L’errata destinazione non è imputabile al notificante: tempestiva la notifica

È tempestiva la notifica dell’atto di appello che, tentata prima della scadenza del termine per impugnare, non abbia avuto buon esito per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da quest’ultimo rinnovata tempestivamente, non essendo rilevante che la seconda notifica sia stata perfezionata dopo la decadenza del termine per l’impugnazione.

Questo è il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18 343/15, depositata il 18 settembre. Il caso. Il Tribunale di Roma dichiarava la lesione della quota legittima spettante a una donna in successione della de cuius, e lo scioglimento della comunione ereditaria con gli altri due eredi. La Corte d’appello capitolina, con una sentenza non notificata, dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla donna, in quanto presentato oltre l’anno dal deposito della sentenza di primo grado. Da quanto emerge dalla sentenza di secondo grado, veniva tentata un prima notifica dell’atto di appello a Roma presso il domicilio eletto, risultando inesistente in quella via il luogo indicato per la notificazione. L’appellante faceva poi un secondo tentativo, domandando una nuova notifica, questa volta pervenuta al corretto indirizzo, ma richiesta oltre la scadenza del termine lungo. Secondo la Corte territoriale, la prima notificazione era inesistente, mentre la seconda rendeva tardivo l’appello. La donna ricorre allora per cassazione, affermando che, come risultò poi vero, l’erroneo indirizzo risultava dal frontespizio della sentenza impugnata. Nesso di causalità innegabile. La S.C. a proposito afferma che quello che rileva per una corretta applicazione dell’art. 327 c.p.c. Decadenza dall’impugnazione , è che l’errore compiuto dalla parte appellante nell’indirizzare la prima notificazione sia in nesso di causalità innegabile con quanto indicato nella sentenza di primo grado, proprio nella parte riservata a dare atto della domiciliazione della parte convenuta . Onere di riscontro del notificante. Tale indicazione traeva chiaramente in inganno il notificante e giustificava pertanto l’applicazione dei principi stabiliti dai giudici di legittimità. Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 17352/09, ha rivisto l’indirizzo rigorista affermato con la precedente decisione del Collegio n. 3818/09. Ai fini di una corretta individuazione del luogo a cui inviare la notifica, con quest’ultima pronuncia, la Cassazione aveva stabilito l’onere della parte notificante di verificare le risultanze dell’albo professionale ed era giunta ad escludere che tale onere di riscontro arrechi un rilevante danno temporale o impedisca di beneficiare interamente dei termini di impugnazione. Infatti, aveva limitato alle sole ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, la possibilità per il notificante di riattivare e concludere il procedimento notificatorio, anche in seguito allo spirare dei relativi termini, tramite istanza al giudice ad quem. Il nuovo orientamento. Con la pronuncia n. 17352/09, le Sezioni Unite hanno precisato che qualora la notificazione dell’atto, da realizzarsi entro un termine perentorio, non si perfezioni con successo a cause di circostanze non imputabili al richiedente, quest’ultimo ha la facoltà, nonché l’onere, di richiedere all’ufficio giudiziario, la ripresa del procedimento notificatorio. Al fine di rispettare il suddetto termine, la successiva notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto . Nel caso in esame, risulta che i giudici di seconde cure non abbiano rispettato tale precetto nell’applicare l’art. 327 c.pc. Infatti, la non imputabilità della non corretta destinazione della prima notifica risultava ictu oculi dall’errore contenuto nel frontespizio della sentenza impugnata, tale da poter indurre a ritenere che vi fosse stata, nelle more tra lo svolgimento del giudizio e la pubblicazione della sentenza, una modifica del domicilio del difensore e comunque idonea a determinare l’errore, data l’affidabilità della fonte. I giudici di Piazza Cavour dunque, affermando che i giudici di merito avrebbero dovuto considerare tempestivo l’appello, ripetono il principio di diritto, a cui avrebbero dovuto ispirarsi, secondo cui è tempestiva la notifica dell’atto di appello che, tentata prima della scadenza del termine per impugnare, non abbia avuto buon esito per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da quest’ultimo rinnovata tempestivamente, non essendo rilevante che la seconda notifica sia stata perfezionata dopo la decadenza del termine per l’impugnazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. V Civile – 2, ordinanza 21 aprile – 18 settembre 2015, numero 18343 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto 1 Il tribunale di Roma il 25 luglio 2008 con sentenza numero 16083/08 dichiarava la lesione della quota legittima spettante a L. C., in successione della de cuius S.A. morta 27.06.1998 , nonché lo scioglimento della comunione ereditaria tra C.L., C. A. e C. E Con sentenza numero 459/2012 del 25 gennaio 2012, non notificata, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile, poiché proposto oltre l'anno dal deposito della sentenza di primo grado, l'appello proposto da L. C Quest'ultima ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 14.09.2012. A. ed E. C. hanno resistito con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte resistente ha depositato memoria. 