteso in senso meno restrittivo, con la conseguente esclusione di qualsiasi apprezzamento in ordine al risultato della prestazione del professionista ed alla sua concreta utilità per la massa, deve escludersi la possibilità di estendere l’ambito applicativo di tale disposizione fino a ricomprendervi anche i crediti derivanti, come nella specie, da attività difensive finalizzate alla presentazione di una domanda di concordato dichiarata inammissibile, non essendo ravvisabile, in tal caso, alcun rapporto di consecuzione tra la procedura di concordato, mai apertasi, e quella fallimentare, e risultando pertanto impossibile individuare un collegamento, anche meramente astratto ed ipotetico, tra la predetta attività e gl’interessi del ceto creditorio. Nessun rilievo possono assumere, in contrario, la natura dell’obbligazione del professionista, destinata a venire in considerazione esclusivamente nei rapporti con il cliente, ai fini della valutazione della diligenza richiesta nell’adempimento della prestazione, e la garanzia del diritto di difesa del debitore, il cui doveroso riconoscimento non è di per sé sufficiente a giustificare l’imposizione a carico della massa dei relativi oneri economici, svincolati da qualsiasi rapporto con gli scopi della procedura. E’ proprio l’assenza di tale rapporto, d’altronde, a rendere ragione della diversità del trattamento riservato al credito del difensore in caso d’inammissibilità della domanda di concordato rispetto all’ipotesi in cui la dichiarazione di fallimento sia preceduta dall’apertura della procedura concorsuale minore, trovando giustificazione soltanto in quest’ultimo caso l’alterazione della par condicio creditorum conseguente al riconoscimento della prededuzione. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un avvocato avverso il decreto con cui il Tribunale di Forlì, rigettando l’opposizione proposta dal professionista medesimo avverso lo stato passivo del fallimento della Alfa s.r.l., aveva escluso la prededucibilità del credito fatto valere dall’opponente a titolo di compenso per l’attività professionale prestata in favore della società in bonis ed, inoltre, aveva negato l’ammissione al passivo del credito relativo all’attività svolta successivamente alla dichiarazione di fallimento. Il decreto aveva ritenuto congrua la liquidazione del compenso in misura pari al minimo previsto dalla tariffa professionale. Avverso quest’ultima decisione il professionista proponeva, quindi, ricorso per cassazione facendo valere tre distinti motivi di censura che, invero, vengono respinti in toto dai Supremi Giudici. In particolare, col primo gravame, il professionista lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111, l. fall., censurando il decreto impugnato nella parte in cui aveva escluso la prededucibilità del credito relativo al compenso per l’attività professionale prestata nel procedimento prefallimentare, senza tener conto del nesso di occasionalità esistente tra la stessa e la procedura concorsuale e del vantaggio da essa arrecato ad una parte dei creditori. E gli Ermellini dichiarando il predetto motivo infondato chiariscono che il decreto impugnato si è conformato al principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, alla cui configurabilità l’art. 111, comma 2, della l.fall., subordina il riconoscimento della prededucibilità dei crediti correlati alle procedure concorsuali, ivi compresi quelli derivanti dall’assistenza prestata ai fini dell’ammissione al concordato preventivo, dev’essere accertato non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, risponda agli scopi della procedura stessa, per i benefici arrecati in termini di accrescimento dell’attivo o di salvaguardia della sua integrità, indipendentemente dalla presenza o meno di un preventiva autorizzazione degli organi della procedura. La definizione normativa dei crediti prededucibili. L’art. 111 l.fall. individua i crediti prededucibili in quelli qualificati tali da espresse previsioni di legge nonché in quelli sorti in occasione ovvero sorti in funzione di procedure concorsuali. Le due categorie di crediti prededucibili, occasionali e funzionali, rispecchiano il portato del pregresso sforzo interpretativo e, in particolare, da un lato, un criterio cronologico, per i crediti sorti dopo l’apertura della procedura concorsuale, e, dall’altro, un criterio teleologico, per i crediti, pur sorti prima dell’inizio della procedura, che tuttavia risultano strumentali ad essa e, quindi, all’interesse della massa dei creditori. Sul punto - precisano i Supremi Giudici nel decisum in rassegna - è pur vero che l’art. 99 , comma 1, lett. b , d.lgs. 5/2006, nell’affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, stabilisce un duplice criterio, cronologico e teleologico, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all’interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio il carattere alternativo dei predetti criteri non consente, peraltro, di estendere la prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare il vantaggio arrecato alla massa dei creditori. La consecuzione di procedure. L’attualità della nozione di consecuzione di procedure è confermata dalla giurisprudenza di legittimità, nonostante il mutato quadro normativo e sistematico che pone quale presupposto della procedura concordataria lo stato di crisi ed esclude automatismi ufficiosi della dichiarazione di fallimento nell’ipotesi di arresto della procedura stessa. Requisito essenziale per il riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento è da ricercarsi, pertanto, nella consecutività delle due procedure, ovvero nell’essere le stesse conseguenza della medesima insolvenza dell’impresa, essendoci due indici normativi precisi che depongono in tal senso l’art. 111, l. fall., con il suo riferimento ai crediti sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali e l’art. 69 – bis , l.fall., con l’espressa previsione della retrodatazione del periodo sospetto al fine dell’esperimento dell’azione revocatoria. Il riconoscimento della prededuzione è precluso se la domanda di concordato viene dichiarata inammissibile. La nuova tendenza registrata nella giurisprudenza di legittimità promette un’ampia dilatazione dell’area della prededucibilità in particolare, a favore dei professionisti, che hanno reso le proprie prestazioni in favore dell’impresa in crisi. La casistica è varia e possono solo individuarsi solo quelle fattispecie di più comune ricorrenza quali quelle relative alle prestazioni professionali rese per la predisposizione degli atti introduttivi di procedure concorsuali, ad esempio come nel caso che qui ci occupa di un concordato preventivo. E, proprio con riguardo alle prestazioni strumentali alla presentazione della domanda di concordato, un punto di crisi può individuarsi nella necessità o meno che una procedura di concordato sia giunta almeno all’ammissione da parte del Tribunale. L’emissione del decreto di ammissione, ex art. 161 l.fall., è ritenuta requisito indispensabile per configurare una procedura concorsuale aperta cui agganciare il successivo fallimento. Pertanto, qualora al ricorso, ex art. 161 l.fall., non segua siffatta dichiarazione di ammissibilità, il riconoscimento della prededuzione sarebbe conseguentemente precluso non ravvisandosi consecutio . La valutazione di utilità per i creditori. E’ proprio l’assenza di un qualsiasi rapporto con gli scopi della procedura, d’altronde, a rendere ragione della diversità del trattamento riservato al credito del difensore in caso d’inammissibilità della domanda di concordato rispetto all’ipotesi in cui la dichiarazione di fallimento sia preceduta dall’apertura della procedura concorsuale minore, trovando giustificazione soltanto in quest’ultimo caso l’alterazione della par condicio creditorum conseguente al riconoscimento della prededuzione. Del resto l’autonomia tra riconoscimento della prededuzione e valutazione di utilità per i creditori delle prestazioni porta, senza dubbio, a rivelare la vera natura dell’istituto concordatario rispetto a possibili fenomeni di abuso o, più semplicemente, rispetto ad un’esigenza di contenimento dei costi di accesso alla procedura.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 27 ottobre – 18 dicembre 2015, n. 25589 Presidente Ragonesi – Relatore Mercolino Fatto e diritto È stata depositata in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380- bis cod. proc. civ. 1. - Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Forlì ha rigettato l'opposizione proposta dall'avv. Z.C. avverso lo stato passivo del fallimento della Orange S.r.l., escludendo la prededucibilità del credito fatto valere dallo opponente a titolo di compenso per l'attività professionale prestata in favore della società in bonis, negando l'ammissione al passivo di quello relativo all'attività svolta successivamente alla dichiarazione di fallimento, e ritenendo congrua il compenso liquidato dal Giudice delegato. 2. - Avverso la predetta sentenza l'avv. Z. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva. 3. - A sostegno dell'impugnazione, il ricorrente deduce a la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha escluso la prededucibilità del credito relativo al compenso per l'attività professionale prestata nel procedimento prefallimentare, senza tenere conto del nesso di occasionalità esistente tra la stessa e la procedura concorsuale e del vantaggio da essa arrecato ad una parte dei creditori b la violazione dell'art. 111 della legge fall., censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha negato l'ammissione al passivo del credito relativo al compenso per l'attività professionale prestata dopo la dichiarazione di fallimento, e segnatamente in sede di reclamo avverso la relativa sentenza, senza considerare che, nell'individuare i crediti prededucibili, il secondo comma dell'art. Ili cit. non fa alcun riferimento all'anteriorità degli stessi rispetto all'apertura della procedura concorsuale c la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2233 cod. civ., censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto congrua la liquidazione del compenso in misura pari al minimo previsto dalla tariffa professionale, senza considerare che la mancata produzione del parere del Consiglio dell'Ordine competente non escludeva la valutazione dell'importanza delle questioni trattate e dell'impegno profuso nell'espletamento dell'incarico. 