Il Consiglio di Stato conferma le spese di avvio e ripristina la formazione degli avvocati in materia di mediazione

Le spese di avvio sono senz'altro dovute, nella misura prevista dalla legge, anche laddove la mediazione si concluda all'esito del primo incontro di mediazione.

Con la sentenza del 17 novembre 2015, n. 5230 il Consiglio di Stato chiude” definitivamente la partita sulle spese di mediazione relative al primo incontro di mediazione. Le spese di avvio sono senz'altro dovute, nella misura prevista dalla legge, anche laddove la mediazione si concluda all'esito del primo incontro di mediazione. Viene così confermata la portata dell' ordinanza cautelare del 22 aprile 2015, 1694 con la quale era stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza del TAR Lazio che aveva ritenuto non dovute quelle spese sul presupposto che il primo incontro avrebbe dovuto essere totalmente” gratuito. Le spese di avvio, quantificate dal legislatore in modo fisso e forfettario e, quindi, sganciato da ogni considerazione dell’entità del servizio effettivamente prestato dall’organismo di mediazione , - affermano chiaramente i giudici di Palazzo Spada - vanno qualificate come onere economico imposto per l’accesso a un servizio che è obbligatorio ex lege per tutti coloro i quali intendano accedere alla giustizia in determinate materie. Nessuna incostituzionalità per la mediazione. In via preliminare il Consiglio di Stato fuga ogni dubbio di costituzionalità che alcune parti del giudizio avevano ancora una volta sollevato. Dopo la riforma del 2013 e, quindi dopo il superamento del difetto di delega, non esiste alcun profilo di illegittimità. Il punto di partenza è quanto osservato dal TAR Lazio, secondo cui la nuova disciplina della mediazione obbligatoria introdotta nel 2013, non comporta una significativa incisione del diritto alla tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost., essendo essa circondata da cautele idonee a prevenire un serio pregiudizio di tale diritto come l’assistenza obbligatoria del difensore, a specializzazione dei mediatori e, soprattutto, la circoscrizione dell’obbligatorietà al solo primo incontro” all’esito del quale l’interessato può decidere di non proseguire nella procedura di mediazione. La mediazione delegata può arrestarsi al primo incontro - Rispetto a quel passaggio, nessun pregio hanno avuto le tesi di chi avrebbe voluto sostenere che quelle garanzie fossero solo apparenti specie quando siamo in presenza di una mediazione delegata ove, per giurisprudenza oramai costante, le parti non possono limitarsi al primo incontro, ma devono esperire la vera e propria procedura di mediazione. Il primo incontro è comunque parte integrante del procedimento di mediazione e non un qualcosa di estraneo ad esso . Ma soprattutto chiarisce il Consiglio di Stato quel primo incontro si applica anche alla mediazione delegata. Risulta cosi sconfessata” la giurisprudenza di merito che aveva inteso superare il dato testuale pur spinta dalla ricerca dell'effettività della mediazione. E risulta anche sconfessata” nei suoi presupposti la tesi pure sostenuta ad esempio dal Tribunale di Firenze secondo cui nel primo incontro non sarebbe dovuto il compenso ma il mediatore dovrebbe svolgere attività di mediazione vera e propria. Per il Consiglio di Stato, infatti, l'attività di mediazione vera e propria è quella che segue al primo incontro. La formazione come pilastro della mediazione. Altrettanto importante per gli sviluppi della mediazione è il tema della formazione. Tema che rappresenta una parte essenziale del substrato comunitario dell’istituto de quo, di modo che non è possibile predicare l’illegittimità costituzionale delle previsioni in questione sulla base di una mera visione pessimistica” del come in concreto detta formazione sarà attuata . Ecco allora che il Consiglio di Stato annulla la sentenza del TAR Lazio nella parte in cui aveva annullato il comma 3, lettera b , dell’art. 4 del d.m. n. 180/2010, nella parte in cui obbligava anche gli avvocati a seguire i percorsi di formazione e aggiornamento previsti per gli organismi di mediazione. Nessun argomento in contrario può trarsi dalla circostanza che gli avvocati sono mediatori di diritto potendo dunque iscriversi de plano al relativo registro , e che essi hanno dei propri peculiari percorsi di formazione e aggiornamento previsti dalla legge, nei quali può certamente rientrare anche la preparazione allo svolgimento dell’attività di mediatore . Ed invero, non può sussistere dubbio sulla diversità ontologica” dei corsi di formazione e