La domanda proposta tardivamente è inammissibile anche se la parte accetta il contraddittorio

L’eventuale accettazione del contraddittorio non vale a sanare l’inammissibilità della domanda tardivamente proposta in particolare, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è inammissibile l’introduzione da parte dell’opposto di un’azione nuova e diversa rispetto a quella di adempimento per petitum e causa petendi.

Inoltre, stante il regime delle preclusioni di cui al nuovo testo degli artt. 183 e 184 c.p.c., la relativa questione risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti e ricondotta pienamente al rilievo officioso del giudice, in virtù del perseguimento di esigenze di concentrazione e speditezza corrispondenti ad un interesse pubblico. A nulla rileva, al contrario, l’eventuale accettazione del contraddittorio della controparte. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 23811 depositata il 20 novembre 2015. Il caso. Su ricorso di due architetti il Tribunale territorialmente competente ingiungeva alla Croce Rossa Italiana il pagamento di una somma di denaro quale saldo del compenso dovuto per la prestazione professionale di progettazione per l’apertura di una nuova sede. Avverso il provvedimento emesso dal Tribunale la Croce Rossa italiana proponeva opposizione con atto di citazione eccependo l’invalidità e inefficacia del contratto stipulato senza la preventiva deliberazione del Comitato provinciale territorialmente competente e la successiva ratifica del Comitato centrale con la conseguenza che gli impegni di spesa dovevano ritenersi assunti in proprio dai sottoscrittori degli atti di conferimento. Gli architetti si costituivano ritualmente chiedendo il rigetto dell’opposizione e, in via subordinata, la condanna della Croce Rossa Italiana anche a titolo di arricchimento senza causa, al pagamento della somma ingiunta. Il Tribunale adito revocava con sentenza il decreto ingiuntivo opposto e condannava l’opponente al pagamento di una somma di denaro – di importo nettamente inferiore rispetto a quella portata dal decreto ingiuntivo - a titolo di indebito arricchimento, oltre interessi legali e compensazione delle spese del giudizio. Successivamente, in accoglimento del gravame della Croce Rossa Italiana, la Corte d’Appello territorialmente competente dichiarava questa volta inammissibile la domanda di arricchimento senza causa perché nuova rispetto a quella di adempimento contrattuale e rigettava l’appello incidentale volto ad ottenere la conferma del decreto ingiuntivo. Avverso la decisione del Collegio gli architetti proponevano ricorso per Cassazione. L’opposto non può introdurre un’azione nuova e diversa rispetto a quella proposta in primo grado. Nella specie, gli Ermellini hanno ritenuto la doglianza mossa dai ricorrenti secondo cui vi sarebbe stato arricchimento senza causa da parte della Croce Rossa Italiana inammissibile in quanto si configura come domanda tardivamente proposta. In particolare, essi richiamano l’orientamento consolidato di legittimità secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto non può introdurre un’azione nuova e diversa rispetto a quella proposta in primo grado. Gli Ermellini ritengono inoltre, non pertinente il richiamo degli appellati all’apparentemente difforme dictum della Cass., Sez. Unite, n. 26128/2010 la cui apertura possibilista è limitata all’ipotesi che la domanda nuova dell’opposto consista in una reconventio reconventionis , oppure si iscriva nell’alveo di un thema decidendum già esteso, dallo stesso opponente, all’ipotesi di un arricchimento senza causa sia pure ad excludendum nel caso all’esame delle Sezioni Unite era stata infatti proprio la parte opponente che, oltre a confutare l’altrui azione contrattuale, aveva pure prefigurato l’eventuale prospettazione di un indebito arricchimento, per contestarne, in prevenzione, la configurabilità . Concludendo. Semmai nella premessa narrativa del primo motivo di ricorso i ricorrenti non avrebbero dovuto contestare specificatamente l’accertamento di fatto della sentenza di primo grado in relazione alle conclamate ragioni di deroga dovute alla natura urgente del contratto. Solo l’allegazione dell’esistenza di tali ragioni avrebbe pacificamente consentito ai ricorrenti di bay passare il necessario presupposto – richiesto per questo tipo di fattispecie – del conferimento di incarico da parte del Comitato - facente capo alla Croce Rossa Italiana - territorialmente competente, nella specie mancante.