Motivazione succinta e ricorribilità limitata: la nuova disciplina passa indenne il vaglio della Cassazione

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 348- ter , primo e penultimo comma, c.p.c. in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, co. 6 e 7, della Costituzione, nella parte in cui consentono, rispettivamente, che sia succintamente motivata l’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348- bis c.p.c., ovvero che sia esclusa la ricorribilità in cassazione ai sensi del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 26097 dell’11 dicembre 2014. Il caso. Una società chiedeva l’annullamento per dolo dei contratti di acquisto di un’imbarcazione per viaggi collettivi di diporto e della sua concessione in leasing. La domanda veniva formulata in sede di opposizione al decreto ingiuntivo conseguito, ai danni dell’attrice, dalla società di leasing in dipendenza della risoluzione del leasing medesimo per mancato pagamento dei canoni. Rigettata la domanda in primo grado, la società opponente proponeva appello, ma quest’ultimo veniva dichiarato inammissibile con ordinanza resa ai sensi dell’art. 348- bis c.p.c. in quanto il Giudice d’appello riteneva che l’impugnazione non avesse una ragionevole probabilità di essere accolta. La società attrice si rivolgeva, quindi, alla Corte di Cassazione, impugnando contestualmente l’ordinanza di inammissibilità e la sentenza di primo grado. Impugnazione congiunta di due provvedimenti resi nello stesso procedimento. Preliminarmente, la Suprema Corte dichiara l’ammissibilità, in linea generale, della impugnazione congiunta di due distinti provvedimenti resi nel corso del medesimo procedimento. Tanto trova conferma nel principio – risalente nella giurisprudenza di legittimità - secondo cui l’impugnazione di una pluralità di sentenze con un unico atto è consentita solo quando queste siano tutte pronunciate fra le medesime parti e nell’ambito di un unico procedimento, ancorché in diverse fasi o gradi, mentre è inammissibile sia il ricorso per cassazione proposto contestualmente e con un unico atto, contro sentenze diverse, sia l’applicabilità in sede di legittimità, ai fini di una eventuale riunione, del disposto dell’art. 274 c.p.c., che comporta valutazioni di merito ed esercizio di poteri discrezionali propri ed esclusivi del giudice del merito stesso. Dubbi di legittimità costituzionale. Ciò premesso, gli Ermellini procedono all’esame dei motivi di ricorso, passando in rassegna la nuova disciplina del filtro in appello introdotta dal d.l. n. 83/2012 in ragione dei dubbi di legittimità sollevati dal ricorrente. In virtù del nuovo art. 348- bis c.p.c., allorché il Giudice dell’appello riconosca che l’impugnazione non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta, la dichiara inammissibile con ordinanza. La pronuncia di tale ordinanza comporta che, entro l’ordinario termine di sessanta giorni dalla comunicazione o – ma solamente se anteriore – dalla notificazione di essa o, comunque, entro il termine previsto dall’art. 327 c.p.c. , sia proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado. Al riguardo è però prevista un’eccezione, dal momento che il comma 3 dell’art. 348- ter c.p.c. esclude il ricorso per cassazione per i motivi di cui al n. 5 del primo comma dell’art. 340 c.p.c. nell’ipotesi in cui la pronuncia di inammissibilità sia fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata. Ebbene, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale proprio di tale ultima disposizione, ritenuta contraria agli artt. 3 e 111, co. 7, Cost. Per di più, in contrasto con le medesime norme, oltre che con gli artt. 24 e 111, co. 6, Cost., è ritenuto il comma 1 del medesimo art. 348- ter c.p.c., nella parte in cui consente la solo succinta motivazione dell’ordinanza di inammissibilità del Giudice d’appello. Le esigenze di deflazione del contenzioso. Nell’esaminare i dubbi di legittimità costituzionale prospettati, la Suprema Corte richiama innanzitutto l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità alla stregua del quale l’ordinanza di inammissibilità del Giudice d’appello non è mai autonomamente impugnabile. Ciò deriva dal fatto che la stessa non è mai definitiva, visto che è sempre possibile impugnare ulteriormente il provvedimento di primo grado, sia pure coi termini e nelle forme previste dal nuovo art. 348- ter c.p.c. Ed invero, la spiccata sommarietà della valutazione di non accoglibilità dell’appello impedisce che se ne possa operare, nel successivo grado di legittimità, alcuna riconsiderazione. Del resto - osservano gli Ermellini - la parte non ha un diritto, costituzionalmente garantito, ad una duplice disamina nel merito assistita da una motivazione ampia