aggiornamento gestiti per l’avvocatura dai relativi ordini professionali - i quali possono bensì prevedere anche una preparazione all’attività di mediazione, ma solo come momento eventuale e aggiuntivo rispetto ad una più ampia e variegata pluralità di momenti e percorsi di aggiornamento – rispetto alla formazione specifica che la normativa primaria richiede per i mediatori, proprio in ragione dell’esigenza non casualmente qui agitata proprio dall’odierna appellata ed appellante incidentale di assicurare che il rischio di incisione” sul diritto di iniziativa giudiziale costituzionalmente garantito sia bilanciato da un’adeguata garanzia di preparazione e professionalità in capo agli organismi chiamati a intervenire in tale delicato momento. Ne deriva, se ben intendo la portata del giudicato amministrativo, che i mediatori avvocati saranno tenuti alla stessa formazione dei mediatori senza quindi quel doppio binario fondato su una pretesa competenza esclusiva del CNF sul tema della formazione dei mediatori avvocati.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 27 ottobre – 17 novembre 2015, n. 5230 Presidente Numerico – Estensore Greco Fatto Il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’Unione Nazionale delle Camere Civili U.N.C.C. , ha parzialmente annullato il decreto nr. 180 del 18 ottobre 2010, recante il regolamento per la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti ai suddetti organismi. A sostegno dell’appello, è stata dedotta, con tre distinti mezzi, l’erroneità della sentenza in epigrafe 1 nella parte in cui ha disatteso l’eccezione preliminare di carente legittimazione in capo all’originaria ricorrente 2 nella parte in cui ha ritenuto illegittimi, e quindi annullato, i commi 2 e 9 dell’art. 16 del precitato decreto, relativi alle spese di avvio ed alle spese di mediazione 3 nella parte in cui ha ritenuto illegittimo, e quindi annullato, l’art. 4, comma 1, lettera b , del medesimo decreto, relativo all’obbligo anche per gli avvocati di svolgere la formazione obbligatoria prevista per i mediatori. Si è costituita l’appellata U.N.C.C., la quale, oltre a controdedurre a sostegno dell’infondatezza dell’appello e a chiederne la reiezione, ha altresì proposto appello incidentale, censurando la sentenza de qua nella parte in cui è stata respinta, fra le varie questioni di legittimità sollevate dalla ricorrente, quella relativa al contrasto degli artt. 5, comma 2, del citato d.m. con l’art. 24 Cost. Nel corso del giudizio, si sono avuti, altresì, in adesione all’appello principale - l’intervento ad adiuvandum degli avvocati Roberto Nicodemi ed altri, nella qualità di mediatori iscritti all’albo - l’intervento ad adiuvandum, a valere quale opposizione di terzo ex art. 109, comma 2, cod. proc. amm., dell’Associazione Primavera Forense, a sua volta organismo di mediazione regolarmente iscritto. Quest’ultima, oltre a concludere nel senso della fondatezza del gravame, assume in limine l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notifica, quale controinteressato, ad almeno un organismo di mediazione. Alla camera di consiglio del 21 aprile 2015, questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata formulata in via incidentale dalle Amministrazioni appellanti. Di poi, parte appellata ha ulteriormente argomentato con memoria a sostegno delle proprie tesi. All’udienza del 27 ottobre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Giunge all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo alla regolamentazione attuativa dell’art. 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, nr. 28, il quale, sulla scorta della delega contenuta nell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, nr. 69, ha introdotto nel nostro ordinamento la mediazione in materia civile e commerciale, come prescritto dalla direttiva 21 maggio 2008, nr. 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea. In primo grado, l’Unione Nazionale delle Camere Civili U.N.C.C. ha impugnato il decreto del Ministro della Giustizia, adottato di concerto col Ministro dell’Economia e delle Finanze, nr. 180 del 18 ottobre 2010, lamentandone l’illegittimità sotto plurimi profili, anche sulla base della ritenuta illegittimità costituzionale di retrostanti disposizioni del citato d.lgs. nr. 28 del 2010. Il T.A.R. del Lazio, investito della controversia, in parziale accoglimento delle deduzioni di parte attrice, ha sollevato ord. 12 aprile 2011, nr. 3202 questione di legittimità costituzionale di alcune norme dell’impugnato decreto, concernenti fra l’altro l’obbligatorietà del previo esperimento