Differenze retributive dell’impiegato consolare: il giudice italiano non ha giurisdizione

In materia di contratti di lavoro, non è applicabile l’immunità giurisdizionale dello Stato estero, a meno che non ricorra una delle eccezioni specificamente elencate nella Convenzione di New York sulle immunità eccezioni da considerare parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, pur nella non immediata applicazione diretta della Convenzione.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 22744, depositata il 27 ottobre 2014. L’impiegato consolare di un’ambasciata straniera rivendica le differenze retributive a quale giudice deve rivolgersi? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso, davanti al giudice del lavoro, dall’impiegato consolare di un’ambasciata straniera in Italia al fine di ottenere la condanna del datore alla corresponsione delle differenze retributive derivanti dallo svolgimento di mansioni superiori. All’esito del giudizio di merito, è stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano. In particolare, la Corte territoriale, richiamato il principio della immunità ristretta , ha rilevato che, nella fattispecie, non si trattava di un rapporto di lavoro avente per oggetto attività meramente ausiliarie. Inoltre, tale controversia, pur essendo preordinata ad ottenere una decisione incidente soltanto su aspetti patrimoniali, avrebbe comportato un accertamento idoneo ad interferire nell’esercizio delle funzioni istituzionali. Chiamate a pronunciarsi sulla questione, le Sezioni Unite hanno confermato la decisione dei giudici di merito, seppure correggendo parzialmente la motivazione. Rapporti di lavoro del personale delle ambasciate la giurisdizione italiana c’è solo se l’accertamento non interferisce con la sovranità dello Stato estero. La pronuncia in commento ribadisce il consolidato orientamento secondo cui, in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro di personale delle ambasciate straniere, ai fini dell’esenzione dalla giurisdizione del giudice italiano, è necessario che l’esame della fondatezza della domanda del prestatore di lavoro non comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione cfr., ex plurimis , Cass. SSUU n. 1981/2012 . Inoltre, è stato precisato che l’esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno, non solo nel caso di controversie relative a rapporti lavorativi aventi per oggetto l’esecuzione di attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto, ma anche nel caso in cui il dipendente richieda al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle funzioni dello Stato sovrano cfr. Cass. SSUU n. 118/2007, n. 14703/2010, n. 1774/2011, n. 7382/2013 . Tali principi, peraltro, sono stati affermati anche alla luce della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, ratificata in Italia con la l. n. 804/1967. La Convenzione di New York sulle immunità vale anche come diritto internazionale consuetudinario. Poiché la questione in esame concernente l’ambito della immunità relativa” o ristretta” , riguarda direttamente il diritto internazionale pubblico, al quadro sopra delineato devono aggiungersi sia le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo intervenute in materia cfr., per tutte, Guadagnino c. Italia e Francia del 18/1/2011 , sia l’adesione dell’Italia alla Convenzione di New York del 2004, da ultimo resa esecutiva con l. n. 5/2013 Cass. SSUU n. 9034/2014 . Seppure, infatti, l’entrata in vigore della Convenzione non sia immediata e sia anche prevista l’irretroattività della stessa, per la Suprema Corte non può trascurarsi che, secondo quanto affermato dalla richiamata giurisprudenza comunitaria, la Convenzione riflette l’evoluzione del diritto consuetudinario in materia e rileva anche come parametro della compatibilità dell’immunità giurisdizionale dello Stato convenuto con le garanzie del giusto processo. In particolare, con la c.d. sentenza Guadagnino”, la Corte europea ha affermato che, poiché i principi sanciti dall’art. 11 della Convenzione del 2004 sono parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, essi impegnano l’Italia e la Corte ne deve tener conto nel momento in cui appura se il diritto di accesso ad un tribunale sia stato rispettato. In materia di lavoro, non è invocabile l’immunità giurisdizionale, a meno che A norma del citato art. 11 della Convenzione di New York Contratti di lavoro , uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato paragrafo 1 . Tale previsione ai sensi del paragrafo 2 non si applica se a l’impiegato è stato assunto per adempiere funzioni particolari nell’esercizio del potere pubblico b l’impiegato è un agente diplomatico, un funzionario consolare, un membro del personale diplomatico di una missione permanente presso un’organizzazione internazionale o di una missione speciale oppure è assunto per rappresentare uno Stato in occasione di una conferenza internazionale o è una persona diversa che beneficia dell’immunità diplomatica c l’azione ha per oggetto l’assunzione, la proroga del rapporto di lavoro o il reinserimento di un candidato d l’azione ha per oggetto il licenziamento o la risoluzione del contratto di un impiegato e se tale azione rischia di interferire con gli interessi dello Stato in materia di sicurezza e l’impiegato è cittadino dello Stato datore di lavoro nel momento in cui l’azione è avviata, sempre che non abbia la residenza permanente nello Stato del foro f l’impiegato e lo Stato datore di lavoro hanno convenuto diversamente per scritto, fatte salve considerazioni di ordine pubblico. In sostanza, in via di principio, in materia di contratti di lavoro non è applicabile l’immunità giurisdizionale dello Stato estero. Tuttavia, esistono diverse eccezioni a tale principio, specificamente elencate nel citato art. 11 della Convenzione eccezioni da considerare, anch’esse, come parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, pur nella non immediata applicazione diretta della detta Convenzione cfr. Cass. SSUU n. 9034/2014 cit. . Nella fattispecie sottoposta ai giudici di legittimità, nonostante la controversia riguardi soltanto aspetti patrimoniali e seppure non ricorra alcuna delle ipotesi di cui alle lettere dalla a alla e dell’art. 11 – essendo il ricorrente un semplice impiegato consolare e non risultando che lo stesso sia stato assunto per adempiere funzioni particolari nell’esercizio del potere pubblico – ricorre, tuttavia, la deroga convenzionale scritta vertente su diritti disponibili, prevista dalla lettera f del citato art. 11, avendo il dipendente accettato e sottoscritto la deroga alla giurisdizione italiana.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 7 – 27 ottobre 2014, n. 22744 Presidente Rovelli – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 414 c.p.c. L.A. chiedeva al Giudice del lavoro del Tribunale di Roma di accertare lo svolgimento, fin dal 1-7-1994, di mansioni superiori di impiegato consolare livello B3 del c.c.n.l. di categoria alle dipendenze della Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti qualifica riconosciutagli dal dicembre 1999 , lamentando di non aver correttamente goduto delle ferie, di aver svolto lavoro straordinario non pagato, di non aver fruito dell'indennità di maneggio denaro ecc. Il ricorrente concludeva quindi per la condanna della Ambasciata convenuta al pagamento della somma di Euro 101.631,85, come da conteggi allegati al ricorso, oltre alla regolarizzazione contributiva e previdenziale. L'Ambasciata si costituiva chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo, tra l'altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Il giudice adito, con sentenza n. 18413/2012 dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano e compensava le spese. Con ricorso depositato il 23-11-2012 il L. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma, con l'accoglimento della domanda, previa declaratoria della giurisdizione. L'Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti si costituiva resistendo al gravame. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza depositata il 24-10-2013, rigettava l'appello. In sintesi la Corte territoriale, richiamato il principio della immunità ristretta , rilevava che nella specie non si trattava di rapporto di lavoro avente per oggetto attività meramente ausiliarie e neppure ricorreva l'ipotesi di controversia che, benché promossa da dipendente con funzioni istituzionali, comportasse una decisione incidente soltanto su aspetti patrimoniali, ma il cui accertamento non fosse idoneo ad interferire nell'esercizio delle dette funzioni. In specie la Corte evidenziava, in conformità con quanto affermato dal primo giudice, che la particolare importanza e rilevanza delle mansioni, svolte a stretto contatto con l'Ambasciatore e connotate da un intenso elemento fiduciario, comportava necessariamente la necessità di attività istruttoria che avrebbe inciso sugli atti o comportamenti tenuti dallo Stato estero quali espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione. Per la cassazione di tale sentenza il L. ha proposto ricorso con un unico complesso motivo. L'Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti ha resistito con controricorso. Il L. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Rileva il Collegio che nella fattispecie il ricorso va respinto, dovendo confermarsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano, seppure correggendosi in parte la motivazione dell'impugnata sentenza, ex art. 384 uh. comma c.p.c In primo luogo va rilevato che, in generale, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro di personale delle ambasciate di Stati stranieri in Italia, ai fini dell'esenzione dalla giurisdizione del giudice italiano, in applicazione del principio consuetudinario di diritto internazionale dell'immunità ristretta, è necessario che l'esame della fondatezza della domanda del prestatore di lavoro non comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione v. Cass. S.U. 13-2-2012 n. 1981, Cass. S.U. 17-1-2007 n. 880, Cass. S.U. Cass. S.U. 10-7-2006 n. 15628, Cass. S.U. 10-7-2006 n. 15626, Cass. S.U. 10-7-2006 n. 15620 . In specie è stato anche precisato che l'esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso di controversie relative a rapporti lavorativi aventi per oggetto l'esecuzione di attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto, ma anche nel caso in cui il dipendente richieda al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle funzioni dello Stato sovrano v. Cass. S.U. 9-1-2007 n. 118, Cass. S.U. 18-6-2010 n. 14703, Cass. S.U. 26-1-2011 n. 1774, Cass. S.U. 25-3-2013 n. 7382 . Tali principi, peraltro, sono stati affermati anche alla luce della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari, ratificata in Italia con l. n. 804 del 1967, v. Cass. S.U. 21-4-1995 n. 4483, Cass. S.U. 20-4-1998 n. 4017, Cass. S.U. 27-5-1999 n. 313, Cass. S.U. n. 7382/2013 cit., concernenti l'applicazione dell'art. 43 della detta Convenzione , mentre è stato precisato che l'art. 31 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche, resa esecutiva in Italia con la stessa legge n. 804 citata, fa riferimento all'agente diplomatico in proprio e non agli Stati esteri o alle loro rappresentanze v. Cass. S.U. 27-11-2002 n. 16830 . Orbene, come è stato altresì da ultimo chiarito da queste Sezioni Unite v. Cass. S.U. 18-4-2014 n. 9034 , premesso che la questione in esame, concernente l'ambito della immunità relativa o ristretta , riguarda direttamente il diritto internazionale pubblico, al quadro finora delineato devono aggiungersi sia le sentenze della Corte Europea dei diritti dell'uomo intervenute in materia v. sentenze in caso Cudak c. Lituania del 23-3-1010, Guadagnino c. Italia e Francia del 18-1-2011 e Sabeh El Leil c. Francia del 29-6-2011 , sia la adesione dell'Italia alla Convenzione di New York del 2 dicembre 2004, da ultimo sopravvenuta con legge del 14-1-2013 n. 5. Seppure, infatti, l'entrata in vigore della nominata Convenzione non sia immediata v. art. 30 e sia anche prevista la non retroattività della stessa art. 64 , non può trascurarsi che con le citate sentenze la Corte Europea, in sostanza, ha affermato che l'art. 11 della detta Convenzione riflette l'evoluzione del diritto consuetudinario nella materia e rileva anche come parametro della compatibilità dell'immunità giurisdizionale dello Stato convenuto con le garanzie del giusto processo. In particolare, con la sentenza Guadagnino la Corte Europea ha affermato che poiché i principi sanciti dall'art. 11 della Convenzione del 2004 sono parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, essi impegnano l'Italia e la Corte ne deve tener conto, nel momento in cui appura se il diritto di accesso ad un tribunale sia stato rispettato . Pertanto tali principi non possono essere trascurati anche nella presente sede. Orbene il citato art. 11 Contratti di lavoro prevede al paragrafo 1. che Sempre che gli Stati interessati non convengano diversamente, uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell'altro Stato al paragrafo 2, che Il paragrafo 1 non si applica se a l'impiegato è stato assunto per adempiere funzioni particolari nell'esercizio del potere pubblico b l'impiegato è I un agente