Nemmeno lo “scaricabarile” verso la cancelleria ha funzionato

L’appello va proposto con atto di citazione, e non con ricorso. Ne consegue che, entro il termine per impugnare, va effettuata la notificazione dell’atto introduttivo alla parte appellata, a cura dell’impugnante.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 24689, depositata il 20 novembre 2014. Il fatto. La Corte di Bologna dichiarava l’appello proposto, da un soggetto senegalese, avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto il ricorso proposto dall’appellante contro il diniego di riconoscimento della protezione internazionale da parte della Commissione territoriale. Sulla premessa che l’appello ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. va proposto con atto di citazione, onde la sua tempestività, anche se esso per errore sia stato introdotto con ricorso, va verificata avendo riguardo alla data della notifica dell’atto introduttivo alla parte appellata, la Corte rilevava la tardività dell’appello introdotto oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 702 quater c.p.c., con ricorso depositato e mai notificato alla controparte a causa della convinzione dell’appellante, dovuta ad errore inescusabile, che la notifica dovesse essere eseguita dalla cancelleria. L’appello va proposto con atto di citazione. Con un primo motivo di ricorso, in ordine di trattazione da parte della Corte di Cassazione, il ricorrente sostiene che l’appello in materia di protezione internazionale vada proposto con ricorso, e non con citazione, per il principio della c.d. ultrattività del rito. Il Collegio ricorda la regola generale affermata da costante giurisprudenza e di recente ribadita anche dalle Sezioni Unite, secondo la quale l’appello va proposto con atto di citazione, e non con ricorso, con la conseguenza che entro il termine per impugnare va effettuata la notifica dell’atto di appello alla parte appellata, anche nel caso in cui il gravame sia stato introdotto con ricorso anziché con citazione. Mutamento del rito solo in contraddittorio tra le parti. Con altro motivo, il ricorrente sostiene che la Corte, anziché dichiarare la tardività del gravame, avrebbe dovuto disporre, con ordinanza emessa prima dell’udienza, il mutamento del rito davanti a sé, disponendo l’integrazione dell’atto introduttivo e la notifica del medesimo al resistente con il decreto del giudice. Il Collegio sostiene, a contrario, che una pronuncia di mutamento del rito deve essere emessa nel contraddittorio tra le parti e, dunque, non prima dell’instaurazione di esso e che una tale pronuncia, in ogni caso, non potrebbe sanare le decadenze eventualmente maturate a carico dell’appellante. Notifica a cura dell’appellante. Infondato è anche l’ulteriore motivo con cui il ricorrente sostiene che la notifica dell’atto d’appello avrebbe dovuto essere curata dalla cancelleria. Tale conclusione, interviene la Corte, potrebbe giustificarsi solo nel caso in cui, quindi non in quello in esame, l’atto introduttivo per legge dovesse avere forma di ricorso e non di citazione. Inoltre tale previsione normativa vale per il giudizio di primo grado e non per quello di appello. La Cassazione ha, pertanto, rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 23 settembre – 20 novembre 2014, n. 24689 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso Che nella relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue 1.1. - La Corte di Bologna ha dichiarato inammissibile l'appello proposto dal sig. S.A., di nazionalità senegalese, avverso l'ordinanza, pubblicata il 7 luglio 2013, con cui il Tribunale della stessa città aveva respinto il ricorso proposto dall'appellante il 15 aprile 2013 avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale da parte della competente Commissione territoriale. Sulla premessa che l'appello ai sensi dell'art. 702 quater c.p.c. va proposto con citazione, onde la sua tempestività, anche allorché esso per errore sia stato introdotto con ricorso, va verificata avendo riguardo alla data della notifica dell'atto introduttivo alla parte appellata, la Corte ha rilevato la tardività dell'appello del sig. A., introdotto oltre il termine di 30 giorni previsto dall'art. 702 quater, cit., con ricorso depositato il 27 luglio 2013 e mai notificato alla controparte - neppure a seguito del decreto 17 settembre 2013 di fissazione dell'udienza al 15 ottobre successivo - a causa della convizione dell'appellante, dovuta ad errore inescusabile, che la notifica dovesse essere eseguita dalla cancelleria. Il sig. A. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura, cui non ha resistito l'amministrazione intimata. 2. - Il terzo motivo di ricorso precede gli altri nell'ordine logico e va dunque esaminato per primo. Con esso si sostiene che l'appello in materia di protezione internazionale vada proposto con ricorso, e non con citazione, per il principio della c.d. ultrattività del rito. 2.1. - Il motivo è infondato. L'appello andava proposto con atto di citazione, e non con ricorso, con la conseguenza che entro il termine per impugnare andava effettuata la notificazione dell'atto di appello alla parte appellata, ancorché il gravame fosse stato introdotto con ricorso anziché con citazione. In tal senso, infatti, è la regola generale - non derogata dalla disciplina dell'appello sulla decisione di primo grado assunta con il rito sommario, di cui all'art. 702 quater c.p.c. - come affermata dalla costante giurisprudenza di questa Corte e di recente ribadita dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2907 del 2014. Né rilevano in senso contrario ragioni di coerenza sistematica con il procedimento di primo grado, smentite in linea generale dalla giurisprudenza appena richiamata. 3. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell'art. 4 d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, si sostenene che la Corte d'appello, anziché dichiarare la tardività del gravame, avrebbe dovuto disporre il mutamento del rito davanti a sé, ai sensi della norma invocata, con ordinanza emessa prima dell'udienza, disponendo l'integrazione dell'atto introduttivo con gli elementi mancanti e la notifica del medesimo al resistente con il decreto del giudice. 3.1. - Il motivo è infondato. Anche a superare, infatti, i dubbi sull'applicabilità dell'art. 4 d.lgs. cit. al giudizio di secondo grado, non può non rilevarsi come una pronuncia di mutamento del rito non possa - in difetto di previsione normativa - essere emessa che nel contraddittorio tra le parti, dunque non prima dell'instaurazione di esso, e che giammai una tale pronuncia potrebbe avere effetto sanante delle decadenze eventualmente maturate a carico dell'impugnante. 4. - Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 19, comma 6, d.lgs. n. 150 del 2011, si sostiene che la notifica dell'atto di appello avrebbe dovuto essere curata dalla cancelleria e non dall'appellante. 4.1. - Il motivo è infondato, sia perché una tale conclusione potrebbe giustificarsi soltanto ove l'atto introduttivo dovesse avere per legge forma di ricorso e non di citazione - il che, per quanto già osservato, non è - sia perché la norma invocata dal ricorrente è prevista per il giudizio di primo grado e non per quello di appello. che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata ai difensori delle parti costituite e non sono state presentate conclusioni o memorie Considerato Che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione di cui sopra che pertanto il ricorso va rigettato che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.