L’uso saltuario della porta, chiusa da 40 anni, non impedisce la prescrizione del diritto di passaggio

Un eventuale uso saltuario non è idoneo ad impedire il decorso della prescrizione della servitù, se il corrispondente diritto non viene esercitato per più di vent’anni.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4157/15, depositata il 2 marzo. Il caso. Durante la ristrutturazione di un immobile le proprietarie degli edifici prospicienti a quello interessato dai lavori citavano in giudizio il proprietario di quest’ultimo. L’immobile in ristrutturazione aveva delle aperture affacciate sul cortile a servizio dell’altro edificio e le attrici sostenevano che durante i lavori fosse stata aperta una porta d’accesso - chiusa da oltre quarant’anni - per il cui utilizzo era necessario accedere al cortile di loro proprietà esclusiva. Chiedevano pertanto il ripristino dello stato dei luoghi e l’accertamento dell’inesistenza di un diritto di passaggio sul proprio cortile. Il convenuto eccepiva che la servitù di passaggio esisteva da tempo immemorabile e che, comunque, insisteva su una corte comune. La Corte d’appello di Brescia dichiarava prescritta per non uso la servitù di passaggio attraverso il cortile di esclusiva proprietà delle attrici. Il convenuto impugna la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione. Irrilevanza del litisconsorzio. In primo luogo il ricorrente lamenta la lesione del contraddittorio in riferimento alla mancata partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari, come risultante dal deposito della copia dell’atto divisionale intervenuto prima del giudizio. Il motivo non è fondato in quanto trascura il fatto che il litisconsorzio dei partecipanti alla comunione è necessario solo quando oggetto della domanda sia un’attività immutativa della cosa comune e non, come nel caso concreto, quando uno dei comproprietari agisca a tutela della cosa stessa. L’uso saltuario non impedisce la prescrizione. Per quanto riguarda i profili di merito, il ricorrente ritiene erronea la valutazione delle testimonianze e della ctu sulla cui base i giudici di merito affermavano la prescrizione della servitù per non uso ultraventennale. Anche tale doglianza è priva di fondamento. La S.C. evidenzia come la Corte d’appello abbia correttamente ritenuto estinto per non uso il diritto di passaggio attraverso il cortile, basandosi sulle testimonianze e sulla ctu, le quali davano atto della presenza di segni evidenti di una pregressa esistenza di una porta che risultava però tamponata” quanto meno dall’inizio dei lavori di ristrutturazione. Adeguatamente dunque i giudici di merito hanno valutato le emergenze istruttorie giungendo ad affermare l’irrilevanza di un uso saltuario al fine di impedire la prescrizione per non uso ultraventennale. Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 novembre 2014 – 2 marzo 2015, numero 4157 Presidente Oddo – Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 A. A. A.M. S. e C. P., proprietarie di un immobile sito in Paladina, via Monte Grappa numero 2, con citazione notificata il 16 settembre 1992, evocarono in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo G.B., proprietario di un immobile con accesso da via Don Carminati del medesimo Comune, prospiciente a quello delle attrici e con aperture affacciantesi su un cortile a servizio dell'altro edificio le attrici, per quello che ancora conserva interesse nel giudizio di legittimità, sostennero che il convenuto , nel corso di recenti lavori di ristrutturazione a avrebbe aperto una porta di accesso all'immobile chiusa da quarant'anni per utilizzare la quale era necessario accedere al cortile di proprietà esclusiva delle esponenti b avrebbe abbattuto il tetto sovrastante il portone di entrata alla proprietà di esse attrici, rifacendolo in modo difforme. Conclusero pertanto per il ripristino dei luoghi nello stato antefatto e perché venisse accertata l'inesistenza di un diritto di passaggio sul proprio cortile. 2 Il convenuto si costituì , contestando la fondatezza delle pretese avversarie, osservando, quanto al transito sul cortile che la servitù relativa esisteva da tempo immemorabile e che comunque sarebbe insistita su una corte comune anche ad esso esponente in corso di causa intervennero Patrizio e C. P., comproprietari di un appartamento sito nell'edificio di via Montegrappa, aderendo a tutte le domande delle parti attrici l'adito Tribunale accertò, tra l'altro, il diritto di passaggio sul cortile delle predette. 