Azienda messa in crisi da reiterate richieste di rinvio a giudizio? Nessun problema…per il magistrato

La reiterazione delle richieste di rinvio a giudizio da parte di un pubblico ministero, nonostante i vizi formali delle precedenti e nonostante l'infondatezza riconosciuta ex post a dibattimento, non vale di per sé sola a fare trasmodare la doverosa pervicacia nel perseguimento del proprio dovere istituzionale in ostinazione vessatoria o condotta comunque colpevole.

La VI Sezione Civile della Cassazione si è occupata, con l’ordinanza n. 3916 depositata il 26 febbraio 2015, di un tema più che mai attuale la responsabilità dei magistrati. Materia sinora regolamentata dalla cd. Legge Vassalli proprio in queste ore oggetto di significative modifiche e di aspre polemiche. Il caso fa riferimento all’eccessiva insistenza con la quale un PM aveva chiesto – sempre senza successo – il rinvio a giudizio. Il caso. Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda proposta da una società contro un magistrato ai sensi della l. n. 117/1988 Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati . L’azienda che aveva promosso l’azione risarcitoria si lamentava di essere stata con insistenza e più volte oggetto di richieste di rinvio a giudizio da parte in un Pubblico Ministero richieste di rinvio a giudizio sempre cadute nel nulla, sia per ragioni formali, sia – infine - per ragioni sostanziali. Il punto è che, secondo la prospettazione dell’azienda, queste reiterate iniziativa da parte del Pubblico Ministero avevano esposto l’azienda medesima ad azioni di natura tributaria e fiscale tali da rendere del tutto inoperante la società ed aggravando ancor più lo stato economico della stessa . Anche la Corte d’appello dichiarava inammissibile il successivo reclamo. La parola finale alla Cassazione. La Cassazione rigetta il ricorso il principio di diritto affermato. La responsabilità del magistrato è stata correttamente esclusa – secondo la Cassazione - in applicazione di questo principio di diritto la richiesta di rinvio a giudizio da parte di un magistrato del pubblico ministero postula, siccome posto a presidio della sua autonomia e quindi a garanzia dell'esclusione di qualsiasi discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale secondo il vigente precetto costituzionale, l'apprezzamento dei presupposti del chiesto rinvio e quindi sulla sussistenza di elementi probatori, non contraddittori, idonei a sostenere l'accusa in dibattimento. La valutazione del PM è necessariamente prognostica e probabilistica. Poiché la relativa valutazione è necessariamente prognostica e quindi probabilistica sulla potenzialità espansiva degli elementi probatori nel corso di quest'ultimo, la conclusione vale anche nell'ipotesi di successiva assoluzione per insussistenza del fatto contestato in quanto tale, la richiesta di rinvio a giudizio integra di norma un'attività di valutazione del fatto e della prova, esclusa dall'ambito della legge 13 aprile 1988, n. 117, ai sensi del comma 2 del suo art. 2, benché sempre alla condizione che non si fondi su fatti pacificamente insussistenti, ovvero avulsi dal contesto probatorio acquisito. Le reiterate richieste di rinvio a giudizio possono essere giustificate. La reiterazione delle richieste di rinvio a giudizio, nonostante i vizi formali delle precedenti e finanche nonostante l'infondatezza riconosciuta ex post a dibattimento, non vale di per sé sola a fare trasmodare la doverosa pervicacia nel perseguimento del proprio dovere istituzionale - anche mediante la rimozione di eventuali errori o vizi pregressi - in ostinazione vessatoria o condotta comunque colpevole, se non in presenza di fatti specifici ed ulteriori, i quali debbono essere analiticamente dimostrati ed indicati dal soggetto che se ne pretende leso, peraltro in relazione al momento in cui la richiesta è stata formulata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 gennaio – 26 febbraio 2015, n. 3916 Presidente Finocchiaro – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1. - È stata depositata in cancelleria relazione, resa ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ. e datata 7.10.14, regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso il decreto della corte di appello di Catania del 13.5.14, in causa n. 354/14 r.g., in materia di azione ex art. 5 legge 117/88, del seguente letterale tenore 1. - La Ecodep srl ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione del provvedimento in epigrafe indicato, con cui è stato rigettato il suo reclamo avverso il decreto del tribunale di Catania, dichiarativo della inammissibilità della sua domanda ex L. 117/88, dispiegata in relazione ad attività giudiziaria espletata da Lucia Brescia, magistrato della procura della Repubblica di Agrigento pretesa risarcitoria basata, stando a quanto si ricava dal ricorso per cassazione, sulla circostanza che la reiterata richiesta di rinvio a giudizio formulata da quel magistrato, più volte dichiarata nulla per difetti formali e poi seguita da assoluzione con formula piena, la aveva esposta ad azioni di natura tributaria e fiscale tali da rendere del tutto inoperante la società ed aggravando ancor più lo stato economico della stessa, tra cui l'avvio di un'esecuzione esattoriale per Euro 2.514.860,88 per il recupero di contributi in conto capitale ex lege 488/92 e la diminuzione del proprio originario capitale sociale della sua originaria forma societaria di società per azioni. Le intimate non svolgono attività difensiva in questa sede. 2. - Del ricorso deve proporsi la trattazione in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-tó cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell'art. 360-bis cod. proc. civ., parendo potervi essere definito per inammissibilità o, comunque, per manifesta infondatezza. 3. - La ricorrente si duole - con un primo motivo, di erronea applicazione dell'art. 2 L. 117/88 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., peraltro sotto diversi e specifici profili indifferenziatamente esposti, censurando il decreto in primo luogo, per l'avvenuta confusione con la legittima attività di valutazione del fatto e delle prove della invece dedotta e sussistente colpa grave od inescusabile negligenza del magistrato, consistenti nell'avere ritenuto esistente un determinato fatto escluso in maniera incontrovertibile dagli atti del procedimento, ponendolo a base - quale elemento avulso dal contesto probatorio di riferimento - della reiterata richiesta di rinvio a giudizio, sempre formulata in modo indeterminato in secondo luogo, per la scorrettezza del richiamo alla circostanza che l'assoluzione era intervenuta ai sensi del capoverso dell'art. 530 cod. proc. pen. in terzo luogo, per l'illegittima esclusione della rilevanza di una serie di comportamenti non preordinati in quarto luogo, per avere posto a fondamento della valutazione di ammissibilità - riservata invece a differenti presupposti - l'evidente carenza di nesso causale tra danni ed evento, anche perché i primi dovevano individuarsi pure nel rientro immediato dagli affidamenti e dall'impossibilità di attingere al credito - col secondo, di erronea applicazione dell'art. 92 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3, per averla la corte di appello condannata alle spese in favore dell'intervenuta Brescia, nonostante la soccombenza di controparte sulla domanda ex art. 96 cod. proc. civ 4. - Va, del primo motivo, esaminato il profilo relativo alla condotta dannosa consistente nella richiesta di rinvio a giudizio per fatti che sono stati poi qualificati non sussistenti all'esito del dibattimento ma esso è infondato. 4.1. Al riguardo, è noto che, ai fini del rinvio a giudizio il g.u.p., sulla richiesta del pubblico ministero, deve valutare, sotto il solo profilo processuale, solamente - ed al fine di fondare la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425, co. 3, cod. proc. pen. - se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio, ma non potendo invece procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio, né tanto meno esprimere un giudizio di colpevolezza dell'imputato, sicché gli è inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate tra le ultime, v. Cass. pen., sez. 2, 14 novembre / 5 dicembre 2013, n. 48831, imp. Maida, ove ulteriori riferimenti . In altri termini, il giudice dell'udienza preliminare ha una funzione di filtro e, nel rispetto di tale funzione, gli spetta solo decidere se il materiale probatorio offerto dall'accusa sia o meno idoneo a sostenere l'accusa in giudizio giudizio prognostico che, con tutta evidenza, è, però, di natura processuale e non di merito, sicché dev'essere escluso il proscioglimento in tutti quei casi in cui le fonti di prova a carico dell'imputato si prestino a soluzione alternative o aperte o, comunque che possano essere diversamente rivalutate in termini, tra le altre, Cass. pen., sez. 2, 8 - 29 ottobre 2008, n. 40406 . 