Mancato pagamento vs mancato perfezionamento della cessione del marchio: chi deve provare l’inadempimento?

Nell’ipotesi di eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., l’inversione dell’onere della prova prevede che sia il creditore che agisce in giudizio a dover provare il proprio adempimento, mentre al debitore eccipiente basterà allegare l’inadempimento della controparte.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12501, depositata il 17 giugno. Il caso. Due coniugi, convenuti in giudizio per la verifica del loro adempimento all’obbligo di pagamento del corrispettivo della cessione del marchio e della conseguente responsabilità per la risoluzione del contratto, eccepivano l’inadempimento del titolare del marchio all’obbligo contenuto in clausole contrattuali di compiere le attività necessarie per il perfezionamento del passaggio di proprietà del marchio e, tramite due domande riconvenzionali, ne chiedevano la condanna all’adempimento. Il Tribunale di Roma rigettava tali domande riconvenzionali e condannava i convenuti al risarcimento del danno. La Corte d’Appello, a sua volta, confermava la pronuncia di primo grado. Ricorrono per cassazione i coniugi. Onere della prova. È noto il principio in virtù del quale il creditore che agisce per la condanna all’adempimento del debitore obbligato si debba limitare a provare solo la fonte di natura legale o negoziale del suo diritto e il termine di scadenza, nonché allegare la circostanza dell’inadempimento altrui. È altrettanto noto che incombe invece, sul debitore convenuto, l’onere di dimostrare il fatto estintivo della pretesa altrui, rappresentato dall’avvenuto adempimento. Come già affermato dalla Corte Cass., n. 826/15 , nell’ipotesi in cui il debitore convenuto per la risoluzione o per l’inadempimento o il risarcimento si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., si assiste a un’inversione dell’onere della prova. Infatti, sarà il creditore–attore che dovrà dare prova del proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione, mentre il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’inadempimento altrui. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha violato il principio sopra menzionato, in quanto ha posto a carico del debitore convenuto, che eccepiva l’altrui inadempimento, un onere di allegare il contenuto incerto ed eccedente rispetto a quanto sia sufficiente per individuare il contenuto dell’obbligo il cui inadempimento è imputato alla controparte. Altrimenti detto, i giudici di merito avrebbero dovuto accertare se il cedente il marchio, dei quali i ricorrenti avevano dedotto l’inadempimento, avesse provato l’adempimento all’obbligo contrattuale di realizzare la formale intestazione del marchio in capo all’acquirente. Questa valutazione, infatti, sarebbe stata necessaria per accertare la rilevanza causale dell’inadempimento dei due coniugi all’obbligo di pagare il corrispettivo e dunque di verificare le effettive responsabilità della risoluzione del contratto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 aprile – 17 giugno 2015, n. 12501 Presidente Rordorf – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo S.G. ha citato in giudizio V.G. e S. , chiedendo la risoluzione per inadempimento dei convenuti di due contratti, stipulati in data 10.2.1992 e 26.3.1992, con cui il primo aveva ceduto il marchio Salvaven, relativo a calze elastiche per uomo e donna, al prezzo di L. 155 milioni che doveva essere pagato in rate mensili di L. 3.900.000 ciascuna, a decorrere dal 1.1.1992, con la clausola che il mancato pagamento di tre rate avrebbe comportato la risoluzione del contratto, la quale era, appunto, richiesta dall'attore, avendo i V. cessato di pagare le rate. I convenuti hanno chiesto, in via riconvenzionale, la condanna dell'attore ad adempiere e a pagare la penale giornaliera di L. 500.000 prevista in caso di inadempimento all'obbligo di provvedere alle formalità necessarie per perfezionare il passaggio in proprietà del marchio e consentirne la registrazione a nome dell'acquirente. Il Tribunale di Roma, in accoglimento delle domande dell'attore, ha dichiarato gli eredi S. B.M. , S.D. e A. unici ed esclusivi titolari del marchio, ha condannato i convenuti al risarcimento del danno e ha rigettato le domande riconvenzionali dei V. , il cui gravame è stato rigettato dalla Corte d'appello di Roma, con sentenza 5.2.2007. Per quanto ancora interessa, la Corte ha rigettato il motivo di gravame concernente il rigetto della domanda riconvenzionale dei V. di accertamento dell'inadempimento di S. all'obbligo di compiere gli atti necessari per perfezionare il passaggio della proprietà del marchio in favore di V.S. , poiché i convenuti non avevano allegato elementi sufficienti a far comprendere quali fossero gli atti di cui si lamentava l'omissione da parte di S. quest'ultimo, inoltre, si era astenuto da qualsiasi atto di sfruttamento del marchio dopo la cessione e i cessionari, essendo in possesso dell'atto notarile, di null'altro avevano bisogno per ottenere la registrazione del marchio a nome di V.S Avverso questa sentenza i V. ricorrono per cassazione sulla base di tre motivi, cui si oppongono gli eredi S. . Motivi della decisione Nel primo motivo del ricorso è denunciata la violazione degli artt. 2697 c.c., 113, 115 e 116 c.p.c., per avere i giudici di merito fatto erronea applicazione del principio secondo cui l'onere di provare l'adempimento è a carico dell'obbligato al quale è imputato l'inadempimento e, pertanto, poiché i V. avevano dedotto l'inadempimento di S. all'obbligo di provvedere alle formalità necessarie per perfezionare il passaggio in proprietà del marchio, erronea è la sentenza impugnata che aveva posto a carico dei V. un onere di allegazione dell'inadempimento altrui che essi non erano tenuti ad assolvere inoltre, la Corte del merito aveva mal valutato le prove documentali prodotte in giudizio