Deposito tardivo delle sentenze: solo l’eccezionale giustifica l’illegale

Il ritardo ultrannuale del deposito di provvedimenti giurisdizionali è il presupposto per l’affermazione di un predicato di ingiustificabilità dell’azione del magistrato, salva la compiuta dimostrazione di circostanze eccezionali che giustifichino l’inottemperanza al precetto sui termini di deposito.

Così si sono espresse le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza n. 6601, depositata il 1° aprile 2015. Il caso. La sezione disciplinare del CSM condannava alla sanzione della censura un giudice di Viterbo a causa dei considerevoli ritardi più di 500 giorni per 29 pronunce e più di 393 per altre 13 nel deposito di sentenze penali del 2010. I giudici disciplinari ritenevano sussistenti le condizioni necessarie per l’integrazione dell’illecito gravità, reiterazione e mancanza di idonea giustificazione , mentre escludevano la presenza di cause scriminanti, invocate dal magistrato sotto il profilo dell’eccezionalità degli eventi giustificativi, alla sovrapposizione di funzioni ed alle proprie vicende familiari. Il precedente. Il CSM rilevava che lo stesso giudice era stato prosciolto per fatti analoghi periodo 2003-2006 nel 2006 in quell’occasione, la sua situazione personale svolgimento contemporaneo delle funzioni di gup, gip e dibattimentali la morte di un fratello la grave malattia di un altro germano ed i suoi personali problemi di salute era stata considerata come una possibile ipotesi di causa di giustificazione, con la riserva, però, che la reiterazione in futuro degli stessi comportamenti avrebbe portato a valutazioni diverse. Tali comportamenti si erano ripetuti, portando alla conclusione che i sistematici ritardi dovevano essere imputati ad un suo difetto di capacità organizzativa, piuttosto che alle disagevoli condizioni di vita. Il giudice ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 2, comma 1, lett q si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto e 3 bis condotta disciplinare irrilevante d.lgs. n. 109/2006. Gravità della condotta. Per le Sezioni Unite, però, la tesi dell’inesigibilità, da parte della ricorrente, di una condotta diversa a causa delle vicende familiari e delle proprie precarie condizioni di salute, non convince. Infatti, la sezione disciplinare del CSM aveva evidenziato, da una parte, l’oggettiva rilevanza della colpevole reiterazione della condotta con riguardo al dato numerico ed all’arco temporale, e dall’altra l’indubbia offensività della condotta. Infine, veniva sottolineata anche la gravità dei ritardi secondo giurisprudenza consolidata, il ritardo ultrannuale del deposito di provvedimenti giurisdizionali è il presupposto per l’affermazione di un predicato di ingiustificabilità dell’azione del magistrato, salva la compiuta dimostrazione di circostanze eccezionali che giustifichino l’inottemperanza al precetto sui termini di deposito. Nel caso di specie, i giudici disciplinari avevano congruamente motivato sul fatto che le giustificazioni addotte dalla ricorrente e già rappresentante in passato negli stessi termini , non integravano il necessario grado di eccezionalità richiesto per applicare la scriminante. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 giugno 2014 – 1 aprile 2015, n. 6601 Presidente Rovelli – Relatore Travaglino I fatti M.F. , giudice del Tribunale di Viterbo, sottoposta a procedimento disciplinare perché incolpata di considerevoli ritardi nel deposito di sentenze penali, è stata condannata, con decisione del 7 novembre 2013, alla sanzione della censura. Venne contestato alla dottoressa M. , in particolare, un ritardo, nel deposito di 42 sentenze dibattimentali, rispettivamente superiore a 393 giorni per 13 provvedimenti, ed a 500 giorni per le restanti 29 decisioni. Un ulteriore ritardo in materia civile venne poi contestato alla Mannelli allorché, trattenuta in decisione in via di supplenza del presidente titolare un procedimento civile in data 18.1.2010, aveva depositato la relativa sentenza soltanto alla fine di novembre dello stesso anno. Le giustificazioni addotte dall'incolpata dinanzi alla sezione disciplinare del CSM furono da questa ritenute inidonee ai fini dell'applicazione dell'esimente