L’avvocato chiede di ricevere le comunicazioni a mezzo raccomandata: non sono valide quelle eseguite in cancelleria

Nel giudizio di cassazione, qualora l’avvocato non domiciliato in Roma abbia chiesto di ricevere le comunicazioni di cancelleria mediante lettera raccomandata, ai sensi dell’art. 135 disp. att. c.p.c., non è idonea la comunicazione dell’avviso di udienza con la relazione ex art. 380 bis c.p.c. eseguita presso la cancelleria della Corte stessa o effettuata con altra modalità nella specie, comunicazione a mezzo fax che non sia andata a buon fine.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 23528 del 17 novembre 2015. Il caso. La pronuncia trae origine da un ricorso per revocazione proposto avverso un’ordinanza di rigetto della Corte di Cassazione per inammissibilità del ricorso. Nel caso di specie, il ricorrente, nel depositare il ricorso che ha dato luogo all’ordinanza impugnata, non aveva eletto domicilio in Roma, come prescritto dall’art. 366, comma 2, c.p.c., ma aveva chiesto, ex art. 135 disp. att. c.p.c., l’invio in copia dell’avviso di udienza di discussione e del dispositivo della sentenza della Corte al suo domicilio di Palermo. Nell’intestazione del ricorso, inoltre, oltre ad eleggere domicilio presso il predetto indirizzo, aveva indicato subito dopo il numero di fax e l’indirizzo PEC. Ciò nondimeno, la cancelleria aveva tentato unicamente la comunicazione via fax dell’avviso dell’udienza. A seguito del fallimento di tale tentativo di comunicazione, anziché procedere a mezzo raccomandata ex art. 135 disp. att. c.p.c., aveva eseguito la notificazione presso la medesima cancelleria. Tale condotta, a giudizio del ricorrente, avrebbe reso l’ordinanza di rigetto suscettibile di revocazione. La questione controversa. Il motivo di ricorso induce gli Ermellini ad interrogarsi sulla legittimità o meno della notificazione dell’avviso di udienza in cancelleria qualora nel ricorso vi sia elezione di domicilio. Invero, il ricorrente ritiene che la mancata comunicazione ex art. 135 cit. dell’avviso di udienza con la relazione ex art. 380- bis c.p.c. gli abbia impedito di depositare memoria e che tale circostanza possa avere avuto effetto sulla decisione finale, con la quale il Collegio aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso, dopo aver dato atto del fatto che non risultava depositata memoria difensiva ex art. 380- bis , comma 2, c.p.c. Secondo parte ricorrente potrebbe essere rilevante, ai fini della revocazione, l’errore di fatto costituito dall’aver creduto che il silenzio difensivo fosse successivo alla comunicazione della relazione preliminare. La richiesta di ricevere comunicazioni a mezzo raccomandata. La Suprema Corte, nel condividere le considerazioni del ricorrente, riprende i passaggi motivazionali di un’ordinanza Cass., n. 7032/15 resa in una fattispecie molto simile, con la quale la seconda sezione della Corte ha affermato che nel giudizio di cassazione, qualora l’avvocato non domiciliato in Roma abbia chiesto di ricevere le comunicazioni di cancelleria mediante lettera raccomandata, ai sensi dell’art. 135 disp. att. c.p.c., non è idonea la comunicazione di un’ordinanza di integrazione del contraddittorio eseguita presso la cancelleria della Corte stessa. Nella stessa ottica, i Giudici di legittimità richiamano taluni principi affermati da SSUU 13908/2011 , a mente dei quali il diritto del difensore non domiciliato in Roma di essere informato della data fissata per la discussione del ricorso è adeguatamente salvaguardato – nel contemperamento, operato dal legislatore, dei diversi interessi delle parti e delle esigenze dell’ufficio – dalla possibilità dello stesso difensore di chiedere che l’avviso gli sia inviato in copia mediante lettera raccomandata, a norma dell’art. 135 disp. att. c.p.c L’incidenza dell’omessa comunicazione sull’ordinanza di inammissibilità. Pertanto la mancanza di tale comunicazione può incidere in modo determinante in casi in cui da essa derivi come nel caso di una conseguente omessa integrazione del contraddittorio inammissibilità ex art. 