Protezione internazionale, le autorità non possono mettere “bastoni tra le ruote”

Nel caso in cui vi siano indicazioni che cittadini stranieri o apolidi, presenti ai valichi di frontiera in ingresso nel territorio nazionale, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, le autorità competenti hanno il dovere di fornire loro informazioni sulla possibilità di farlo, garantendo anche dei servizi di interpretariato nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo, a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 5926/15, depositata il 25 marzo. Il caso. Il gdp di Roma convalidava il decreto di trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione nei confronti di un cittadino nigeriano, in esecuzione del respingimento disposto. L’uomo ricorreva in Cassazione. Premetteva di essere stato destinatario di un decreto di respingimento lo stesso giorno in cui era stato soccorso in mare dalla Marina Militare ed essere sbarcato irregolarmente sul territorio italiano. Insieme al respingimento, gli era stato notificato anche il decreto di trattenimento presso il centro di identificazione ed espulsione. Lamentava di non essere stato informato tempestivamente sulla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, essendo stato respinto senza ricevere tali informazioni, con il conseguente impedimento di accedere a tale procedura. Inoltre, contestava al gdp di essersi limitato all’esame del provvedimento di trattenimento, trascurando invece l’esame del sottostante provvedimento di respingimento, la cui illegittimità si riverberava sul primo. Obbligo sancito a livello europeo La Corte di Cassazione ricorda che l’obbligo di informare gli stranieri, giunti irregolarmente sul territorio di uno Stato dell’Unione Europea, sulle procedure da seguire per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, è stato esplicitamente sancito dall’art. 8 della direttiva 2013/32/UE. Anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto tale obbligo di informazione sulle procedure di asilo. ma ricavabile in via interpretativa in Italia. I giudici di legittimità rilevano che, se da una parte si deve negare che le norme nazionali prevedano espressamente il dovere d’informazione ai valichi di frontiera, o che sia direttamente applicabile la previsione di questo dovere contenuta nell’art. 8 della direttiva non ancora recepita alla data del decreto di respingimento , non può tuttavia continuare ad escludersi che il medesimo dovere sia necessariamente enucleabile in via interpretativa . Il mezzo è l’applicazione di regole ermeneutiche pacificamente riconosciute, come l’interpretazione conforme alle direttive europee in corso di recepimento e quella costituzionalmente orientata al rispetto delle norme interposte della CEDU. Nella normativa italiana non ci sono ostacoli alla configurazione di un dovere di informazione sulle procedure da seguire per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale. Gli Ermellini affermano quindi il principio di diritto, secondo cui, nel caso in cui vi siano indicazioni che cittadini stranieri o apolidi, presenti ai valichi di frontiera in ingresso nel territorio nazionale, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, le autorità competenti hanno il dovere di fornire loro informazioni sulla possibilità di farlo, garantendo anche dei servizi di interpretariato nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo, a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento. Doveri del gdp. Inoltre, i giudici di legittimità richiamano il proprio precedente n. 12609/2014 , in cui si era affermato che al giudice della convalida del trattenimento o accompagnamento coattivo dell’espulso alla frontiera ha il potere di rilevare incidentalmente la manifesta illegittimità del provvedimento. Nel caso di specie, perciò, il gdp avrebbe dovuto verificare la fondatezza della censura di illegittimità del decreto di respingimento per la mancata informazione sulla possibilità di presentazione di una domanda di protezione internazionale. Non essendo tale onere stato adempiuto, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla senza rinvio il provvedimento, essendo scaduto il termine perentorio per la convalida del trattenimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 dicembre 2014 – 25 marzo 2015, n. 5926 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso 1. - Il Giudice di pace di Roma ha convalidato il decreto di trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione emesso il 18 febbraio 2014 dal Questore di Siracusa nei confronti del sig. A.I., di nazionalità nigeriana, in esecuzione del respingimento disposto in pari data. Il sig. I. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura. L'amministrazione intimata non si è difesa. Con relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. il Consigliere relatore ha proposto il rigetto del ricorso. La relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata all'avvocato del ricorrente, il quale ha presentato memoria. Considerato 2. - Il ricorrente premette di essere stato destinatario, in quanto privo di documenti di riconoscimento, di decreto di respingimento del Questore di Siracusa in data 18 febbraio 2014, dopo essere stato quello stesso giorno soccorso in mare dal personale della nave San Giusto della Marina Militare ed essere quindi sbarcato irregolarmente sul territorio italiano. Unitamente al respingimento gli era stato notificato il decreto di trattenimento presso il CIE di Ponte Galeria a Roma. Articola quindi i seguenti motivi di censura I violazione degli arti. 2, commi 5 e 6, 10, comma 2 lett. b , 14, commi 1 e 5, e 13 bis d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, dell'art. 2, comma 1, d.P.R. 16 settembre 2004, n. 303, nonché degli artt. 3, 6, 20 e 26 d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 e dell'art. 10 Cost., essendo stato violato il suo diritto ad essere informato tempestivamente sulla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, dato che era stato immediatamente respinto senza ricevere tali informazioni, con conseguente preclusione, di fatto, del diritto di accedere alla procedura. II violazione degli artt. 13, comma 8, e14, commi 4 e 5, d.lgs. n. 286 del 1998, cit., degli artt. 3, 6, 20 e 26 d.lgs. n. 25 del 2008, cit., dell'art. 7, par. 3 e 14, della direttiva 2003/9/CE, dell'art. 18 della direttiva 2005/85/CE, nonché dell'art. 31 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 in relazione all'art. 117 Cost., sostenendo che non poteva essere convalidata la misura del trattenimento in un centro di identificazione ed espulsione C.I.E. avendo egli diritto ad essere ospitato, invece, in un centro di accoglienza per richiedenti asilo C.A.R.A. , nella qualità di richiedente protezione internazionale conseguente alla violazione del suo diritto ad essere informato della possibilità di presentare la relativa domanda, come palesato all'udienza di convalida davanti al Giudice di pace 111 violazione degli artt. 5, 6, par. 1, e 13 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché dell'art. 1 del Protocollo aggiuntivo n. 7 alla medesima Convenzione, in relazione all'art. 117 Cost., per essersi il Giudice di pace limitato all'esame del provvedimento di trattenimento, trascurando l'esame del sottostante provvedimento di respingimento, la cui illegittimità, per i motivi di cui sopra, si riverbera sul primo, che ne costituisce esecuzione. 3. - I motivi, da esaminare congiuntamente data la loro connessione, sono fondati nei sensi che seguono. 3.1. - L'obbligo di informare gli stranieri, giunti irregolarmente sul territorio di uno Stato dell'Unione Europea, sulle procedure da seguire per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, cui aspirino, è stato esplicitamente sancito della direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 genericamente richiamata nella memoria di parte ricorrente , il cui art. 8 recita Qualora ví siano indicazioni che cittadini di paesi temi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l'accesso alla procedura di asilo . L'obbligo d'informazione sulle procedure di asilo è sancito anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che nella motivazione della sentenza 23 febbraio 2012, ric. n. 27765/09 Hirsi Jamaa ed altri c. Italia puntualmente richiamata nella memoria di parte ricorrente , al § 204 annota La Corte ha già rilevato che la mancanza di informazioni costituisce uno dei principali ostacoli all'accesso alle procedure d'asilo vedi M.S.S., prima citata, j' 304 . Ribadisce quindi l'importanza di garantire alle persone interessate da una misura di allontanamento, le cui conseguenze sono potenzialmente irreversibili, il diritto di ottenere informazioni sufficienti i a consentire loro di avere un accesso effettivo alle procedure e di sostenere i loro ricorsi . Per completezza può aggiungersi che al § 304 della sentenza della Corte di Strasburgo 21 gennaio 2011, ric. n. 30696/09, M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra richiamato, si legge The Court notes in this connection that the applicant claims not to have received any information about the procedures to be followed. i'ithout zvishing to question the Government's good faith concerning the principie of an information brochure being made available at the airport, the Court attaches more weight to the applicant s version because it is corroborated by a very large number of accounts collected from other witnesses by the Commissioner, the UNHCR and various non governmental organisations In the Court's opinion, the lack of access to information concerning the procedures to be followed is clearly a major obstacle in accessing those procedures . 