3 La Corte di Appello di Brescia, pronunciando sull'appello della sola A. M., dichiarò estinta per prescrizione la servitù di passaggio attraverso il cortile di proprietà esclusiva della M. argomentando dalle testimonianze e dalla relazione di consulenza tecnica esperite in primo grado condannò il B. al ripristino del tetto sovrastante il portone di entrata e compensò per metà le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, ponendo il residuo a carico del B 4 Quest'ultimo ha proposto ricorso per la cassazione della predetta decisione, facendo valere cinque motivi di ricorso illustrati da successiva memoria-, a confutazione dei quali A. M. ha notificato un controricorso. Motivi della decisione I Con il primo motivo viene eccepita la nullità del procedimento di appello per mancata partecipazione di tutti i comproprietari sul cortile posto tra le abitazioni delle parti parte ricorrente trae tale conclusione osservando che era stata depositata una copia di un atto divisionale intervenuto prima dell'instaurazione del procedimento di appello in cui alla predetta A. M., sarebbero stati assegnati singoli immobili nel fabbricato prospiciente quello di esso appellante peraltro dal medesimo rogito sarebbe anche emerso il perdurante stato di indivisione sul cortile dal momento che la M. aveva agito non solo in negatoria servitutis bensì anche per ottenere una immutazione dello stato di fatto interessante la cosa comune, ne sarebbe derivato che sarebbero stati litisconsorti attivi anche tutti gli altri comproprietari sulla cosa comune. La Il motivo è destituito di fondamento perché il litisconsorzio dei partecipanti alla comunione è ipotizzabile solo se oggetto della domanda sia un'attività immutativa della cosa comune , e non già allorchè uno solo dei comproprietari agisca a tutela della stessa nel giudizio di impugnazione , va aggiunto, l'appellante incidentale B. si limitò a chiedere la conferma della sentenza di primo grado, gravando solo il capo che aveva disposta la compensazione delle spese del precedente giudizio la infondatezza di detto motivo si estende anche a quella parte del secondo motivo fol 30 del ricorso con la quale si lamenta la violazione del contraddittorio anche in relazione all'ordine di demolizione del tetto di copertura del portone che si assume essere sotteso ad un arco del pari interessato dall'illecita opera di immutazione del B. inserito in mura perimetrali da considerarsi ancora nella comunione dei M./P. . II Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia la nullità del procedimento per violazione degli artt. 1073 , 1074 cod. civ. e 100 cpc assumendo a una erronea valutazione delle testimonianze e della relazione tecnica di parte in relazione al caput controversum del non uso ultraventennale della porta che, dall'edificio del ricorrente, permetteva l'ingresso nel cortile delle originarie parti attrici b una errata delimitazione dei confini applicativi delle suddette norme sostanziali, laddove la Corte del merito aveva giudicato che un uso saltuario della porta non fosse idoneo ad impedire il decorso della prescrizione della conseguente servitù quanto poi all'abbattimento del tetto sovrastante il portone di ingresso al cortile, ha dedotto la carenza di interesse della M. a proporre appello in quanto non sarebbe stata assegnataria nell'ambito della sopra richiamata divisione di immobili contigui al portone II.a Nessuno dei tre profili è fondato. II.a.1 Quanto al primo giova evidenziare che la Corte bresciana pervenne alla decisione di ritenere estinto per non uso il diritto di transitare per il cortile attraverso la porta, basandosi su una analisi delle testimonianze e sulla valutazione della relazione del consulente di ufficio che , dando atto della presenza di segni evidenti dell'esistenza in passato di tale apertura, aveva però affermato che la stessa risultava tamponata quanto meno dall'inizio dei lavori di ristrutturazione del B. atteso che la valutazione delle emergenze di causa ivi comprendendovi anche la gerarchia dimostrativa da attribuire ad esse rientra nell'esclusivo potere discrezionale del giudice del merito e che questo è stato congruamente motivato, la divergente interpretazione fornita da parte ricorrente , oltre a non rientrare in un vizio di violazione di legge, neppure può esser sindacata con l'addurre un vizio di motivazione di cui al terzo motivo ILa.2 Quanto al secondo profilo va considerato che le valutazioni del materiale istruttorio sopra richiamato erano da sole sufficienti a giustificare la decisione, così che il riferimento alla irrilevanza di un uso saltuario al fine di impedire la prescrizione per non uso pur se erroneo se riferito a servitù necessariamente discontinue, non era idoneo a mettere in dubbio la complessiva tenuta argomentativa della decisione. ILa.3 Quanto al terzo profilo la dedotta carenza di interesse presuppone un esame diretto degli atti non consentito se non venga dedotto un error in procedendo. II.a.4 In disparte sta la erroneità di richiamare, a disciplina del motivo, il disposto dell'art. 360, 1 comma numero 4 cpc in luogo del numero 3. III Le considerazioni operate al § II.a.1 consentono di ritenere infondati anche il terzo ed il quarto motivo con il quale si denuncia la omessa considerazione terzo mezzo o la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su risultanze probatorie. IV Con il quinto motivo viene dedotta la erroneità della sentenza per aver condannato il ricorrente al pagamento di metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio, compensando il resto il motivo è inammissibile perché privo di argomentazioni a sostegno e del riferimento a vizi sussumibili in quelli descritti nell'art. 360 cpc. V Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo quanto indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 2.700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori nella misura di legge.