4.2. Tanto comporta che, se non altro ai fini che qui interessano, il magistrato del pubblico ministero deve formulare la sua richiesta al giudice dell'udienza preliminare, tesa al rinvio a giudizio, tutte le volte che ritenga che gli elementi probatori raccolti non siano insufficienti o contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio, secondo un giudizio della stessa natura di quello imposto al giudice e, cioè, di mera verosimiglianza della prognosi favorevole. Proprio per questo, alla sola evidente condizione che egli non fondi tale richiesta su elementi del tutto avulsi dal contesto probatorio acquisito per tutte Cass., ord. 27 dicembre 2012, n. 23890 Cass. 6 aprile 2011, n. 7846 Cass. 5 luglio 2007, n. 15227 Cass. 27 novembre 2006, n. 25133 Cass. 29 novembre 2002, n. 16935 , la sua è un'attività di valutazione dei fatti e delle relative prove e, come tale, inidonea a fondare la sua responsabilità ex lege 113/88, ai sensi del co. 2 del suo art. 2. E tale conclusione non soffre certo eccezioni in tutti i casi in cui la formula assolutoria risulti, all'esito del dibattimento o di ulteriore attività processuale, la più ampia possibile, come quella dell'insussistenza del fatto tale evenienza essendo insita nel sistema, che, per quanto detto, si fonda su di una valutazione prognostica e probabilistica - ed in quanto tale suscettibile di un'evoluzione in senso negativo rispetto all'ipotesi originaria di colpevolezza - e solo esige che i fatti posti a fondamento di richiesta e di rinvio a giudizio non siano completamente avulsi dal contesto probatorio acquisito. In caso contrario, si devolverebbe al pubblico ministero - ed al medesimo giudice dell'udienza preliminare - con la responsabilità dell'esito finale del procedimento, anche una funzione di giudizio istituzionalmente ad esso estranea ed anzi in insanabile contrasto con il sistema costituzionalmente vigente dell'obbligatorietà dell'azione penale. 4.3. Ora, nella specie alcuni importanti elementi nel senso della possibilità di sostenere l'accusa in dibattimento sussistevano comunque, attesa la pronunzia come puntualmente rilevato dalla corte di appello, rispettivamente, ad inizio di pag. 6 e ad inizio di pag. 7 del qui gravato decreto , dapprima e parte del g.i.p., di un decreto di sequestro preventivo non impugnato e, successivamente e da parte del g.u.p., del decreto che disponeva il giudizio all'esito dell'udienza preliminare. Peraltro, tali specifiche circostanze non solo non sono adeguatamente rese oggetto di contestazione in questa sede, ma, a ben vedere, non sono supportate da alcuno specifico riferimento in ricorso secondo quanto invece necessario, per quanto si specificherà infra al punto 5 agli specifici elementi posti - a detta della ricorrente, in modo erroneo o illegittimo - a base della richiesta di rinvio a giudizio, sicché non si ha modo di valutare in questa sede - neppure potendo integrarsi, com'è noto, con alcun atto ulteriore o successivo alcuna lacuna di contenuto-forma del ricorso per cassazione - se quelle richieste fossero o meno fondate su elementi del tutto avulsi dal contesto probatorio a disposizione del magistrato. Ed è appena il caso di precisare che, trattandosi di fatti costitutivi della fattispecie risarcitoria aquiliana speciale prevista dalla legge 113/88, la relativa allegazione e prova incombe appunto al soggetto che se ne pretende danneggiato. 4.4. La responsabilità della Brescia è stata dunque correttamente esclusa, nella specie, in applicazione del seguente principio di diritto la richiesta di rinvio a giudizio da parte di un magistrato del pubblico ministero postula, siccome posto a presidio della sua autonomia ed indipendenza e quindi a garanzia dell'esclusione di qualsiasi discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale secondo il vigente precetto costituzionale, l'apprezzamento dei presupposti del chiesto rinvio e quindi sulla sussistenza di elementi probatori, non contraddirteli, idonei a sostenere l'accusa in dibattimento poiché la relativa valutazione è necessariamente prognostica e quindi probabilistica sulla loro potenzialità espansiva nel corso di quest'ultimo, la conclusione vale anche nell'ipotesi di successiva assoluzione per insussistenza del fatto contestato in quanto tale, la richiesta di rinvio a giudizio integra di norma un'attività di valutazione del fatto e della prova, esclusa dall'ambito della legge 13 aprile 1988, n. 117, ai sensi del co. 2 del suo art. 2, benché sempre alla condizione che non si fondi su fatti pacificamente insussistenti, ovvero avulsi dal contesto probatorio acquisito i quali debbono essere analiticamente dimostrati ed indicati dal soggetto, che se ne pretende leso, in relazione al momento in cui la richiesta è stata formulata e, in quanto tali, sottoposti al giudice del merito e poi con i consueti requisiti di autosufficienza del ricorso, anche a questa corte di legittimità. 