della mediazione ai fini dell’esercizio della tutela giudiziale in determinate materie. Sulla questione la Corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza nr. 272 del 6 dicembre 2012, con la quale ha annullato, per violazione degli artt. 76 e 77 Cost., l’art. 5, comma 1, del d.lgs. nr. 28 del 2010, nonché una serie di disposizioni a questo correlate, ritenendo viziata da eccesso di delega la previsione dell’obbligatorietà del ricorso alla mediazione ed alla conseguente strutturazione della relativa procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale in relazione a varie tipologie di controversie. A sèguito dell’intervento del giudice delle leggi, e dopo un primo tentativo di modifica della normativa regolamentare non andato a buon fine a causa della mancata conferma in sede di conversione del decreto-legge in cui era stata inserita, il legislatore è nuovamente intervenuto con l’art. 84, comma 1, lettera b , del decreto-legge 21 giugno 2013, nr. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, nr. 98, che ha reintrodotto, inserendo nell’art. 5 del d.lgs. nr. 28/2010 il nuovo comma 5-bis nonché attraverso l’introduzione di ulteriori disposizioni complementari , sia l’obbligatorietà del previo ricorso alla mediazione che la sua configurazione come condizione di procedibilità dell’azione. Con la sentenza che ha definito il primo grado del presente giudizio, il T.A.R. capitolino - ha, da un lato, respinto la maggior parte delle doglianze attoree, ritenendo manifestamente infondate le ulteriori questioni di legittimità costituzionale articolate avverso la nuova disciplina medio tempore intervenuta - ha, per altro verso, accolto il ricorso limitatamente ai commi 2 e 9 dell’art. 16 del d.m. nr. 28/2010 reputando illegittima la perdurante previsione della debenza delle spese di avvio e delle spese di mediazione, a fronte del principio di gratuità della mediazione contenuto nella normativa primaria ed al comma 3, lettera b , dell’art. 4 reputando illegittima la mancata previsione dell’esclusione degli avvocati dalla formazione obbligatoria ivi prevista, a fronte del riconoscimento agli stessi della qualifica di mediatori di diritto . 2. La ricostruzione che precede, in parte ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite, per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio. 3. Tutto ciò premesso, l’appello dell’Amministrazione si appalesa in parte fondato e pertanto meritevole di accoglimento, mentre invece non è meritevole di favorevole delibazione l’appello incidentale dell’originaria ricorrente. 4. In ordine logico, è proprio l’appello incidentale a dover essere prioritariamente scrutinato, atteso a che la sua ipotetica fondatezza comporterebbe la possibile incostituzionalità delle stesse norme primarie a monte della censurata disciplina regolamentare b che siffatta questione, ove ritenuta non manifestamente infondata, imporrebbe la rimessione alla Corte costituzionale anche d’ufficio e, quindi, indipendentemente da ogni rilievo circa la legittimazione processuale dell’originaria ricorrente, come riproposto nel primo motivo d’appello dell’Amministrazione . 4.1. Con la propria impugnazione incidentale, l’U.N.C.C. reitera una sola delle questioni di legittimità costituzionale che il primo giudice ha ritenuto manifestamente infondate, e segnatamente quella relativa al comma 2 dell’art. 5 del d.lgs. nr. 28/2010, il quale, in un contesto nuovamente connotato dall’obbligatorietà del previo ricorso alla mediazione e dalla sua strutturazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in determinate materia per effetto della novella” introdotta dal d.l. nr. 69 del 2013 , consente al giudice, anche in sede di appello, di imporre alle parti l’esperimento della procedura di mediazione. 4.2. Al riguardo, il primo giudice ha escluso che la nuova disciplina introdotta nel 2013, pur stabilendo nei termini visti l’obbligatorietà del previo esperimento della mediazione, comportasse una significativa incisione del diritto alla tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost., essendo essa circondata da cautele idonee a prevenire un serio pregiudizio di tale diritto in tal senso andrebbero le previsioni dell’assistenza obbligatoria del difensore, della specializzazione dei mediatori e, soprattutto, della circoscrizione dell’obbligatorietà al solo primo incontro” di cui al comma 1 dell’art. 8 del d.lgs. nr. 28/2010, all’esito del quale l’interessato può decidere di non proseguire nella procedura di mediazione. 