L’occupazione non è il danno, ma la condotta produttiva del danno

La S.C. aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il danno da occupazione abusiva di un immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa, e non si può perciò pretendere alcun risarcimento se dalla lesione del diritto o dell’interesse non sia disceso un concreto pregiudizio. Tale pregiudizio può essere tuttavia dimostrato mediante presunzioni semplici e può consistere anche nell’utilità teorica che il danneggiato poteva trarre dall’uso diretto del bene, nel tempo in cui questo è stato occupato da altri.

Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18494/15, depositata il 21 settembre. Il caso. Il Tribunale di Ravenna accoglieva la domanda di una donna che chiedeva la condanna al risarcimento del danno cagionatole da due persone per non averle rilasciato una parte di terreno da essi occupata illegittimamente e al cui rilascio erano stati condannati con sentenza passata in giudicato. I soccombenti contestavano la pronuncia dinanzi alla Corte d’appello di Bologna che accoglieva l’appello. Avverso tale sentenza, la donna propone ricorso per cassazione. Contrasto giurisprudenziale. La questione sottoposta ai giudici di legittimità riguarda l’accertamento e la stima del danno da occupazione sine titulo di immobili. A proposito, viene riportato un risalente contrasto giurisprudenziale. Un primo orientamento il danno è in re ipsa Secondo un primo indirizzo, qualora un immobile altrui sia occupato senza titolo, il pregiudizio subito dal proprietario sarebbe in re ipsa . Questo orientamento si fonda sulla convinzione che il diritto di proprietà comprende per natura” la facoltà di godimento di disponibilità del bene che ne forma oggetto, con la conseguenza che se queste facoltà vengono meno a causa dell’occupazione, un danno risarcibile può ritenersi sussistente sulla base di una presumptio hominis , superabile soltanto se si dimostra concretamente che il proprietario, anche se non fosse stato privato della disponibilità del bene, non si sarebbe in ogni caso interessato al suo immobile e non l’avrebbe in alcuna maniera utilizzato. e per stimarlo bisogna riferirsi al danno figurativo . In ordine alla stima del danno, questo primo indirizzo crede che nel calcolare il danno, occorra fare riferimento al c.d. danno figurativo”, ossia al valore locativo dell’immobile occupato Cass., n. 9137/13 . Un secondo orientamento l’occupazione è la condotta che ha cagionato il danno. Un secondo orientamento ritiene invece che il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa , né coincide con la semplice occupazione infatti l’occupazione non è il danno, ma la condotta che ha prodotto il danno. Di conseguenza il danneggiato che chieda il risarcimento del pregiudizio determinato dall’occupazione senza titolo ha l’onere di provare di aver patito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare o utilizzare il bene in maniera diretta e tempestiva, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a un prezzo conveniente o per aver subito altre situazioni pregiudizievoli valutazione questa, affidata al giudice del merito, che può avvalersi anche della prova presuntiva Cass., n. 1511/13 . Nessun concreto pregiudizio, nessun risarcimento. Tra i due indirizzi illustrati, la S.C. aderisce al secondo e ritiene che i giudici di seconde cure non ne abbiano fatta corretta applicazione. Infatti, a discredito della tesi secondo cui il danno determinato dall’indisponibilità di un immobile sia in re ipsa , gli ermellini ricordano che nell’ordinamento italiano non esistono danni in rebus ipsis, e non si può pretendere alcun risarcimento se dalla lesione del diritto o dell’interesse non sia disceso un concreto pregiudizio Cass., n. 24474/14 . Tuttavia, questo non esclude che l’esistenza del danno possa essere dimostrata con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni semplici ex art. 2727 c.c Ora, nel caso in esame, la Corte d’appello bolognese, benché abbia correttamente premesso che l’occupazione dell’immobile altrui non necessariamente costituisce un danno in re ipsa, ha rigettato l’appello sulla base che la parte attrice non avrebbe provato, né allegato le prove che avrebbero dimostrato la possibilità di vendere o locare l’immobile, senza però considerare che qualsiasi bene è suscettibile anche di uso diretto da parte del proprietario, e l’uso diretto ha un’utilità che ha un contenuto economico. Il pregiudizio così subito chiaramente non può essere provato nel suo esatto ammontare e perciò deve essere determinato tramite una liquidazione equitativa. Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa con rinvio la sentenza impugnata, imponendo alla Corte d’appello di Bologna di adeguarsi al principio di diritto secondo cui La perdita della disponibilità di un immobile non costituisce un danno in re ipsa , nel senso che, provata l’occupazione abusiva, non può dirsi per ciò solo provato il danno. Quest’ultimo tuttavia, può essere dimostrato con ricorso a presunzioni semplici, e può consistere anche nell’utilità teorica che il danneggiato poteva ritrarre dall’uso diretto del bene, durante il tempo per il quale è stato occupato da altri .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 21 settembre 2015, n. 18494 Presidente Berruti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2002 G.F. convenne dinanzi al Tribunale di Ravenna M.A. e F.C. , chiedendone la condanna al risarcimento del danno da essi causatole per non averle rilasciato una particella di terreno, sita in , da essi occupata illegittimamente, ed al cui rilascio erano stati condannati con sentenza passata in giudicato. 2. I convenuti contestarono la domanda. Con sentenza 20.3.2007 n. 359 il Tribunale di Ravenna accolse la domanda e condannò i convenuti a pagare all'attrice 40.000 Euro. 3. La sentenza venne appellata dai soccombenti Con sentenza 22.10.2012 n. 1490 la Corte d'appello Bologna accolse l'appello e rigettò la domanda di G.F. , ritenendo non essere mai stato allegato e provato alcun danno. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da G.F. , con ricorso fondato su un motivo e illustrato da memoria. Hanno resistito con un controricorso unitario M.A. e F.C Motivi della decisione 1. Il motivo unico di ricorso. 1.1. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assumono violati gli artt. 1226, 2043, 2056 c.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nel rigettare la domanda di risarcimento, perché nel caso di occupazione sine titulo di immobili il danno è in re ipsa soggiunge che in ogni caso la danneggiata aveva fornito elementi indicativi per una stima equitativa, quali le tariffe richieste del comune di Cervia per l'occupazione temporanea di suolo pubblico conclude deducendo che in ogni caso la Corte d'appello avrebbe dovuto fare ricorso al cd. danno figurativo , liquidato in base al valore commerciale dell'immobile. 1.2. Il motivo è fondato. Sulla questione dell'accertamento e della stima del danno da occupazione sine titulo di immobili si registra un risalente contrasto nella giurisprudenza di legittimità. 1.3. Secondo un primo orientamento, in caso di occupazione senza titolo di un immobile altrui, il danno patito dal proprietario sarebbe in re ipsa . Questo orientamento si fonda sull'assunto che il diritto di proprietà ha insite in sé le facoltà di godimento di disponibilità del bene che ne forma oggetto sicché, una volta soppresse tali facoltà per effetto dell'occupazione, l'esistenza d'un danno risarcibile può ritenersi sussistente sulla base d'una praesumptio hominis , superabile solo con la dimostrazione concreta che il proprietario, anche se non fosse stato spogliato, si sarebbe comunque disinteressato del suo immobile e non l'avrebbe in alcun modo utilizzato. Per quanto attiene, poi, alla concreta stima del danno, l'orientamento in esame ritiene che questa possa avvenire anche facendo riferimento al cosiddetto danno figurativo , vale a dire al valore locativo dell'immobile occupato. In questo senso si sono pronunciate Sez. 3, Sentenza n. 9137 del 16/04/2013, Rv. 626051 Sez. 2, Sentenza n. 14222 del 07/08/2012, Rv. 623541 Sez. 2, Sentenza n. 5568 del 08/03/2010, Rv. 611644 Sez. 3, Sentenza n. 3251 del 11/02/2008, Rv. 601677 Sez. 3, Sentenza n. 10498 del 08/05/2006, Rv. 591331 Sez. 3, Sentenza n. 827 del 18/01/2006, Rv. 587382 Sez. 2, Sentenza n. 649 del 21/01/2000, Rv. 533031 Sez. 2, Sentenza n. 1373 del 18/02/1999, Rv. 523352 . 1.4. Per un diverso orientamento, invece, il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa , né coincide col mero fatto dell'occupazione. Secondo questo orientamento, infatti, l'occupazione non è il danno, ma la condotta produttiva del danno. Pertanto il danneggiato che chieda il risarcimento del pregiudizio causato dall'occupazione sine titulo è tenuto a provare di aver subito un'effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l'occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi anche della prova presuntiva. In questo senso si sono pronunciate Sez. 3, Sentenza n. 15111 del 17/06/2013, Rv. 626875 Sez. 3, Sentenza n. 378 del 11/01/2005, Rv. 579772. 1.5. Ritiene questa Corte che tra i due orientamenti debba essere preferito il secondo, ma che nondimeno la sentenza impugnata non l'abbia correttamente applicato. 1.5.1. L'affermazione secondo cui il danno causato dall'indisponibilità d'un immobile sia in re ipsa non può ritenersi corretta. Nel nostro ordinamento infatti non esistono danni in rebus ipsis , e nessun risarcimento è mai esigibile se dalla lesione del diritto o dell'interesse non sia derivato un concreto pregiudizio ex multis , da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 24474 del 18/11/2014, Rv. 633450 Sez. 6 - 3, Sentenza n. 18812 del 05/09/2014, Rv. 632941 Sez. 1, Sentenza n. 23194 del 11/10/2013, Rv. 628570 Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 21865 del 24/09/2013, Rv. 627750 . Il danno risarcibile, infatti, non può dirsi esistente sol perché sia stato vulnerato un diritto. La lesione del diritto è il presupposto del danno, non il danno. Quest'ultimo vi sarà soltanto se dalla lesione del diritto sia altresì derivata una perdita, patrimoniale o non patrimoniale che sia. 1.5.2. L'inconcepibilità di danni in re ipsa fa sì che non è possibile pretendere il risarcimento, sol perché si sia provata la lesione del diritto. Tuttavia ciò non toglie che l'esistenza del danno possa essere dimostrata con ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni semplici di cui all'art. 2727 c.c Non vi è, dunque, alcuna implicazione necessaria tra il negare l'ammissibilità di danni in re ipsa , e il negare il ricorso alla prova presuntiva. Una volta, infatti, stabilito che danno in senso giuridico è non la lesione d'un diritto in sé, ma le conseguenze che ne sono derivate, nulla vieta al giudice di risalire al fatto ignorato dell'esistenza d'un danno muovendo dal fatto noto del tipo, quantità e qualità della lesione patita dalla vittima. 1.6. Or bene, la Corte d'appello di Bologna, dopo avere - correttamente, per quanto detto - premesso che l'occupazione dell'immobile altrui non costituisce necessariamente un danno in re ipsa , ha rigettato la domanda attorea sul presupposto che l'attrice non avrebbe né allegato, né provato a che l'immobile usurpato fosse idoneo agli usi sui quali il primo giudice ha argomentato al fine di pervenire all'accoglimento della domanda b che esistesse un danno c che il bene fosse appetibile nel mercato delle locazioni immobiliari d di avere rinunciato a vantaggiose proposte di locazione. Questa motivazione è irrispettosa dell'art. 1226 c.c Essa, infatti, presuppone che un immobile non possa avere altro uso che la vendita o la locazione. Trascura, invece, di considerare che qualsiasi bene è suscettibile anche di uso diretto da parte del proprietario, e l'uso diretto ha una utilità avente un contenuto economico il cd. opportunity cost nell'analisi economica del diritto . Chi, infatti, disponesse - poniamo - d'una piccola corte a mò di deposito, a livello teorico risparmia il costo del fitto di un'area analoga. Si tratta di pregiudizi che palesemente non possono essere provati nel loro esatto ammontare, e che impongono dunque una liquidazione equitativa. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, la quale nel riesaminare il caso si atterrà al seguente principio di diritto La perduta disponibilità d'un immobile non costituisce un danno in re ipsa, nel senso che, provata l'occupazione abusiva, non può dirsi per ciò solo provato il danno. Quest'ultimo, tuttavia, può essere dimostrato col ricorso a presunzioni semplici, e può consistere anche nell'utilità teorica che il danneggiato poteva ritrarre dall'uso diretto del bene, durante il tempo per il quale è stato occupato da altri. 2. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 385, comma 3, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione - rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.