La competenza degli organismi di conciliazione non vale a derogare le regole sulla competenza del giudice

La Corte di Cassazione detta le regole guida per individuare la competenza territoriale del giudice tutte le volte in cui l'azione giudiziale deve essere preceduta da un tentativo di mediazione o di conciliazione.

Ed infatti, con la sentenza del 2 settembre 2015, n. 17480 della Sesta Sezione Civile, la Suprema Corte ha affermato, in modo inequivocabile, che le regole per individuare il giudice competente a conoscere di una controversia sono soltanto quelle del codice di rito e delle eventuali leggi speciali e mai le regole relative alla competenza territoriale degli organismi deputati a tentare di risolvere stra-giudizialmente le controversie civile. Una controversia telefonica da cambio numero. L'occasione per affermare il principio è stata fornita alla Corte da un ricorso per regolamento di competenza un avvocato aveva convenuto in giudizio una società telefonica per non avergli consentito di mantenere il proprio numero telefonico a seguito del passaggio da altro operatore. In prima battuta il giudice adito è stato il tribunale di Roma che, però, aveva declinato la propria competenza a favore di quello di Milano e ciò sul rilievo dell'esistenza di una clausola contrattuale in base alla quale le parti avevano convenuto che il foro territorialmente competente dovesse essere quello di Milano. Il Co.re.com. competente era Roma. Ma il cliente non ci sta e decide di proporre regolamento di competenza sostenendo che il Tribunale competente avrebbe dovuto essere quello di Roma. Ed infatti, il regolamento attuativo dell'Autorità garante per le telecomunicazioni relativo al tentativo obbligatorio di conciliazione individua l'organismo territorialmente competente in quello del luogo in cui è ubicata la postazione fissa dell'utente finale ovvero del domicilio indicato dall'utente in sede contrattuale e, quindi, il giudice della successiva causa avrebbe dovuto essere quello di Roma. Ad ulteriore sostegno della propria tesi il ricorrente richiamava anche l'art. 4, d.lgs. n. 28/2010 e cioè la norma che individua la competenza territoriale degli organismi di mediazione dalla quale si dovrebbe evincere il principio della necessaria coincidenza tra la competenza territoriale dell'organismo conciliativo e quella dell'ufficio giudiziario dinanzi al quale portare la controversia . La Corte svela l'inversione logica. Senonché - in maniera del tutto condivisibile – la Suprema Corte rigetta il ricorso che risulta fondato su un'inversione logica. Ed infatti, prima di tutto occorre individuare sempre e comunque il giudice territorialmente competente e poi l'organismo territorialmente competente. Se non si dovesse operare in questo modo la conseguenza sarebbe una distorsione delle regole processuali sulla competenza . Peraltro, la norma regolamentare non può neppure rappresentare la base normativa per una diversa conclusione e ciò per almeno due motivi principali. Il primo motivo consiste in ciò, che l'art. 4 del regolamento 173/2007 dell'Agcom, seppur rubricato competenza per territorio , riguarda la determinazione dell'organismo amministrativo territorialmente competente ma per la risoluzione extra-giudiaziale delle controversie come precisato dalla legge istitutiva. Il secondo motivo consiste in ciò, che, anche a voler ammettere una diversa interpretazione, la determinazione delle regole sulla competenza territoriale sono attribuite alla competenza esclusiva del legislatore statale e, quindi, una fonte regolamentare non potrebbe mai incidere sui criteri di determinazione. Tentativo davanti ad un organismo incompetente. Da ultimo mette conto segnalare un obiter dictum della Cassazione sulle eventuali conseguenze derivanti dall'aver esperito un tentativo di conciliazione davanti ad un organismo incompetente. Orbene, posto che nel caso di specie la competenza amministrativa appare essere stata rispettata, la Cassazione afferma che non è possibile ritenere ex se inefficace quale condizione processuale di proponibilità l'avvenuto esperimento dell'istanza di conciliazione, ancorché svolto dinanzi a un organismo incompetente” . E' certo che l'affermazione farà discutere e alimenterà il dibattito sulle conseguenze ancora non del tutto chiarite in giurisprudenza della violazione delle regole che il d.lgs. n. 28/2010 pone con riferimento alla proposizione della domanda di mediazione ad esempio proprio lo svolgimento di una mediazione davanti all'organismo di mediazione territorialmente incompetente . Ecco allora che si può ribadire che laddove la mediazione si svolga effettivamente tra le parti poco rileva in punto di assolvimento della condizione di procedibilità e, a fortiori, in punto di validità dell'eventuale accordo amichevole raggiunto che la mediazione sia stata svolta presso un organismo territorialmente incompetente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 16 luglio – 2 settembre 2015, n. 17480 Presidente Finocchiaro – Relatore Frasca Fatto e diritto Ritenuto quanto segue p.1. L'avvocato D.V.D., in proprio, ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l'ordinanza in data 10-12 novembre 2014 del Tribunale di Roma, resa nel giudizio civile n. 66334/2013 RG pendente tra lo stesso ricorrente, attore, e Fastweb s.p.a., con la quale il Tribunale ha declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale di Milano. p.2. Il Tribunale di Roma ha declinato la accolto l'eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla società Fastweb, convenuta per danni conseguenti