Lesione onere e reputazione: anche se non c’è reato, se c’è colpa può essere risarcito il danno

Può beneficiare dell’esimente di cui all’art 598 c.p. sul piano penale e va esente da colpa ex art. 2043 c.c. sul piano civile, chi attribuisca ad altri, in buona fede, fatti lesivi dell’onore o della reputazione che pur obiettivamente non rispondendo a verità, apparivano però veridici per errore scusabile. È, quindi, necessario l’accertamento della colpa del dichiarante, che sussiste solo nel caso di fatti non pertinenti al giudizio, non veri e la cui falsità era nota al dichiarante, ovvero poteva da questi essere preventivamente accertata con l’ordinaria diligenza.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25423, depositata il 2 dicembre 2014. Il fatto. Il Procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Pescara convenne dinanzi al Tribunale di Campobasso un avvocato, il quale, nel corso di un procedimento penale aveva depositato una comparsa contenente espressioni calunniose ed offensive nei suoi confronti. Il Tribunale adito rigettava la domanda, ritenendo che la condotta del convenuto fosse scriminata dall’art. 598 c.p. offese in scritti difensivi e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative , tanto agli effetti penali quanto agli effetti civili. Il soccombente adiva la Corte d’appello di Campobasso, la quale riformava la decisione di primo grado. Riteneva che non fosse ravvisabile a carico del convenuto il reato di calunnia, ma che sussistesse invece una condotta diffamatoria, ancorché inconsapevole” e che l’art. 598 c.p. esclude la responsabilità penale, ma non quella civile. Pertanto, condannò l’avvocato a risarcire i danni all’attore. L’avvocato ricorre per cassazione contro tale sentenza. Per sinteticità, in questa sede analizzeremo solo alcuni, tra i più rilevanti al fine del giudizio di legittimità, dei motivi di ricorso proposti. Il primo motivo che analizziamo, seppur ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione, rileva per la questione che solleva e sulla quale è opportuno riportare le precisazioni svolte dalla Corte. Il diritto al risarcimento del danno. Il ricorrente sostiene che la statuizione fatta nella sentenza impugnata, che da un lato ha escluso che l’avvocato avesse commesso il reato di calunnia, per mancanza di prova del dolo, ma dall’altro lato ha ritenuto che l’avvocato avesse comunque commesso il reato di diffamazione inconsapevole, sarebbe erronea in iure e contraddittoria nella motivazione. Sul punto, il Collegio afferma che l’onere e la reputazione costituiscono diritti inviolabili della persona, pertanto, la lesione di essi, ovunque e comunque avvenuta, fa sorgere in capo all’offeso il diritto al risarcimento del danno, a prescindere dal fatto che l’illecito integri o meno gli estremi d’un reato. È quindi del tutto irrilevante, ai fini dell’obbligo di risarcimento del danno che lo scritto offensivo sia stato redatto con dolo o con colpa. Nemmeno sussiste, continua il Collegio, la lamentata violazione dell’art. 598 c.p Tale norma fissa una regola così riassumibile se lo scritto diffamatorio non pertiene all’oggetto della causa in cui fu depositato, sussiste il reato di diffamazione e, con esso la risarcibilità del danno se lo scritto diffamatorio pertiene all’oggetto della causa in cui fu depositato, non vi è reato, ma l’autore può essere condannato al risarcimento del solo danno non patrimoniale. Pertanto, conclude il Collegio, la circostanza che le eventuali offese riguardassero l’oggetto della causa, da sola, non è di per sé sufficiente ad escludere l’illiceità civile della condotta L’esimente di cui all’art 598 c.p Con altro motivo del ricorso, l’avvocato espone che la Corte d’appello abbia escluso l’applicabilità dell’esimente prevista dall’art. 598 c.p., senza nemmeno accertare se i fatti da lui ascritti al pubblico ministero fossero veri, né se l’attribuzione al p.m. d’una condotta deontologicamente censurabile sia avvenuta per errore scusabile. Il Collegio interviene ricordando che può beneficiare dell’esimente di cui all’art 598 c.p. sul piano penale e va esente da colpa ex art. 2043 c.c. sul piano civile, chi attribuisca ad altri, in buona fede, fatti lesivi dell’onore o della reputazione che pur obiettivamente non rispondendo a verità, apparivano però veridici per errore