“Sono omosessuale”, e l’uomo, fuggito dalla Liberia, chiede nuovamente protezione: domanda accettabile

Corretta la scelta di presentare una seconda richiesta di protezione internazionale, aggiungendo un elemento, la propria condizione di omosessuale, occultato nella prima istanza solo per ragioni di pudore e di fede religiosa. Necessario, quindi, prendere in esame nuovamente la domanda, destinata a essere accolta se davvero si accerterà che in Liberia la comunità gay è oggetto di persecuzione.

Domanda di protezione internazionale riproposta, ma con l’aggiunta, rispetto alla istanza precedente, di un elemento non secondario, messo finalmente sul tavolo dal cittadino fuggito dalla Liberia e approdato in Italia la propria condizione di omosessualità. Illegittima la decisione di rispondere negativamente, a priori, alla aspettativa di protezione. Necessario, invece, un approfondimento, destinato, con molta probabilità, a concludersi con l’accoglimento della richiesta proposta dall’uomo, alla luce delle difficoltà affrontate dalla comunità gay in Liberia Cassazione, sentenza n. 4522/15, sezione sesta civile, depositata oggi . Protezione . Linea di pensiero tranchant , quella dei giudici di merito, i quali confermano il niet , già pronunciato dalla Commissione territoriale, alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da un uomo scappato dalla Liberia. Irrilevante il richiamo, fatto dal cittadino straniero, alla sua condizione di omosessuale . Per i giudici, in sostanza, l’argomento della omosessualità, non denunciata in un primo momento, è stato introdotto surrettiziamente, e intempestivamente, per giustificare la riproposizione della domanda , respinta, una prima volta, nel 2009. Ma questa visione viene duramente contestata dall’uomo, il quale ribadisce, col ricorso in Cassazione, che egli non si è sentito di esporre la propria condizione personale, nella prima richiesta presentata in Italia , per la sua fede religiosa e per il senso di disagio introiettato negli anni a causa della ostilità familiare e sociale nei confronti dell’omosessualità. Secondo l’uomo, quindi, la seconda richiesta di protezione internazionale non è un mero escamotage Gay. Ebbene, l’obiezione mossa dall’uomo viene ritenuta sensata, e meritevole di attenzione, dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali sostengono la necessità di una valutazione ad hoc in merito all’ impedimento dedotto dal cittadino straniero. Ciò perché, affermano i giudici, sebbene tale impedimento consista in fattori di ordine psicologico e morale, non si può affatto escludere, a priori, che essi non abbiano potuto determinare un ostacolo oggettivo e decisivo alla prospettazione dell’omosessualità come presupposto per la concessione della protezione internazionale . Di conseguenza, la posizione dello straniero dovrà essere esaminata con attenzione, anche perché le ragioni da lui prospettate paiono almeno astrattamente idonee a rendere ammissibile la domanda di protezione internazionale . Peraltro, va aggiunto, non si può ignorare che ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza, è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta . Proprio per questo, i giudici d’appello dovranno riaffrontare la vicenda, riprendere in considerazione la posizione dell’uomo e, soprattutto, per una decisione corretta, acquisire le prove necessarie per accertare la circostanza