diplomatico ai sensi della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche II un funzionario consolare ai sensi della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari III un membro del personale diplomatico di una missione permanente presso un'organizzazione internazionale, o di una missione speciale, oppure è assunto per rappresentare uno Stato in occasione di una conferenza internazionale o IV una persona diversa che beneficia dell'immunità diplomatica c l'azione ha per oggetto l'assunzione, la proroga del rapporto di lavoro o il reinserimento di un candidato d l'azione ha per oggetto il licenziamento o la risoluzione del contratto di un impiegato e se, secondo il parere del capo dello Stato, del capo del governo o del ministro degli affari esteri dello Stato datore di lavoro, tale azione rischia di interferire con gli interessi dello Stato in materia di sicurezza e l'impiegato è cittadino dello Stato datore di lavoro nel momento in cui l'azione è avviata, sempre che non abbia la residenza permanente nello Stato del foro o f l'impiegato e lo Stato datore di lavoro hanno convenuto diversamente per scritto, fatte salve considerazioni d'ordine pubblico che conferiscono ai tribunali dello Stato del foro la giurisdizione esclusiva in ragione dell'oggetto dell'azione . In sostanza, come è stato evidenziato anche dalla Corte Europea, in via di principio in materia di contratti di lavoro non è applicabile la immunità giurisdizionale dello Stato estero. Tuttavia sussistono diverse eccezioni a tale principio, specificamente elencate nel citato art. 11 della Convenzione di New York eccezioni da considerare, anch'esse, come parte integrante del diritto consuetudinario internazionale , pur nella non immediata applicazione diretta della detta Convenzione v. Cass. S.U. n. 9034/2014 cit. . Orbene osserva il Collegio che, nel caso in esame, seppure la controversia riguardi aspetti soltanto patrimoniali pretese differenze retributive e seppure non ricorra alcuna delle ipotesi di cui alle lettere dalla a alla e dell'art. 11 della Convenzione di New York citate essendo, in specie, il L. - cittadino italiano - un semplice impiegato consolare e non un agente diplomatico o un funzionario consolare o un membro del personale diplomatico di una missione permanente o un rappresentante di uno Stato in occasione di una conferenza internazionale o una persona diversa che beneficia dell'immunità diplomatica , e non risultando che lo stesso sia stato assunto per adempiere funzioni particolari nell'esercizio del potere pubblico . , certamente, comunque, ricorre l'ipotesi già eccepita dall'Ambasciata degli EAU nella memoria di costituzione in primo grado e ribadita in appello e nell'odierno controricorso della deroga convenzionale provata per iscritto in causa vertente su diritti disponibili v. art. 4 comma, 2 legge, 218/1995 , ipotesi, del resto, ora prevista anche dalla lettera f del citato art. 11 della convenzione di New York. Nella fattispecie, infatti, concernente pretese tutte disponibili e suscettibili di conciliazione o transazione , il L. ha espressamente accettato e sottoscritto la deroga alla giurisdizione italiana in favore della giurisdizione degli Emirati Arabi uniti vedi lettera di assunzione del 1-7-1994 dove il L. dichiara di essere a conoscenza della applicabilità al presente rapporto della legge degli Emirati Arabi Uniti e della giurisdizione del giudice di tale Stato vedi contratti successivi del 1-1-1999 e del 19-7-2002 dove si stabilisce che il Tribunale degli Emirati Arabi Uniti è l'Autorità competente a giudicare qualsiasi disputa tra le due parti riguardanti l'interpretazione di questo contratto vedi contratto del 1-1-2006 dove si stabilisce che il rapporto di lavoro è soggetto esclusivamente alla legge dello Stato degli Emirati Arabi Uniti ed è demandato alla giurisdizione esclusiva del detto Stato . In tali sensi, e così correggendosi la motivazione dell'impugnata sentenza, va, quindi, respinto il ricorso. In considerazione, poi, della complessità delle questioni e della novità della giurisprudenza di questa Corte relativa ai principi di cui alla Convenzione di New York, le spese vanno compensate tra le parti. Infine, trattandosi di ricorso notificato successivamente al termine previsto dall'art. 1, comma 18, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della citata legge n. 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.