di cui all'art. 3 bis del Dlgs. 109/2006 l'organo di autogoverno ritenne, difatti, compiutamente integrate tutte e tre le condizioni - gravità, reiterazione, mancanza di idonea giustificazione - necessarie alla configurabilità dell'illecito di cui agli artt. 1 e 2 comma 1 lett. q del citato decreto legislativo, escludendo nella specie ogni rilevanza scriminante, sotto il profilo della eccezionalità degli eventi giustificativi, alla sovrapposizione di funzioni lamentata dalla incolpata e alle vicende familiari rappresentate come causa determinante dei contestati ritardi. Osservò, in particolare, la sezione disciplinare del Consiglio che, per analoghi addebiti ritardi di notevole entità relativi agli anni 2003-2006 , la dottoressa Mannelli era stata prosciolta proprio in considerazione della sua situazione personale svolgimento contemporaneo della funzione di GIP e GUP e di quelle dibattimentali, morte di un fratello e grave malattia di un altro germano, oltre a suoi personali problemi di salute , valutata all'epoca come ipotesi di possibile causa di giustificazione, ma con la riserva che, a diverse valutazioni, avrebbe dovuto condurre in futuro la reiterazione di analoghi comportamenti. Comportamenti, di converso, puntualmente verificatisi e altrettanto puntualmente contestati alla M. , sull'assunto che i sistematici ritardi in cui l'incolpata incorreva da oltre un decennio non potevano che ritenersi imputabili ad un suo difetto di capacità organizzativa piuttosto che alle pur disagevoli condizioni personali di vita. La decisione è stata impugnata dalla difesa del'incolpata con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo di gravame. Le ragioni della decisione Il ricorso è infondato. Con il primo ed unico motivo, si denuncia violazione dell'art. 606 lett. b e.p.p. in relazione agli articolo 2 comma 1 lett. q , 3 bis D.lgs. 109/2006, 117 comma 1 Cost., 606 lett. e c.p.p. per contraddittorietà e difetto di motivazione. Il motivo è privo di pregio. Le argomentazioni che lo sorreggono - volte a ricondurre nell'alveo delle cause di giustificazione non codificate la asserita inesigibilità di una condotta diversa da parte dell'incolpata per i gravi e reiterati ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, nella specie riconducibile a vicende familiari e a precarie condizioni di salute - non sembrano, difatti, cogliere nel segno. Tutti le circostanze di fatto che oggi vengono nuovamente sottoposti al vaglio del collegio di queste sezioni unite dalla difesa della ricorrente risultano, difatti, essere state già oggetto tout court di approfondita, organica, complessiva e coerente disamina e valutazione da parte del giudice disciplinare, che, dando ragione del suo convincimento con una esauriente e logica motivazione del tutto esente dai vizi oggi denunciati, rammenta, da un canto la oggettiva rilevanza della colpevole reiterazione della condotta con riguardo al dato numerico e all'arco temporale della relativa consumazione, dall'altro, la indubbia offensività della condotta stessa, alla luce di un principio implicitamente quanto in equivocamente introdotto nella materia disciplinare dall'art. 3 bis, dall'altro ancora la gravità dei ritardi, alla luce della ormai costante giurisprudenza di questa Corte che ha individuato nel ritardo ultrannuale del deposito di provvedimenti giurisdizionali il presupposto per l'affermazione di un predicato di ingiustificabilità dell'agire del magistrato, salva la compiuta dimostrazione di circostanze assolutamente eccezionali che giustifichino l'inottemperanza al precetto sui termini di deposito. La concreta esistenza di tali eccezionali circostanze è stata, nella specie, motivatamente esclusa a differenza di quanto opinato da parte ricorrente al folio 6 dell'odierno atto di impugnazione dal giudice disciplinare, che ha opportunamente rammentato in motivazione folio 8 della sentenza impugnata come le giustificazioni attualmente addotte, e già in passato rappresentate nei medesimi termini dalla incolpata, non attingessero in alcun modo al necessario grado di eccezionalità richiesto al fine di ritenere applicabile l'invocata scriminante. Il ricorso è pertanto rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.