scusabile. Nel caso in esame, ritiene il Collegio, la Corte d’appello ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’avvocato senza accertare né se i fatti da lui attribuiti al pubblico ministero fossero veri, né se essi potevano apparire veri al dichiarante per errore scusabile. È, quindi, mancato del tutto l’accertamento della colpa del convenuto, che poteva sussistere solo nel caso di fatti non pertinenti al giudizio, non veri e la cui falsità era nota al dichiarante, ovvero poteva da questi essere preventivamente accertata con l’ordinaria diligenza. Pertanto, la Corte, ritenendo fondato tale motivo di ricorso, accoglie conseguentemente anche quello riferito ai vizi della motivazione svolta dalla Corte d’appello, la quale risulta essere contraddittoria e insufficiente. I compiti dati alla Corte d’appello. Ne consegue che la Corte di Cassazione, accogliendo due motivi di ricorso e dichiarando assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso in differente composizione, la quale nel motivare la sua decisione avrà il compito di sanare le mende della sentenza impugnata. Il Collegio specifica alla Corte d’appello investita del rinvio su cosa dovrà porre particolare attenzione, infatti stabilisce che dovrà accertare in fatto se i fatti ascritti dall’avvocato al p.m. sono veri in caso affermativo dovrà accertare in fatto, motivando adeguatamente, se quei fatti erano o no pertinenti rispetto all’oggetto del giudizio nel quale furono evidenziati in caso affermativo, dovrà accertare in fatto, motivando adeguatamente, se nella denuncia di quei fati sia stato o meno violato il limite della continenza verbale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 ottobre – 2 dicembre 2014, n. 25423 Presidente Petti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2001 D.P.S. , all'epoca dei fatti Procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Pescara, convenne dinanzi al Tribunale di Campobasso l'avvocato R.M. , esponendo che - l'avvocato R.M. , nell'esercizio della sua attività professionale, aveva difeso due imputati, il cui rinvio a giudizio era stato chiesto dal Dott. D.P.S. , nella sua veste di magistrato del pubblico ministero - nel corso di quel procedimento penale, l'avv. R.M. aveva depositato una comparsa ai sensi dell'art. 121 c.p.p., la quale conteneva espressioni calunniose ed offensive nei confronti dell'attore l'avvocato aveva, in particolare, accusato il Dott. D.P. di avere svolto le indagini in modo non ineccepibile e non imparziale, accanendosi contro gli imputati rinviati a giudizio, e trascurando di adottare la medesima solerzia contro altre persone denunciate per reati analoghi. 2. Con sentenza 20.1.2005 n. 46 il Tribunale di Campobasso rigettò la domanda, ritenendo che la condotta del convenuto fosse scriminata dall'art. 598 c.p., tanto agli effetti penali quanto agli effetti civili. 3. La Corte d'appello di Campobasso, adita dal soccombente, con sentenza 23.12.2011 riformò la decisione di primo grado. Ritenne il giudice d'appello che non fosse ravvisabile a carico del convenuto il reato di calunnia che sussistesse invece una condotta diffamatoria, ancorché inconsapevole che l'art. 598 c.p. escluda la responsabilità penale del difensore, ma non quella civile. Di conseguenza condannò R.M. al pagamento in favore di D.P.S. della somma di Euro 30.000, più accessori. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da R.M. , con otto motivi. Ha resistito con controricorso D.P.S. , e proposto ricorso incidentale basato su 3 motivi. Motivi della decisione 1. Il secondo motivo di ricorso. 1.1. Va esaminato per primo, per anteriorità logica ai sensi dell'art. 276, comma 2, c.p.c., il secondo motivo del ricorso principale. Con esso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assume violato l'art. 342 c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile un appello che non lo era, per difetto del requisito della specificità dei motivi, prescritto dall'art. 342 c.p.c 1.2. Il motivo è inammissibile. Stabilire se i motivi di gravame posseggano o no il requisito della specificità richiesto dall'art. 342 c.p.c. nel testo vigente ratione temporis è un giudizio di fatto. È vero che, trattandosi di un fatto a rilievo squisitamente processuale, sarebbe consentito alla Corte di cassazione sindacare nel merito la V. correttezza