Nessun compenso per i professionisti in assenza di contratto formale con la pubblica amministrazione

In un rapporto di opera professionale con la P.A. la fase della deliberazione a contrattare, si concreta in attività interna della pubblica amministrazione, meramente preparatoria, e, quindi, inidonea a dar luogo all’incontro dei consensi, conservando così la sua autonomia rispetto alla successiva ed eventuale fase negoziale esterna all’ente pubblico. Sicché la fase negoziale, che si traduce nella sottoscrizione di un contratto ad opera dell'organo rappresentativo esterno dell'ente e della controparte, garantisce che le obbligazioni assunte dall’ente traggano fonte e sostegno nella previsione esplicita di mezzi finanziari per far fronte al compenso da corrispondere al professionista.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24654, depositata il 19 novembre 2014, si è pronunciata in materia di riconoscimento di compensi professionali in caso di rapporti intercorsi con la Pubblica amministrazione. La singolarità della vicenda è data dall’assenza di un contratto formale tra Ente Civico e professionisti e dall’esistenza della sola delibera di Giunta ritenuta, come vedremo, inidonea all’insorgenza del vincolo negoziale, con ogni conseguenza di legge. Il fatto. Il Tribunale, a seguito di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva confermato il decreto ingiungendo ad un ente civico il pagamento di prestazioni professionali rese dai ricorrenti quali membri della commissione di valutazione delle offerte in occasione di una gara di appalto. In grado di appello la pronuncia era riformata ritenendo il Giudice di seconde cure che al conferimento dell’incarico professionale, a mezzo di delibera di Giunta, non fosse seguita la formalizzazione del contratto tra le parti, indispensabile affinché il Comune assumesse delle obbligazioni. A parere della Corte di Appello inoltre, la domanda di indebito arricchimento formulata in corso di causa dai professionisti, era da ritenersi tardiva poiché non sostenuta da alcuna richiesta avanzata in via riconvenzionale dall’Ente Convenuto. Avverso la decisione proponevano ricorso per Cassazione i professionisti soccombenti. Le doglianze formulate vertevano essenzialmente sulla erronea qualificazione giuridica fornita dalla Corte di Appello al rapporto intercorso tra le parti, in buona sostanza i ricorrenti sostenevano si trattasse non di nomina a membri della commissione giudicatrice, bensì di munus pubblicum , con compiti di funzionario onorario. In ragione di tale differente qualificazione, per la maturazione del diritto al compenso professionale sarebbe bastata la delibera di Giunta. La deliberazione a contrattare quale attività meramente interna all’amministrazione inidoneo all’insorgenza dell’obbligo contrattuale in capo alla P.A La Cassazione evidenziava che in un rapporto di opera professionale con la P.A. la fase della deliberazione a contrattare resta un’attività meramente interna all’amministrazione e, come tale, inidonea all’insorgenza di obbligazioni contrattuali, necessitando quindi di una successiva fase, esterna dell’Ente medesimo, consistente nella stipulazione formale del contratto vero e proprio tale fase è demandata normalmente ad un organo diverso dalla Giunta, pertanto, soltanto con la sottoscrizione del contratto tra professionista e rappresentante esterno del Comune potrà dirsi validamente insorto un vincolo negoziale tra le parti. La mancanza, nel caso di specie, del contratto aveva reso giuridicamente inidonea la delibera ad assurgere la forza del vincolo negoziale ex art. 1372 c.c. solo il contratto scritto, infatti, consente di fissare il contenuto negoziale dell’accordo, costituendo altresì fonte e sostegno dell’impegno di spesa massima sostenibile dall’amministrazione. La differente qualificazione del rapporto come munus pubblicum esclude comunque il diritto al compenso professionale. I Giudici di nomofilachia evidenziavano anche che la differente qualificazione giuridica del rapporto, quale quello del munus pubblicum , dichiarata per la prima volta in sede di ricorso per Cassazione, anche ove fosse stata dedotta tempestivamente, non avrebbe comunque condotto al riconoscimento del diritto al compenso. Ciò in ragione del fatto che il funzionario onorario, in mancanza di specifiche leggi, maturerebbe soltanto il diritto ad una indennità di funzione, con esclusione quindi del sinallagma contrattuale. Sicché la quantificazione dell’indennità resterebbe assegnata alla scelta discrezionale dell’Ente, ragion per cui il funzionario onorario, risulterebbe portatore di un interesse legittimo tutelabile dinanzi al Giudice Amministrativo. D’altra parte, l’esclusione del diritto al compenso professionale emergeva anche dalla medesima delibera in cui era previsto che, con successiva delibera, dovevano essere stabiliti i criteri di calcolo del compenso spettante alla commissione nonché la previsione della sussistenza dell’obbligo i capo all’impresa aggiudicataria dell’appalto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 ottobre – 19 novembre 2014, n. 24654 Presidente/Relatore Salvago Svolgimento del processo La Corte di appello di Salerno, con sentenza 14 aprile 2006,in riforma di quella del Tribunale che revocato il decreto ingiuntivo 27 febbraio 1995 del Presidente dello stesso ufficio,aveva condannato il comune di Salerno al pagamento della somma di L. 50.352.280 a favore degli ing. M.G. , L.R. , Me.Mi. ed R.A. per le prestazioni professionali rese quali componenti di una commissione di valutazione, delle offerte in una gara di appalto, ne ha respinto le domande osservando