Utilizzo di sms per finalità di propaganda elettorale

La Corte di Cassazione si pronuncia su di un caso di opposizione alla sanzione amministrativa del Garante per la Protezione dei dati personali per omessa ed inidonea informativa nell’invio di sms per finalità di propaganda politica ed elettorale.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25079, depositata l’11 dicembre 2015, si è pronunciata su un caso di opposizione ad una sanzione amministrativa del Garante per la Protezione dei dati personali. Il caso. Un cittadino riceveva sul proprio telefono cellulare un sms con un messaggio elettorale da parte di un candidato e presentava ricorso al Garante per la protezione dei dati personali nel quale rappresentava una violazione della disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali inerente il trattamento del dato personale del numero di cellulare senza informativa e consenso. Il Garante per la protezione dei dati personali verificava, nel caso in esame, la carenza dell’informativa privacy, la comunicazione preventiva al trattamento, prevista dall’art. 13 del Codice della privacy che descrive, in modo semplice, chiaro e trasparente, le caratteristiche del trattamento finalità, modalità, la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza l'ambito di diffusione dei dati medesimi le modalità di esercizio dei diritti sui propri dati, gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante e comminava al politico alla sanzione amministrativa prevista dal Codice Privacy per omessa ed inidonea informativa privacy. Il politico presentava di fronte al Tribunale di Milano opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa dall’Autorità Garante per la Protezione dei dati Personali. Il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione e riteneva, al contrario del Garante privacy, non sussistesse la violazione dell’art. 13 di omessa e inidonea informativa privacy in quanto l’ipotesi in esame rientra nell’ipotesi di materiale propagandistico di dimensioni ridotte previsto dal decalogo elettorale provvedimento adottato dal Garante per la protezione dei dati personali in data 7 settembre 2005. Il Garante per la Protezione dei dati personali proponeva ricorso in Cassazione contro tale decisione e lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del Codice in materia di protezione dati personali d.lgs. n. 196 del 2004 . L’adempimento dell’informativa privacy. La Cassazione approfondisce il profilo dell’adempimento dell’informativa privacy art. 13 e specifica che l’obbligo di informativa viene meno nel caso in cui l’informativa comporti un impiego di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure appropriate, dichiari manifestatamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato. La Cassazione specifica che tale disposizione deve essere interpretata alla luce del sopra citato provvedimento del decalogo del Garante. Il decalogo del Garante prevede, al punto 8, come rappresentato dal Tribunale di Milano, l’esclusione dell’obbligo di informativa nel caso in cui la propaganda elettorale sia attuata tramite materiale propagandistico di dimensioni ridotte che, a differenza di una lettera o di un messaggio di posta elettronica, non renda possibile inserire un’idonea informativa anche sintetica. La Cassazione richiama tuttavia l’attenzione sul punto 4 del decalogo rubricato Particolari modalità di comunicazione che prevede, in base alla disciplina di origine comunitaria vincolante per il legislatore nazionale, che alcune particolari modalità di comunicazione richiedono il consenso specifico di abbonati a servizi di comunicazione elettronica, compresi gli abbonati a servizi di telefonia mobile e gli utilizzatori di schede di traffico prepagato invio di fax, di messaggi tipo sms o mms chiamate telefoniche preregistrate messaggi di posta elettronica , consenso, che può essere acquisito una tantum , e che deve comunque precedere la chiamata o il messaggio e deve essere raccolto sulla base di formule chiare che specifichino espressamente la finalità di propaganda politica o elettorale. Il decalogo specifica che non è possibile ricorrere a modalità di silenzio-assenso. L’obbligatorietà del preventivo consenso. La Cassazione ribadisce, pertanto, l’obbligatorietà del preventivo consenso nel caso di invio di sms e, a fortiori ed implicitamente, l’obbligatorietà della preventiva informativa. La Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza e deciso nel merito rigettando l’opposizione. La Cassazione ha condannato il politico al pagamento delle spese in giudizio liquidate in euro tremila. La Cassazione ha disposto che nel caso di diffusione del provvedimento siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 196 del 2003. La sentenza in esame è di interesse in quanto richiama l’attenzione degli operatori sull’importanza dell’adempimento del preventivo consenso informato, senza il quale non è lecito l'invio di messaggi, newsletter e di altro materiale di propaganda. Il decalogo del Garante prevede il divieto di utilizzo di dati senza consenso dei dati raccolti automaticamente in Internet tramite appositi software delle liste di abbonati ad un provider dei dati pubblicati su siti web per specifiche finalità di informazione aziendale, comunicazione commerciale o attività istituzionale od associativa dei dati ricavati da forum o newsgroup dei dati consultabili in Internet solo per le finalità di applicazione della disciplina sulla registrazione dei nomi a dominio. Il decalogo elettorale potrà essere aggiornato dal Garante privacy alla luce dello sviluppo dei social media e dell'Internet delle cose.