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, sentenza 2 dicembre 2014 – 5 marzo 2015, n. 4522 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Rilevato che 1. A.T., cittadino liberiano, ha impugnato il provvedimento della Commissione Territoriale di Caserta del 29 aprile 2011 con il quale è stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale o di qualsiasi protezione sussidiaria. 2. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 23 gennaio 2013, ha respinto l'impugnazione rilevando che una precedente domanda di protezione internazionale era stata presentata dal T. e respinta nel 2009 con la nuova domanda veniva prospettata, per la prima volta, dal richiedente la sua condizione di omosessuale e la circostanza che l'omosessualità è oggetto in Liberia di sanzioni penali la relazione psicologica allegata dal richiedente non attesta alcuna situazione che comporti il diritto alla protezione internazionale risultando da essa una generica situazione problematica attinente alla sfera psico-sessuale. Il Tribunale ha pertanto ritenuto che l'argomento della omosessualità, non denunciata in un primo tempo per pudore, è stato introdotto surrettiziamente, e intempestivamente, per giustificare la riproposizione della domanda di protezione, già respinta sulla base della deduzione di altri presupposti, e senza peraltro dimostrare tale condizione e le persecuzioni che essa provocherebbe nel paese di provenienza. 3. La Corte di appello di Napoli ha confermato il provvedimento di rigetto dell'opposizione rilevando che con la seconda domanda di protezione è stata prospettata una condizione preesistente alla prima domanda di protezione e che ciò rende inammissibile la nuova domanda, comunque infondata per le considerazioni già svolte nella motivazione del provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale. 4. Ricorre per cassazione A.T. affidandosi a tre motivi di impugnazione illustrati con memoria difensiva. 5. Non svolge difese l'Amministrazione intimata. 6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e mancata applicazione dell'art. 3, comma 1, 2, 3, 4 e 5 degli articoli 6, comma 2 7, comma 2, lett. b 8, comma 1, lett. d 14 del d.lgs. 19 novembre 2007 n. 251. Violazione e mancata applicazione degli artt. 8, comma 3 11 29, comma 1, lett. b del d.lgs. n. 25 del 28 gennaio 2008, come modificato dal d.lgs. n. 158/2009 nonché degli artt. 5, comma 6, e 19 del d.lgs. n. 286/1998, in relazione agli artt. 5, comma 1, lett. c e 19, comma 2, del d.lgs. n. 251/2007 ex art. 360 n. 3 c.p.c. 7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e mancata applicazione dell'art. 3, comma 1, 2, 3, 4 e 5 degli articoli 7 e 14 del d.lgs. 19 novembre 2007 n. 251. Violazione e mancata applicazione degli artt. 8, comma 3 11 29, comma 1, lett. b del d.lgs. n. 25 del 28 gennaio 2008, come modificato dal d.lgs. n. 158/2009 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. 8. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l'omessa, o quantomeno insufficiente, e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ritenuto che 9. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente essendo connessi logicamente e giuridicamente in relazione alle censure mosse alla decisione della Corte di appello. In particolare essi concernono la mancata valutazione, secondo i parametri normativi e della giurisprudenza di legittimità, dell' attendibilità delle dichiarazioni del ricorrente sulla propria omosessualità il mancato accertamento della situazione di persecuzione e grave restrizione della libertà personale esistente in Liberia a carico delle persone omosessuali la mancata attivazione dei poteri istruttori spettanti al giudice di merito nei procedimenti aventi ad oggetto le richieste di protezione internazionale la pregiudiziale valutazione negativa delle dichiarazioni del ricorrente secondo cui egli non si è sentito di esporre la propria condizione personale nella prima richiesta presentata in Italia a causa della sua fede religiosa e del senso di disagio introiettato negli anni a causa della ostilità familiare e sociale all'omosessualità. 10. I1 ricorso è fondato. La disposizione di cui all'art. 29, lett. b del decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008 la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all'esame, nei seguenti casi b il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine va interpretata nel senso di riconoscere l'ammissibilità della domanda quando vengono prospettati nuovi elementi, anche se esistenti gia al momento della precedente richiesta, ma che il ricorrente non ha potuto prospettare perché non ha potuto, senza sua colpa, produrne le prove, in precedenza, innanzi alla commissione in sede amministrativa, né davanti al giudice, introducendo il procedimento giurisdizionale, cfr. Cass. civ. sez. VI-1 ord. n. 5089 del 28 febbraio 2013 . Ciò comporta anche che se il ricorrente non ha reiterato una identica domanda, come deve ritenersi sia avvenuto nel caso in esame, ma ha portato alla valutazione della Commissione, con la nuova istanza, nuovi presupposti per l'accoglimento della sua richiesta, si devono valutare le ragioni per cui una tale prospettazione non sia avvenuta contestualmente alla precedente e considerare la domanda ammissibile quando tali ragioni appaiono plausibili e non siano ascrivibili a colpa del richiedente. 11. Nella specie non è stato valutato l'impedimento, dedotto dal ricorrente, alla prospettazione, sin dalla prima richiesta di protezione internazionale, della sua condizione personale in relazione alla situazione giuridico-sociale del proprio paese di provenienza. Sebbene tale impedimento consista in fattori di ordine psicologico e morale non si può affatto escludere a priori che essi non abbiano potuto determinare un ostacolo oggettivo e decisivo alla prospettazione dell'omosessualità come presupposto per la concessione della protezione internazionale. 12. Il ricorso va pertanto accolto e conseguentemente va cassata l'ordinanza della Corte di appello di Napoli, cui la causa va rimessa per la valutazione delle predette ragioni che, appaiono almeno astrattamente, idonee a rendere ammissibile la domanda di protezione internazionale. All'esito di tale valutazione la domanda di protezione internazionale dovrà essere eventualmente esaminata secondo il principio affermato nella giurisprudenza di legittimità Cass. civ. sezione VI-1 n. 15981 del 20 settembre 2012 secondo cui, ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l'omosessualità sia considerata un reato dall'ordinamento giuridico del Paese di provenienza è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta. 13. La Corte di appello dovrà quindi acquisire le prove necessarie al fine di accertare o meno la circostanza della omosessualità del richiedente, la condizione dei cittadini omosessuali nella società liberiana e lo stato della relativa legislazione, nel rispetto del criterio direttivo della normativa comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale Cass. civ. S.U. n. 27310 del 17 novembre 2008 secondo cui l'autorità amministrativa esaminante ed il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria e Cass. civ. sezione VI-1 ordinanza n. 10202 del 10 maggio 2011, secondo cui il giudice di merito non può poggiare la propria valutazione sulla esclusiva base della credibilità soggettiva del richiedente, essendo tenuto, ai sensi dell'art. 8, comma 3 del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ad un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l'esercizio di poteri-doveri officiosi d'indagine e di acquisizione documentale, peraltro derivanti anche dall'adozione del rito camerale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente che la Commissione Nazionale, ai sensi del comma 3 dell'art. 8 sopra citato, fornisce agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative . 14. La Corte di appello, quale giudice del rinvio in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.