ed esauriente, anziché solo sommaria in uno dei due gradi. Né tantomeno esiste una previsione costituzionale che impedisca di apporre limiti al ricorso in cassazione. Ciò stante, la soluzione normativa del 2012, incentrata sul nuovo istituto della definizione semplificata del grado di appello mediante l’ordinanza di insussistenza di ragionevole probabilità di accoglimento e sulla soppressione del controllo di legittimità in caso di c.d. doppia conforme su questioni di fatto, è ritenuta funzionale all’obiettivo dell’accelerazione dei tempi di definizione della controversia. La nuova disciplina è conforme alla Costituzione. Una tale ratio è del tutto condivisibile e conforme al principio costituzionale di effettività della tutela del diritto mediante l’azione in giudizio. Invero, il tentativo di recupero di funzionalità del sistema attuato dal legislatore giustifica la semplificazione del giudizio ed il mantenimento di un livello di garanzia – mediante il ricorso per cassazione contro la sola pronuncia di primo grado – ancorato a rigorosi requisiti ed articolato su minime garanzie procedurali, anche relative all’estrinsecazione della motivazione, ovvero alla limitazione delle doglianze sul merito o in punto di fatto. Ciò posto, la Suprema Corte dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate innanzitutto perché un secondo grado di giudizio di merito non è oggetto di garanzia costituzionale davanti al giudice ordinario in secondo luogo - e con riferimento alla questione della motivazione succinta - perché, dinanzi alle crescenti criticità da cui è affetto il secondo grado di giudizio, la limitazione delle caratteristiche estrinseche della motivazione del provvedimento conclusivo di quel grado non è in grado di impedire, sia pure a prezzo di un modesto maggior impegno dell’interessato, l’esercizio del diritto di difesa. Riduzione al minimo del sindacato sulla motivazione in sede di legittimità. Degno di nota è infine l’ulteriore profilo esaminato dalla Suprema Corte relativo alla riforma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. operata dalla medesima novella del 2012. Nell’attuale formulazione della norma, è motivo di ricorso per cassazione un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . Anche prima di tale riformulazione, era vietato invocare in sede di legittimità un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, essendo la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito. La modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., come interpretata dalle Sezioni Unite della Cassazione sent. n. 8053/2014 , comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. In particolare, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è ormai denunciabile in questa sede soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili mentre non si configura un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ove quest’ultimo sia stato comunque valutato dal giudice, sebbene la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e quindi anche di quel particolare fatto storico, se la motivazione resta scevra dai gravissimi vizi appena detti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 13 novembre – 11 dicembre 2014, n. 26097 Presidente Finocchiaro – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1. — La CADI srl ricorre, affidandosi a cinque motivi, per la cassazione tanto dell'ordinanza - del 10.10.13, in causa n. 736/13 r.g., comunicata via p.e.c. in pari data - con cui la corte di appello di Venezia, ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ., ha dichiarato inammissibile il suo appello avverso la sentenza 18.10.12 del tribunale di Treviso, quanto di quest'ultima, con la quale sono state contestualmente rigettate - la domanda da essa CADI proposta — in origine dinanzi al tribunale di Vibo Valentia — nei confronti della A-Leasing spa e della Dreaming spa in liq.ne, per l'annullamento per dolo dei contratti di acquisto di un'imbarcazione per viaggi collettivi di diporto e della sua concessione in leasing, nonché per il risarcimento del danno - l'opposizione dalla medesima CADI srl dispiegata avverso il decreto ingiuntivo ai suoi danni conseguito dalla A-Leasing dal medesimo tribunale di Treviso, in dipendenza della risoluzione del leasing medesimo per mancato pagamento dei canoni. Delle intimate resiste con controricorso la sola A-Leasing, che deposita altresì memoria per la pubblica udienza del 13.11.14 la CADI, dal canto suo, deposita due copie non notificate del ricorso ad uno dei domicili eletti per i gradi di merito dall'odierna controricorrente. Motivi della decisione 2. - La ricorrente CADI si duole 2.1. con un primo motivo pur non numerato come tale e sviluppato da pag. 14 a pag. 18 del