La notificazione di un atto è valida se effettuata presso la dimora abituale del destinatario

Ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all'apprezzamento del giudice di merito. In particolare, la prevalenza, sulle risultanze anagrafiche, della dichiarazione e del comportamento del consegnatario della copia dell'atto comporta a carico del destinatario l'onere della prova - non desumibile dalla certificazione anagrafica della sua residenza in luogo diverso da quello in cui è avvenuta la consegna.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 25713, depositata il 4 dicembre 2014. Il caso. La vicenda processuale in commento è estremamente lineare nella sua evoluzione. La Corte d’Appello rigettava un’opposizione all’esecuzione proposta da un condomino avverso la notificazione di un atto di precetto da parte del Condominio. A fronte del rigetto, l’intimato ricorreva per cassazione. Il ricorrente deduceva violazione o falsa applicazione sotto diversi profili al fine di censurare le valutazioni espresse dal giudice di secondo grado. Per ciò che qui interessa. Primo. Censurava, quale error in iudicando , l’irrilevanza probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e del mutamento di residenza da cui si evinceva che il ricorrente abitava in luogo diverso rispetto a quello di notificazione del decreto ingiuntivo. Secondo. Censurava come dagli atti del processo risultasse la conoscenza del Condomino del suo esatto luogo di residenza, atteso il pregresso corretto invio di corrispondenza stragiudiziale. Determinazione del luogo di residenza. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Innanzitutto lo bolla per una sua intrinseca carenza strutturale, non contenendo l’esposizione sommaria dei fatti di causa, in violazione dell’art. 366, n. 3, c.p.c., bensì la pedissequa riproduzione dell’intero e letterale contenuto degli atti processuali. Quanto poi ai profili più attinenti ai fatti di causa, gli Ermellini ritengono che le censure del ricorrente tendano, al di là degli aspetti nominalistici, ad una rilettura di merito degli elementi probatori da acquisiti agli atti. Bene ha fatto la Corte d’Appello ad escludere la rilevanza dei due documenti prodotti dall’appellante, giacché inidonei a consentire l’accertamento in fatto della residenza dell’intimato. Dal punto di vista normativo, il giudice del gravame si è rifatto ad un consolidato orientamento giurisprudenziale Cass. n. 24852/2006 , in base al quale per la determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione di un atto, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto, in modo abituale. Conclusioni. Operativamente discende che le risultanze anagrafiche assumono solo un valore presuntivo relativo circa il luogo di residenza. Esse, infatti, possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsivoglia fonte di convincimento, secondo un congruo e logico apprezzamento del giudice del merito. Apprezzamento che, salvo per vizi di motivazione, non può di certo essere affidato alla Corte di Cassazione. D’altra parte la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo può essere eccepita dall’intimato solo nel giudizio di cognizione ex art. 645 c.p.c., ovvero se tale vizio ha impedito all’opponente di avere tempestiva conoscenza dell’atto stesso, attraverso l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c Mai però, successivamente alla notificazione del precetto con l’opposizione di cui agli artt. 615 o 617 c.p.c., dinanzi ad un giudice differente rispetto a quello funzionalmente competente a giudicare sull’opposizione. Bene dunque ha fatto la Corte d’Appello nel caso esaminato a rigettare l’opposizione, non trattandosi di notificazione inesistente, ma tutta al più di nullità della notificazione del decreto ingiuntivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 novembre – 4 dicembre 2014, n. 25713 Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto È stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1.- Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Brescia ha rigettato il gravame proposto dalla odierna ricorrente avverso la sentenza n. 1478/10 del Tribunale di Brescia che aveva rigettato l'opposizione all'esecuzione proposta da D.T.R. avverso l'atto di precetto notificatole in data 26 novembre 2004 ad istanza del Condominio, odierno resistente. Il ricorso è proposto con quattro motivi. L'intimato resiste con controricorso. 1.1.- Col primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ. in relazione all'art. 2697 cod. civ. art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. , al fine di censurare la valutazione espressa dalla Corte d'Appello in merito all'irrilevanza probatoria della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà del 25 giugno 1996 con cui la D.T. dichiarava di abitare in luogo diverso da quello della notificazione del decreto ingiuntivo e della richiesta in pari data formulata dalla D.T. al Comune di Catania di cambiamento della residenza da via OMISSIS , luogo di notificazione, a via omissis , luogo che la ricorrente assume come sua residenza . Secondo la ricorrente l’”interpretazione” data dalla Corte ai due documenti costituirebbe un error in iudicando . 1.2.- Col secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 138, 139, 140 cod. proc. civ., in relazione all'art. 2697 cod. civ. art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. , al fine di sostenere che sarebbe risultato dagli atti che il Condominio era a conoscenza del fatto che la D.T. fosse residente in via omissis , anziché in via omissis , tanto da avere tentato la prima notificazione al primo indirizzo, pur sbagliando il numero civico, come da motivazione resa - sia pure dubitativamente - dalla Corte d'Appello. Inoltre, il Condominio avrebbe inviato all'indirizzo effettivo una raccomandata in data 9 febbraio 2001, la cui produzione sarebbe stata richiesta con l'atto di appello. 1.3.- Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 345 cod. proc. civ. art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. , al fine di censurare il diniego della produzione di nuovi documenti in appello, che la Corte territoriale ha motivato, affermando che non vi sarebbe stata la relativa richiesta e che comunque si sarebbe trattato di documenti irrilevanti. La ricorrente sostiene che la richiesta venne fatta con l'atto di appello e che si sarebbe trattato di documenti indispensabili. 