Straniero di nazionalità largamente diffusa in Italia: nullo il decreto di espulsione non tradotto

È nullo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare per l’affermata irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione assunta.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1426, depositata il 26 gennaio 2015. Il fatto. Il Giudice di pace di Lodi respingeva l’opposizione di una straniera al decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Lodi. Contro tale decisione la straniera ha proposto ricorso per cassazione. Nullità provvedimento di espulsione. Il Collegio, accogliendo il ricorso, ricorda l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità nell’affermare che è nullo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare per l’affermata irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta . Nel caso di specie, osserva il Collegio, la destinataria del provvedimento di espulsione appartiene ad una nazionalità largamente presente in Italia da molti anni. Fondati sono anche i motivi di ricorso con i quali la ricorrente si lamenta della illegittimità del provvedimento di espulsione perché emesso in assenza di un provvedimento di rigetto della richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari e senza alcuna motivazione in merito all’eventuale venir meno delle condizioni che avevano legittimato l’emanazione del precedente permesso di soggiorno. Per tali ragioni, la S.C. ha accolto il ricorso, cassato l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annullato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di lodi. Condanna, pertanto, il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 dicembre 2014 – 26 gennaio 2015, numero 1426 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 30 settembre 2014 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta 1. Il Giudice di pace di Lodi, con provvedimento del 30 gennaio 2014, ha respinto l'opposizione di G.L. al decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Lodi il 28 ottobre 2013. Il Giudice di pace ha ritenuto che, a seguito del rigetto dell'istanza di emersione presentata dalla G. e dell'accertamento dell'insussistenza delle condizioni per il rilascio di un nuovo permesso di soggiorno, l'emissione del decreto di espulsione costituisce un atto dovuto. Ha ritenuto infine il Giudice di pace lodigiano che il provvedimento impugnato, tradotto in lingua inglese, è stato portato correttamente a conoscenza della ricorrente. 2. Ricorre per cassazione G.L. deducendo di essere stata titolare sino al 15 ottobre 2011 di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare di cui ha chiesto il rinnovo in data 14 dicembre 2011. Non avendo ricevuto alcuna risposta a tale richiesta si è recata in Questura il 12 luglio 2012 e si è vista notificare, in lingua italiana, un decreto di archiviazione per difetto di interesse alla richiesta. Non avendo compreso il contenuto di tale provvedimento ha presentato nuova richiesta di permesso di soggiorno per motivi familiari il 10 ottobre 2013. Il successivo 28 ottobre il Prefetto ha emanato il decreto di espulsione, con allegata traduzione in inglese, motivato sulla base del ritardo nella presentazione del permesso di soggiorno, e provvedimento di ritiro del passaporto ai sensi dell'art. 13, comma 5.2 del d.lgs. numero 286/1998. 3. Con il primo motivo di ricorso la G. deduce la omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio mancanza della dichiarazione di conformità all'originale del decreto prefettizio e omessa menzione nel provvedimento della emissione dello stesso in più originali e la violazione degli artt. 18 D.P.R. 445/2000, 13, commi 3 e 7, del d.lgs. numero 286/1998 e 14 della legge numero 15/1968 a seguito delle predette omissioni. 4. Con il secondo motivo di ricorso la G. deduce insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 7, del d.lgs. numero 286/1998 e del considerando 6 della direttiva numero 115/2008. La ricorrente lamenta che non le sia stato consentito di esprimere una preferenza circa la lingua veicolare in cui tradurre il provvedimento e che il giudice di pace non abbia preso in esame tale circostanza. Inoltre lamenta che il decreto di espulsione sia stato emesso sulla sola considerazione della mancanza del permesso di soggiorno senza alcun riguardo alle circostanze specifiche del suo precedente soggiorno consentito per motivi familiari. 5. Con il terzo motivo la G. deduce la omessa motivazione circa un fatto decisivo del giudizio e la violazione dell'art. 13, comma 7, del d.lgs. numero 286/1998. Lamenta la ricorrente la mancata traduzione del decreto di espulsione nella sua lingua, non giustificata né dalla sua adesione, inesistente, a una traduzione in lingua inglese del decreto di espulsione né dalla impossibilità di reperire un interprete in grado di tradurre in filippino il decreto. 6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. numero 286/1998. La ricorrente lamenta che il Giudice di pace non ha esaminato la sua deduzione di illegittimità del provvedimento di espulsione perché emesso in assenza di un provvedimento di rigetto da parte del Questore competente della sua prima istanza di rinnovo del permesso scaduto e con riferimento a norme non conferenti rispetto alla sua situazione concreta. 7. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione e falsa applicazione dell'art. 13, comma 2bis, del d.lgs. numero 286/1998. La ricorrente lamenta che non sia stata in alcun modo presa in considerazione la sua situazione familiare che già aveva portato le autorità competenti a riconoscere il suo diritto al ricongiungimento familiare in Italia. 8. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 13 comma 2 lett. b del d.lgs. numero 286/1998. La ricorrente lamenta che il Giudice di pace abbia erroneamente ritenuto presupposto del decreto di espulsione il precedente rigetto dell'istanza di emersione mentre avrebbe dovuto valutare la sua richiesta di rinnovo del permesso per i motivi che già avevano condotto al riconoscimento del suo diritto al ricongiungimento familiare in Italia. Ritenuto che 9. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di legittimità è ormai costante cfr. Cass. civ. nnumero 3676 e 3678 dell'8 marzo 2012 nell'affermare che è mallo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare per l'affermata irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l'amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile, l'impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità ovvero l'inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta. Nella specie la destinataria del provvedimento appartiene a una nazionalità largamente presente in Italia da molti anni. 10. Sono altresì fondati i motivi che fanno riferimento alla illegittimità del provvedimento di espulsione perché emesso in assenza di un provvedimento di rigetto della richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari e senza alcuna motivazione circa l'eventuale venir meno delle condizioni che avevano legittimato l'emanazione del precedente permesso di soggiorno. 11. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l'accoglimento del ricorso. La Corte condivide tale relazione e pertanto ritiene che il ricorso vada accolto con conseguente annullamento del decreto di espulsione e condanna del Ministero dell'Interno al pagamento delle spese del giudizio di merito e di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Lodi in data 28 ottobre 2013 nei confronti di G.L. . Condanna il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in complessivi 1.000 Euro di cui 100 per spese, e delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.600, di cui 100 per spese, oltre spese forfetarie e accessori di legge.