ricorso , di vizio motivazionale della sentenza del tribunale di Treviso [ ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 n. 4 per nullità per insanabile contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia e quindi priva di uno dei requisiti indispensabili art. 132 c.p.c. per il raggiungimento del suo scopo ex art. 156 2 comma c.p.c. ], in ordine alla natura della previa cessione dell'imbarcazione, avvenuta tra Evo Marine e Dreaming, ma sottaciuta ad essa CADI ritenendo inconciliabile la contraddizione tra l'affermazione della sua vendita come ancora da completare ad opera da Dreaming e quella della sua vendita a quest'ultima come già costruita e quindi rivenduta da essa effettivamente già utilizzata, nonostante la sua definizione di nuova 2.2. con altro non numerato, ma identificabile come secondo motivo, rivolto anch'esso avverso la sentenza del tribunale da pag. 18 a pag. 21 del ricorso , di violazione dell'art. 1337 cod. civ. ritenendo malamente esclusa la responsabilità precontrattuale delle convenute per il solo fatto della non integrazione dei relativi presupposti ad opera delle medesime condotte escluse ai fini del dolo contrattuale, a dispetto della nota diversità dei presupposti dell'invocato obbligo di buona fede - anche quanto a completezza delle informazioni fornite al contraente nella fase delle trattative - rispetto a quelli del dolo 2.3. con altro non numerato, ma identificabile come terzo motivo, rivolto anch'esso avverso la sentenza del tribunale da pag. 21 a pag. 31 del ricorso , di violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. in ordine alla sollevata eccezione ex art. 1460 cod. civ. essendo, a suo dire, mancata qualsiasi motivazione a sostegno della qualificata irrilevanza di tale ultima eccezione per i vizi dell'imbarcazione, ricostruita come formulata in merito proprio al comportamento omissivo delle informazioni, per essere state espresse doglianze di vizi e mancanza di qualità della cosa nell'atto introduttivo del giudizio, in origine dinanzi al tribunale di Vibo Valentia e poi riassunto per competenza a quello di Treviso, il cui atto introduttivo integralmente trascrive 2.4. con un altro non numerato, ma identificabile come quarto motivo, rivolto anch'esso avverso la sentenza del tribunale da pag. 31 a pag. 35 del ricorso, concludendolo con un'eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 348-& amp r cod. proc. civ., per contrasto con gli artt. 3 e 111, co. 7, Cost., nella parte in cui esclude la ricorribilità per cassazione ai sensi del novellato n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. della sentenza di primo grado , di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti questo identificato - una volta richiamata la già denunziata insanabile contraddizione sulla circostanza che l'imbarcazione fosse stata venduta nuova - nella apertura di un sinistro per guasto del motore dopo che l'imbarcazione era stata ceduta alla Dreaming 1 agosto 2006 e prima che questa fosse poi ceduta alla Cadi srl 21 febbraio 2006 [testuale] 2.5. con un altro alle pagg. 36 segg. del ricorso, non numerato, ma identificabile come quinto motivo, della nullità dell'ordinanza della corte di appello, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360 n. 4 per mancanza assoluta della motivazione e quindi priva di uno dei requisiti indispensabili per il raggiungimento del suo scopo ex art. 156 2 comma c.p.c. lamentando mancare qualunque motivazione in diritto e sollevando - per il caso in cui si ritenesse che l'ordinanza ex art. 348 bis non debba sottostare agli obblighi di motivazione ma sia sufficiente una mera apodittica dichiarazione di prognosi di non accoglibilità dell'appello - eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 348-ter cod. proc. civ., nella parte in cui consente la solo succinta motivazione dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 co. 6 e 7 della Costituzione. 3. — La controricorrente A-Leasing, dal canto suo, nel controricorso e nella memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. - nega l’ammissibilità e la fondatezza sia del ricorso nel suo complesso che di ciascuno dei motivi sviluppati a suo sostegno - ricorda che, quale finanziatrice del prezzo di acquisto, essa è sempre stata estranea e quindi insensibile alla scelta dell'imbarcazione da acquistare, operata esclusivamente dall'utilizzatrice, come pure alle sue condizioni od alle vicende del sottostante contratto di compravendita, avendo in modo espresso nel contratto di leasing la sua controparte rinunziato a farle valere nei suoi confronti - evidenzia come fosse da sempre risultato chiaro che l'imbarcazione era stata concessa in leasing una prima volta come costruita in gran parte da terzi