5. - Il ricorso, peraltro, non rispetta i requisiti prescritti dal n. 6 dell'art. 366 cod. proc. civ. manca, invero, nell'esposizione dei motivi, la puntuale ed analitica trascrizione degli atti e documenti che si lamentano trascurati, non potendo a tale carenza supplirsi con l'indicazione della sede processuale di produzione o con il contenuto di atti diversi, neppure del provvedimento impugnato e manca pure l'indicazione, con relativa trascrizione, degli specifici passaggi argomentativi dinanzi ai giudici del merito - tanto del processo presupposto che del giudizio ex art. 5 legge 13 aprile 1988, n. 117 - delle relative doglianze. 5.1. Al riguardo, occorre comunque, per consentire alla corte di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, che nel ricorso si rinvengano sia l'indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde tra le innumerevoli, v. Cass., ord. 16 marzo 2012, n. 4220 Cass. 1 febbraio 1995, n. 1161 Cass. 12 giugno 2002, n. 8388 Cass. 21 ottobre 2003, n. 15751 Cass. 24 marzo 2006, n. 6679 Cass. 17 maggio 2006, n. 11501 Cass. 31 maggio 2006, n. 12984 Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell'art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ. Cass. 31 luglio 2012, n. 13677 tra le più recenti, per limitarsi ad alcune tra quelle di quest'anno Cass. 11 febbraio 2014, nn. 3018, 3026 e 3038 Cass. 7 febbraio 2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793 Cass. 6 febbraio 2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo Cass. 5 febbraio 2014, n. 2608 3 febbraio 2014, nn. 2274 e 2276 Cass. 30 gennaio 2014, n. 2072 . E neppure la più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite Cass. 22 maggio 2012, n. 8077 muove in direzione opposta, lasciando ampio spazio alla riaffermazione - del resto e come visto, effettivamente operata - del principio nella sua tradizionale accezione, del quale il nuovo art. 366, comma primo, n. 6 , cod. proc. civ. costituisce la codificazione per tutte, v. ad es. Cass., ord. 25 marzo 2013, n. 7455 quella pronuncia a Sezioni Unite riferendosi al diverso vizio di nullità del procedimento o della sentenza ed esigendo pur sempre che la doglianza sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole del codice di rito artt. 366, comma primo, n. 6 e 369, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. . 5.2. Tale carenza è insuperabile in ordine alla seconda delle condotte attribuite al magistrato la reiterazione - in tempi incalzanti ed immediatamente successivi ai provvedimenti negativi resi sulle precedenti - di richieste di rinvio a giudizio con imputazioni indeterminate e vaghe, più volte annullate dal giudice la carenza della trascrizione degli atti dedotti - e per di più nella loro effettivamente singolare concatenazione - impedisce di apprezzare se anche solo uno di quelli possa integrare gli estremi di un atto adottato per colpa grave o negligenza inescusabile. 6. - Gli altri profili di doglianza compresi nel primo motivo - in disparte i dubbi sulla sussistenza dei requisiti di contenuto-forma del ricorso in punto di indicazione precisa dei passaggi dei giudizi di merito in cui i danni sarebbero stati allegati nel senso ivi descritto, nonché sulla stessa correttezza astratta della tesi qui sostenuta di inconferenza delle problematiche sul nesso causale ai fini della valutazione di inammissibilità, che invece si riferisce ad ogni ipotesi di insussistenza dei presupposti della domanda, tra cui la manifesta infondatezza tra le altre Cass. 27 novembre 2006, n. 25133 – restano assorbiti, bastando i rilievi finora operati a sorreggere la conferma della pronunzia di inammissibilità dell'azione. 