1.4.- Col quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 221 cod. proc. civ., in relazione all'art. 2697 cod. civ. art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. al fine di censurare l'affermazione della Corte d'Appello, secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto proporre querela di falso contro i due atti pubblici su cui è stata basata la decisione della Corte stessa certificato di residenza e relata dell'ufficiale giudiziario ex art. 140 cod. proc. civ. . 2.- Il ricorso presenta diversi profili di inammissibilità. In primo luogo, esso risulta redatto in violazione dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., che richiede che il ricorso contenga l'esposizione sommaria dei fatti di causa” la norma è stata oggetto della recente decisione a Sezioni Unite, per la quale, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all'art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto anche quello di cui non occorre sia informata , la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso Cass. S.U. n. 5698/12 . Nel caso di specie, da pag. 1 a pag. 19 pagina, quest'ultima, dalla quale inizia l'esposizione dei motivi di ricorso risultano riprodotti integralmente, con la tecnica dell'assemblaggio, nell'ordine, la sentenza di primo grado, la sentenza di secondo grado, l'atto di citazione in primo grado e l'atto di appello. 3.- Peraltro, anche a prescindere da tale difettosa redazione del ricorso, risultano inammissibili i motivi, per almeno due ordini di ragioni. Essi esorbitano dall'ambito delle censure di legittimità, reintroducendo una serie di questioni in fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione del merito della controversia. Più in particolare, pur essendo formulati con riguardo al vizio di violazione di legge, si fondano su una diversa lettura dei medesimi elementi probatori acquisiti agli atti, che il giudice ha esaminato per escludere la rilevanza dei due documenti prodotti dall'appellante menzionati sub 1.1 e per riconoscere invece rilevanza ai due documenti già prodotti dall'appellato menzionati sub 1.4 Analogamente è a dirsi quanto ai documenti dei quali è stata richiesta l'acquisizione in appello, atteso che la Corte non si è limitata ad escluderne l'utilizzabilità ai sensi dell'art. 345 cod. proc. civ., ma ha espresso un giudizio di irrilevanza, in merito all'idoneità degli stessi di consentire l'accertamento in fatto della residenza dell'appellante. In particolare, risulta seguito dalla Corte d'Appello l'orientamento giurisprudenziale, richiamato pure dalla ricorrente, per il quale, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all'apprezzamento del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non per vizi della motivazione cfr. Cass. n. 24852/06, n. 15938/08, tra le altre . Proprio su detto apprezzamento in fatto che la Corte d'Appello ha finito per compiere malgrado l'improprio riferimento alla necessità di proporre querela di falso, da escludersi in casi quale quello di specie cfr. Cass. n. 5884/99 si vorrebbe tornare con i motivi di ricorso, che perciò risultano inammissibili. 4.- A suggellare definitivamente il giudizio di inammissibilità del ricorso va peraltro sottolineato che la Corte d'Appello ha fatto applicazione di un orientamento assolutamente univoco di questa Corte, secondo cui la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo, anche se causa di inefficacia del decreto quale titolo esecutivo, può essere eccepita dall'intimato solo nel giudizio di cognizione instaurato con l'opposizione al decreto, ai sensi dell'art. 645 cod. proc. civ., ovvero, se la nullità ha impedito all'opponente di avere tempestiva conoscenza del decreto stesso, con l'opposizione tardiva, ai sensi dell'art. 650 cod. proc. civ., e non anche successivamente alla notificazione del precetto con l'opposizione di cui agli artt. 615 o 617 cod. proc. civ. dinanzi ad un giudice diverso da quello funzionalmente competente a giudicare sull'opposizione a decreto ingiuntivo Cass. n. 8011/09, n. 15892/09, tra le più recenti . Orbene, il ricorso, come rilevato dalla resistente, è inammissibile perché non offre elementi per mutare tale orientamento arg. ex art. 360 bis cod. proc. civ. . Giova sottolineare che proprio sull'orientamento da ultimo richiamato si fonda l'affermazione conclusiva del giudice d'appello - idonea, di per sé sola, a supportare la decisione di rigetto del gravame e quindi di conferma del rigetto dell'opposizione all'esecuzione - per la quale nel caso di specie non si riscontra comunque l'inesistenza della notificazione, potendo, nella prospettazione dell'appellante, odierna ricorrente, riscontrarsi, tutt'al più ed in astratto, i presupposti per la dichiarazione di nullità della notificazione del decreto ingiuntivo. Ebbene, il ricorso non censura, con alcuno dei motivi sopra già riportati ed esaminati, l'affermazione da ultimo richiamata, onde sostenere che, non di nullità della notificazione si sarebbe trattato, bensì di inesistenza. Della differenza tra le due fattispecie per la quale, cfr, da ultimo, Cass. n. 8955/06, n. 25737/08, n. 26364/11, nonché Cass. n. 25350/09 e numerose altre e della rilevanza soltanto della prima e non anche della seconda ai fini del giudizio di opposizione all'esecuzione nulla è detto nei motivi di ricorso. In conclusione, si propone che il ricorso sia dichiarato inammissibile . La relazione e il decreto di fissazione dell'adunanza sono stati comunicati e notificati come per legge. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. La memoria della ricorrente non offre elementi aggiuntivi a quelli già ampiamente disattesi, sotto diversi profili, con la relazione, sopra trascritta. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. la Corte dichiara il ricorso inammissibile condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore del resistente, nell'importo complessivo di Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.