Sospensione dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione: possibile l’interpretazione estensiva

Con la pronuncia in commento il Supremo Collegio è stato chiamato a decidere se il terzo comma dell’art. 2945 c.c. - che sancisce il venir meno dell’effetto permanente interruttivo della prescrizione provocato dall’atto introduttivo del giudizio sino alla conclusione dello stesso, sopravvivendo solo l’effetto interruttivo istantaneo della domanda - sia applicabile anche qualora il giudizio non si sia concluso con un formale provvedimento di estinzione, ma con una sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere.

Se ne è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23867/15, depositata il 23 novembre. Il caso. Una società statunitense conveniva in giudizio una s.p.a. nei cui confronti chiedeva di accertare la concorrenza sleale e la contraffazione di un proprio brevetto europeo. La società attrice riferiva che tra le parti si era già svolto un altro giudizio, relativo alla frazione italiana di un altro brevetto, che si era concluso in primo grado con l’accoglimento della domanda riconvenzionale di accertamento della contraffazione a favore della società statunitense e, in secondo grado, con sentenza di cessazione della materia del contendere in seguito alla rinuncia da parte di quest’ultima alla domanda ed ai provvedimenti favorevoli emessi dal Tribunale. Il Tribunale rigettava le domande, giudicando l’azione prescritta, e la Corte d’appello riteneva fondata l’eccezione di prescrizione. Ricorre per cassazione la società statunitense. Quale sorte per la prescrizione se il giudizio si conclude con sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere? Punto focale dell’analisi degli Ermellini è se il terzo comma dell’art. 2945 c.c. - che prevede il venir meno dell’effetto permanente interruttivo della prescrizione provocato dall’atto introduttivo del giudizio sino alla conclusione dello stesso, sopravvivendo solo l’effetto interruttivo istantaneo della domanda - sia applicabile anche qualora il giudizio non si sia concluso con un formale provvedimento di estinzione, ma con una sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere. I Giudici di Piazza Cavour hanno innanzitutto ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 2945 c.c., finalizzata a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione del diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione quando lo stesso creditore, dopo aver proposto in giudizio una domanda, la abbandoni, così impedendo che sulla stessa intervenga la sentenza definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge , senza che abbia rilevanza che il giudizio prosegua e giunga a conclusione relativamente ad altre pretese diverse, avanzate contestualmente a quella abbandonata. Il Supremo Collegio, poi, ha chiarito che, se è vero che la sospensione dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione durante l’intero giudizio è prevista dal terzo comma dell’art. 2945 solo nel caso di estinzione del processo, che può dipendere da una rinuncia agli atti, la ratio legis consente di interpretare estensivamente la norma, ricomprendendovi anche la fattispecie della rinuncia alla domanda che ne ha determinato l’abbandono, cui ha fatto seguito una sentenza di cessazione della materia del contendere. Tale sentenza, infatti, è inidonea ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere l’effetto di giudicato sarà limitato alla statuizione del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio. La sentenza in parola, peraltro, concludono dal Palazzaccio, rappresenta una modalità di conclusione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, alla quale può estendersi la previsione del terzo comma dell’art. 2945 c.c., nel caso in cui la cessazione della materia del contendere sia determinata da una rinuncia alla domanda ad opera della parte . Per queste ragioni, la Corte ha rigettato il motivo di ricorso esaminato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 – 23 novembre 2015, numero 23867 Presidente Rordorf – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo 1.- La società statunitense Chiron Corporation poi Novartis Vaccines and Diagnostica Inc. , operante nel settore dell'Ingnegneria genetica e delle biotecnologie, con citazione notificata il 22 gennaio 2002, convenne in giudizio la Snia spa, incorporante la Sorin Biomedica Diagnostic spa, nei cui confronti chiese di accertare la concorrenza sleale e la contraffazione del proprio brevetto Europeo EP-931 numero 450.931, concesso il 12 giugno 1996 su domanda del 3 aprile 1991, che serviva a identificare nel sangue la presenza del virus dell'epatite C e ad isolarlo. La Chiron/Novartis riferì che tra le parti si era svolto un altro giudizio, avente ad oggetto la frazione italiana di un altro brevetto EP-216, numero 318.216, concesso il 15 dicembre 1993 su domanda del 18 novembre 1988 , conclusosi in primo grado con l'accoglimento della propria domanda riconvenzionale di accertamento della contraffazione da parte della Sorin/Snia e, in secondo grado, con sentenza di cessazione della materia del contendere in data 28 maggio 2002, a seguito della rinuncia da parte della Chiron/Novartis alla domanda e ai provvedimenti favorevoli emessi dal Tribunale inoltre, riferì di avere scoperto successivamente che la Sorin/Snia utilizzava un analogo kit immunodiagnostico che serviva ad identificare il virus dell'epatite C interferente con il più recente brevetto Chiron/Novartis numero 450.931 di cui s'è detto. 2.