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 27 ottobre – 20 novembre 2015, numero 23811 Presidente Salvago – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Su ricorso degli architetti C.V. e P.R. , il Tribunale di Pavia ingiungeva, con ricorso emesso il 14 febbraio 2000, alla Croce Rossa Italiana il pagamento della somma di lire 79.595.109, quale saldo del compenso dovuto per la prestazione professionale di progettazione della nuova sede in Pavia. Avverso il provvedimento, la Croce Rossa italiana proponeva opposizione con atto di citazione notificato il 18 aprile 2000, eccependo l'invalidità ed inefficacia del contratto, stipulato senza la preventiva deliberazione del Comitato provinciale di Pavia e la successiva ratifica del Comitato centrale con la conseguenza che gli impegni di spesa dovevano ritenersi assunti in proprio dai sottoscrittori degli atti di conferimento. Costituendosi ritualmente, gli architetti replicavano. - che l'incarico era stato loro conferito dal Comitato provinciale di Pavia, per un compenso correlato alle tariffe professionali, ed era stato regolarmente assolto con la redazione di un progetto esecutivo, completo di computo metrico estimativo, consegnato al Comitato provinciale della Croce Rossa Italiana, così da consentirne l'esame anche al Comitato centrale - che, nel corso del rapporto, erano state liquidate varie fatture, con emissione dei relativi mandati di pagamento, ma successivamente si era palesata una carenza finanziaria che aveva impedito la realizzazione dei lavori. Tutto ciò premesso, chiedevano il rigetto dell'opposizione ed in via subordinata la condanna della Croce Rossa Italiana, anche a titolo di arricchimento senza causa, al pagamento della somma ingiunta. Con sentenza 28 giugno 2005 il Tribunale di Pavia revocava il decreto ingiuntivo e condannava l'opponente Croce Rossa Italiana al pagamento della somma di Euro 39.041,62, a titolo di indebito arricchimento, oltre interessi legali e compensazione delle spese di giudizio. In accoglimento del successivo gravame della Croce Rossa Italiana, la Corte d'appello di Milano, dichiarava invece inammissibile la domanda di arricchimento senza causa, perché nuova rispetto a quella di adempimento contrattuale, con compensazione delle spese di giudizio, e rigettava l'appello incidentale, volto ad ottenere la conferma del decreto ingiuntivo e di riconoscimento della rivalutazione monetaria ed interessi compensativi. Avverso la sentenza, notificata il 21 febbraio 2009, gli architetti C. e P. proponevano ricorso per cassazione, articolato in due motivi, notificato il 21 aprile 2009 ed ulteriormente illustrato con successiva memoria, ex articolo 378 cod. proc. civile. Deducevano_ 1 la carenza di motivazione e la violazione dell'articolo 23, commi 3 e 4, del decreto-legge 2 marzo 1989 numero 66, convertito in legge numero 144/1989 2 la violazione degli articoli 183 e 184 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 2041 cod. civile. Resisteva con controricorso il Ministero della Difesa. All'udienza del 27 ottobre 2015 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Deve essere esaminata, in via pregiudiziale, la questione della legittimazione passiva della parte resistente, qualificatasi nell'epigrafe del controricorso, come Ministero della Difesa soggetto, evidentemente diverso e privo di alcun nesso di collegamento con la Croce Rossa Italiana, destinataria del decreto ingiuntivo e parte nei gradi di merito. Ritiene questo Collegio che si possa riconoscere alla predetta difformità carattere di mero errore materiale, frutto di disattenzione in sede compilativa, che non inficia la sicura identificazione della Croce Rossa Italiana quale ente rappresentato in giudizio, stante l'inequivoco riferimento, nel contesto narrativo ed argomentativo del controricorso, ai fatti di causa ed alla pronuncia oggetto di impugnazione. Il primo motivo del ricorso è infondato. La ratio decidendi della sentenza della Corte d'appello consiste nell'affermazione - già espressa nella decisione di primo grado - che la corretta volontà della Croce rossa avrebbe dovuto essere espressa dal Consiglio del Comitato Provinciale di Pavia, con ratifica del Comitato Centrale e che tale procedimento non era stato rispettato. In questo senso,la statuizione non si pone in contrasto con la copiosa giurisprudenza di legittimità, citata dai ricorrenti, secondo cui i vizi della delibera propedeutica ai contratti di diritto privato stipulati dagli enti pubblici hanno rilevo esclusivo nell'ambito interno alla loro organizzazione, senza infirmare la validità del contratto stipulato con il privato cfr., e plurimis , Cass., sez. 3, 20 novembre 2002 numero 16345 giacché le eventuali irregolarità, ed anche nullità, verificatesi nella fattispecie a formazione progressiva di diritto