4.3. In critica a tali argomenti, parte appellante incidentale rileva che le garanzie previste a favore del privato sarebbero solo apparenti, essendo per un verso limitata nel tempo la previsione dell’obbligatorietà dell’assistenza del difensore in sede di mediazione, e sotto altro profilo non idoneamente assicurata la specializzazione e l’esperienza di diritto dei mediatori e ciò malgrado la contestuale previsione per cui gli stessi avvocati sono mediatori di diritto” . Soprattutto, l’appellante incidentale muove dal presupposto che la previsione di cui al ricordato comma 2 dell’art. 5 obblighi l’interessato, a sèguito dell’ordinanza del giudice che impone la mediazione quale condizione di procedibilità dell’azione, non già a limitarsi al primo incontro, ma ad esperire la vera e propria procedura di mediazione. 4.4. La Sezione non condivide tale ultimo avviso, che appare in frontale contrasto col dettato normativo. Infatti, al di là di quanto appresso meglio si dirà in ordine all’essere il primo incontro parte integrante del procedimento di mediazione e non un qualcosa di estraneo ad esso, rileva il chiaro tenore testuale del comma 2-bis del medesimo art. 5, il quale, con previsione certamente applicabile anche alla fattispecie regolata dal precedente comma 2, dispone Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”. Quanto ai più specifici rilievi svolti nell’appello incidentale, questi sono basati su una svalutazione della rilevanza e della centralità del momento formativo e dell’aggiornamento dei mediatori, il quale invece, come pure meglio appresso si rileverà, costituiscono parte essenziale del substrato comunitario dell’istituto de quo, di modo che non è possibile predicare l’illegittimità costituzionale delle previsioni in questione sulla base di una mera visione pessimistica” del come in concreto detta formazione sarà attuata come sembra fare parte appellante incidentale, allorché assume che i cittadini saranno lasciati in balìa di mediatori che non saranno necessariamente esperti di diritto” . 4.5. In definitiva, la Sezione ritiene di dover condividere e confermare le conclusioni esposte nella sentenza impugnata in punto di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale qui riproposta nel senso che, una volta superato il vizio di eccesso di delega che aveva indotto l’intervento cassatorio della Corte costituzionale con la richiamata sentenza nr. 272 del 2012, non è dato rinvenire manifesti e significativi profili di violazione dell’art. 24 Cost. ovvero di altri parametri di rango costituzionale. 5. Proseguendo nella disamina delle questioni preliminari, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di prime cure sollevata nell’atto di intervento ad adiuvandum dell’Associazione Primavera Forense, laddove si assume il difetto di corretta instaurazione del rapporto processuale a cagione della mancata evocazione in giudizio di almeno un organismo di mediazione, quale controinteressato nei cui confronti il provvedimento impugnato era produttivo di effetti. Tale questione può certamente essere delibata nella presente sede, atteso che a va intesa quale vero e proprio motivo di impugnazione, essendo articolata in un atto di intervento in appello scaturito da conversione di opposizione di terzo proposta dinanzi al giudice di primo grado, giusta il disposto dell’art. 109, comma 2, cod. proc. amm. b afferisce alla rituale instaurazione del rapporto processuale, e pertanto può pacificamente essere formulata anche per la prima volta in grado di appello. Tuttavia, l’eccezione è infondata, dovendo in questa sede ribadirsi il consolidato insegnamento giurisprudenziale per cui, in caso di impugnazione di norme regolamentari, non possono individuarsi soggetti aventi posizione formale di controinteressati, a nulla rilevando in tal senso la posizione dei destinatari delle disposizioni generali e astratte contenute nel regolamento impugnato cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 giugno 2006, nr. 3717 id., sez. V, 17 maggio 2005, nr. 6420 . 6. Ciò premesso, col primo motivo d’impugnazione l’Amministrazione reitera l’eccezione, disattesa dal primo giudice, di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione, non potendo riconoscersi sufficiente rappresentatività all’Unione istante in primo grado. Il mezzo è infondato, atteso che, come già rilevato in sede cautelare, va ascritta a mero errore l’indicazione nell’epigrafe del ricorso e della sentenza di primo grado del nominativo della ricorrente come Unione Nazionale delle Camere Civili di Parma”, risultando documentate dallo statuto, da un lato, la rappresentatività nazionale dell’associazione, e, per altro verso, che l’originaria sede in Parma dipendeva unicamente dalla previsione che, nelle more dell’individuazione di una sede in Roma, fissava automaticamente la sede sociale presso lo studio professionale del Presidente pro tempore il quale, al momento della proposizione del ricorso, era appunto un avvocato del foro di Parma . 