- Nel contraddittorio con la Sorin/Snia, il Tribunale di Milano rigettò le domande sulla base di una duplice ratio decidendi . In primo luogo, osservò che, se l'ambito della protezione relativa ai due brevetti coincidevano, allora la cessazione della materia del contendere dichiarata per il primo brevetto copriva anche il secondo brevetto, oppure il secondo era nullo per difetto di novità in quanto preceduto dal primo se invece i due brevetti non coincidevano, la domanda di contraffazione del secondo brevetto era improponibile perché si risolveva in una doglianza non formulata con riferimento all'eventuale quid novi del medesimo. In secondo luogo, il Tribunale giudicò l'azione comunque prescritta, poiché la rinuncia alla domanda nel precedente giudizio aveva fatto sì che quell'iniziativa giudiziale producesse effetti interruttivi della prescrizione ma non anche, ex art. 2945, terzo comma, e. e, effetti sospensivi sino alla definizione del relativo giudizio. 3.- La Corte d'appello di Milano, con sentenza 29 settembre 2008, ha rigettato il gravame della Chiron/Novartis, ritenendo fondata l'eccezione di prescrizione e assorbite le altre questioni. 4.- La Chiron/Novartis ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui si è opposta la Snia che ha proposto un ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi, resistito dalla ricorrente principale. Motivi della decisione 1.- Nel primo motivo la Chiron/Novartis ha denunciato vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, concernente la sussistenza della contraffazione del brevetto Chiron/Novartis EP 450.931 da parte del kit immunodiagnostico ETI-AB-HCVK-3 di Sorin/Snia, dal momento che la Corte d'appello aveva motivato solo sul perché andrebbe escluso il risarcimento dei danni, mentre non aveva esposto le ragioni per cui andrebbe negata la sussistenza della contraffazione, con l'effetto di omettere la pronuncia sul primo motivo di appello e di disattendere immotivatamente gli argomenti esposti nel giudizio di appello a dimostrazione del quid novi del secondo brevetto. La ricorrente lamenta, in sostanza, un vizio di omessa motivazione per mancato esame della prima delle due rationes trattate dal Tribunale, che aveva formato oggetto di espresso motivo di gravame. 1.1.- Il motivo è infondato. La Corte distrettuale ha, con chiarezza, mostrato di considerare le due rationes decidendo adoperate dal Tribunale non afferenti a domande distinte - la domanda di contraffazione e quella di risarcimento dei danni - come w sembra ora intendere la ricorrente, bensì entrambe riferibili all'intero arco delle domande proposte in causa dall'attrice, con l'ovvia conseguenza che, avendo espressamente ritenuto di dovere esaminare per prima per motivi di ordine logico la seconda ratio decidendi , concernente la prescrizione, la stessa Corte non aveva alcuna necessità di esaminare anche l'altra ratio , da considerasi ovviamente assorbita. 2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2945, terzo comma, c.c. che si assume inapplicabile nella fattispecie, poiché non v'era stata un'estinzione del processo, avendo la Chiron/Novartis rinunciato alla domanda e chiesto in appello una specifica pronuncia di cessazione della materia del contendere, dichiarata con sentenza. In altri termini, si sostiene che la domanda giudiziale relativa alla contraffazione del primo brevetto aveva prodotto effetti non solo interruttivi, ma anche sospensivi della prescrizione sino alla conclusione del giudizio. 2.1. Il motivo è infondato. La questione giuridica che dev'essere esaminata è se il terzo comma dell'art. 2945 c.c., che prevede il venir meno dell'effetto permanente interruttivo della prescrizione provocato dall'atto introduttivo del giudizio sino alla conclusione dello stesso ex art. 2945, secondo comma, c.c. , sopravvivendo solo l'effetto interruttivo istantaneo della domanda v. Cass. numero 5707/1987 , sia applicabile anche nel caso in cui il giudizio non si sia concluso con un formale provvedimento di estinzione, ma con una sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale si deve dare continuità, la disposizione dettata dal secondo comma dell'art. 2945 c.c., intesa a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione del diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione quando lo stesso creditore, dopo aver proposto in giudizio una domanda, la abbandoni, così impedendo che sulla stessa intervenga la sentenza definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge, senza che possa rilevare che il giudizio prosegua e giunga a definizione relativamente ad altre e diverse pretese avanzate contestualmente a quella abbandonata v. Cass. 11919/2003, 2712/1998, 1377/1982 . Se è vero che la sospensione dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione durante l'intero corso del giudizio è prevista dal terzo comma dell'art. 2945 solo nel caso di estinzione del processo, che può dipendere da una rinuncia agli atti, la ratio legis consente un'interpretazione estensiva della norma che sia idonea a ricomprendervi - come ritenuto dalla Corte d'appello - anche la presente fattispecie, nella quale vi è stata una rinuncia alla domanda che ne ha determinato l'abbandono, cui ha fatto seguito una sentenza di cessazione della materia del contendere che, in quanto tale, è inidonea ad acquisire efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere l'effetto di giudicato è lutato alla statuizione del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio v. Cass. 4714/2006 . Tale sentenza, del resto, costituisce una modalità di conclusione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, alla quale può estendersi la previsione del terzo comma dell'art. 2945 c.c., nel caso in cui la cessazione della materia del contendere sia determinata - come nella fattispecie in esame - da una rinuncia alla domanda ad opera della parte. 3.- Il ricorso principale è rigettato il ricorso incidentale condizionato è assorbito. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condanna la ricorrente principale alle spese del grado, liquidate in Euro 8200,00, di cui Euro 8000,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.