3.2. - In siffatto quadro normativo e giurisprudenziale, se deve per un verso negarsi che le norme nazionali prevedano espressamente il dovere d'informazione ai valichi di frontiera invocato dal ricorrente, o che sia nella specie direttamente applicabile la previsione di tale dovere contenuta nel richiamato art. 8 della direttiva 2013/32/UE la quale non era stata ancora recepita alla data del decreto di respingimento e trattenimento per cui è causa e il relativo termine, ai sensi dell'art. 51 della direttiva stessa, scadrà soltanto il prossimo 20 luglio , non può tuttavia continuare ad escludersi che il medesimo dovere sia necessariamente enucleabile in via interpretativa facendo applicazione di regole ermeneutiche pacificamente riconosciute, quali quelle dell'interpretazione conforme alle direttive europee in corso di recepimento e dell'interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto delle norme interposte della CEDU, come a loro volta interpretate dalla giurisprudenza dell'apposita corte sovranazionale. Ed invero nessun ostacolo testuale alla configurazione di un dovere d'informazione sulle procedure da seguire per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, come delineato dal richiamato art 8 della direttiva 2013/32/UE, conforme alle indicazioni della giurisprudenza CEDU, è dato scorgere nella normativa nazionale, e in particolare negli ant. 3, comma 2, 6, comma 1, e 26, comma 1, d.lgs. n. 25 del 2008, o nell'art. 2, comma 1, d.P.R. n. 303 del 2004, che specificamente fanno riferimento alla presentazione delle domande di protezione internazionale all'ingresso nel territorio nazionale. Poiché l'avvenuta presentazione di una domanda di protezione internazionale sarebbe ostativa al respingimento, quest'ultimo è illegittimo allorché sia stato disposto senza il rispetto di tale preventivo dovere d'informazione, che ostacola di fatto il tempestivo esercizio del diritto a richiedere la protezione internazionale, e tale illegittimità si riverbera anche sul conseguente provvedimento di trattenimento, inficiandolo a sua volta. Può in definitiva enunciarsi, avuto riguardo ai termini della fattispecie in esame e conformemente al disposto della direttiva europea di cui sopra, il seguente principio di diritto qualora vi siano indicazioni che cittadini stranieri o apolidi, presenti ai valichi di frontiera in ingresso nel territorio nazionale, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, le autorità competenti hanno il dovere di fornire loro informazioni sulla possibilità di farlo, garantendo altresì servizi di interpretariato nella misura necessaria per agevolare l'accesso alla procedura di asilo, a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento. 3.3. - Tanto premesso, va altresì richiamato il più recente orientamento di questa Corte in tema di poteri di sindacato del giudice della convalida del decreto di trattenimento sul provvedimento espulsivo che ne è presupposto. Con ordinanza 5 giugno 2014, n. 12609, questa Corte si è adeguata agli sviluppi della giurisprudenza CEDU in particolare le sentenze 8 febbraio 2011, ric n. 12921/04, Seferovic c. Italia, e 10 dicembre 2009, ric. n. 3449/05, Hokic e Hrustic c. Italia in tema di interpretazione dell'art. 5, § 1, della Convenzione, quanto alla definizione della nozione di arresto o detenzione regolari disposti nel corso di un procedimento di espulsione. Precisando il proprio consolidato orientamento, secondo cui al giudice della convalida del trattenimento o accompagnamento coattivo dell'espulso alla frontiera non è consentito alcun sindacato di legittimità sul sottostante provvedimento espulsivo, del quale deve limitarsi a verificare soltanto l'esistenza e l'efficacia, questa Corte ha affermato che tale giudice è investito anche del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento espulsivo, da intendersi in concreto nei sensi ricavabili dalla medesima giurisprudenza CEDU. 3.4. - Il Giudice di pace, perciò, avrebbe dovuto darsi carico di verificare la fondatezza della censura cui si fa cenno nel sintetico verbale dell'udienza di convalida d'illegittimità del decreto di respingimento per non essere stato il ricorrente informato sulla possibilità di presentare una domanda di protezione internazionale, e avrebbe dovuto verificarne, per quanto possibile, la fondatezza e comunque statuire su di essa. Di una tale verifica o statuizione, invece, non vi è traccia nel provvedimento impugnato, che va pertanto cassato senza rinvio essendo spirato il termine perentorio previsto dall'art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, cit., per la convalida del trattenimento. 3.5. - Le spese processuali dell'intero giudizio, sia di merito che di legittimità, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e condanna l'Amministrazione intimata al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 1.100,00, di cui € 1.000,00 per compensi di avvocato, quanto al giudizio di merito, e in € 1.600,00, di cui € 1.500,00 per compensi di avvocato, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese forfetarie e accessori di legge e con distrazione in favore del difensore antistatario avv. Silvio Ferrara.