331 c.p.c Il Collegio reputa che, nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380- bis c.p.c., ai fini del meccanismo processuale con essa innescato, sia essenziale la comunicazione alle parti costituite della relazione camerale, cosicché l’omessa comunicazione, anche a soli fini informativi ed eventualmente a mezzo fax o PEC, se risultanti in atti, può assumere il rilievo invocato da parte ricorrente. In ogni caso la rilevanza della questione induce i Giudici di legittimità a rimettere l’istanza di revocazione alla Sezione in sede di pubblica udienza, per valutare se siano configurabili gli estremi per la revocazione della sentenza, non sussistendo un’ipotesi di evidente inammissibilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza interlocutoria 15 settembre – 17 novembre 2015, n. 23528 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto 1 È impugnata per revocazione la ordinanza n. 4101/14 della Corte di Cassazione VI/2 Sezione, la quale ha rigettato un ricorso in materia possessoria proposto dall'odierno ricorrente avverso la sentenza n. 58 del 2012 della Corte di appello di Palermo. Il ricorrente lamenta di non aver ricevuto avviso di udienza recte adunanza camerale , sebbene egli avesse chiesto ex art. 135 disp. att. c.p.c. di ricevere le notifiche nel suo domicilio di Palermo . Il Condominio ha resistito con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito camerale, proponendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione. Entrambe le parti hanno depositato memoria. 1.1 Ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c Sul ricorso per revocazione la Corte pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza”. Il Collegio ritiene che non sussistano gli estremi per dichiarare inammissibile il ricorso. 2 Parte resistente ha eccepito la inammissibilità del ricorso, perché non contenente alcuna allegazione e deduzione sul fatto e sul diritto di cui al precedente giudizio di legittimità conclusosi con l'ordinanza impugnata . Ad avviso del Condominio resistente, il ricorso conterrebbe solo la domanda di revocazione della decisane sfavorevole al ricorrente, ma non quella di decisione sull'originaria domanda che andava accompagnata dalla necessaria riproposizione degli argomenti riportati nel ricorso originario . Questa tesi, un tempo prevalente, è stata smentita e superata dalle Sezioni Unite di questa Corte che, intervenendo in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale sul punto, hanno ritenuto Cass. SU 20 novembre 2003 n. 17631 in Giust civ.2004, 2967 Giur. it., 2004, 1156 che la domanda di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione per errore di fatto, da proporre, in base al disposto dell'art. 391 bis cod. proc. civ., con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti, deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione del motivo della revocazione, prescritta dall'art. 398, comma secondo, cod. proc. civ. e non anche la riproposizione dei motivi dell'originario ricorso per Cassazione. Le Sezioni Unite hanno aggiunto che deve essere inoltre presente la esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall'art. 366, n. 3, cod. proc. civ., ma con la precisazione che purtroppo non risulta nella, massima. che l'esposizione sommaria dovrà riguardare i soli fatti rilevanti al fine della decisione sull'errore revocatorio, e cioè tutti i fatti necessari a mettere il giudice in condizione di esaminare le ragioni revocatorie”. Pertanto il ricorso per revocazione, che contiene l'indicazione dei soli fatti rilevanti ai fini della revocazione, è immune dal vizio di cui è stato tacciato. 