7. Parzialmente fondati invece, come più sopra anticipato, sono il secondo e il terzo motivo dell’appello dell’Amministrazione, con i quali si censurano le due statuizioni di annullamento della disciplina regolamentare cui è pervenuto il primo giudice. 8. Principiando dal secondo mezzo, questo attiene alla parte della sentenza impugnata nella quale è stata ritenuta l’illegittimità dei commi 2 e 9 dell’art. 16 del d.m. nr. 180 del 2010, nei quali rispettivamente si prevedeva che Per le spese di avvio, a valere sull’indennità complessiva, è dovuto da ciascuna parte per lo svolgimento del primo incontro un importo di euro 40,00 per le liti di valore fino a 250.000,00 euro e di euro 80,00 per quelle di valore superiore, oltre alle spese vive documentate che è versato dall'istante al momento del deposito della domanda di mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al momento della sua adesione al procedimento. L’importo è dovuto anche in caso di mancato accordo”, e che Le spese di mediazione sono corrisposte prima dell’inizio del primo incontro di mediazione in misura non inferiore alla metà. Il regolamento di procedura dell’organismo può prevedere che le indennità debbano essere corrisposte per intero prima del rilascio del verbale di accordo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo. In ogni caso, nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo, l’organismo e il mediatore non possono rifiutarsi di svolgere la mediazione”. 8.1. Tali previsioni, comportanti sempre e comunque l’erogazione di somme da parte dell’utente anche in caso di esito negativo del primo incontro, sono state ritenute dal primo giudice incompatibili con l’innovativa disposizione di cui al comma 5-ter dell’art. 17 del d.lgs. nr. 28/2010, secondo cui Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione”. Siffatta incompatibilità viene in sentenza ricondotta a un difetto di coordinamento fra la novella” di cui al d.l. nr. 69/2013 ed il preesistente impianto normativo, avendo la prima introdotto il principio della gratuità del ricorso alla mediazione, sia pure limitatamente alla fase del primo incontro”. 8.2. A fronte di tali argomentazioni, la Sezione reputa fondate le opposte deduzioni della difesa erariale, nei limiti e per le ragioni già in parte anticipate in fase cautelare e che di sèguito si vanno ulteriormente a sviluppare. 8.2.1. Innanzi tutto, è opportuno rilevare l’infelicità della formula impiegata dalla novella del 2013 da ultimo citata, la quale per la prima volta fa uso del generico termine compenso”, inserendosi in un tessuto normativo in cui il corrispettivo dovuto per i servizi di mediazione è qualificato più tecnicamente come indennità” quest’ultima terminologia, oltre che nelle norme primarie anteriori al ricordato intervento del 2013, si rinviene anche nell’art. 1 del censurato d.m. nr. 180/2010, laddove l’indennità di mediazione è definita come l’importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di mediazione fornito dagli organismi” comma 1, lettera h . Tale indennità poi, a tenore del successivo e citato art. 16, si compone di varie voci, fra le quali rilievo primario hanno le già richiamate spese di avvio” e spese di mediazione”. 8.2.2. Tanto premesso, nessun dubbio può porsi per le spese di mediazione, le quali, comprendendo anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione” art. 16, comma 10 , integrano certamente il nucleo essenziale dell’indennità di mediazione di queste, in applicazione del richiamato comma 5-ter dell’art. 17, non può che essere esclusa la debenza in caso di esito negativo del primo incontro. Diverse considerazioni vanno svolte per le spese di avvio, indipendentemente dal se le si voglia considerare comprensive delle spese vive documentate” ovvero a latere di esse sul punto, il dettato del comma 9 sconta una certa ambiguità ed invero, mentre non può seriamente essere negato il rimborso delle spese vive sul che la stessa originaria ricorrente avendo chiarito di non avere alcunché da opporre , anche per le residue spese disciplinate dal medesimo comma 9 deve ritenersi la loro estraneità alla nozione di compenso” – intesa quale corrispettivo di un servizio prestato – introdotta dal comma 5-ter