della vantazione compiuta dalla sentenza impugnata in applicazione dei principi sanciti da Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012, Rv. 622361, con riferimento all'ipotesi di nullità dell'atto di citazione . Tuttavia è altresì vero che in questo caso il ricorrente ha l'onere di censurare espressamente l'accertamento in fatto sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c. , indicando sotto quale profilo la motivazione sia mancante, illogica o contraddittoria, e di trascrivere - in ossequio al principio di autosufficienza - le allegazioni dell'atto d'appello delle quali si lamenta la genericità. Nel caso di specie, invece, il ricorrente col secondo motivo di ricorso non ha né trascritto i passi dell'atto d'appello che si assumono generici né indicato sotto quale profilo il giudizio di ammissibilità del gravame doveva ritenersi erroneo ad esempio per motivazione mancante, illogica o contraddittoria , formulando così una doglianza inammissibile. 2. Il primo motivo di ricorso. 2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe affetta da varie mende, così riassumibili a la Corte d'appello non ha indicato nella sentenza le espressioni adottate dall'avv. R.M. e ritenute diffamatorie b la Corte d'appello ha condannato il convenuto senza accertare se i fatti da lui ascritti al Dott. D.P.S. fossero veri o no c la Corte d'appello ha condannato il convenuto senza accertare se i fatti da lui ascritti al Dott. D.P.S. fossero pertinenti rispetto all'oggetto del giudizio nel quale vennero riferiti, oppur no d la Corte d'appello ha condannato il convenuto senza accertare se le dichiarazioni da lui compiute ed in tesi diffamatorie eccedessero la continenza verbale e fossero sorrette da un intento denigrativo. 2.2. Il motivo è fondato. La motivazione della sentenza adottata presenta tre diversi vizi logici, che la rendono inidonea a sorreggere un giudizio di condanna. 2.2.1. Il primo vizio della sentenza impugnata è la contraddittorietà. La sentenza impugnata, infatti, dapprima ammette - richiamando la giurisprudenza di legittimità - che l'avvocato possa essere chiamato a rispondere del danno derivante dalle espressioni usate negli atti e negli scritti difensivi solo se le espressioni offensive siano esorbitanti rispetto all'oggetto del giudizio così la sentenza, p. 7, 9 rigo , e poi dichiara che nella specie le espressioni usate dall'avv. R.M. nella contestata comparsa erano attinenti all'oggetto del procedimento ibidem , 16 rigo . Tali affermazioni presentano il vizio logico della contradictio in adiecto , giacché delle due l'una o le espressioni difensive adottate dal difensore erano pertinenti rispetto all'oggetto della causa, oppure no se lo erano, esse non costituiscono un fatto illecito se non lo erano, non si comprende perché il Tribunale abbia ritenuto di dichiararle attinenti all'oggetto del procedimento . 2.2.2. Il secondo vizio logico della motivazione della sentenza impugnata è la insufficienza. Il giudice d'appello, infatti, non ha trascritto nella propria sentenza nemmeno una delle dichiarazioni che assume offensive, limitandosi a dire a che esse costituivano gravi intemperanze lesive dell'onorabilità dell'appellante b che attribuire parzialità ad un magistrato implica la radicale negazione del suo ruolo istituzionale ed è idonea a pregiudicare la dignità e l'onorabilità della persona così la sentenza, p. 7, righi 17 - 24 . Ora, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da lesione dell'onore e della reputazione, commesso per mezzo di uno scritto, il fatto da cui ai sensi dell'art. 1173 c.c. sorge l'obbligazione risarcitoria è, ovviamente, lo scritto che si assume diffamatorio. Pertanto qualsiasi motivazione al riguardo volesse adottare il giudice di merito, non può mai prescindere dalla ricostruzione del fatto , e quindi dall'accertamento del contenuto dello scritto, del quale dovrà dare conto nella motivazione. Nel caso di specie questa parte, fondamentale per qualsiasi logica motivazione, è mancata completamente. La Corte d'appello infatti si è limitata ad affermare che lo scritto dell'avv. R.M. conteneva gravi intemperanze , ma non è dato sapere quali esse fossero il che impedisce di verificare la correttezza della decisione. La carenza motivazionale appena evidenziata non è esclusa dal periodo trascritto poc'anzi, sub b . Dire, infatti, che uno scritto implica la negazione del ruolo istituzionale d'un magistrato è un giudizio, non una ricostruzione del fatto controverso, che si assume fonte dell'obbligazione risarcitoria. 