7. - Quanto al secondo motivo, esso è manifestamente infondato. Quand'anche possa configurarsi una soccombenza reciproca nel rigetto della domanda principale e di quella del convenuto di condanna dell'attore ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ., rientra sempre - cioè pure in caso di soccombenza reciproca da ultimo, Cass. 19 giugno 2013, n. 15317 in precedenza, tra molte, v. Cass. 3 luglio 2000, n. 8889 Cass. 29 gennaio 1990, n. 551 - nella piena discrezionalità del giudice del merito se avvalersi oppur no del potere di compensare le spese di lite, potendo dolersi solo la parte integralmente vittoriosa di aver dovuto sopportarle anche in parte cosa che, con tutta evidenza, qui non sussiste, visto che l'attrice ha visto rigettato tutte le sue domande. 8. - Del ricorso, in parte infondato ed in parte inammissibile il primo motivo ed infondato il secondo, deve quindi proporsi il rigetto, con applicazione, oltretutto difettando al riguardo qualsiasi discrezionalità Cass. 14 marzo 2014, n. 5955 , dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione”. Motivi della decisione II - Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la ricorrente ha depositato memoria, pur non essendo alcuno comparso in camera di consiglio per essere ascoltato. III. - A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella memoria dalla ricorrente. III.1. Essa quivi pag. 3, terzo paragrafo riferisce, tra l'altro, di aver trascritto pedissequamente tutti i provvedimenti dei G.U.P. che si sono succeduti e dei giudici del dibattimento che si sono pronunziati” ma l'asserzione non corrisponde a verità. Infatti, nel ricorso - del g.u.p. Turco pag. 6 del ricorso si dice che emise decreto che disponeva il giudizio, ritenendo sussistere i requisiti per sostenere l'accusa in dibattimento, ma senza trascriverlo in parte qua - del g.u.p. Patronaggio pag. 7 del ricorso, penultimo capoverso si riferisce pronunzia 27.9.07 di emissione di nullità della seconda richiesta di decreto che disponga il giudizio, ma senza riportare la decisiva motivazione - del g.u.p. Davico pag. 8 del ricorso, penultimo capoverso si riferisce soltanto la formulazione di osservazioni all'ud. 9.12.08 su indeterminatezza e incompletezza dei nuovi capi di imputazione, ma senza alcuna trascrizione del relativo verbale - ma soprattutto non si trascrivono affatto, in alcuna parte, analiticamente le diverse formulazioni dei capi di imputazione, via via susseguitesi anche in dipendenza dei provvedimenti dei giudici solo alcuni dei quali ritualmente in foto trascritti - e, infine, non si trascrive la motivazione dibattimentale di esclusione della sussistenza del fatto. In tal modo, il Collegio conferma l'impossibilità, per le concrete modalità di redazione del ricorso, di apprezzare i fatti dedotti a fondamento delle doglianze e, segnatamente, l'originaria insufficienza e la sostanziale pedissequa reiterazione, quale elemento di colpa pervicace del magistrato del pubblico ministero, dei capi di imputazione posti a fondamento dell'azione penale. Ed è appena il caso di rilevare che - come da giurisprudenza a dir poco consolidata - tali lacune del ricorso non possono mai essere colmate con alcun atto ad esso successivo, meno che mai con la memoria in vista dell'adunanza in camera di consiglio. III.2. Quanto allo stato della giurisprudenza anche di questa Corte di legittimità alla luce di quella della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e degli sviluppi parlamentari della riforma della legge 117/88, il Collegio ritiene soltanto di soggiungere che la giurisprudenza Eurounitaria già comunitaria si riferisce esclusivamente alla responsabilità dello Stato per condotte dei giudici di ultima istanza, risolventisi nella violazione del solo diritto Eurounitario già comunitario e non anche di quello nazionale da ultimo, Cass., ord. 5 novembre 2014, n. 23527 . Né può costituire elemento per modificare un'interpretazione consolidata la valutazione dell'ir parlamentare di una riforma della normativa, fintantoché il Parlamento, nella sue sovrane determinazioni anche in ordine all'opportunità dei tempi, non la traduca in norme giuridiche effettive ed applicabili, oltretutto anche ai casi ancora non definiti od esauriti. 