a che all'incarico loro attribuito con delibera di Giunta 2517/1992 non era seguito un regolare contratto tra le parti, necessario per l'assunzione della obbligazione dell'ente di corrispondere il compenso b che era inammissibile l'azione di indebito arricchimento avanzata dai professionisti soltanto in corso di causa in quanto nessuna domanda riconvenzionale aveva proposto nei loro confronti il comune contro la quale avrebbe potuto essere fatta valere una richiesta tardiva. Per la cassazione della sentenza il M. ed i consorti hanno proposto ricorso per 3 motivi cui resiste il comune di Salerno con controricorso. Motivi della decisione Con i primi due motivi,i professionisti,deducendo violazione degli art. 284 segg., r.d. 383/1934, 1350 cod. civ. censurano la sentenza impugnata per avere qualificato di incarico professionale il rapporto tra di essi intercorso ed il comune di Salerno che li aveva nominati componenti di una commissione giudicatrice, bensì di un munus pubblicum con compiti di funzionario onorario per il quale era sufficiente la delibera di attribuzione 2517/1992 della G.M. Senza considerare che con nota 20 marzo 1995 il Dirigente del settore appalti aveva determinato il loro onorario, come è noto rimesso alla discrezionalità della P.A., che dunque doveva essere loro corrisposto. Le doglianze sono in parte inammissibili, in parte infondate. In questo giudizio di legittimità i ricorrenti più non dubitano che in un rapporto di opera professionale con la P.A. la fase della deliberazione a contrarre ravvisabile in quella di Giunta 2517/1992 si concreta in attività interna alla stessa amministrazione, meramente preparatoria, e perciò inidonea a dar luogo all'incontro di consensi ed irrilevante ai fini della individuazione della disciplina negoziale e conserva perciò piena autonomia - logica e giuridica - rispetto alla successiva e solo eventuale attività negoziale esterna dell'ente pubblico, la quale a deve tradursi nella stipulazione documentale del contratto - che nel caso era di opera professionale - secondo le disposizioni comuni degli art. 1325 e 1350 n. 13 cod.civ. b è peraltro di competenza di un organo diverso dalla Giunta o dal Consiglio che per i comuni è il sindaco c comporta conseguentemente che è soltanto detto atto contrattuale quello di cui la menzionata normativa richiede la contestuale sottoscrizione del sindaco, n.q. di rappresentante legale dell'ente e del professionista. E neppure che sono soltanto le peculiari pattuizioni di quest'ultimo, nel caso pacificamente mancanti, a costituire il momento genetico ex art. 1372 cod.civ., dei diritti e delle obbligazioni di ciascuna delle parti, coincidano o meno con quelle previste dalla delibera a consentire l'identificazione dello specifico contenuto negoziale che diverrà oggetto dei controlli dell'autorità tutoria,ed a garantire che le specifiche obbligazioni assunte dall'amministrazione traggano fonte e nel contempo sostegno nella esplicita previsione dei mezzi finanziari per far fronte al compenso da corrispondersi al professionista perciò svolgendo la contestuale funzione di fissare il limite massimo della spesa sostenibile da ciascun ente pubblico Cass. 6555/2014 2067/2003 2832/2002 13628/2001 9682/1999 . Né giova ai professionisti prospettare -per la prima volta in questa fase di legittimità - in luogo dell'incarico professionale addotto nel giudizio di merito anche a sostegno del decreto ingiuntivo ottenuto la natura di munus pubblicum dell'incarico ricevuto, il quale presuppone lo svolgimento di compiti propri di un funzionario onorario nell'ambito dell'ente pubblico quale organismo politico tecnico in quanto pur se tale inquadramento fosse realmente ipotizzatale, ne conseguirebbe soltanto l'inconfigurabilità di un loro diritto al compenso, posto che il trattamento economico del funzionario onorario, in mancanza di specifiche previsioni di legge, ha natura indennitaria e non retributiva, con esclusione di qualsiasi nesso di sinallagmaticita, restando affidato, quindi, alle libere e discrezionali determinazioni dell'autorità che procede all'investitura di fronte alle quali il funzionario è titolare di un mero interesse legittimo tutelabile davanti al giudice amministrativo Cass. sez. un. 21592/2013 14954/2011 18618/2008 363/1992 . E nel caso gli stessi ricorrenti hanno riferito pag. 13 - 14 che la menzionata delibera 2517/1992 del comune non soltanto ha disposto che dovevano essere stabilite con successivo provvedimento le modalità di calcolo del compenso spettante ai membri della commissione , ma al punto 5 ha aggiunto che detto compenso doveva restare a carico dell'impresa aggiudicataria,in tal modo escludendo l'insorgenza di qualsiasi obbligazione al riguardo gravante sul comune. E, perciò a nulla rilevando la successiva corispondenza interna intercorsa tra il dirigente comunale del settore opere pubbliche e l'impresa circa i rapporti di dare ed avere tra dette parti,nonché la correttezza della parcella presentata a quest'ultima dai professionisti assolutamente inidonea a modificare la pregressa volontà manifestata dall'ente attraverso i suoi organi rappresentativi,nonché a costituire - pur se interpretata in senso opposto al suo reale contenuto - riconoscimento di debito per di più a carico di quest'ultimo. Assorbiti, pertanto i restanti motivi,peraltro rivolti a censurare statuizioni del giudice di primo grado, il ricorso va respinto con conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali,che si liquidano in favore del comune di Salerno in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 200 per spese vive sostenute, oltre agli accessori di legge.