ed ancora da completare e, alla fine, come di fatto nuova, senza però che per nuova potesse mai intendersi che essa non avesse mai neppure navigato - nega un'omessa pronunzia sulla domanda di responsabilità precontrattuale, per essere stata quest'ultima disattesa in dipendenza della riscontrata esclusione delle medesime condotte omissive rilevanti ai fini dell'invocato annullamento per dolo, ma soprattutto per essere risultata l'imbarcazione nuova in linea di fatto - nega qualsiasi omissione di pronunzia sull'eccezione di inadempimento, sia escludendo che una tale eccezione, col significato esposto in ricorso, fosse mai stata formulata, sia riportando i passi motivazionali della sentenza di primo grado, alla cui stregua è stato escluso proprio qualunque inadempimento non solo del fornitore, ma a maggior ragione di essa controricorrente, anche in forza delle previsioni contrattuali di irrilevanza delle vicende o delle pretese fondate sul contratto di vendita - rimarca come il tribunale abbia motivato sul fatto che l'imbarcazione fosse di fatto nuova , in base al riscontro della data di rilascio della licenza di navigazione - esclude, ancora, qualunque vizio intrinseco dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello, ritenendola sorretta da una sia pur succinta motivazione - argomenta, infine, per la conferma della perfetta conoscenza, ad opera dell'odierna ricorrente, dello stato dell'imbarcazione, in base alla chiara descrizione in contratto di questa come costruenda . 4. - Va precisato che è ammissibile, in teoria od in astratto, una congiunta impugnazione di due distinti provvedimenti qualora resi nel corso del medesimo procedimento. In termini generali tanto trova conferma nel principio - risalente nella giurisprudenza di questa Corte - secondo cui l'impugnazione di una pluralità di sentenze con un unico atto è consentita solo quando queste siano tutte pronunciate fra le medesime parti e nell'ambito di un unico procedimento, ancorché in diverse fasi o gradi - come nel caso di sentenza non definitiva oggetto di riserva di impugnazione e di successiva sentenza definitiva della sentenza revocanda e di quella conclusiva del giudizio di revocazione della sentenza di rinvio e di quella di rigetto della istanza di revocazione, allorché le due impugnazioni siano rivolte contro capi identici o almeno connessi delle due pronunzie di sentenze di grado diverso pronunciate nella medesima causa, che investano l’una il merito e l'altra una questione pregiudiziale -, mentre è inammissibile sia il ricorso per cassazione proposto contestualmente e con un unico atto, contro sentenze diverse, pronunciate dal giudice del merito in procedimenti formalmente e sostanzialmente distinti, che concernano soggetti anch'essi parzialmente diversi, sia l'applicabilità in sede di legittimità, ai fini di una eventuale riunione, del disposto dell'art. 274 cod. proc. civ., che comporta valutazioni di merito ed esercizio di poteri discrezionali propri ed esclusivi del giudice del merito stesso” così già Cass. n. 5472 del 1994, poi costantemente ripresa da decisioni successive, tra le quali Cass. 8940 del 2014 . 5. — Ciò posto, va esaminato dapprima il motivo dispiegato avverso l'ordinanza pronunciata dal giudice di appello ex art. 348-ter cod. proc. civ. ma esso è inammissibile. È noto, al riguardo, che, con i nuovi articoli 348-bis e 348-ter cod. proc. civ. [di cui all'art. 54, co. 1, lett. a , del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con mod. in l. 7 agosto 2012, n. 134, in S.O. n. 171 alla G.U. 11.8.12], il giudice dell'appello, che riconosca non avere l'impugnazione una ragionevole probabilità di essere accolta, la dichiara inammissibile con ordinanza. La pronuncia di tale ordinanza comporta che, entro l'ordinario termine di sessanta giorni dalla comunicazione sia essa integrale, perché a mezzo p.e.c., o meno Cass., ord. 5 novembre 2014, n. 23526 o — ma solamente se anteriore — dalla notificazione di essa o, comunque, entro il termine previsto dall'art. 327 cod. proc. civ. e quindi entro un anno - maggiorato della sospensione feriale, se applicabile - dal suo deposito, se trattasi di giudizio intrapreso in primo grado prima del 4.7.09, o, per quelli intrapresi dopo, entro sei mesi dal deposito, maggiorati della sospensione feriale se applicabile , sia proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado. Ancora, se la pronuncia di inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione non può essere proposto per i motivi di cui al n. 5 del primo comma dell'articolo 360. 