111.3. E, comunque, allo stato attuale della legislazione vigente deve ritenersi prevalente l'esigenza, di rilevante pregnanza pubblicistica, di garantire il più possibile - beninteso reprimendone gli abusi, purché però manifesti e conclamati, come pure garantendo adeguate ed efficaci reazioni endoprocessuali agli interessati - l'indipendenza diffusa del singolo pubblico ministero nell'attività di avvio, impostazione e finalizzazione dibattimentale dell'azione penale tutte le volte che si ravvisino elementi non avulsi dal contesto fattuale e tanto all'evidente fine di salvaguardare l'effettiva obbligatorietà dell'azione penale, oggetto di precisa scelta della Costituzione. E, nella specie, come adeguatamente posto in luce anche nella relazione, la totale recisione dei fatti considerati dal contesto bene è stata esclusa dai giudici del merito che hanno già dichiarato la qui contestata declaratoria di inammissibilità dell'azione di responsabilità, rimarcando la pronunzia di un sequestro preventivo non impugnato e, successivamente e da parte del g.u.p., di due decreti che disponevano il giudizio all'esito dell'udienza preliminare. D'altra parte, anche la reiterazione delle attività processuali di propria spettanza mantiene un significato neutro, se non connotata da altri e specifici elementi, da allegare analiticamente ben potendo anzi essa rispondere, se non altro in astratto e fino a che non si provi aliunde una diversa condotta colposa o dolosa, all'esigenza di perseguire con determinazione e risolutezza quanto in buona fede reputato corrispondere al proprio dovere istituzionale, correggendo doverosamente via via gli errori che lo sviluppo del procedimento abbia messo in evidenza negli atti fino a quel momento compiuti. In definitiva, nonostante le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-tó cod. proc. civ., condivide il Collegio la valutazione del relatore in ordine al fatto che la responsabilità della B. è stata correttamente esclusa, nella specie, in applicazione del seguente principio di diritto la richiesta di rinvio a giudizio da parte di un magistrato del pubblico ministero postula, siccome posto a presidio della sua autonomia e quindi a garanzia dell'esclusione di qualsiasi discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale secondo il vigente precetto costituzionale, l'apprezzamento dei presupposti del chiesto rinvio e quindi sulla sussistenza di elementi probatori, non contraddittori, idonei a sostenere l'accusa in dibattimento poiché la relativa valutazione è necessariamente prognostica e quindi probabilistica sulla loro potenzialità espansiva nel corso di quest'ultimo, la conclusione vale anche nell'ipotesi di successiva assoluzione per insussistenza del fatto contestato in quanto tale, la richiesta di rinvio a giudizio integra di norma un'attività di valutazione del fatto e della prova, esclusa dall'ambito della legge 13 aprile 1988, n. 117, ai sensi del co. 2 del suo art. 2, benché sempre alla condizione che non si fondi su fatti pacificamente insussistenti, ovvero avulsi dal contesto probatorio acquisito e pure la reiterazione delle richieste di rinvio a giudizio, nonostante i vizi formali delle precedenti e finanche l'infondatezza riconosciuta ex post a dibattimento, non vale di per sé sola a fare trasmodare la doverosa pervicacia nel perseguimento del proprio dovere istituzionale anche mediante la rimozione di eventuali errori o vizi pregressi in ostinazione vessatoria o condotta comunque colpevole, se non in presenza di fatti specifici ed ulteriori i quali debbono essere analiticamente dimostrati ed indicati dal soggetto, che se ne pretende leso, in relazione al momento in cui la richiesta è stata formulata e, in quanto tali, sottoposti al giudice del merito e poi con i consueti requisiti di autosufficienza del ricorso, anche a questa corte di legittimità. IV. - Pertanto, ai sensi degli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo le controparti svolto in questa sede attività processuale. V. - Non può, contrariamente a quanto indicato nella parte finale del punto 8 della relazione, trovare applicazione l'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione in termini Cass., ord. 19 giugno 2014, n. 13985 infatti, tale aumento non si applica quando il processo è già esente da tale contributo Cass. Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26280 ed il giudizio di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117, è appunto esente, ai sensi dell'art. 15 di quest'ultima come sostituito dall'art. 300, comma sesto, del d.P.R. 115/02 già citato, che dispone l'applicazione, nei limiti della compatibilità, dell'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, sostituito dall'art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533, a sua volta articolato sulla previsione di esenzione degli atti del processo, senza limiti di valore o di competenza, dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, da atto che non si applica l'art. 13, co. 1 quater, d.P.R. 115/02.