Sospensione del giudizio: alcuni chiarimenti della Cassazione

La Corte di Cassazione torna sul tema della sospensione del giudizio, ribadendo l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato in un giudizio che avrebbe dovuto, invece, essere rimesso al capo dell’ufficio giudiziario ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c Il Collegio, inoltre, ha sottolineato che, fuori dai casi di identità soggettiva o di petitum o causa petendi, non c’è rischio di contrasto tra giudicati né, pertanto, ragione di ricorrere alla sospensione del giudizio

È quanto deciso dalla Suprema Corte di Cassazione con le ordinanze e nn. 15603/15 e 15604/15, depositate il 24 luglio. Il caso. La prima delle ordinanze sopra richiamate trae origine dell’istanza di regolamento di competenza ex . 42 c.p.c. proposta da una società avverso l’ordinanza del Tribunale di Padova di sospensione ex art. 337, comma 2, c.p.c. del giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento danni da responsabilità professionale proposta nei confronti di un avvocato, per pretesi errori commessi in altro giudizio concluso con sentenza pendente in grado di appello. L’ordinanza n. 15604/15, invece, decide sull’istanza di regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. proposta da una società avverso l’ordinanza del Tribunale di Foggia di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio avente ad oggetto l’accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c., in attesa della definizione di altro giudizio pendente avanti alla Sezione lavoro del medesimo Tribunale. Anche il PG presso la Suprema Corte di Cassazione chiedeva la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Foggia per violazione da parte del giudice di merito del principio - consolidato nella giurisprudenza di legittimità – in base al quale nel caso in cui tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del medesimo ufficio, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve rimettere gli atti al capo dell’ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c, a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione. È illegittima la sospensione se i procedimenti andavano riuniti. Nell’ordinanza n. 15604/15, i Giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che, di fronte a procedimenti riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 273 riunione di procedimenti relativi alla stessa causa e 274 riunione di procedimenti relativi a cause connesse c.p.c., se sussistono i presupposti perché essi vengano rimessi al capo dell’ufficio per valutarne la riunione o per designare un unico magistrato o la stessa sezione per l’adozione dei provvedimenti necessari, l’adozione di un provvedimento di sospensione da parte del giudice avanti al quale penda uno dei procedimenti per pretesa pregiudizialità dell’altro rientra fra i fatti processuali che la Suprema Corte, in sede di regolamento di competenza, deve valutare per stabilire se detto provvedimento sia stato adottato legittimamente. Ne consegue che se, al momento dell’adozione del provvedimento, il giudice di merito non sarebbe stato legittimato ad adottarlo, ma avrebbe dovuto riferire al capo dell’ufficio ai sensi del secondo comma degli artt. 273 e 274 c.p.c., la Corte Suprema di Cassazione deve considerare il provvedimento di sospensione illegittimo, salvo che ciò non sia precluso dallo stato raggiunto dal processo ritenuto pregiudicante. Per tali motivi, la Corte ha accolto il ricorso, disponendo la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Foggia. Senza pregiudizialità non c’è ragione per disporre la sospensione. La Suprema Corte ha osservato che nel caso da cui trae origine l’ordinanza n. 15603/15 non ricorre un’ipotesi di pregiudizialità tra il procedimento pendente in grado di appello - nel quale la ricorrente avrebbe asseritamente compiuto scelte processuali non corrette – e il procedimento di risarcimento danni da responsabilità professionale nell’ambito del quale era stato emesso il provvedimento impugnato. Non sussiste, infatti, né identità di petitum e di causa petendi tra le domande proposte nei due diversi procedimenti, né identità soggettiva nei due giudizi, cosicché non può configurarsi l’ipotesi di contrasto tra giudicati. Non vi è, pertanto, la necessità di sospendere il secondo giudizio in attesa del primo. Per tale ragione, la Corte ha accolto il ricorso, disponendo la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Padova.