2 Nella sentenza impugnata si legge che la notifica dell'atto di appello venne tentata una prima volta in Roma presso il domicilio eletto, indicato in Roma via Camerata Picena 54 con esito negativo, risultando inesistente in quella via il luogo indicato per la notificazione. Si legge anche che la scadenza del termine lungo era fissata il 26 ottobre 2009 che parte appellante fece un secondo tentativo, richiedendo il 29 ottobre 2009 nuova notifica, che giunse a buon esito il 30 ottobre in via Camerata Picena 379. Secondo la Corte di appello di Roma, la prima notificazione era inesistente e la seconda, unica da considerare, rendeva l'appello tardivo. Dal ricorso si apprende pag.13 che l'indirizzo di via Camerata Picena 54 risultava dal frontespizio della sentenza impugnata, circostanza che risulta vera. Parte ricorrente con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 327 c.p.c. e sostiene che era rituale, ex art. 330 c.p.c., la notificazione effettuata nel domicilio della controparte risultante dalla sentenza impugnata. Nel secondo motivo la ricorrente si sofferma sulla natura di nullità sanabile della notifica, poiché inesistenza vi srebbe soltanto in caso di tentativo di notifica effettuato in luogo privo di collegamento con il destinatario. Parte resistente rileva che negli atti causa e in particolare nelle comparse di costituzione l'indirizzo del proprio difensore era sempre stato indicato con il civico 379 e che altrettanto constava nell'albo Avvocati di Roma, sicché la decadenza dal termine di cui all'art. 327 c.p.c. commessa da controparte sarebbe insanabile. 3 Il ricorso, come rilevato nella relazione preliminare, è fondato. Irrilevante è in causa che, contrariamente ad un accenno fatto in ricorso, non vi sia mai stata variazione dell'indirizzo iniziale del difensore. Ciò che rileva ai fini di una corretta applicazione dell'art. 327 c.p.c. è che l'errore commesso dall'appellante nell'indirizzare la prima notificazione sia in nesso di causalità innegabile con quanto indicato nella sentenza di primo grado, proprio nella parte riservata a dare atto della domiciliazione della parte convenuta. Questa indicazione era tale da trarre in inganno il notificante e giustificava quindi l'applicazione dei principi che ripetutamente sono stati fissati dalla Corte di Cassazione. La Corte nel 2009 ha avuto modo di emendare e rivedere un orientamento rigorista che era emerso con la sentenza numero 3818 ora invocata da parte resistente. Quest'ultima sentenza, ai fini di una corretta individuazione del luogo in cui indirizzare la notifica, aveva richiamato l'onere della parte notificante di riscontro delle risultanze dell'albo professionale. Era arrivata ad escludere che tale onere di verifica - attuabile anche per via informatica o telematica - arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l'intero, dei termini di impugnazione. Aveva riservato alle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore la possibilità, per il notificante di riattivare ~- concludere il procedimento notificatorio, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem È corredata . Persiste in G giurisprudenza qualche sporadica ripetizione di questo dictum Cass 11294/12 , che fu prontamente superato dalle stesse Sezioni Unite della Corte. Pochi mesi dopo, tornando meditatamente sul tema SU 17352 del 24/07/2009 ha avuto modo di precisare che Qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie . E' questo l'esatto canone interpretativo cui la Corte di appello avrebbe dovuto ispirarsi nell'applicare l'art. 327 sulla tempestività del gravame e sussumere in esso la vicenda notificatoria de qua. Si vedano in questo senso, limitandocisi alle sentenze massimate Cass. 586/10 Cass.6846/10 9046/10 21154/10 26518/11 18074/12 20830/13 24641/14. Nella specie la non imputabilità della errata destinazione della prima notifica discendeva ictu oculi dall'errore contenuto nel frontespizio della sentenza impugnata, tale da poter indurre a credere che vi fosse stata, nelle more tra lo svolgimento del giudizio e la pubblicazione della sentenza, una modifica del domicilio del difensore e comunque a provocare l'errore, attesa l'affidabilità della fonte. La prontezza nella riattivazione del procedimento notificatorio emerge evidente dagli atti delle due notifiche, la prima risalente al 20 ottobre 2009, la seconda al 29/30 ottobre 2009. La Corte di appello, preso atto di queste circostanze, avrebbe dovuto quindi escludere che il 26 ottobre si fosse verificata decadenza e avrebbe dovuto ritenere tempestivo l'appello, attenendosi al seguente principio di diritto E' tempestiva la notifica dell'atto di appello che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l'impugnazione. Cass.3356/2014 . 4 Discende da quanto esposto l'accoglimento del ricorso. La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per lo svolgimento del giudizio di impugnazione. Il giudice di rinvio provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.