L’amministratore giudiziario gestisce la società: il compenso lo deve pagare lei

L’amministratore giudiziario nominato nel procedimento disciplinato dall’art. 2409 c.c. per la natura stessa dell’attività che gli è demandata dal giudice, che si concreta nella gestione della società, strumentale al ripristino del suo corretto funzionamento, non rientra nella categoria degli ausiliari del giudice prevista dal d.P.R. n. 115/2002, con la conseguenza che il rimedio dato contro il provvedimento che dispone la liquidazione del compenso per l’opera da esso prestata non può consistere nell’opposizione prevista dal citato d.P.R. n. 115/2002, art. 170, ma deve individuarsi, attesa la natura monitoria del decreto pronunciata ai sensi dell’art. 92 disp. att. c.p.c., nel rimedio di carattere generale previsto dall’art. 645 c.p.c

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25661, depositata il 4 dicembre 2014. Il fatto. Il Presidente di Sezione del Tribunale territorialmente competente, con ordinanza dichiarava inammissibile il ricorso proposto ex art. 170 d.p.r. n. 115/2002, dalla parte intervenuta nel giudizio ex art. 2409 c.c. nella qualità di erede del socio ed amministratore unico di una società per azioni, revocato dalla carica nei confronti dell’amministratore giudiziario degli altri soci e della stessa società, avverso il decreto, reso dal Tribunale adito, di liquidazione del compenso all’amministratore giudiziario per l’attività svolta, somma posta, nella specie, a carico della società. Avverso la detta pronuncia ricorre l’erede con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. I riferimenti normativi. Secondo l’art. 2409, comma 4, c.c., se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute ai sensi del comma 3, risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata. Inoltre, ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115/2002, contro il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l'incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione. L'opposizione è disciplinata dall'art. 15 d.lgs. n. 150/2011. L’amministratore giudiziario non rientra nella categoria degli ausiliari del giudice. In particolare, gli Ermellini hanno confermato quanto statuito dal giudice di prime cure ritenendo che il compenso dell’amministratore grava sulla società e pertanto, non costituisce una spesa del processo, bensì un esborso derivante dall’attuazione e dall’esecuzione di un provvedimento giudiziale. Concludendo. L’art. 3, lett. n d.P.R. n. 115/2002 non può condurre ad una diversa interpretazione da quella data in quanto nella specie trattasi di volontaria giurisdizione nell’ambito della quale non può parlarsi di soccombenza in senso proprio e le spese restano a carico della parte che ha attivato il procedimento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 31 ottobre – 4 dicembre 2014, n. 25661 Presidente Forte – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Il Presidente della II sez. civile del Tribunale di Bologna, con ordinanza depositata il 17/4/2009, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto ex articolo 170 d.p.r. 115/2002 da R.F. intervenuto nel giudizio ex articolo 2409 c.c. nella qualità di erede di R.N., socio ed amministratore unico di Unione Gas Auto s.p.a., revocato dalla carica , nei confronti dell'amministratore giudiziario dott. P.M., di B.U., B.M., P.R., C.V., E.C. e Unione Gas Auto s.p.a., avverso il decreto del Tribunale del 21/6/07, di liquidazione del compenso all'amministratore giudiziario per l'attività svolta nella somma di euro 165.000,00 oltre accessori, somma posta a carico della società. Il Tribunale ha ritenuto che il compenso all'amministratore grava sulla società, non costituisce una spesa del processo, ma un esborso derivante dall' attuazione e dall' esecuzione di un provvedimento giudiziale, né a diversa interpretazione conduce l'articolo 3 lett. n del d.p.r. 115/02 che, vertendosi nell'ambito della volontaria giurisdizione, non v'è soccombenza in senso proprio e le spese restano a carico di chi ha attivato il procedimento. Avverso detta pronuncia ricorre il R., con ricorso affidato a tre motivi l'indicato primo motivo non contiene censure alla pronuncia impugnata e quindi non può essere qualificato come motivo . Si difende con controricorso il solo P. Ambedue le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 1.1. - Il ricorrente, premessa la ricorribilità ex articolo 111 Cost. del provvedimento del Tribunale e posto che, quale socio ed erede dell'amministratore revocato potrebbe essere oggetto di azione risarcitoria della società, si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 3 lett. n , 168, 2° comma, e 170 d.p.r. 115/02. Secondo la parte, l'amministratore giudiziario nominato ai sensi dell'articolo 2409 c.c. deve considerarsi ausiliario del giudice, da cui l'impugnativa del provvedimento di liquidazione del compenso ad una pluralità di soggetti, ivi compreso il Pubblico Ministero. 1.2. - Col secondo mezzo, il ricorrente denuncia la nullità del provvedimento impugnato ex articolo 168, 1° comma del d.p.r. 115/2002, per non essersi pronunciato il Presidente del Tribunale sulla nullità del provvedimento impugnato, in quanto reso dal Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale. 1.3. - Col terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 3, lett. n , 168 e 50 del d.p.r. 115/2002, dell'articolo 1 del d.m. 30/572002 e dell'articolo 4 della l. 319/1980, ribadendo che il compenso dell'amministratore è stato liquidato senza indicazione dei parametri, ed in carenza di prova. 2.1. - Va in primis respinta l'eccezione di nullità del ricorso per carenza di jus postulandi in capo al difensore, atteso che la sospensione cautelare è esecutiva dalla comunicazione all'interessato così la pronuncia 1985/1969 , e che per il notificante va considerata la data di spedizione per la notifica del ricorso, e quindi il 22/4/2009. Ciò posto, il primo motivo del ricorso va respinto. Come ribadito nelle pronunce 7631/2011 e 18080/2013, in continuità al proprio precedente insegnamento vedi le sentenze 14456/1999 13134/2003 18451/2004 contraddetto solo da isolata pronunzia Cass. n. 3345/1999 , l'amministratore giudiziario nominato nel procedimento disciplinato dall'articolo 2409 c.c., per la natura stessa dell'attività che gli è demandata dal giudice, che si concreta nella gestione della società, strumentale al ripristino del suo corretto funzionamento, non rientra nella categoria degli ausiliari del giudice prevista dal d.p.r. n. 115 del 2002, con la conseguenza che il rimedio dato contro il provvedimento che dispone la liquidazione del compenso per l'opera da esso prestata non può consistere nell'opposizione prevista dal citato d.p.r. n. 115 del 2002, articolo 170, ma deve individuarsi, attesa la natura monitoria del decreto pronunciata ai sensi dell'articolo 92 disp. att. c.p.c., u.c., nel rimedio di carattere generale previsto dall'articolo 645 c.p.c. Ne consegue che correttamente il Tribunale ha ritenuto l'inammissibilità dell'impugnativa proposta dal R. Gli altri motivi restano assorbiti. 3.1. - Conclusivamente, il ricorso va respinto. Le spese del procedimento, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.