3 La questione controversa va cosi riassunta in punto di fatto. Il ricorrente, difesosi personalmente in questo e quel giudizio, nel depositare il ricorso n. 3749/2013 che ha dato luogo alla ordinanza n. 4101/14 qui impugnata , non elesse domicilio in Roma, come prescritto dall'art. 366 c.2 c.p.c Egli nella nota di deposito chiese ex art. 135 disp. att. c.p.c. l'invio in copia dell'avviso di udienza di discussione ed il dispositivo della sentenza della Corte al suo domicilio di omissis ”. Nell'intestazione del ricorso, oltre a eleggere domicilio al predetto indirizzo, sede del suo studio, indicò subito dopo il numero di fax e l'indirizzo PEC, come risulta dall'esame degli atti, al quale la Corte può e deve accedere, attesa la natura processuale della questione posta. Non risulta che siano stati trasmessi l'avviso di udienza e la relazione preliminare. Dal fascicolo emerge infatti che fu tentata la comunicazione via fax, rimasta senza esito perché l'utente remoto non risponde . A seguito di detto tentativo fallito, la cancelleria avrebbe dovuto procedere a comunicazione a mezzo raccomandata ex art. 135 disp. att. o almeno esperire un tentativo a mezzo PEC. Venne invece soltanto eseguita la notificazione dell'avviso di udienza, con l'allegato, a mezzo ufficiale giudiziario presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione. 3.1 Il ricorrente lamenta proprio che, nonostante la esplicita richiesta formulata in sede di iscrizione a ruolo, mai sia stato a lui comunicato ex art. 135 cit. l'avviso di udienza con la relazione ex art. 380 bis redatta dal consigliere relatore della causa n. 3749/13. Ritiene che questa circostanza gli abbia impedito di depositare memoria e che tale circostanza possa avere avuto effetto sulla decisione finale, con la quale il Collegio confermò la proposta di inammissibilità e comunque evidente infondatezza del ricorso, dopo aver dato atto del fatto che non risultava depositata memoria difensiva ex art. 380 bis comma 2 c.p.c Secondo parte ricorrente potrebbe essere rilevante ai fini della revocazione l'errore di fatto costituito dall'aver creduto che il silenzio difensivo fosse successivo alla comunicazione della relazione preliminare. 3.2 Il Collegio ritiene che questa tesi possa trovare considerazione. Mette conto in proposito riprendere i passaggi motivazionali di Cass. 7032/15, ordinanza resa in fattispecie molto simile, con la quale la seconda Sezione della Corte ha affermato che nel giudizio di cassazione, qualora l'avvocato non domiciliato in Roma abbia chiesto di ricevere le comunicazioni di cancelleria mediante lettera raccomandata, ai sensi dell'art. 135 disp. att. cod. proc. civ., non è idonea la comunicazione di un'ordinanza di integrazione del contraddittorio eseguita presso la Cancelleria della Corte stessa o effettuata con altra modalità nella specie, comunicazione a mezzo fax che non sia andata a buon fine. La Corte ha richiamato gli insegnamenti provenienti da SU 13908 del 2011, a mente dei quali il diritto del difensore non domiciliato in Roma di essere informato della data fissata per la discussione del ricorso è adeguatamente salvaguardato - nel contemperamento, operato dal legislatore, dei diversi interessi delle parti e delle esigenze dell'ufficio - dalla possibilità dello stesso difensore di chiedere che l'avviso gli sia inviato in copia mediante lettera raccomandata, a norma dell'art. 135 disp. att. cod. proc. Civ Pertanto la mancanza di tale comunicazione può incidere in modo determinante in casi in cui da essa derivi come nel caso di una conseguente omessa integrazione del contraddittorio inammissibilità ex art. 331 c.p.c Il Collegio reputa che nell'ambito del procedimento camerale di cui all'art. 380 bis c.p.c., ai fini del meccanismo processuale con essa innescato, sia essenziale la comunicazione alle parti costituite della relazione camerale, cosicché l'omessa comunicazione, anche a soli fini informativi ed eventualmente a mezzo fax o PEC, se risultanti in atti, può assumere il rilievo invocato da parte ricorrente. In ogni caso la rilevanza della questione, che si cala nel crogiuolo di novità relative alla comunicazioni telematiche già oggetto di attenzione giurisprudenziale SU 10143/12 Cass. 13857/14 Cass. 25215/14 , impone di rimettere l'istanza di revocazione alla Sezione in sede di pubblica udienza, per valutare se siano configurabili gli estremi per la revocazione della sentenza, non sussistendo un'ipotesi di evidente inammissibilità. P.Q.M. La Corte rimette la causa alla Pubblica Udienza.