dell’art. 17. Ed invero, come efficacemente dimostrato dalla difesa erariale e dagli intervenienti ad adiuvandum, le spese di avvio, quantificate dal legislatore in modo fisso e forfettario e, quindi, sganciato da ogni considerazione dell’entità del servizio effettivamente prestato dall’organismo di mediazione , vanno qualificate come onere economico imposto per l’accesso a un servizio che è obbligatorio ex lege per tutti coloro i quali intendano accedere alla giustizia in determinate materie quanto sopra risulta confermato dal riconoscimento, a favore di chi tali spese abbia erogato, di un correlativo credito d’imposta commisurato alla somma versata e dovuto, ancorché in misura ridotta, anche nel caso in cui la fruizione del servizio si sia arrestata al primo incontro art. 20, d.lgs. nr. 28/2010 . In altri termini, posto che il primo incontro non costituisce un passaggio esterno e preliminare della procedura di mediazione, ma ne è invece parte integrante alla stregua del chiaro tenore testuale dell’art. 8 del d.lgs. nr. 28/2010, e dal momento che tale fase il legislatore ha inteso configurare come obbligatoria per chiunque intenda adire la giustizia in determinate materie, indipendentemente dalla scelta successiva se avvalersi o meno della mediazione al punto da qualificare l’esperimento del detto incontro come condizione di procedibilità dell’azione , ne discende la coerenza e ragionevolezza della scelta di scaricare i relativi costi non sulla collettività generale, ma sull’utenza che effettivamente si avvarrà di detto servizio. 8.3. A fronte dei rilievi fin qui svolti, che la Sezione ha in parte anticipato in fase cautelare, parte appellata nella propria memoria conclusiva rileva - che quanto evidenziato in ordine alla non riconducibilità delle spese di avvio alla nozione di compenso”, di cui all’art. 17, comma 5-ter, del d.lgs. nr. 28/2010, sarebbe bensì vero in astratto, ma trascurerebbe di considerare la circostanza, dimostrata dall’esperienza pratica, che le spese de quibus finiscono di fatto per coprire non solo i costi di esercizio degli organismi di mediazione come era negli intenti del legislatore , ma anche e per buona parte i loro compensi, di modo che dovrebbe in ogni caso concludersi che esse, per come sono state quantificate e per la loro incidenza sul complessivo equilibrio economico-finanziario degli organismi di mediazione, finirebbero comunque per risolversi in una prestazione patrimoniale imposta in violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. - che, quanto alla previsione del riconoscimento di un credito d’imposta a favore di chi si sia avvalso della mediazione, questa andrebbe in realtà riferita alla sola ipotesi in cui dopo il primo incontro vi sia stato accesso alla mediazione, ma questa abbia poi avuto esito negativo, e non anche al caso in cui non si sia andati oltre il primo incontro. 8.3.1. Con riguardo al primo aspetto, la Sezione osserva anzi tutto che il tema della quantificazione dell’indennità di mediazione, e specificamente dell’incidenza delle spese di avvio sul complessivo equilibrio economico-finanziario degli organismi di mediazione, risulta estraneo al perimetro del presente giudizio, non essendo stato in prime cure il d.m. nr. 180/2010 impugnato nella parte relativa alla determinazione dei criteri di calcolo dell’indennità. Al di là di tale assorbente rilievo, la descrizione degli effetti perversi”, che si paventa possano scaturire da una determinata opzione normativa, non è evidentemente ex se sufficiente a farne inferire l’illegittimità né può predicarsi una violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. in presenza di una disposizione primaria, quale è l’art. 17 del d.lgs. nr. 28/2010, che, nel disciplinare i criteri e le modalità per il reperimento delle risorse atte a consentire il funzionamento degli organismi di mediazione, in via di eccezione esonera l’utenza che si avvalga dell’obbligatorio primo incontro, in caso di esito infruttuoso di esso, dalla sola corresponsione di somme a titolo di compenso” nel senso sopra precisato . 