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 aprile – 24 luglio 2015, n. 15604 Presidente Finocchiaro – Relatore Scarano Ritenuto in fatto e considerato in diritto La società Implast Cons s.c.a.r.l. propone istanza di regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., sulla base di unico motivo, illustrato da memoria ex art. 380 ter c.p.c., avverso l'ordinanza Trib. Foggia 22/7/2014 di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio avente ad oggetto l'accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c., in attesa della definizione di altro giudizio pendente avanti alla Sezione lavoro del Tribunale di Foggia tra il Comune di Cerignola e la società Asia s.p.a. in liquidazione di accertamento del diritto nei confronti della medesima maturato da ex dipendenti a titolo di t.f.r. e dal primo azionato in surroga legale. Resiste con memoria difensiva ex art. 47 c.p.c. il Comune di Cerignola, che ha presentato anche memoria ex art. 380 ter c.p.c. L'intimata società Asia s.p.a. in liquidazione non ha svolto attività difensiva. Con requisitoria scritta del 22/11/2014 il P.G. presso la Corte Suprema di Cassazione ha chiesto che venga disposta la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Foggia, in accoglimento del ricorso per una ragione diversa da quella prospettata dalla ricorrente, e cioè per violazione da parte del giudice del merito con l'adozione dell'impugnato provvedimento del principio affermato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale nel caso in cui tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del medesimo ufficio, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve rimettere gli atti al capo dell'ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione v. Cass., 22/5/2008, n. 13194 . La violazione di tale principio può essere sindacata, anche d'ufficio, dalla Corte Suprema di Cassazione in sede di regolamento di competenza proposto avverso il provvedimento di sospensione v. Cass., 22/5/2008, n. 13194 . In altri termini, allorquando sussista una situazione che, in ragione di nessi tra procedimenti pendenti avanti allo stesso ufficio giudiziario, riconducibili alle fattispecie di cui agli artt. 273 o 274 c.p.c., avrebbe dovuto giustificare la rimessione al capo dell'ufficio di uno o dei procedimenti al fine della valutazione circa la loro riunione -nel caso dell'art. 273- e circa la designazione di un unico magistrato o della stessa sezione per l'adozione dei provvedimenti opportuni -nel caso dell'art. 274-, l'inosservanza di tale modus procedendi da parte del giudice avanti al quale si trovi uno dei procedimenti e l'adozione di un provvedimento di sospensione del giudizio avanti di lui pendente per pretesa pregiudizialità dell'altro, pendente avanti ad altro magistrato dell'ufficio e anche presso una sezione distaccata o la sede principale dello stesso ufficio rientra fra i fatti processuali che la Corte Suprema di Cassazione, in sede di regolamento di competenza,deve valutare per stabilire se detto provvedimento sia stato adottato legittimamente, salvo il rilievo da attribuirsi alle successive vicende del processo considerato pregiudicante, ove prospettate dalle parti od emergenti dagli atti. Ne consegue che se, quando ha adottato il provvedimento, il giudice di merito si trovava in una situazione in cui non sarebbe stato legittimato ad adottarlo, ma avrebbe dovuto riferire al capo dell'ufficio per l'adozione del procedimento di cui al secondo comma delle norme degli artt. 273 e 274 c.p.c., la Corte Suprema di Cassazione deve considerare il provvedimento di sospensione illegittimo, a meno che non risulti che, in relazione allo stato raggiunto dal processo ritenuto pregiudicante, non sarebbe possibile l'adozione da parte del giudice che emise il provvedimento di sospensione del modus procedendi imposto dalle dette norme cfr. Cass., 11/10/2006, n. 21727, e, da ultimo, Cass., 24/9/2014, n. 20149 . Si è al riguardo da questa Corte ulteriormente precisato che a nulla rileva nell'ipotesi in argomento che i due giudizi siano soggetti a riti diversi, soccorrendo in tal caso la regola dettata dall'art. 40, 3° co., c.p.c. v. Cass., 20/7/2012, n. 12741 . Orbene, nel disporre la sospensione ex art. 295 c.p.c. anziché adottare i provvedimenti ex art. 274, 2° co., c.p.c. il giudice di merito ha nell'impugnato provvedimento invero disatteso i suindicati principi. La fondatezza nei suesposti termini del ricorso, assorbito ogni altro e diverso profilo, ne comporta l'accoglimento p.q.r., dovendo conseguentemente