4. - Il primo motivo è infondato. Nell'escludere la prededucibilità del credito avente ad oggetto il compenso per le prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento, in quanto derivante da attività difensiva inerente ad una domanda di concordato dichiarata inammissibile per mancato deposito della proposta, del piano e della relativa documentazione, e quindi inidonea ad arrecare un vantaggio alla massa dei creditori, il decreto impugnato si è infatti conformato al principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, alla cui configurabilità l'art. 111, secondo comma, della legge fall., subordina il riconoscimento della prededucibilità dei crediti correlati alle procedure concorsuali, ivi compresi quelli derivanti dall'assistenza prestata ai fini all'ammissione al concordato preventivo, dev'essere accertato non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, risponda agli scopi della procedura stessa, per i benefici arrecati in termini di accrescimento dell'attivo o di salvaguardia della sua integrità, indipendentemente dalla presenza o meno di una preventiva autorizzazione degli organi della procedura cfr. Cass., Sez. I, 10 settembre 2014, n. 19013 17 aprile 2014, n. 8958 5 marzo 2012, n. 3402 . In riferimento all'ipotesi in cui, come nel caso in esame, la domanda di concordato sia stata proposta con riserva ai sensi dell'art. 161, sesto comma, della legge fall., il predetto orientamento trova d'altronde conferma nella norma interpretativa dettata dall'art. 11, comma 3-quater, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, secondo cui i crediti relativi alla procedura di concordato sono prededucibili alla duplice condizione, nella specie non ricorrente, che il deposito della proposta, del piano e della documentazione abbia avuto luogo nel termine all'uopo fissato e che la procedura si sia aperta ai sensi dell'art. 163 della legge fall., senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma. 5. - È parimenti infondato il secondo motivo. E rigetto della domanda di ammissione al passivo del credito fatto valere dal ricorrente per l'attività professionale prestata ai fini dell'impugnazione della sentenza di fallimento è stato infatti giustificato dal decreto impugnato in virtù della natura non concorsuale del credito, in quanto insorto in epoca successiva all'apertura della procedura concorsuale, e dell'impossibilità di riconoscerne la prededucibilità, in quanto derivante da attività svolta a vantaggio esclusivo del debitore. Tale iter logico trova conforto nell'orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi in epoca anteriore alla modificazione dell'art. 111 della legge fall., ad opera dell'art. 99, comma primo, lett. b , del dlgs. 9 gennaio 2006, n. 5, secondo cui l'impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento si colloca al di fuori dell'ambito della procedura fallimentare, in quanto non autorizzata dal giudice delegato, con la conseguenza che il debito contratto dal fallito nei confronti del difensore per spese ed onorari non è opponibile alla massa, ed il relativo credito non può essere soddisfatto in prededuzione, trovando causa in un'iniziativa processuale volontaria del fallito, adottata esclusivamente nel suo interesse cfr. Cass., Sez. I, 16 giugno 1994, n. 5821 14 febbraio 1975, n. 573 19 giugno 1972, n. 1932 . È pur vero che l'art. 99 cit., nell’affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, stabilisce un duplice criterio, cronologico e teleologico, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all'interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono per l'effetto sugli interessi dell'intero ceto creditorio il carattere alternativo dei predetti criteri non consente peraltro di estendere la prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare il vantaggio arrecato alla massa dei creditori, nei termini dianzi indicati. Il relativo apprezzamento, postulando il riscontro dell'effettiva utilità delle prestazioni il cui corrispettivo costituisce oggetto del credito fatto valere in sede concorsuale, ai fini dell'incremento delle possibilità di soddisfazione dei creditori o di un più rapido conseguimento degli obiettivi della procedura, si risolve in una indagine di fatto, riservata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, nella specie neppure prospettato. 6. - È invece inammissibile il terzo motivo. Nel ritenere congruo il compenso riconosciuto al ricorrente dal Giudice delegato, il decreto impugnato non ha fatto alcun cenno alla necessità del parere del Consiglio dell'Ordine professionale, essendosi limitato a confermare la correttezza della liquidazione, in quanto avvenuta nel rispetto dei minimi tariffari, individuati quale unico limite del relativo apprezzamento. Nel censurare la predetta valutazione, il ricorrente non contesta quest'ultima affermazione, ma si limita ad insistere sull'omessa considerazione di elementi che avrebbero consentito di determinare il compenso in misura superiore allo importo minimo risultante dalla applicazione della tariffa professionale, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l'apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una rivisitazione del giudizio di merito, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare l'intera vicenda processuale, ma solo quello di valutare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale della motivazione della sentenza impugnata cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 4 novembre 2013, n. 24679 Cass., Sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27197 Cass., Sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288 ”. Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ritiene condivisibili l'opinione espressa dal relatore e la soluzione da lui proposta, non risultando meritevoli di accoglimento le contrarie argomentazioni svolte nella memoria depositata dal ricorrente. Non può infatti condividersi la tesi da quest'ultimo sostenuta, secondo cui, in quanto volta a garantire l'esercizio del diritto di difesa, l'attività svolta dal legale che abbia assistito il fallito nella fase prefallimentare, e segnatamente nella redazione e nella presentazione della domanda di concordato, deve considerarsi intrinsecamente vantaggiosa anche per i creditori, e quindi funzionale agli scopi della procedura, indipendentemente dai risultati ottenuti, configurandosi la prestazione del professionista come obbligazione di mezzi e restando altrimenti violati il principio di uguaglianza e la libertà di determinazione dell'avvocato nell'accettazione dell'incarico professionale. Anche a voler ritenere, conformemente al precedente giurisprudenziale invocato dal ricorrente cfr. Cass., Sez. I, 5 marzo 2015, n. 4486 , che il nesso teleologico richiesto dall'art. 111, secondo comma, della legge fall., ai fini della prededucibilità del credito debba essere inteso in senso meno restrittivo, con la conseguente esclusione di qualsiasi apprezzamento in ordine al risultato della prestazione del professionista ed alla sua concreta utilità per la massa, deve escludersi la possibilità di estendere l'ambito applicativo di tale disposizione fino a ricomprendervi anche i crediti derivanti, come nella specie, da attività difensive finalizzate alla presentazione di una domanda di concordato dichiarata inammissibile, non essendo ravvisabile, in tal caso, alcun rapporto di consecuzione tra la procedura di concordato, mai apertasi, e quella fallimentare, e risultando pertanto impossibile individuare un collegamento, anche meramente astratto ed ipotetico, tra la predetta attività e gl'interessi del ceto creditorio. Nessun rilievo possono assumere, in contrario, la natura dell'obbligazione del professionista, destinata a venire in considerazione esclusivamente nei rapporti con il cliente, ai fini della valutazione della diligenza richiesta nell'adempimento della prestazione, e la garanzia del diritta di difesa del debitore, il cui doveroso riconoscimento non è di per sé sufficiente a giustificare l'imposizione a carico della massa dei relativi oneri economici, svincolati da qualsiasi rapporto con gli scopi della procedura. È proprio l'assenza di tale rapporto, d'altronde, a rendere ragione della diversità del trattamento riservato al credito del difensore in caso d'inammissibilità della domanda di concordato rispetto all'ipotesi in cui la dichiarazione di fallimento sia preceduta dall'apertura della procedura concorsuale minore, trovando giustificazione soltanto in quest'ultimo caso l'alterazione della par condicio creditorum conseguente al riconoscimento della prededuzione. Non può dunque trovare accoglimento neppure l'istanza di rimessione degli atti alla Corte di Giustizia UE, peraltro incompetente a pronunciarsi in ordine alla questione proposta dal ricorrente, la quale non ha ad oggetto l'interpretazione di norme comunitarie, essendo fondata esclusivamente sul richiamo ad una comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, non avente carattere normativo. Quanto infine all'ammontare del credito ammesso al passivo, il ricorrente si limita ad insistere sulle ragioni già fatte valere nel ricorso, che, in quanto concernenti il merito della questione sollevata con il terzo motivo d'impugnazione, non attingono la valutazione d'inammissibilità espressa nella relazione, risultando con-seguentemente inidonee a giustificarne una rimeditazione. Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis del medesimo art. 13.