8.3.2. Quanto al secondo rilievo, esso muove da un presupposto – l’estraneità del primo incontro” al procedimento di mediazione propriamente detto – che non solo non trova alcun aggancio testuale nell’art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010 il quale, nel disciplinare il credito d’imposta, non impiega affatto espressioni univoche nel senso di circoscrivere la detraibilità alle sole somme erogate in caso di effettivo accesso alla mediazione , ma – come detto – appare smentito da altre disposizioni del medesimo decreto, e in primo luogo dall’art. 8, alla cui stregua il primo incontro rientra indiscutibilmente nel procedimento” di mediazione. In ogni caso, è evidente alla stregua di quanto sopra esposto che la disciplina riveniente dall’art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010 costituisce solo una conferma, ulteriore e ad abundantiam, delle conclusioni che devono essere raggiunte aliunde, nel senso della riconducibilità delle spese di avvio non già al concetto di compenso” degli organismi di mediazione, ma piuttosto a un costo di esercizio che il legislatore nella propria discrezionalità ha inteso porre a carico dell’utenza che è obbligata per legge a far ricorso al relativo servizio. 9. Col proprio terzo motivo d’appello, l’Amministrazione censura il capo di sentenza con cui è stato annullato il comma 3, lettera b , dell’art. 4 del d.m. nr. 180/2010, nella parte in cui obbligava anche gli avvocati a seguire i percorsi di formazione e aggiornamento previsti per gli organismi di mediazione. A tale conclusione il primo giudice è giunto sulla base del duplice rilievo che, a norma dell’art. 16, comma 4-bis, del d.lgs. nr. 28/2010, gli avvocati sono mediatori di diritto potendo dunque iscriversi de plano al relativo registro , e che essi hanno dei propri peculiari percorsi di formazione e aggiornamento previsti dalla legge, nei quali può certamente rientrare anche la preparazione allo svolgimento dell’attività di mediatore. La Sezione, pur senza condividere taluni degli argomenti sul punto impiegati dalla difesa erariale e, in particolare, quello imperniato sulla pretesa diversità culturale” che esisterebbe, in relazione alla possibilità di accesso del cittadino alla giustizia, fra l’atteggiamento tipico dell’avvocato e quello richiesto al mediatore , reputa fondate le critiche mosse in parte qua alla sentenza in epigrafe. Ed invero, non può sussistere dubbio sulla diversità ontologica” dei corsi di formazione e aggiornamento gestiti per l’avvocatura dai relativi ordini professionali - i quali possono bensì prevedere anche una preparazione all’attività di mediazione, ma solo come momento eventuale e aggiuntivo rispetto ad una più ampia e variegata pluralità di momenti e percorsi di aggiornamento – rispetto alla formazione specifica che la normativa primaria richiede per i mediatori, proprio in ragione dell’esigenza non casualmente qui agitata proprio dall’odierna appellata ed appellante incidentale di assicurare che il rischio di incisione” sul diritto di iniziativa giudiziale costituzionalmente garantito sia bilanciato da un’adeguata garanzia di preparazione e professionalità in capo agli organismi chiamati a intervenire in tale delicato momento. Inoltre, che questo costituisca un tema centrale e sensibile” del sistema si ricava anche dalla retrostante normativa europea in subiecta materia e, in particolare, dall’art. 4, par. 2, della direttiva 2008/52/CE, secondo cui Gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e successiva dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti” , alla cui stregua va esclusa ogni opzione normativa o ermeneutica che possa anche solo dare l’apparenza di un ridimensionamento delle esigenze così rappresentate. A fronte di ciò, non è dato ricavare argomenti decisivi in contrario dal disposto del comma 4-bis dell’art. 16 del d.lgs. nr. 28/2010 richiamato dal primo giudice quale parametro della ritenuta illegittimità in parte qua della disciplina regolamentare , atteso che tale disposizione, proprio subito dopo aver stabilito che Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori”, espressamente aggiunge Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense ”. 10. In conclusione, e riepilogando, s’impone il parziale accoglimento dell’appello dell’Amministrazione, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e le reiezione del ricorso di primo grado quanto all’art. 16, comma 9, ed all’art. 4, comma 3, lettera b , del d.m. nr. 180/2010 fermo restando, per il resto, quanto statuito dal primo giudice . 11. In considerazione della complessità e novità delle questioni esaminate, nonché della parziale soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto - accoglie l’appello principale, nei limiti di cui in motivazione - respinge l’appello incidentale - per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado quanto ai vizi dedotti avverso l’art. 16, comma 9, e l’art. 4, comma 1, lettera b del d.m. 18 ottobre 2010, nr. 180, confermando per il resto la sentenza medesima. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.