Condannata in Italia per spaccio, straniera richiede protezione: domanda comunque da prendere in esame

Non condivisa la visione proposta dal Ministero dell’Interno, secondo cui il precedente penale rende non accoglibile la richiesta di protezione. Decisivo il riferimento alla nuova normativa unici reati da tener presenti sono quelli commessi all’estero e prima dell’approdo sul territorio nazionale.

Condannata, in Italia, per spaccio di stupefacenti. Ciò nonostante, la richiesta di protezione, da parte di una cittadina kazaka, non può essere ritenuta automaticamente non accoglibile. Respinta la visione proposta dal Ministero dell’Interno. Decisiva la lettura della normativa, alla luce di una direttiva europea, secondo cui son privi di rilevanza i reati, seppur gravi, commessi sul suolo della Repubblica italiana Cassazione, ordinanza n. 16100, sez. vi civile, depositata oggi . Condanna. Passaggio decisivo, quello in Appello, dove i giudici, condividendo le considerazioni del Ministero dell’Interno, hanno considerato non accettabile la richiesta di protezione di una donna, una cittadina kazaka, approdata in Italia. Decisiva, in particolare, la constatazione della precedente condanna riportata dalla donna per spaccio di stupefacenti in Italia . Protezione. A ribaltare completamente la prospettiva tracciata in Appello, però, provvedono ora i giudici della Cassazione, i quali spiegano che tra i presupposti ostativi al riconoscimento della protezione sussidiaria non rientra più la commissione, nel territorio nazionale o all’estero, di un reato grave . Più precisamente, dando per acclarato che la sussistenza del diritto alla protezione internazionale va accertata alla data della decisione , viene sottolineato che, alla luce della nuova normativa, la protezione sussidiaria non può essere riconosciuta a chi abbia commesso, al di fuori del territorio nazionale, prima di esservi ammesso in qualità di richiedente, un reato grave . Di conseguenza, evidenziano i giudici, perdono di rilevanza i reati, ancorché gravi che, come in questo caso, siano stati commessi dal richiedente protezione in Italia . Ciò restituisce legittimità, almeno sulla carta, alla domanda presentata dalla donna. Per questo motivo, la vicenda viene affidata nuovamente alle valutazioni dei giudici d’appello, i quali dovranno esaminare con attenzione la richiesta di protezione della cittadina kazaka per valutare se vi sono i presupposti per una risposta positiva.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 9 aprile – 29 luglio 2015, n. 16100 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso Che nella relazione depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue 1. -- La Corte d'appello di Bologna, accogliendo il gravame principale del Ministero dell'Interno e rigettando il gravame incidentale della sig.ra I.P., di nazionalità kazaka, ha riformato l'ordinanza con cui il Tribunale aveva parzialmente accolto il ricorso della seconda avverso il diniego di qualsiasi forma di protezione internazionale da parte della competente Commissione e aveva riconosciuto alla richiedente il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari. La Corte ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento sia dello status di rifugiato, non essendo allegati dall'interessata fatti integranti persecuzione personale e diretta sia della protezione sussidiaria, ostandovi, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b , d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, una precedente condanna riportata dalla richiedente per spaccio di stupefacenti in Italia art. 73, comma 1 bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 sia della protezione umanitaria, per difetto di elementi di prova dell'assunto della P. secondo cui, qualora fosse stata rimpatriata, avrebbe corso il rischio, dato il suo precedente penale italiano, di essere pretestuosamente arrestata e fatta oggetto di violenza al fine di estorcerle del danaro. La sig.ra P. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. L'Avvocatura Generale dello Stato, per conto del Ministero intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all'udienza di discussione. 2. - Il primo motivo, con cui si denuncia violazione di norme di diritto, è fondato sotto l'assorbente profilo che tra i presupposti ostativi al riconoscimento della protezione sussidiaria non rientra più la commissione, nel territorio nazionale o all'estero di un reato grave , sull'esclusivo accertamento del quale la Corte d'appello ha disatteso la relativa richiesta della ricorrente. Premesso, infatti, che la sussistenza del diritto alla protezione internazionale va accertata alla data della decisione, trattandosi di una condizione dell'azione, va osservato che il testo della lett b del comma 1 dell'art. 16 d.lgs. n. 251 del 2007, cit., è stato modificato, dall'art. 1, comma 1, lett. I , n. 1 , d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 18 di attuazione della direttiva 2011 /95/UE , nel senso che la protezione sussidiaria non può essere riconosciuta a chi abbia commesso, al di fuori del territorio nazionale, prima di esservi ammesso in qualità di richiedente, un reato grave . Perdono dunque rilevanza i reati, ancorché gravi, che, come nella specie, siano stati commessi dal richiedente in Italia. 3. - Il secondo e il terzo motivo di ricorso, riguardanti la domanda subordinata di protezione umanitaria, sono assorbiti. che tale relazione è stata comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite che non sono state presentate conclusioni o memorie Considerato Che il Collegio condivide quanto osservato in detta relazione che pertanto il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato va cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto enunciato al S 2 della relazione che precede, fermo restando che restano impregiudicate davanti a lui le questioni assorbite che il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione.