Esercizio dell’attività forense fuori dal circondario di assegnazione: dove si notifica la sentenza?

Gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita.

Così ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17400/15, depositata il 1° settembre. Il caso. La Corte d’appello di Milano rideterminava le quote del trattamento pensionistico spettanti alla coniuge e all’ex coniuge di un uomo defunto. La sentenza veniva notificata a tutte le parti e, in particolare, al difensore dell’ultima moglie, in assenza di elezione di domicilio in appello, presso la cancelleria della Corte. L’ultima moglie propone ricorso avverso la pronuncia, ritenuta come non notificata. Ricorso oltre i termini. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto oltre la data consentita. Infatti, la sentenza da impugnare risulta essere stata notificata – contrariamente a quanto recita il ricorso – sia al difensore della ricorrente presso la cancelleria dell’Ufficio giudiziario a quo sia alla parte personalmente, mentre l’impugnazione viene proposta ben oltre il termine breve di sessanta giorni, previsto dall’art. 325, comma 2, c.p.c Elezione del domicilio. Il difensore della ricorrente, infatti, non ha eletto domicilio a Milano, ma presso il suo studio di Lecco e ne consegue la ritualità della notificazione della sentenza, da parte della difesa avversaria, presso la cancelleria della Corte territoriale secondo la regola contenuta nell’art. 82, comma 2, r.d. n. 37/1934 che stabilisce che i procuratori, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. In mancanza dell’elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Le Sezioni Unite Cass. n. 10143/2012 hanno superato un contrasto interpretativo stabilendo che l’art. 82 r.d. n. 37/1934 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto preso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori dal circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla Corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della Corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Mutato contesto normativo. A partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte e 366 Contenuto del ricorso c.p.c., apportate dalla l. n. 183/2011, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82, r.d. n. 37/1934 consegue soltanto se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c specificamente per il giudizio di cassazione non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Nel caso di specie la sentenza impugnata è stata depositata in una data precedente all’entrata in vigore della citata l. n. 183/2011 pertanto il ricorso principale è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 luglio – 1 settembre 2015, n. 17400 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo e motivi della decisione Rilevato che la signora F.P.Y. ha chiesto al Tribunale di Lecco l'attribuzione di una quota del trattamento pensionistico spettante al defunto coniuge, P.S. , con il quale aveva contratto matrimonio concordatario il 1 giugno 2005 che il defunto, già percettore di due pensioni una erogata da Enasarco e l'altra dall'Inps , aveva contratto, con la signora O.G. , un precedente matrimonio concordatario, i cui effetti erano cessati in base alla sentenza n. 930/2000 dello stesso Tribunale che, in contraddittorio con la O. - che chiedeva l'attribuzione dell'87,8% del trattamento pensionistico del defunto - e l'Inps contumace , il Tribunale ha statuito attribuendo la quota dell'87,5% alla O. e la residua 12,5% alla F. che l'impugnazione della F. è stato parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Milano, che ha rideterminato le quote, riservando il 65% alla signora O. e la restante 35% alla F. che la sentenza della Corte territoriale è stata notificata, su istanza della O. , a tutte le parti e, precisamente, al difensore della F. , avv. Rea, in assenza di elezione di domicilio in appello, presso la cancelleria della Corte, in data 15 novembre 2011 ed alla parte personalmente in data 24 novembre successivo , oltre che all'Inps ed Enasarco che avverso la sentenza di appello, qualificata come non notificata p. 2 del ricorso ha proposto ricorso per cassazione la sig. F.P.Y. , con impugnazione affidata a due mezzi che la signora O. ha resistito con controricorso e proposto controricorso incidentale condizionato” affidato a due mezzi che gli enti previdenziali non hanno svolto difese scritte. Considerato che il ricorso è inammissibile, così come eccepito dalla controricorrente, in quanto l'impugnazione risulta essere stata proposta oltre la data consentita quando la sentenza da impugnare risulti essere stata notificata - contrariamente a quanto recita il ricorso, a p. 2 - sia al difensore della ricorrente presso la cancelleria dell'Ufficio giudiziario a quo sia alla parte personalmente, rispettivamente in data 15 e 24 novembre 2011, mentre l'odierna impugnazione è stata portata alla notifica solo il 7 marzo 2012, ossia ben oltre il termine breve di sessanta giorni, previsto dall'art. 325, secondo comma, c.p.c. che, infatti, il difensore della ricorrente - come risulta dall'intestazione della sentenza impugnata in questa sede - non aveva eletto domicilio in Milano, ma presso il suo studio di Lecco, onde la ritualità della notificazione della sentenza, da parte della difesa avversaria, presso la cancelleria della Corte territoriale secondo la regola contenuta nell'art. 82, secondo comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 I procuratori, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. In mancanza della elezione di domicilio, questo di intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria , valida anche per le autorità giudiziarie distrettuali che, infatti, la Corte a Sezioni unite superando un contrasto interpretativo ha stabilito Sentenza n. 10143 del 2012 che l'art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 - secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita - trova applicazione in ogni caso di esercizio dell'attività forense fuori del circondario di assegnazione dell'avvocato, come derivante dall'iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d'appello e l'avvocato risulti essere iscritto all'ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d'appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest'ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall'art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine che, nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata in data 12 settembre 2011 e, quindi, prima dell'entrata in vigore della menzionata legge 12 novembre 2011, n. 183 onde l'assenza di riferimento all'indirizzo PEC, come peraltro non risulta neppure dalla sentenza e dallo stesso ricorso per cassazione, tardivo che, di conseguenza, il ricorso principale va dichiarato inammissibile che il ricorso incidentale condizionato all'accoglimento del principale di conseguenza tardivo al pari del principale deve essere dichiarato inefficace che le spese, tra le parti principali, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo mentre quelle con l'ente previdenziale presente all'udienza l'Inps devono essere compensate. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace l'incidentale condizionato e condanna la ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore della resistente O. , nella misura di Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettaria e accessori di legge. Compensa le spese tra la ricorrente principale e l'Inps.