2.2.3. Il terzo vizio logico della motivazione della sentenza impugnata è, ancora, la contraddittorietà. La sentenza impugnata infatti da un lato ha ammesso che la condotta del Dott. D.P.S. , nell'esercizio delle sue funzioni di pubblico ministero, non fu cristallina e diede adito a dubbi e sospetti, giungendo a definirla singolare così la sentenza impugnata, p. 8, righi 11 - 13 dall'altro però ha condannato al risarcimento del danno l'avvocato che quella condotta aveva inteso rivelare. Ora, quale che fosse nel merito la verità dei fatti, dal punto di vista della logica deduttiva deve rilevarsi che delle due l'una o le dichiarazioni dell'avvocato non erano false, ed allora una condanna poteva sussistere solo in presenza di trascendenza dall'oggetto del giudizio o incontinenza verbale che si è visto non sussistere o non essere state motivate ovvero le dichiarazioni dell'avvocato erano false, ed allora la Corte d'appello avrebbe dovuto spiegare donde avesse tratto il convincimento di tale falsità. 2.3. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Campobasso in differente composizione, la quale nel motivare la propria decisione avrà il compito di sanare le mende della sentenza impugnata, e quindi a accerterà in fatto, motivando adeguatamente, se i fatti ascritti dall'avv. R.M. al Dott. D.P.S. fossero veri b in caso affermativo, accerterà in fatto, motivando adeguatamente, se quei fatti erano o no pertinenti rispetto all'oggetto del giudizio nel quale furono evidenziati c in caso affermativo, accerterà in fatto, motivando adeguatamente, se nella denuncia di quei fatti sia stato o meno violato il limite della continenza verbale. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c. sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, che la sentenza ha da un lato escluso che l'avv. R.M. avesse commesso il reato di calunnia, per mancanza di prova del dolo dall'altro però ha ritenuto che l'avv. R.M. avesse comunque commesso il reato di diffamazione inconsapevolmente . Tale statuizione sarebbe, secondo il ricorrente, erronea in iure e contraddittoria nella motivazione, per varie ragioni - sia perché anche il delitto di diffamazione è punibile solo a titolo di dolo - sia perché l'atto difensivo in tesi diffamatorio sarebbe scriminato dall'art. 598 c.p 3.2. Il motivo è infondato. L'onore e la reputazione costituiscono diritti inviolabili della persona. La lesione di essi, ovunque e comunque avvenuta, fa sorgere in capo all'offeso il diritto al risarcimento del danno, a prescindere dalla circostanza che l'illecito integri o meno gli estremi d'un reato così, con riferimento a qualsiasi tipo di illecito, si afferma nella fondamentale decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008, in motivazione . Pertanto è del tutto irrilevante, ai fini dell'obbligo di risarcimento del danno, che lo scritto offensivo sia stato redatto con dolo o con colpa. Nemmeno sussiste la lamentata violazione dell'art. 598 c.p. tale norma, infatti, fissa una regola così riassumibile - se lo scritto diffamatorio non pertiene all'oggetto della causa in cui fu depositato, sussiste il reato di diffamazione e, con esso, la risarcibilità del danno - se lo scritto diffamatorio pertiene all'oggetto della causa in cui fu depositato, non vi è reato, ma l'autore può essere condannato al risarcimento del solo danno non patrimoniale art. 598, comma 2, c.p. . Pertanto la circostanza che le eventuali offese riguardassero l'oggetto della causa, da sola, non è di per sé sufficiente ad escludere l'illiceità civile della condotta. 4. Il quarto motivo di ricorso. 4.1. Col quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assume violato l'art. 598 c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello abbia escluso l'applicabilità dell'esimente prevista dall'art. 598 c.p., senza nemmeno accertare se i fatti ascritti dall'avv. R.M. al dotto. D.P.S. fossero veri, né se l'attribuzione al pubblico ministero d'una condotta deontologicamente censurabile sia avvenuta per errore scusabile. 