Diritto alla provvigione del mediatore immobiliare: serve la conclusione dell’affare

Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. Per conclusione dell’affare deve intendersi il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno.

Così la Cassazione con la sentenza n. 24399/15, depositata il 30 novembre. Il caso. Il Tribunale condannava una s.r.l. a corrispondere all’attrice una somma di denaro a titolo di compenso per l’intermediazione immobiliare in relazione all’acquisto di un appartamento che non si era perfezionato per la mancata concessione del mutuo cui la stipula del contratto definitivo era stata condizionata. Avverso tale pronuncia, interponeva gravame la s.r.l., e la Corte di merito, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dall’attrice originaria e la condannava alla restituzione della somma percepita in ragione della sentenza impugnata. La soccombente in appello propone ricorso per cassazione. Cosa si intende per conclusione dell’affare? Sul punto gli Ermellini hanno osservato che, secondo la lettera dell’art. 1755 c.c., il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. A tal proposito, continuano da Piazza Cavour, la consolidata giurisprudenza di legittimità ha stabilito che per conclusione dell’affare - dalla quale, appunto, a norma dell’art. 1755 c.c. sorge il diritto alla provvigione del mediatore - deve intendersi il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno . Anche la stipulazione di un contratto preliminare, quindi, chiarisce il Supremo Collegio, è sufficiente per far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di contratto definitivo o preliminare validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e quindi di forma scritta ove richiesta ad abundantiam artt. 1350 e 1351 c.c. . Non si può trascurare la sottoposizione a condizione del contratto. Osservano, poi dal Palazzaccio che, qualora il contratto concluso per effetto dell’intervento del mediatore sia sottoposto a condizione, trova applicazione la disciplina di cui all’art. 1757, commi 1 e 2, c.c., rispettivamente a seconda che tale condizione sia sospensiva nella quale ipotesi il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione o risolutiva nel qual caso il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione . Nel caso di specie, secondo gli Ermellini la Corte territoriale ha correttamente applicato questi principi il Collegio di merito, infatti, da un lato ha accertato l’esistenza di un contratto preliminare tra le parti stipulato con l’ausilio del mediatore e, dall’altro, ha qualificato come condizione risolutiva la clausola ai sensi della quale qualora la promissaria acquirente non avesse ottenuto la concessione di un mutuo per fatto non addebitabile alla propria volontà e/o per condizioni bancarie di mutuo non consone ai criteri dell’attuale mercato il preliminare doveva considerarsi risolto di diritto. Per tali ragioni, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 15 settembre – 30 novembre 2015, n. 24399 Presidente Petitti – Relatore Scalisi Svolgimento del processo La società Casa In immobiliare srl, con citazione del 5 gennaio 2009 interponeva appello avverso la sentenza n. 1721 del 2008, con la quale il Tribunale di Taranto aveva condannata essa appellante al pagamento in favore di N.G. della somma di Euro 4.608,00 oltre interessi e spese a titolo di restituzione del compenso corrisposto per l'intermediazione immobiliare in relazione all'acquisto di un appartamento che non si era perfezionato per la mancanza concessione del mutuo cui la stipula del contratto definitivo era stata condizionata. Si costituiva e resisteva N.G La Corte di appello di Lecce con sentenza n. 102 del 2014 accoglieva l'appello e in riforma della sentenza impugnata rigettava la domanda proposta da N.G. e condannava la stessa alla restituzione della somma percepita in ragione della sentenza impugnata condannava l'avv. M. antistataria in primo grado alla restituzione in favore dell'appellante della somma di Euro 2.419,46 oltre interessi legali dal 28 gennaio 2009. Secondo la Corte di Lecce aveva errato il Tribunale di Taranto nell’aver ritenuto non dovuta la provvigione al mediatore posto che la provvigione al mediatore spetta quando viene stipulato il contratto preliminare, essendo questo un accordo che costituisce un vincolo tra le parti e ciascuna parte ha la possibilità di agire per l'esecuzione del contratto. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da N.G. con un ricorso affidato ad un unico motivo sia pure articolato. La società Casa in Immobiliare srl ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con l'unico motivo di ricorso N.G. e M. denunciano la violazione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1342, 1757, e 1759 cc, illogicità ed errore. Secondo le ricorrenti la Corte distrettuale non avrebbe esaminato e valutato le prove documentali prodotte dall'attuale ricorrente nel giudizio di primo grado, in particolare, non avrebbe valutato la clausola scritta a mano nella proposta di mediazione immobiliare del 21 luglio 2004, con la quale le parti avevano inteso subordinare la stessa proposta alla condizione sospensiva di concessione del mutuo. Il Giudice di appello avrebbe omesso di tener conto della lettera di risposta della Banca Intesa spa del 14 settembre 2004, della lettera di Casa In Immobiliare del 28 settembre 2004, dalle quali risulterebbe che i coniugi N. - R. non avevano avuto alcuna culpa in contrahendo per la stipula del contratto di finanziamento con Casa In Immobiliare perché ogni loro debito con la Banca Intesa era stato estinto con il pagamento dell'ultimo bollettino e, al contrario, il palese inadempimento della società intermediaria per non aver comunicato alcunché in ordine alla valutazione e sicurezza dell'affare. A sua volta la Corte distrettuale sarebbe incorsa in un travisamento dei fatti posto che la condizione sospensiva riportata nella clausola aggiunta scritta a mano atteneva alla proposta di acquisto di immobile, non sussistendo, quindi, nessuna condizione risolutiva tanto da legittimare la provvigione da parte della società intermediaria come erroneamente ed apoditticamente ritenuto dal giudice di appello nella sentenza impugnata. 