6. — E tuttavia l'ordinanza di inammissibilità in parola non è mai autonomamente impugnabile, secondo quanto diffusamente argomentato da questa Corte regolatrice, con le ordinanze del 16.4.13, nn. 8940 a 8943, alla cui esaustiva motivazione può qui bastare un semplice richiamo ma v. pure Cass., ord. 9 giugno 2014, n. 12936, ovvero Cass. 23 giugno 2014, n. 14182, nonché l'ancora più recente Cass., ord. 3 ottobre 2014, n. 20968 e senza contrasto, se non altro in ragione dell'ipotesi di inammissibilità in concreto configurabile nella specie, neppure con Cass. 7273 del 2014, come precisa anche Cass., ord. 22 settembre 2014, n. 19944 . Infatti, affinché sia coerente con le finalità della novella, la valutazione, per quanto necessariamente completa se non altro con riferimento alle questioni più liquide, deve essere davvero sommaria e risolversi in una schematica conferma della validità delle ricostruzioni in fatto e delle decisioni in diritto operate dal primo giudice. In ogni caso, essa non è mai definitiva, visto che è sempre possibile impugnare ulteriormente il provvedimento di primo grado, sia pure coi termini e nelle forme previste dal nuovo art. 348-ter cod. proc. civ. non essendo garantito dalla Carta fondamentale il doppio grado di giurisdizione nel merito e potendo allora il legislatore modularne l'estrinsecazione in ragione anche dei principi di economia processuale e di contenimento dei tempi dei processi entro termini ragionevoli. Proprio tale spiccata istituzionale sommarietà — e comunque la vista carenza di definitività — della valutazione di non accoglibilità dell'appello ed a prescindere da come si sia in concreto estrinsecata impedisce che se ne possa operare, nel successivo grado di legittimità, alcuna riconsiderazione - se riferita all'intensità od entità della probabilità di non accoglimento, perché allora una tale rivalutazione implicherebbe ictu oculi un mero apprezzamento di fatto, sostituendo una valutazione di probabilità ad altra - se riferita alla completezza dell'esposizione delle ragioni su cui la non ragionevole accoglibilità è stata predicata, perché una motivazione concisa è per definizione non del tutto esauriente - se riferita al merito della fondatezza dell'appello, perché si risolverebbe nella necessità di riconsiderare i relativi motivi, ma appunto mediante la proposizione delle contestazioni del loro rigetto ad un giudice sovraordinato rispetto a quello che pur sempre li ha disattesi. 7. - Non ha del resto la parte un diritto, costituzionalmente garantito, ad una duplice disamina nel merito assistita da una motivazione ampia ed esauriente, anziché solo sommaria in uno dei gradi e la limitazione del ricorso in cassazione, con esclusione da esso del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. in caso di identità delle valutazioni di fatto del giudice di appello rispetto a quello di secondo grado, è perfino esclusa dall'oggetto diretto di qualunque previsione costituzionale. 7.1. La soluzione normativa del 2012, incentrata sul nuovo istituto della definizione semplificata del grado di appello mediante l'ordinanza di insussistenza di ragionevole probabilità di accoglimento ed alla soppressione del controllo di legittimità in caso di c.d. doppia conforme su questioni di fatto, risulta funzionale all'obiettivo dell'accelerazione dei tempi di definizione della controversia, immutate restando le garanzie costituzionali di base del diritto di azione. Una tale ratio è del tutto condivisibile e conforme al principio costituzionale di effettività della tutela del diritto mediante l'azione in giudizio in quanto, conclamato essendo il carattere limitato delle risorse destinabili dall'ordinamento alla domanda di giustizia, sovente esasperata nell'attuale contesto storico, quella stessa effettività è garantita soltanto mercé l'oculata e razionale gestione di quelle risorse e la loro attivazione con adeguato coinvolgimento dell'interessato. 7.2. Il diritto di azione non solo non esclude affatto, ma perfino - in contingenze eccezionali o devianti di esasperato ricorso al sistema giudiziario — esige l'imposizione, finalizzata alla funzionalità del sistema giudiziario e quindi alla sua massima effettività possibile nei confronti di tutti i suoi possibili fruitori, di forme semplificate di definizione, evidente essendo la loro capacità deflativa del carico e quindi la loro idoneità a mettere in grado il sistema giudiziario di far fronte al maggior numero possibile di controversie in un tempo accettabile. È pertanto indispensabile una regolazione non già dell'accesso stesso, quanto piuttosto dello sviluppo del processo - all'interno di ogni suo grado e nei suoi diversi e successivi gradi - merce un sistema di regole tecniche chiare e rigorose, beninteso uguali per tutti e non tali da rendere di fatto impossibile l'esercizio del diritto di azione, via via più stringenti a mano a mano che il processo approdi a gradi successivi e involga il controllo delle attività processuali già espletate, assistite già di per sé sole da rigorose garanzie procedimentali. 