Cantiere fastidioso per l’automobilista che affronta l’incrocio: meglio esser prudenti…

Condanna in via definitiva per non aver utilizzato la necessaria prudenza, provocando così un incidente con un altro veicolo. Irrilevante la provenienza da destra. Di fronte ai problemi causati dal cantiere, che copriva parzialmente la visuale del conducente, è necessario adottare una maggiore prudenza nell’approssimarsi all’incrocio.

Quasi superato l’incrocio stradale, quando, all’improvviso, si verifica l’impatto tra due automobili. Bilancio positivo, per fortuna solo danni ai veicoli. Ciò, però, non rende meno grave la responsabilità del conducente a cui viene addebitato il bruttissimo scontro egli, difatti, viene sanzionato per avere affrontato l’incrocio con leggerezza, fidandosi della propria ‘precedenza’ e ignorando l’ostacolo – un cantiere – che gli ostruiva parzialmente la visuale Cassazione, ordinanza n. 22358, sez. VI Civile, depositata oggi . Scontro. Nessun equivoco possibile sul verbale ‘firmato’ dai Carabinieri all’automobilista è stata contestata la violazione della normativa del c.d.s. in materia di precedenza”. Egli, in sintesi, conducendo un veicolo e approssimando all’intersezione con una strada statale, non ha usato la massima prudenza al fine di evitare incidenti, causando un sinistro stradale senza feriti . Tale visione viene condivisa dai giudici di merito, i quali ritengono assolutamente legittimo il verbale ciò perché la manovra posta in essere dall’automobilista non era stata prudente , avendo egli stesso riconosciuto di non avere visto il veicolo arrivare a causa del cantiere stradale situato proprio attaccato all’uscita della stradina da lui percorsa. E, aggiungono i giudici, comunque anche una collisione verificatasi , come in questo caso, nel momento in cui l’area di intersezione stava per essere integralmente superata può essere indicativa dell’inosservanza dell’obbligo di massima prudenza . Visuale. A ‘sigillare’ la legittimità del verbale provvedono ora i giudici della Cassazione, respingendo le obiezioni mosse dall’automobilista e fondate anche sul punto esatto della collisione e sul fatto che egli aveva già impegnato l’opposta corsia . Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, a essere decisive sono proprio le parole pronunciate dall’automobilista subito dopo l’incidente è stato proprio lui a dire di non avere visto arrivare l’altro veicolo a causa del cantiere stradale posto attaccato all’uscita della stradina che stava percorrendo , dando conferma così della imprudenza della manovra di immissione, che mai deve essere effettuata in condizione di assenza di visibilità rispetto ai veicoli che possono sopraggiungere. Tale comportamento è sufficiente, ribadiscono i giudici, per confermare la condanna dell’automobilista, che non può utilizzare come appiglio difensivo la propria provenienza da destra , perché l’eventuale diritto di precedenza non esime dall’obbligo di prudenza .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 13 maggio – 22 ottobre 2014, n. 22358 Presidente Bianchini – Relatore Proto Il relatore nominato per l'esame del ricorso ha depositato la relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. nella quale ha esposto le ragioni di manifesta infondatezza del ricorso e ha concluso per il suo rigetto_ Il ricorso è stato fissato per l'esame in camera di consiglio ed è stata effettuata la comunicazione alle parti costituite. Il ricorrente ha depositato memoria. Nella relazione il relatore ha rilevato quanto segue. Osserva in fatto e In diritto 1. Con ricorso del 24/4/2010 D.V.G. impugnava davanti al GdP di Bolzano il verbale con il quale i carabinieri della stazione C.C. di Caldano gli avevano contestato la violazione dell'art. 145 CdS perché, conducendo un veicolo e approssimandosi all'intersezione con la strada statale 12 non usava la massima prudenza al fine di evitare incidenti, causando un incidente stradale senza feriti. Il GdP con sentenza del 13/4/2011 rigettava l'opposizione. La sentenza era appellata dal D.V. c l'appello era rigettato dal Tribunale di Bolzano con sentenza del 6/11/2012. Il Tribunale rilevava - che l'accertamento della violazione dell'obbligo, per il conducente, di usare la massima prudenza nell'approssimarsi ad un incrocio non dipende dal punto in cui si verifica l'incidente perché anche una collisione verificatasi nel momento in cui l'area di intersezione stava per essere integralmente superata può essere indicativa dell'inosservanza dell'obbligo di massima prudenza - che la manovra posta in essere dal D.V. non era stata prudente come imposto dalla norma perché egli stesso, nell'immediatezza dei fatti, aveva dichiarato di non avere visto il veicolo arrivare a causa del cantiere stradale situato proprio attaccato all'uscita della stradina - che non corrisponde al canone della massima prudenza porre in essere una manovra di immissione nel flusso della circolazione in condizioni di mancanza di visibilità dei veicoli che sopraggiungono, dovendo, in tal caso, il conducente astenersi o farsi assistere. D.V. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero della Difesa si è costituito con l'Avvocatura Generale al fine di partecipare alla discussione orale, senza proporre controricorso. 