1.1.- Il motivo è infondato non solo perché si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti di causa non proponibile nel giudizio di cassazione, se, come nel caso in esame, la valutazione del Giudice del merito non presenta alcun vizio logico e/o giuridico, ma soprattutto, parche la decisione impugnata è pienamente coerente con la normativa in tema di mediazione, in particolare con la normativa di cui all’art. 1757 cc. nonché con i principi espressi da questa stessa Corte in materia. 1.1.a .= Va qui osservato che giusta la testuale previsione di cui all'art. 1755 cc. il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento. A tale proposito la giurisprudenza di questa Corte ha statuito, in molteplici occasioni, che per conclusione dell'affare , dalla quale a norma dell'art. 1755 cc. sorge il diritto alla provvigione del mediatore deve intendersi il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno. Anche la stipulazione di un contratto preliminare - pertanto - è sufficiente a far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di contratto definitivo o preliminare validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e quindi di forma scritta ove richiesta ad substantiam art. 1350 e 1351 cc. cfr., in termini, ex multis, Cass. 16 giugno 1992, n. 7400 . Certo quanto sopra, va, altresì, osservato, che ove il contratto concluso per effetto dell'intervento del mediatore è sottoposto a condizione deve trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 1757, comma 1 e 2 cc, rispettivamente a seconda che tale condizione sia sospensiva nella quale ipotesi il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la condizione o risolutiva nel qual caso il diritto alla provvigione non viene meno col verificarsi della condizione . Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha correttamente applicato questi principi da un verso accertando l'esistenza di un contratto preliminare tra le parti stipulato con l'ausilio del mediatore, per altro, riscontrando e qualificando siccome condizione risolutiva la clausola di cui all'art. 6 del contratto preliminare laddove si afferma che qualora la promissaria acquirente non dovesse ottenere la concessione di un mutuo per fatto non addebitabile alla propria volontà e/o per condizioni bancarie di mutuo non consone ai criteri dell'attuale mercato tale preliminare sarà risolto di diritto . La Corte distrettuale ha avuto modo di evidenziare . la clausola che legava automaticamente il venir meno degli obblighi di acquisto e di vendita assunti dalle parti del contratto preliminare al verificarsi della mancata erogazione del mutuo ipotecario in favore della promissaria acquirente va qualificata come condizione risolutiva potestativa mista, in quanto per un verso essendo prevista nel preliminare che già una serie di effetti contrattuali si era prodotto alla data del 3 agosto 2004 data della firma dello stesso con la consegna della caparra confirmatoria . e con l'assunzione degli obblighi di acquisto e vendita dell'immobile in capo alle parti prima ancora che si sapesse se la pratica del mutuo avrebbe avuto esito positivo, evidentemente si trattava di una condizione potestativa e non sospensiva quest'ultima infatti in pendenza di condizione non avrebbe consentito il prodursi di alcun effetto negoziale e per altro verso il verificarsi dell'evento futuro ed incerto, la mancata erogazione di un mutuo ipotecario, dipendeva in parte dalla volontà della stessa promissaria acquirente che doveva richiederlo o farlo richiedere . ” e prospettare correttamente la propria condizione economica e reddituale” ed in parte dalla volontà della banca e/o dell'istituto ai quali essa si sarebbe rivolta. Ad incidere sull'efficacia del contratto era, dunque, un evento futuro ed incerto solo in parte riconducibile all'operato della promissaria acquirente. Si tratta, con tutta evidenza di una decisione ben motivata e coerente con il diritto vigente e vivente secondo quanto espresso in altre occasioni da questa stessa Corte. Per altro rimane ininfluente l'affermazione del ricorrente secondo cui la Corte avrebbe confuso la condizione sospensiva scritta a mano di cui al punto 11 della proposta di acquisto immobiliare del 21.7.2004 con la condizione di cui al punto 6 del contratto preliminare, perché, comunque, presupposto per il riconoscimento del diritto alla provvigione di cui si dice era il contratto preliminare, con tutte le clausole, che lo componevano e, dunque, anche con la clausola n. 6 che la Corte distrettuale ha interpretato correttamente. In definitiva il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio che vengo liquidate con il dispositivo. Il Collegio, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1200,00 di cui Euro 200 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge. Dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 del DPR 115 del 2002.