7.3. Dirimente, al riguardo, è il rilievo che non è l'appello — di per sé ed al di fuori del sistema della giustizia amministrativa v. art. 125 Cost. - a possedere una garanzia costituzionale Corte cost., ord. 10 marzo 2014, n. 42 Corte cost., ord. 19 luglio 2013, n. 226 tra le altre Corte cost., ord. 4 luglio 2002, n. 416, che ribadisce come la garanzia del doppio grado di giurisdizione non andrebbe neppure intesa, ove prevista dall'ordinamento, nel senso che tutte le questioni debbono essere decise da due giudici di diversa istanza, ma nel senso che deve essere data la possibilità di sottoporre tali questioni a due giudici di diversa istanza, anche se il primo non le abbia tutte decise Corte cost., ord. 29 dicembre 2000, n. 585 Corte cost., sentt. nn. 238/1976, 8/1982, 69/1982, 52/1984, 301/1986, 395/1988 , ma solo il ricorso per cassazione e per di più solo in caso di violazione di legge. Pertanto, oltretutto dinanzi all'evidente crescente criticità proprio del grado di appello sebbene prevedibile dopo le scelte normative pregresse per l'abbattimento degli arretrati solo di primo grado e di mantenimento della magistratura professionale esclusiva soltanto nei gradi ulteriori , è coerente con un tentativo di recupero di funzionalità del sistema la semplificazione del relativo giudizio ed il mantenimento di un livello di garanzia - mediante il ricorso per cassazione diretto contro la sola pronuncia di primo grado — ancorato a rigorosi requisiti ed articolato su minime garanzie procedurali, anche relative all'estrinsecazione della motivazione, ovvero alla limitazione delle doglianze sul merito o in punto di fatto. Ed è pure evidente che tanto non impedisce affatto, nel primo caso a prezzo solo di un modesto maggior impegno dell'interessato consistente nell'affrontare un grado ulteriore e per motivi limitati, l'esercizio del diritto di difesa mentre l'aggravio che ne deriva è imposto in ragione degli obiettivi pubblicistici appena individuati. 7.4. Pertanto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 348-ter, primo e penultimo comma, cod. proc. civ. in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, co. 6 e 7, della Costituzione, nella parte in cui consentono, rispettivamente, che sia succintamente motivata l'ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ., ovvero che sia esclusa la ricorribilità in cassazione ai sensi del nuovo n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata - in primo luogo e quanto ad entrambe le questioni, perché un secondo grado di giudizio di merito non è oggetto di garanzia costituzionale davanti al giudice ordinario - in secondo luogo ed almeno quanto alla prima delle due questioni, perché, dinanzi alle crescenti criticità da cui è affetto il secondo grado di giudizio, è coerente con un tentativo di recupero di funzionalità del sistema la semplificazione del relativo processo ed il mantenimento di un livello di garanzia — mediante il ricorso per cassazione diretto contro la sola pronuncia di primo grado — ancorato alla limitazione delle caratteristiche estrinseche della motivazione del provvedimento conclusivo di quel grado, non in grado di impedire, sia pure a prezzo di un modesto maggior impegno dell'interessato, l’esercizio del diritto di difesa in senso analogo, v. già Cass., ord. 15 maggio 2014, n. 10723 . 7.5. Vanno così disattese le questioni di costituzionalità sollevate dalla ricorrente, nella consapevolezza dell'inammissibilità del quarto e del quinto motivo di ricorso inammissibilità che va quindi rilevata, non potendo, in applicazione di norme qui riconosciute conformi ai principi della Carta fondamentale, impugnarsi dinanzi a questa Corte - ai sensi del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., la sentenza di primo grado quando, come nella specie, sono identiche le ragioni inerenti alle questioni di fatto poste a base della decisione impugnata - in alcun modo l'ordinanza prevista dall'art. 348-bis cod. proc. civ. in relazione al grado di completezza o, al contrario, di sommarietà della motivazione da cui essa è sorretta. 8. - Ciò posto, preliminare all'esame del primo motivo di ricorso è la disamina delle questioni poste dalla novella del 2012 del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. [di cui all'art. 54, co. 1, lett. b , del di 22 giugno 2012, n. 83, conv. con mod. in l. 7 agosto 2012, n. 134 norma applicabile per essere la sentenza gravata stata pubblicata dopo il dì 11.9.12, secondo quanto previsto dall'art. 54, co. 3, della stessa legge], a mente della quale è motivo di ricorso per cassazione un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . 8.1. Anche prima di tale riformulazione, costituiva consolidato insegnamento essere sempre vietato invocare in sede di legittimità un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché non ha la corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito tra le molte, v. Cass. 17 novembre 2005, n. 23286, oppure Cass. 18 maggio 2006, n. 11670, oppure Cass. 9 agosto 2007, n. 17477 Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162 Cass. 6 marzo 2008, n. 6064 Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825 Cass. 26 marzo 2010, n. 7394 Cass. 18 marzo 2011, n. 6288 Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197 . 8.2. Pertanto, neppure sotto il profilo della violazione dell'art. 2697 cod. civ. del resto, in astratto configurabile solo se invocata un'erronea specifica individuazione del soggetto onerato della prova di un altrettanto specifico fatto ciò che non accade nella fattispecie, se non altro in termini chiari può essere invocata una lettura delle risultanze probatorie difforme da quella operata dalla corte territoriale, essendo la valutazione di quelle — al pari della scelta di quelle, tra esse, ritenute più idonee a sorreggere la motivazione — un tipico apprezzamento di fatto, riservato in via esclusiva al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili , non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva per tutte Cass. 20 aprile 2012, n. 6260 . 8.3. Nel sistema l'intervento di modifica del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte, comporta un'ulteriore sensibile restrizione dell'ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Con esso si è invero avuta Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053 la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. In questo contesto, il nuovo testo del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Tanto comporta Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881 che l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie mentre in ogni caso, la parte ricorrente dovrà indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. - il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il come e il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la decisività del fatto stesso. 8.4. Pertanto, dopo la ricordata riforma è impossibile ogni rivalutazione delle questioni di fatto in ipotesi di c.d. doppia conforme sul pianto, come stabilisce il co. 4 dell'art. 348-ter cod. proc. civ. a mente del quale, quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1 , 2 , 3 e 4 del primo comma dell'articolo 360 . 8.5. Ne consegue che la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito - fermi gli ulteriori e preliminari limiti già esposti e ricordati sopra ai punti 8.1 e 8.2 — è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili mentre non si configura un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ove quest'ultimo sia stato comunque valutato dal giudice, sebbene la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e quindi anche di quel particolare fatto storico, se la motivazione resta scevra dai gravissimi vizi appena detti. E tanto quand'anche si volesse ricondurre il vizio motivazionale - come fa oggi la ricorrente, invocando anche l'art. 360, n. 4, cod. proc. civ. - entro il diverso paradigma della nullità della sentenza, attesa l'immediata estensibilità in contrario, allora ed in questo caso, dei medesimi parametri elaborati, prima della riforma del 2006, in tema di ricorso straordinario per cassazione con doglianze sulla motivazione. Né a diverso risultato si giungerebbe tentando di ricondurre sic et simpliciter il vizio motivazionale astrattamente configurabile nel paradigma dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ 9. - Ma è evidente che, nella specie, la valutazione di esclusione del nesso causale non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie. Il primo giudice ha espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno della sua ricostruzione di merito in punto di qualificazione dell'imbarcazione come di fatto nuova v. pag. 6, circa il rilascio della licenza di navigazione in tempo successivo alla stipula del secondo contratto di leasing, quello del 21.2.07 la consapevolezza dei contraenti circa l'avvenuta non completa fabbricazione dell'imbarcazione da parte di tale Evo Marine e della sua cessione da questa alla Dreaming — chiaramente indicata come concessionaria dei prodotti della prima - per il suo completamento non contraddice affatto, tanto meno con quei caratteri di assoluta inconciliabilità soli a residuare dopo la vista modifica del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. quali vizi motivazionali, la qualificazione