da cui risultava che, successivamente al secondo contratto, il marchio risultava ancora intestato a S. . Nel secondo motivo è denunciata la violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 1370, 1371, 1374 e 1375 c.c., per avere i giudici di merito preteso che i ricorrenti indicassero in cosa consistessero le attività che, nel preliminare del 10.2.1992, S. si era obbligato a compiere, nell'interesse dell'acquirente, entro un mese dalla registrazione dell'atto di cessione e con la previsione di una penale, per realizzare il trasferimento della proprietà del marchio in favore di V.S. . Nel terzo motivo è denunciato vizio di motivazione per non avere i giudici di merito considerato che S. aveva garantito all'acquirente, con una specifica clausola contrattuale, l'intestazione del marchio in suo favore e che tale risultato non era stato raggiunto per l'inadempimento di S. , il quale non aveva offerto alcuna dimostrazione di avere assolto l'obbligo che si era assunto. I motivi in esame, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei termini di cui si dirà. I V. , convenuti in giudizio da S. per l'accertamento del loro inadempimento all'obbligo di pagamento del corrispettivo della cessione del marchio e della conseguente responsabilità per la risoluzione del contratto, hanno eccepito l'inadempimento del cedente all'obbligo contrattuale di porre in essere le attività necessarie per il perfezionamento del passaggio di proprietà del marchio e ne hanno chiesto la condanna all'adempimento. La sentenza impugnata, nel rigettare la predetta riconvenzionale dei V. , non ha fatto leva esplicitamente sulla mancata prova del lamentato inadempimento contrattuale - che, in effetti, non sarebbe stata a loro carico, essendo a carico dell'obbligato la prova dell'adempimento o della impossibilità di adempiere art. 1218 c.c. - bensì sul difetto di specifica allegazione dei comportamenti che avrebbero integrato tale inadempimento. Se si può convenire che è onere della parte che invoca la risoluzione allegare con sufficiente specificità l'inadempimento imputato alla controparte, tuttavia nella specie si trattava di un comportamento omissivo riferendosi l'onere di allegazione a fatti integrativi di un inadempimento e non è agevole individuare il difetto di allegazione di cui l'impugnata sentenza parla, dal momento che una specifica clausola contrattuale, come quella prevista dall'art. 3 del preliminare del 10.2.1992 e dal successivo atto notarile del 26.3.1992 entrambe trascritte in ricorso , prevedeva uno specifico obbligo del cedente e non del cessionario di effettuare le opportune attività di carattere amministrativo, fiscale e burocratiche, dinanzi le sedi competenti per perfezionare il passaggio di proprietà relativo al marchio compravenduto , ovvero di compiere tutte gli atti necessari per la trascrizione del presente atto sul Registro Nazionale dei Marchi di Impresa presso l'Ufficio Centrale Brevetti di Roma . Sulla base delle suddette clausole, di cui non è stata dedotta né è predicabile una nullità per indeterminatezza dell'oggetto, il cedente si era assunto l'obbligo di garantire un preciso risultato che era quello di realizzare la formale intestazione del marchio in capo all'acquirente. L'importanza attribuita dalle parti a tale risultato, nell'economia del contratto, è dimostrata dalla previsione di una clausola penale che obbligava S. a corrispondere L. 500.000 per ogni giorno di ritardo nell'eventualità che . non provveda alle incombenze di cui agli oneri da lui assunti ed indicati al precedente punto 3, entro e non oltre un mese dall'avvenuta registrazione dell'atto pubblico art. 7 dell'atto 10.2.1992, anch'esso riportato in ricorso . Una interpretazione delle predette clausole nel senso che il suddetto obbligo del cedente sia da intendere trasferito in capo agli stessi cessionari risulta contrastante con la volontà delle parti risultante dalle pattuizioni contrattuali. È noto il principio secondo cui il creditore che agisce per la condanna all'adempimento del debitore obbligato è tenuto soltanto a provare la fonte negoziale o legale del suo diritto e il termine di scadenza e ad allegare la circostanza dell'inadempimento altrui, mentre è il debitore convenuto che ha l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa che è costituito dall'avvenuto adempimento uguale criterio di riparto dell'onere della prova è applicabile nel caso - che è quello in esame - in cui il debitore convenuto per la risoluzione o per l'adempimento o il risarcimento si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti, in quanto il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione v. Cass. n. 826/2015, n. 1743/2007, n. 13674/2006, sez. un. n. 13533/2001 . Porre a carico del debitore convenuto che eccepisca l'altrui inadempimento - come ha fatto la sentenza impugnata - un onere di allegazione di contenuto incerto ed eccedente rispetto a quanto sia sufficiente per individuare, tramite l'indicazione della fonte negoziale, il contenuto dell'obbligo il cui inadempimento è imputato all'altra parte, si traduce in falsa applicazione del principio sopra ricordato. La Corte d'appello avrebbe dovuto accertare se S. , del quale i V. avevano dedotto l'inadempimento, avesse dimostrato di avere adempiuto all'obbligo assunto di realizzare il risultato della formale intestazione del marchio in capo all'acquirente, ovvero se la suddetta prestazione fosse divenuta impossibile per una causa a lui non imputabile. Questa valutazione, spettante ai giudici di merito, sarebbe stata necessaria al fine di verificare la rilevanza causale dell'inadempimento dei V. all'obbligo di pagamento del corrispettivo e, quindi, di accertare le effettive responsabilità della risoluzione del contratto. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà riesaminare le domande delle parti nel merito e provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.