disporsi la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Foggia. Attese le ragioni della decisione va disposta la compensazione tra le parti delle spese di regolamento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e dispone la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Foggia. Compensa tra le parti le spese di regolamento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 aprile – 24 luglio 2015, n. 15603 Presidente Finocchiaro – Relatore Scarano Ritenuto in fatto e considerato in diritto La società King Bar di C.C.R. s.a.s. propone istanza di regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., sulla base di unico complesso motivo, avverso l'ordinanza Trib. Padova d.d. 16/5/2014, comunicata il 19/5/2014, di sospensione ex art. 337, 2° co., c.p.c. del giudizio avente ad oggetto la domanda proposta nei confronti della sig. C. G. di risarcimento danni da responsabilità professionale nella sua qualità di avvocato, per pretesi errori commessi in altro giudizio, concluso con sentenza pendente in grado di appello. Resiste con memoria difensiva ex art. 47 c.p.c. la G., che ha presentato anche memoria ex art. 380 ter c.p.c. Con requisitoria scritta del 22/11/2014 il P.G. presso la Corte Suprema di Cassazione ha chiesto l'accoglimento del ricorso, trattandosi di fattispecie non integrante ipotesi di sospensione necessaria. Motivi della decisione Con unico complesso motivo la ricorrente si duole dell'erroneità dell'impugnato provvedimento, in quanto nel giudizio ora sospeso aveva rappresentato l'effetto di tale decisione della GOT dr.ssa B. del 23.9.2011, non già invocato la sua autorità , di talché appare improprio il richiamo all'art. 337 II comma c.p.c. . Lamenta che i soggetti della causa King Bar/New Evelino sono diversi da quelli della causa King Bar/avv. G. , e che il fallimento della New Evelino srl ha determinato l'interruzione del Giudizio di Appello tale processo è peraltro improcedibile -quanto meno sul capo di condanna alla restituzione delle somme versate da King Bar sas a New Evelino srl in quanto ogni pretesa creditoria al momento insussistente, vista la sentenza della GOT B. nei confronti del Fallimento va fatta valere con le modalità della insinuazione al passivo . I1 motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Come osservato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, non ricorre nel caso un'ipotesi di pregiudizialità tra il procedimento attualmente pendente in grado di appello avente ad oggetto il preteso pagamento della fornitura e montaggio di arredo per un locale aperto al pubblico sito in Selvazzano Dentro PD nel corso del quale l'odierna resistente ha asseritamente compiuto scelte processuali non corrette mancata richiesta di verificazione delle sottoscrizioni disconosciute mancata richiesta dei termini ex art. 183, VI co., c.p.c. per controdedurre e formulare idonee istanze istruttorie e il procedimento di risarcimento danni da responsabilità professionale nell'ambito del quale è stato emesso l'impugnato provvedimento. Non sussiste infatti identità di petitum e di causa petendi tra le domande proposte nei due diversi procedimenti, e nemmeno identità soggettiva nei due giudizi, con conseguente inconfigurabilità dell'ipotesi di contrasto tra giudicati. A tale stregua, diversamente da quanto affermato dal giudice del merito nell'impugnato provvedimento, non sussiste invero nella specie la necessità di sospendere il secondo giudizio in attesa dell'esito del primo, nemmeno ai sensi del pure evocato art. 337, 2° co., c.p.c. che si applica allorquando la causa pregiudicante sia stata definita con sentenza non passata in giudicato cfr. Cass., 19/9/2013, n. 21505 , appunto difettando il relativo presupposto della dipendenza tra i due giudizi, sicché non si pone l'esigenza che la composizione della lite pregiudicata debba attendere il giudicato sull'elemento di connessione tra le situazioni giuridiche controverse che nella specie collegate non sono cfr. Cass., Sez. Un., 19/6/2012, n. 10027 . La fondatezza del motivo comporta l'accoglimento del ricorso, dovendo conseguentemente disporsi la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Padova. Le spese di regolamento, liquidate come in dispositivo a carico della resistente, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e dispone la prosecuzione del giudizio avanti al Tribunale di Padova. Condanna la resistente al pagamento delle spese di regolamento, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.