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 7 luglio – 11 dicembre 2015, n. 25079 Presidente Dogliotti – Relatore Ragonesi Fatto e diritto La Corte, rilevato che sul ricorso n. 5256/2014 proposto dal Garante per la protezione dei dati personali nei confronti di M.S. il consigliere relatore ha depositato ex art. 380 bis cpc la relazione che segue. Il relatore, Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, osserva quanto segue. Con ricorso depositato in data 8 maggio 2013 M.S. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Milano, avverso l'ordinanza di ingiunzione emessa dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente l'opposizione con sentenza pubblicata il 04.12.2013. Avverso tale provvedimento, il Garante della privacy propone ricorso, dinanzi a tale Corte, fondato su un unico motivo con il quale lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 13 del Codice in materia di protezione dei dati personali dlgs. 196/2003 . Il motivo appare fondato. Il giudice milanese ha ritenuto che nel caso di specie, consistito nell'invio di alcuni sms di propaganda elettorale a firma di S.M. ricevuti da R.C. , non sussistesse una violazione dell'art. 13 d.lgs. 196/2003, al contrario di quanto affermato dal Garante della privacy nella sua ordinanza di ingiunzione. Ha infatti ritenuto che la fattispecie integrasse l'ipotesi di materiale propagandistico di dimensioni ridotte di cui al punto 6 del decalogo elettorale, con la conseguenza che il M. non aveva l'obbligo di informare preventivamente il R. circa il trattamento dei dati personali, nello specifico del numero di cellulare di quest'ultimo. Va rilevato che l'art. 13 del d.lgs 196 del 2003 prescrive un obbligo di informativa all'interessato o alla persona presso la quale sono raccolti i dati personali oggetto di trattamento, prevedendo, al comma 5, che tale obbligo venga meno nel caso in cui l'informativa stessa comporti un impiego di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure appropriate, dichiari manifestamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato. La disposizione citata deve essere interpretata combinatamente a quanto disposto dal Garante nel provvedimento del 7.9.2005, detto anche decalogo elettorale . E ben vero che - come ritenuto dal tribunale - il punto 6 di tale provvedimento esclude che l’ informativa sia dovuta nei casi in cui una propaganda elettorale venga attuata tramite materiale propagandistico di dimensioni ridotte che, a differenza di una lettera o di un messaggio di posta elettronica, non renda possibile inserire un'idonea informativa anche sintetica, tuttavia va osservato che nel medesimo provvedimento del Garante dianzi richiamato, vi è una disposizione, precisamente il punto 4 lett. c , che fa espressamente riferimento alla fattispecie oggetto del caso concreto. La disposizione è la seguente In base alla disciplina di origine comunitaria vincolante per il legislatore nazionale, alcune particolari modalità di comunicazione richiedono il consenso specifico di abbonati a servizi di comunicazione elettronica, compresi gli abbonati a servizi di telefonia mobile e gli utilizzatori di schede di traffico prepagato invio di fax, di messaggi tipo Sms o Mms chiamate telefoniche preregistrate messaggi di posta elettronica . Il consenso, che anche in questo caso può essere acquisito una tantum, deve comunque precedere la chiamata o il messaggio e deve essere raccolto sulla base di formule chiare che specifichino espressamente la finalità di propaganda politica o elettorale. Non è possibile ricorrere a modalità di silenzio-assenso. È chiaro, dunque, che nel caso di specie trova applicazione la citata disposizione del punto 4 laddove dispone l'obbligatorietà del preventivo consenso nel caso di invio di sms a fini propagandistici e, a fortiori ed implicitamente, l'obbligatorietà della preventiva informativa. Non si può quindi ritenere che nel caso di specie vi fosse un esonero dall'obbligo di preventiva informativa disposto dall'art. 13 dlgs. 196/2003. Ove si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all'art. 375 cpc. P.Q.M Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio Roma 20.2.15 Il Cons. relatore Rilevato che l'intimato non ha svolto attività difensiva Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra che pertanto il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e sussistendo le condizioni di cui all'art. 384 cpc, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell'opposizione. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l'opposizione condanna l'intimato al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 oltre Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge e spese forfettarie. Si dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs 196/03.