4.2. Il motivo è fondato per le medesime ragioni già indicate al p.2.2.3. Può infatti beneficiare dell'esimente di cui all'art. 598 c.p. sul piano penale, e va esente da colpa ex art. 2043 c.c. sul piano civile, chi attribuisca ad altri, in buona fede, fatti lesivi dell'onore o della reputazione che pur obiettivamente non rispondendo a verità, apparivano però veridici per errore scusabile così già Sez. 3, Sentenza n. 1815 del 06/10/1970, Rv. 347792 . Nel caso di specie, come già detto la Corte d'appello ha ritenuto sussistente la responsabilità dell'avv. R.M. senza accertare né se i fatti da lui attribuiti al Dott. D.P.S. fossero veri, né se essi potevano apparire veri al dichiarante per errore scusabile. È, quindi, mancato del tutto l'accertamento della colpa del convenuto, che poteva dirsi sussistente solo nel caso di propalazione di fatti a non pertinenti al giudizio b non veri c la cui falsità era nota al dichiarante, ovvero poteva da questi essere preventivamente accertata con l'ordinaria diligenza. 5. Il quinto motivo di ricorso. 5.1. Col quinto motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c. si assumono violati gli artt. 1226 e 2059 c.c. sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha liquidato il danno non patrimoniale prescindendo dalle circostanze del caso concreto e senza alcuna vera motivazione. 5.2. Sebbene l'accoglimento del primo e del quarto motivo di ricorso abbia travolto anche le statuizioni sul quantum debeatur contenute nella sentenza impugnata, questa Corte ritiene opportuno ricordare - ai fini del prosieguo del giudizio nella fase di rinvio - che la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., non è una liquidazione a sensazione , ma esige il rispetto dei principi di sussidiarietà e non sostitutività della liquidazione equitativa. Tali principi sono rispettati quando il giudice di merito indichi a di quali elementi di fatto abbia tenuto conto per liquidare il danno in via equitativa, descrivendoli analiticamente b in base a quali criteri abbia attribuito quel determinato valore economico agli elementi sub a così Sez. 3, Sentenza n. 25912 del 19.11.2013 . 6. I motivi di ricorso sesto, settimo ed ottavo. 6.1. I restanti motivi di ricorso sono assorbiti dall'accoglimento del primo e del quarto motivo. 7. Il ricorso incidentale. 7.1. Con tutti e tre i motivi del ricorso incidentale, il Dott. D.P.S. ha lamentato il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sotto due profili - sia nella parte in cui ha escluso la natura calunniosa dello scritto dell'avv. R.M. primo e secondo motivo - sia nella parte in cui ha liquidato il danno, che secondo il ricorrente incidentale sarebbe stato sottostimato terzo motivo . 7.2. Il ricorso incidentale è inammissibile, per due indipendenti ragioni. La prima ragione è che esso è stato redatto attraverso la fotocopiatura e l'incorporazione di vari atti e documenti, che si estendono per 160 pagine su 247 pari al 65% dell'intero atto . Questa modalità di redazione del ricorso per cassazione è stata sistematicamente e da anni ritenuta inammissibile da questa Corte, anche a Sezioni Unite Sez. U, Sentenza n. 16628 del 17/07/2009, Rv. 609179 , in base al rilievo che questa modalità compositiva, rendendo particolarmente indaginosa l'individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo dell'art. 366 c.p.c., preordinato ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura così da ultimo, ex permultis, Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 18020 del 24/07/2013, Rv. 628055 . 7.3. La seconda ed indipendente ragione di inammissibilità del ricorso incidentale è che esso, sotto le viste del vizio di motivazione, solleva in realtà questioni di merito, e richiede a questa Corte non un esame della sentenza, ma un riesame delle questioni di fatto già valutate dalla Corte d'appello e cioè la sussistenza della calunnia, la sussistenza del concorso colposo della vittima, la stima del danno. Richiesta, come noto, inammissibile in sede di legittimità. 8. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 385, comma 3, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione - accoglie il primo ed il quarto motivo del ricorso principale dichiara assorbiti gli altri - dichiara inammissibile il ricorso incidentale - cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Campobasso, in differente composizione - rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.