2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 145 CdS, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente sostiene - che sarebbe stato rilevante accertare il punto esatto della collisione tra i due veicoli - che l'altro veicolo aveva subito danni nella parte anteriore sinistra a conferma che l'incidente si sarebbe verificato a linea di mezzeria superata e quando aveva già impegnato l'opposta corsia - che non sarebbe condivisibile l'affermazione secondo la quale non rileva accertare se la strada dalla quale egli proveniva fosse pubblica o privata - che non sarebbe stata considerata la testimonianza del suo trasportato che aveva descritto tutte le fasi di immissione e che ha affermato che l'auto che sopraggiungeva non era stata vista perché doveva avere i fari spenti perché non aveva visto il riflesso dei fari - che non poteva essere accordata valenza probatoria alle sue dichiarazioni, rilasciate nell'immediatezza dell'incidente perché era un giovane solo e lontano dalla famiglia e in stato di comprensibile confusione e agitazione erano dichiarazioni generiche e apparivano un po' forzate - che non erano state raccolte, nel verbale di contestazione, le dichiarazioni della conducente del veicolo antagonista e la contravvenzione era stata elevata solo a lui. 2.1 II motivo è inammissibile quanto al vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. il fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti è costituito dal non avere adottato la massima prudenza nell'impegnare l'intersezione e su questo il giudice di appello non ne ha omesso l'esame, ma lo ha correttamente esaminato osservando la dichiarazione dello stesso D.V. di non avere visto arrivare l'altro veicolo a causa del cantiere stradale posto attaccato all'uscita della stradina che stava percorrendo dimostrava l'imprudenza della manovra di immissione che mai deve essere effettuata in condizione di assenza di visibilità. Ove si ritenga di potere invece esaminare il motivo nel merito, se ne deve rilevare la manifesta infondatezza in quanto il giudice di appello ha ben motivato rilevando che la manovra di immissione nel flusso di circolazione non poteva dirsi prudentemente eseguita in assenza della possibilità di vedere i veicoli che sopraggiungevano. Gli argomenti diretti ad azzerare la valenza probatoria delle dichiarazioni dello stesso contravventore costituiscono mere affermazioni, prive di rilevanza, relative ad uno stato di disagio per la lontananza dalla famiglia e ad uno stato di agitazione che oltre a non potersi ritenere provato tenuto conto che si è trattato di un semplice incidente senza feriti neppure spiega perché il D.V. avrebbe dovuto rendere dichiarazioni contrarie al vero. Il ricorrente non può dolersi del fatto che non risultino a verbale le dichiarazioni dell'altro conducente perché la circostanza non attiene alla motivazione della sentenza. Ne discende che non sussiste neppure la violazione dell'art. 145 CdS perché il giudice del merito ha correttamente ricondotto la condotta accertata alla fattispecie sanzionata dalla norma e non sussiste la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in quanto il giudice del merito ha deciso sulla base di elementi probatori decisivi, non essendo tenuto dal conto di tutte le risultanze istruttorie. 3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce nuovamente la violazione e falsa applicazione dell'art. 145 CdS, e l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonché la nullità della sentenza e del procedimento. Egli sostiene - che i vizi della motivazione sarebbero di tale gravità da incidere sulla stessa esistenza della motivazione, intesa come motivazione non meramente apparente o non palesemente illogica - che il giudice di appello avrebbe trascurato elementi determinanti quali la testimonianza del suo passeggero teste Laurentis , il punto di impatto, il fatto che egli proveniva dalla destra, il fatto che l'altro veicolo non era stato visto perché doveva viaggiare a fari spenti - che l'art. 145 comma 1 CdS non può essere interpretato nel senso che è sufficiente che un incidente si verifichi ad un incrocio per farne derivare la sanzionabilità dei conducenti. 3.1 Il motivo è manifestamente infondato. La sentenza, come detto, è stata motivata con una motivazione del tutto esaustiva, essendosi accertato che il D.V., pur provenendo da destra, si immetteva sulla strada statale senza avere la possibilità di vedere il sopraggiungere dell'altro veicolo con il quale veniva a collisione. Questo comportamento integra sicuramente la violazione contestata, rispetto alla quale non rileva la provenienza da destra perché l'eventuale diritto di precedenza non esime dall'obbligo di prudenza. La testimonianza del passeggero, per come riportata in ricorso, non apporta elementi di rilievo non costituendo neppure prova che effettivamente l'altro conducente procedesse a fari spenti tale non potendosi considerare la dichiarazione di non avere visto il riflesso dei fari . Il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore. In particolare, con riferimento alle argomentazioni ulteriormente sviluppate dal ricorrente nella memoria, si osserva che trattasi di argomenti che attingono la valutazione del materiale probatorio che i giudici del primo e del secondo grado hanno invece adeguatamente valutato la Corte di appello ha dato conto delle contestazioni dell'appellante v. pag 2 e 3 della sentenza di appello e tuttavia ha valutato come imprudente la manovra di immissione sulla carreggiata da parte del conducente che ha ammesso di non avere visto arrivare l'altro veicolo a causa del cantiere stradale posto proprio all'uscita della stradina pag. 4 della sentenza e ha altresì richiamato un precedente di questa Corte Cass. 13/7/2006 n. 15928 secondo il quale anche una collisione che si verifichi quando l'area di intersezione stia per essere interamente attraversata può essere indicativa del fatto che, avvicinandosi al crocevia, il conducente non ha osservato l'obbligo di usare la massima prudenza in altri termini, la relative circostanza non integra, pertanto, un elemento logico idoneo di per sè ad escludere la sussistenza della violazione che, inoltre, è indipendente da eventuali responsabilità dell'altro conducente coinvolto. Pertanto il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo limitatamente al compenso dovuto oltre a spese prenotate a debito per la mera costituzione dell'Avvocatura che non ha svolto ulteriori attività difensive, seguono la soccombenza del ricorrente. Il ricorso è stato notificato prima del 31/1/2013 e pertanto non sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente D.V.G. a pagare al Ministero della Difesa le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in euro 200,00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Non sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002.