dell'imbarcazione come nuova, ma appunto solo di fatto e quindi con qualche temperamento ovvero non del tutto o completamente. E neppure, da un punto di vista astratto, la circostanza che la concessionaria fornitrice Dreaming avesse detenuto l'imbarcazione, cedutale dalla produttrice, per il suo completamento - e perfino per qualche ulteriore o preliminare attività di navigazione, se finalizzata appunto, come in tesi, al completamento stesso di quanto necessario per renderla operativa e consegnarla non diversamente del resto dalla vendita di autovetture nuove, che certo non esclude una minima movimentazione delle stesse anche solo per la concreta offerta in vendita e trasporto al relativo luogo di consegna — esclude che questa potesse essere venduta con la qualità di nuova , ove essa appunto non fosse stata utilizzata per gli scopi suoi propri sostanzialmente, navigazione collettiva da diporto e contemplati dall'acquirente. E pertanto infondato il primo motivo di ricorso. 10. — Non coglie, poi, la ratio decidendi della gravata sentenza il secondo motivo il primo giudice esclude la sussistenza stessa di un comportamento omissivo o reticente delle controparti della ricorrente odierna in ordine alle condizioni dell'imbarcazione pertanto, egli non confonde le due fattispecie, effettivamente distinte ed autonome, ma semplicemente esclude la sussistenza in punto di fatto di quelle condotte che avrebbero integrato, nella stessa prospettazione dell'odierna ricorrente ed originaria attrice nella causa iniziata dinanzi al tribunale di Vibo Valentia ed opponente al di. del tribunale di Treviso , sia il presupposto dell'annullamento per dolo che la responsabilità precontrattuale. Ma, in via dirimente, va osservato che, con ricostruzione in fatto anch'essa scevra da quelle insanabili contraddizioni e quegli evidenti vizi logici e giuridici riscontrati come ormai necessari nel mutato assetto dell'art. 360 cod. proc. civ., il giudice del merito statuisce che le parti erano adeguatamente a conoscenza dei fatti connessi al necessario completamento dell'imbarcazione ed alla conseguente sua qualificabilità come di fatto nuova. 11. - Il terzo motivo, infine, è infondato. A prescindere dalla mancanza di carattere chiaro ed esplicito della formulazione, nel corso del giudizio o del corpo del ricorso, di quell'eccezione con riferimento agli specifici profili evidenziati in quest'ultimo tanto che la stessa ricorrente deve ammettere di ricavarli solo dalla comparazione con l'originario atto introduttivo dinanzi al tribunale di Vibo Valentia , nella gravata sentenza di primo grado non manca affatto una pronunzia sull'eccezione di inadempimento. Al riguardo, essa motiva in fatto e in diritto da pie di pag. 9 a metà pag. 11 sugli effetti della condotta dell'obbligata al pagamento dei canoni, consistente nell'accettazione incondizionata dell'imbarcazione e delle clausole contrattuali sull'inopponibilità al finanziatore di eccezioni fondate sull'esecuzione del contratto di acquisto, intercorso esclusivamente con la fornitrice. Questi specifici passaggi motivazionali non vengono attinti da adeguata censura e sono comunque corretti e rigorosi o comunque scevri da quei gravissimi vizi ricostruiti come ormai necessari ai fini del mutato contesto dell'art. 360 cod. proc. civ., sicché la doglianza di carenza di motivazione è respinta. 12. - Conclusivamente, inammissibile il secondo ed infondati gli altri motivi, il ricorso va rigettato e la soccombente ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della sola intimata che ha, in questa sede, resistito, in relazione all'ingente valore della controversia, quale si desume dal costo della complessiva operazione commerciale che ne è oggetto. Infine, deve trovare applicazione l'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione ai sensi di tale disposizione, il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto — senza ulteriori valutazioni discrezionali Cass. 14 marzo 2014, n. 5955 - della sussistenza dei presupposti rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13. Non vi è così altra scelta che dare atto del rigetto del ricorso, quale idoneo presupposto per il versamento, da parte della ricorrente principale ed ai sensi dell'art. 13, comma 1-guater, d.P.R. 115/02 come modif. dalla l. 228/12, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso principale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la CADI srl, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della A-Leasing spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso per spese generali ed accessori nella misura di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come mod. dalla l. 228/12, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.