alla perdita del numero telefonico del ricorrente in relazione alla c.d. portabilità dell'utenza dal precedente gestore di telefonia Telecom s.p.a. , ed ha individuato la competenza del Tribunale di Milano sul rilievo della clausola n. 25 delle condizioni generali di contratto inter partes , sottoscritta specificamente dall'interessato a norma dell'art. 1341, secondo comma, c.c., che individua appunto nel foro di Milano quello prescelto in sede negoziale. Il ricorrente ha criticato questa conclusione in base all'argomento incentrato sull'applicazione dell'art. 1 della legge n. 249/1997, il quale stabilisce, nella materia, l'obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Comitato regionale per le comunicazioni Co.re.com. , tentativo da svolgere, secondo gli artt. 3 e seguenti del relativo regolamento attuativo, presso l'organismo del luogo in cui è ubicata la postazione fissa dell'utente finale ovvero del domicilio indicato dall'utente in sede contrattuale, e dunque nella specie quello di Roma, con la conseguenza che anche l'autorità giudiziaria competente alla cognizione della controversia deve essere individuata secondo lo stesso criterio, alla luce della disposizione dell'art. 4 del d.lgs. n. 28/2010, secondo il quale la domanda di mediazione si propone all'organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, così stabilendo — sempre secondo il ricorrente — il principio della necessaria coincidenza tra la competenza territoriale dell'organismo conciliativo e quella dell'ufficio giudiziario dinanzi al quale portare la controversia. p.3. All'istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.p.a. Fastweb. p.4. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all'art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all'esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. p.4. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato quanto segue p.1.Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha osservato quanto segue Considerato che la tesi del ricorso non è suscettibile di essere accolta, per le seguenti ragioni A l'art. 1 della legge n. 249/1997 Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo , invocato dal ricorrente a presupposto della censura, nei suoi commi 11 e 12 così dispone 11. L'Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di Licenze tra loro. Per le predette controversie,individuate con provvedimenti dell'Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro tenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione. 12. I provvedimenti dell'Autorità definiscono le procedure relative ai criteri minimi adottati dalle istituzioni dell'Unione Europea per la regolamentazione delle procedure non giurisdizionali a tutela dei consumatori e degli utenti. I criteri individuati dall'Autorità nella definizione delle predette procedure costituiscono principi per la definizione delle controversie che le parti concordino di deferire ad arbitri Nella sua formulazione testuale, dunque, la disposizione della legge n. 249/1997 non solo nulla stabilisce in merito alla questione della competenza territoriale, limitandosi a prescrivere una condizione di proponibilità della domanda Cass., n. 24334/2008 peraltro non vincolante quanto all'organismo ivi indicato, nella fase di transizione, fino al funzionamento dei Comitati regionali per le comunicazioni Cass. n. 14103/2011 , ma si limita, per chiaro dettato, a regolare una fase pre-giurisdizionale la soluzione non giurisdizionale delle controversie , senza interferire con la individuazione del giudice o con le regole di determinazione della competenza e dunque senza interessarsi della fase giudiziale successiva B l'art. 4 del d.lgs. n. 28/2010 Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali , parallelamente invocato dal ricorrente in una sorta di combinato disposto con la norma di cui al punto che precede - nel testo, applicabile temporalmente, susseguente alle modifiche di cui al d.l. n. 69/2013, conv. dalla legge n. 98/2013, a decorrere peraltro non dall'8 settembre 2013, come afferma il ricorso, ma dal 20 settembre 2013, ossia trenta giorni dopo l'entrata in vigore della legge di conversione e cioè a partire dal 21 agosto 2013, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale cfr. art. 1, comma 3, della legge in discorso - a sua volta, stabilisce, per quanto qui rileva, nel comma 1 Accesso alla mediazione. 1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza . Le controversie di cui all'art. 2 del medesimo testo normativo, al quale la citata disposizione fa rinvio, sono così indirettamente definite Controversie oggetto di mediazione . 1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto. 2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, ne1 le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi . Ma le controversie nelle quali è prevista la mediazione quale condizione di procedibilità sono definite nell'art. 5 dello stesso testo legislativo esse, dopo la sentenza della Corte cost. n. 272/2012 e nel testo novellato dal citato d.l. n. 69/2013 conv. in legge n. 98/2013, sono, in base alla disposizione del comma I-bis, così enumerate 1-bis . Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 12& amp -bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, omissis . Si ricava da tali disposizioni la triplice conseguenza che 1 la regolazione della mediazione obbligatoria - ovvero quale condizione di proponibilità della domanda - posta dal d.lgs. n. 28/2010 non concerne, per materia, la controversia in esame 2 la generica previsione della corrispondenza tra luogo di organismo di mediazione e giudice territorialmente competente a conoscere della controversia, indicata nell'art. 4 del d.lgs. n. 28/2010 per le cause non a mediazione obbligatoria, non può trovare applicazione nella controversia in esame, che, essendo regolata dalla legge n. 249/1997 secondo un modulo di conciliazione preventiva obbligatorio, presuppone che sussista il rapporto di condizionamento tra previo esperimento della fase pre-giudiziale e causa, rapporto che non è predicabile in base all'art. 2 invocato 3 inoltre, ed in linea di principio è rilievo dirimente, la regola di corrispondenza tra luogo dell'organismo di conciliazione e luogo del giudice competente, regola sulla quale il ricorrente incentra la propria doglianza, deve essere rovesciata, poiché - anche secondo il tenore letterale della norma, che collega la localizzazione dell'organismo amministrativo al foro della controversia, non viceversa, e che dunque suppone come operazione preliminare la determinazione del giudice, da cui quella dell'organismo deriva - altrimenti si verificherebbe una distorsione delle regole processuali sulla competenza, sostanzialmente abrogate nell'intera materia in discorso e sostituite dal solo criterio di determinazione dell'organismo di conciliazione. Il meccanismo legislativo postula che sia dapprima individuato il foro giudiziale, secondo le regole sottese a tale determinazione, e solo di riflesso sia individuato l'organismo cui accedere in fase conciliativa C in connessione con il rilievo appena indicato, non si potrebbe fare leva sulla disciplina regolamentare - anche essa invocata nel ricorso - di cui alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 173/2007, e segnatamente dell'art. 4, rubricato competenza per territorio , il quale prevede che per determinare il Co.re.com. territorialmente competente per l'esperimento del tentativo di conciliazione di cui all'articolo 2 si ha riguardo al luogo in cui è ubicata la postazione fissa ad uso dell'utente finale ovvero, negli altri casi, al domicilio indicato dall'utente al momento della conclusione del contratto o, in mancanza, alla sua residenza o sede legale , perché tale delibera dell'Autorità garante non potrebbe in alcun caso incidere, tanto più in assenza di autorizzazione primaria, sulla fonte di livello legislativo e segnatamente sulle regole processuali in materia di competenza, riservate, per Costituzione, alla fonte legislativa statale . Sicché non potrebbe una fonte di livello regolamentare costituire valida disposizione costitutiva di quella inderogabilità disposta espressamente dalla legge alla quale ha riguardo l'art. 28 c.p.c. e che è dedotta dal ricorso a sostegno della impugnativa, quale unica ragione di superamento della clausola concordata. Considerato che per le ragioni anzidette non può accogliersi l'unico motivo della censura mossa nei riguardi della declinatoria della competenza da parte del giudice di Roma, non essendo per il resto in discussione la validità della clausola di determinazione convenzionale che indica in quello di Milano il foro competente e non essendo, peraltro, ex se inefficace quale condizione processuale di proponibilità l'avvenuto esperimento dell'istanza di conciliazione, ancorché svolto dinanzi a un organismo incompetente ”. p.1.1. Sulla base delle riportate conclusioni il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell'istanza di regolamento di competenza. p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni del Pubblico Ministero, alle quali deve aggiungesi solo quanto segue. Nella memoria parte ricorrente dissente da esse insistendo nella sua prospettazione secondo cui il disposto regolamentare dell'Autorità Garante avrebbe l'effetto di individuare, per il tramite dell'indicazione dell'organo competente a ricevere il procedimento di definizione alternativa della lite, anche la competenza territoriale. Tale assunto si scontra in primo luogo contro il criterio esegetico che impone di leggere l'oggetto di disciplina come limitato all'individuazione della sede del detto procedimento e preclude qualsiasi lettura estensiva, in assenza di indici che la rivelino. Inoltre, se anche l'esegesi suggerita dal ricorrente avesse una qualche legittimazione nel disposto normativo, si tratterebbe di esegesi che non si potrebbe preferire o che comunque si dovrebbe disattendere mediante il criterio della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, perché una fonte regolamentare avrebbe preteso di derogare alla legge, cioè al codice di rito. E ciò in mancanza di una previsione di legge nella legge n. 249 del 1997 o altrove legittimante un simile effetto mediante la tecnica del c.d. regolamento autorizzato a modificare disposizioni di legge, per il tramite dell'avallo di un fenomeno di c.d. delegificazione. p.3. L'istanza di regolamento dev'essere, dunque, rigettata e dev'essere dichiarata la competenza del Tribunale di Milano, dinanzi al quale il giudizio sarà riassunto nel termine di ci all'art. 50 c.p.c., decorrente dalla comunicazione del deposito della presente. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi deld.m.n. 55 del 2014. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. P.Q.M. La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Milano. Fissa per la riassunzione il temine di cui all'art. 50 c.p.c., con decorso dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna il ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in Euro millequattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma I-bis del citato art. 13.