amministrativo - irrilevanti, una volta conclusosi l'iter procedurale prodromico alla conclusione del contratto - restano vizio diverso dalla carenza di legittimazione dell'organo stipulante. Tale affermazione non è stata puntualmente contestata dai ricorrenti ed anzi, implicitamente avvalorata, in punto di fatto, con il passaggio espositivo che tutto era pronto per ottenere il parere definitivo da parte dei Comitato Centrale della Croce di Rossa di Roma cfr. ricorso, pag.14 . Si aggiunga che nella narratio della sentenza si da atto che la Croce Rossa Italiana aveva eccepito che gli atti di conferimento erano stati sottoscritti, il primo, da un consigliere e il secondo, dal presidente del Comitato del comitato di Pavia ed il successivo passo della motivazione, testé riportato, recepisce tale eccezione. In contrario, gli architetti C. e P. , nei gradi di merito, da un lato hanno riferito la stipulazione al Comitato Provinciale di Pavia e non al solo presidente cfr. sent d'appello, pag. 1 e, dall'altro, hanno addotto il carattere di urgenza e indifferibilità dell'opera evidentemente allo scopo di giustificare la legittimazione del Presidente, sull'implicito presupposto che proprio egli, in proprio, e non il comitato provinciale, avesse conferito l'incarico professionale. Nel presente ricorso, nella premessa narrativa del primo motivo, sono tornati all'allegazione del conferimento dell'incarico da parte del Comitato di Pavia, senza però contestare specificamente il contrario accertamento di fatto della sentenza di merito, né coltivare più le ragioni di deroga dovute alla natura urgente del contratto. Ed anzi, come visto, implicitamente riconoscendo l'incompiutezza della fattispecie, tuttora mancante nel necessario assenso del Comitato centrale restando, com'è evidente, inidonee allo scopo citazioni di deposizioni testimoniali che - secondo l'assunto difensivo - confermavano la validità del disciplinare di incarico mediante il riconoscimento della firma del presidente pro tempore della Croce Rossa Italiana cfr. ricorso, pag.14 . Argomentazioni, queste, di merito, che non possono trovare ingresso in questa sede. Alla luce delle predette considerazioni perde di rilevanza la dedotta violazione dell'articolo 23, commi 3 e 4, del d.1.2 marzo 1989 numero 66, sotto il profilo che essa è dettata in tema di enti locali ed è quindi inapplicabile alla Croce Rossa Italiana. Anche il secondo motivo è infondato, dal momento che, per giurisprudenza consolidata di legittimità, nella disciplina processuale innovata con legge 26 novembre 1990 numero 353 l'eventuale accettazione del contraddittorio non sana l'inammissibilità della domanda tardivamente proposta quale, nella specie, la domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa svolta, in via gradata, con la comparsa di risposta dagli opposti-attori sostanziali. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è inammissibile, infatti, l'introduzione, da parte dell'opposto, di un'azione nuova e diversa rispetto a quella di adempimento, per petitum e causa petendi e, stante il regime delle preclusioni di cui al nuovo testo degli articoli 183 e 184 cod. proc. civile, la relativa questione risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti e ricondotta pienamente al rilievo officioso del giudice, in virtù del perseguimento di esigenze di concentrazione e speditezza corrispondenti ad un interesse pubblico a nulla rilevando, in contrario, l'eventuale accettazione del contraddittorio della controparte Cass., sez. 1, 30 ottobre 2013 numero 24.486 Cass., sez. 2, 30 novembre 2011 numero 25.598 Cass., sez. 1, 13 dicembre 2006 numero 26.691 . Non pertinente appare il richiamo, in sede di memoria ex articolo 378 cod. proc. civile, all'apparentemente difforme dictum di Cass., sez. unite, 27 dicembre 2010 numero 26128 la cui apertura possibilista è limitata all'ipotesi che la domanda nuova dell'opposto consista in una reconventio reconventionis , oppure si iscriva nell'alveo di un thema decidendum già esteso, dallo stesso opponente, all'ipotesi di un arricchimento senza causa sia pure - com'è ovvio - ad excludendum nel caso all'esame delle Sezioni unite era stata infatti proprio la parte opponente che, oltre a confutare l'altrui azione contrattuale, aveva pure prefigurato l'eventuale prospettazione di un indebito arricchimento, per contestarne, in prevenzione, la configurabilità . Il ricorso è dunque infondato e va respinto con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sula base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte. P.Q.M. - Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, oltre le spese prenotate a debito.