Soccombenza nel giudizio: condanna al pagamento degli oneri, e dell’imposta a questi relativa

L’obbligo al pagamento dell’IVA discende direttamente dalla condanna al pagamento delle spese processuali pertanto, sarà onere di chi contesta che tale prestazione aggiuntiva sia dovuta, superare la suddetta presunzione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22789, depositata il 27 ottobre 2014. Il fatto. Il Tribunale di Napoli convalidava lo sfratto per morosità nei confronti del conduttore, a seguito del mancato integrale pagamento di quanto dovuto alla scadenza del termine di grazia concessogli, e in particolare dell’IVA sulle spese di lite liquidate. La Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello, proposto dall’intimato, con cui contestava la sussistenza del debito IVA, ritenendo esistente in capo all’appellante l’obbligo al pagamento di tale imposta. Presunzione della doverosità del pagamento dell’IVA Interviene la Cassazione, su ricorso proposto dall’intimato, ribadendo il principio di diritto riportato dalla Corte territoriale, secondo cui, il soggetto soccombente in giudizio, condannato al pagamento degli oneri, è tenuto al pagamento dell’imposta a questi relativa unica eccezione si ha nell’ipotesi in cui il vincitore di causa abbia titolo a esercitare la detrazione dell’imposta stessa, in quanto soggetto passivo d’imposta, e la vertenza inerisca all’esercizio della sua attività d’impresa. Precisa la Cassazione che, come correttamente ricordato in sede d’appello, nel nostro ordinamento, vige la presunzione della doverosità del pagamento dell’IVA, ed è onere di chi contesta che tale prestazione aggiuntiva sia dovuta, per insussistenza dei presupposti di legge, superare la suddetta presunzione. Nel caso di specie, il ricorrente non dimostra, come avrebbe dovuto fare, che si verta in ipotesi in cui la controparte non dovrà sopportare il costo corrispondente all’IVA Pertanto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 27 ottobre 2014, numero 22789 Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. G.G. intimava sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida innanzi al Tribunale di Napoli a V.T Il Tribunale di Napoli emetteva ordinanza di concessione del termine di grazia ex art. 55 L. numero 392178, che così disponeva concede all'intimato il termine di giorni 90 da oggi per sanare la morosità mediante il versamento della somma di E 4.673,16 corrispondente alle causati di cui all'intimazione euro 5,00 per interessi legali, euro 70,00 per spese di causa, euro 300,00 per diritti ed euro 110,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A. . In seguito al mancato integrale pagamento di quanto dovuto alla scadenza del termine concesso, e in particolare dell'I.V.A. sulle spese di lite liquidate, il Tribunale, ritenendo persistente la morosità dell'intimato, convalidava lo sfratto. 2. Proponeva appello il T., contestando unicamente la sussistenza del proprio debito I.V.A. riteneva infatti che l'obbligo al pagamento dell'I.V.A. sulle spese legali al difensore non fosse ancora sorto a suo carico, in quanto sarebbe sorto soltanto nel momento in cui la parte vittoriosa avesse pagato o, quanto meno, dichiarato la propria intenzione di pagare tale imposta, mediante corresponsione del compenso al proprio difensore. La Corte d'Appello di Napoli ha rigettato l'appello, ritenendo sussistente in capo all'appellante l'obbligo al pagamento dell'I.V.A. ed evidenziando che tale imposta, la cui doverosità, secondo la Corte territoriale, discende direttamente dalla condanna al pagamento delle spese processuali, era stata vieppiù espressamente contemplata nell'ordinanza di concessione del termine di grazia. 3. Il ricorso è proposto con due motivi. L'intimato resiste con controricorso. Con il primo motivo di ricorso è denunciata falsa applicazione degli artt. 658 c.p.c., 91 c.p.c. e 18, comma 1 D.P.R numero 63311972, in relazione all'art. 360 numero 3 c.p.c., in quanto la Corte d'Appello di Napoli non avrebbe considerato che il pagamento dell'I.V.A. si sarebbe dovuto intendere sottoposto alla condizione della sua effettiva doverosità, scaturente dal versamento, o dalla dichiarazione dell'intenzione di procedervi, dell'imposta stessa al difensore. Al riguardo, il ricorrente ha richiamato alcuni precedenti della Cassazione numero 9904/2009, numero 6974/2007, numero 2529/2006, numero 9730/2000, numero 2387/1998, numero 74/2001, numero 10336/2009 che, a suo avviso, confermerebbero la tesi sostenuta. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 numero 5 c.p.c., per non avere la Corte preso in considerazione il motivo d'appello relativo alla necessaria effettiva doverosità dell'I.V.A. quale condizione dell'obbligo di pagamento dell'imposta stessa in particolare la Corte non avrebbe preso in esame la circostanza, dedotta in appello, che il resistente non ha mai prodotto in giudizio la ricevuta del pagamento delle spese legali, la nota spese dell'avvocato, non ha mai dichiarato di aver versato l'I.V.A. né di avere l'intenzione di procedere al versamento. 4. I motivi di ricorso pongono sotto i differenti profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, la stessa questione, che, per come risulta anche dai motivi d'appello, non involge la questione della rilevanza del pagamento dell'IVA ai fini della qualificazione in termini di morosità del comportamento del conduttore, onde procedere alla convalida di sfratto, ma esclusivamente l'aspetto della sussistenza in capo all'appellante, odierno ricorrente, del debito corrispondente nei confronti del locatore, già appellato, oggi resistente. I motivi, per come proposti, sono manifestamente infondati. Nel nostro ordinamento vige la presunzione della doverosità del pagamento dell'I.V.A., come correttamente affermato dalla Corte d'Appello di Napoli, ed è onere di chi contesta che tale prestazione aggiuntiva sia dovuta, per insussistenza dei presupposti di legge, superare la suddetta presunzione. I precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente, infatti, riguardano casi in cui tale imposta non era dovuta in quanto il soggetto destinatario dell'I.V.A. era soggetto passivo I.V.A. e, quindi, portava l'imposta in detrazione o rimborso. Nel caso di specie, al contrario, il ricorrente non deduce di essere in possesso dei requisiti che consentono l'esenzione dal pagamento dell'I.V.A. il T., infatti, non prospetta che il vincitore di causa abbia titolo ad esercitare la detrazione dell'imposta in quanto soggetto passivo I.V.A., né che la vertenza inerisca l'attività di impresa del resistente. Gli argomenti avanzati dal ricorrente, contrariamente a quanto lamentato con il denunciato vizio di motivazione, sono stati presi in considerazione dalla Corte d'Appello, la quale, tuttavia, ha concluso per la loro irrilevanza in virtù dell'enunciato principio di diritto per cui il soggetto soccombente in giudizio, condannato al pagamento degli oneri, è tenuto al pagamento dell'imposta a questi relativa unica eccezione si ha nell'ipotesi in cui il vincitore di causa abbia titolo a esercitare la detrazione dell'imposta stessa, in quanto soggetto passivo d'imposta, e la vertenza inerisca all'esercizio della sua attività di impresa . In conclusione, si propone il rigetto dei ricorso. . La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensore. Non sono state presentate conclusioni scritte. Parte ricorrente ha depositato memoria. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Con la memoria depositata prima dell'adunanza parte ricorrente, sostiene dovrebbe essere esclusa la presunzione dell'obbligo del pagamento dell'IVA a carico della parte soccombente in favore di quella vincitrice. Cita, a sostegno del proprio assunto, i precedenti costituiti da Cass. numero 2474/12 e numero 13659/12. Aggiunge che, per di più, nel caso di specie, la corresponsione dell'IVA era stata disposta non in favore dell'avvocato distrattario, ma in favore della parte e che vi potrebbero essere numerose ipotesi per le quali quest'ultima non dovrebbe corrispondere l'IVA al suo procuratore in giudizio. Le osservazioni non colgono nel segno. Per come già detto nella relazione, spetta a colui che pretende di non pagare l'IVA dimostrare che si verta in ipotesi in cui la controparte non dovrà sopportare il costo corrispondente. In tale senso sono i precedenti sopra citati, nei quali era acclarato che il cliente dell'avvocato, fosse soggetto passivo di IVA, abilitato a detrarre l'imposta. Siffatta eventualità, nel caso concreto, avrebbe dovuto essere dimostrata dall'odierno ricorrente. Questi, invece, anche in memoria, fa delle mere ipotesi di non debenza dell'IVA da parte dell'odierno resistente, senza tuttavia nemmeno affermare che una di tali ipotesi ricorra effettivamente e che tale circostanza di fatto sia emersa e sia stata oggetto di dibattito processuale nei gradi di merito. L'ulteriore questione posta nella memoria, per la quale lo sfratto non avrebbe potuto essere convalidato per la sola ragione che il conduttore, cui era stato concesso il termine di grazia, non avesse pagato l'IVA, non è stata posta in tali termini con i motivi del ricorso, per come già rilevato con la memoria né risulta che, negli stessi termini, sia stata oggetto di uno specifico motivo d'appello. La novità la rende perciò inammissibile. Il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dell'art. 13 del D.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nell'importo complessivo di £ 5.200,00, di cui £ 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d. P.R. numero 115 dei 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a nonna del comma 1 bis dello stesso art. 13.