La clausola di esonero da responsabilità presuppone la prova della volontà contraria

Il proprietario del veicolo, il quale intenda sottrarsi alla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., non può limitarsi a provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso, ma deve dimostrare che la stessa abbia avuto luogo contro la sua volontà.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22318, depositata il 21 ottobre 2014. Il fatto. La proprietaria di un ciclomotore, con ricorso in opposizione censurava la legittimità dei verbali emessi dai Carabinieri, con i quali le veniva contestata la violazione degli artt. 116, comma 13 bis , 193, commi 1 e 2, e 97, commi 8 e 14, c.d.s La ricorrente rispondeva in solido per gli illeciti commessi da un amico del figlio a cui lo stesso aveva consegnato il motorino, il quale era stato fermato alla guida del ciclomotore sprovvisto del certificato di idoneità tecnica, della copertura assicurativa e della targa identificativa del mezzo. L’Ufficio territoriale del Governo di Chieti si costitutiva, insistendo per il rigetto del ricorso. Il Giudice di pace rigettava il ricorso a causa della mancata prova, da parte dell’opponente, della circolazione del veicolo contro la sua volontà. La proprietaria del veicolo proponeva appello al Tribunale dell’Aquila che, avallando le argomentazioni del giudice di primo grado, riteneva il gravame infondato. Ricorre quindi in Cassazione la proprietaria del veicolo, lamentando violazione degli artt. 196 c.d.s. e 6 l. n. 689/1981 e un vizio di motivazione, poiché il Tribunale non avrebbe ritenuto provata dall’odierna ricorrente la circostanza della circolazione contro la sua volontà, sebbene gli elementi di fatto introdotti in giudizio deponessero nel senso opposto. Presunzione di responsabilità del proprietario del mezzo. Interviene sul punto la Corte di Cassazione sostenendo che l’art. 196 c.d.s., sulla scorta del principio generale affermato dall’art. 6 l. n. 689/1981, estende al proprietario del veicolo l’obbligo al pagamento delle sanzioni pecuniarie per gli illeciti commessi da altri soggetti tramite quel mezzo. Lo stesso art. 196 c.d.s., poi, consente al proprietario del veicolo di esonerarsi da questa presunzione di responsabilità allorché riesca a dimostrare che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la sua volontà. Tale costruzione della fattispecie è mutuata letteralmente dall’art. 2054, comma 3, c.c., il quale disciplina l’ipotesi del danno aquiliano cagionato dalla circolazione di veicoli. La clausola di esonero In tale ambito, la giurisprudenza della Suprema Corte, ha chiarito la portata della clausola di esonero da responsabilità, affermando che il proprietario del veicolo non può limitarsi a provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso, ma deve dimostrare che la stessa abbia avuto luogo contro la sua volontà, il che postula che la volontà contraria si sia manifestata in un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione ed estrinsecandosi in fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate. Nel caso in esame, correttamente i giudici di merito hanno negato valenza probatoria tanto alla circostanza che il ciclomotore si trovasse in locale adiacente all’abitazione della ricorrente, quanto al fatto che il conducente del mezzo fosse a conoscenza dell’assenza di targa e copertura assicurativa. La precisa volontà di non consentire l’uso del mezzo. Sostiene la Corte che entrambi i dati, forniti a sostegno della sua mancata responsabilità dalla ricorrente, non postulano l’esistenza di quelle cautele adeguate, impiegate per evitare la circolazione del motorino, che sarebbero state necessarie, quali l’occultamento delle chiavi o tutte le altre misure idonee a dimostrare la precisa volontà di non consentire l’utilizzo del mezzo. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto non inficiato da vizi logici l’ iter seguito dal Tribunale, ed ha pertanto deciso per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 25 giugno – 21 ottobre 2014, numero 22318 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto 1 Alle parti è stata comunicata, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. relazione preliminare che, formalmente emendata, di seguito sostanzialmente si riproduce. 1.1 Con ricorso in opposizione depositato in data 20.3.2009, D.N.C. censurava la legittimità dei verbali numero omissis e numero omissis , emessi dal Nucleo operativo e radiomobile dei Carabinieri di Chieti, con i quali le veniva contestata la violazione degli artt. 116, comma 13 bis, 193, commi 1 e 2, e 97, commi 8 e 14, del Codice della strada. La ricorrente rispondeva quale obbligata in solido, in qualità di proprietaria di un ciclomotore Piaggio SP 50, per gli illeciti commessi da S.C. quest'ultimo, a cui era stato consegnato il motorino da parte del figlio della ricorrente, era stato fermato alla guida del ciclomotore della D.N. , sprovvisto del certificato di idoneità tecnica, della copertura assicurativa e della targa identificativa del mezzo. L'Ufficio Territoriale del Governo di Chieti si costituiva in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso. Il giudice di pace di Francavilla, con sentenza pubblicata il 25.2.2010, rigettava il ricorso, a causa della mancata prova, da parte dell'opponente, della circolazione del veicolo contro la sua volontà. Mediante atto di citazione notificato all'UTG di Chieti e al Ministero dell'Interno, D.N.C. proponeva appello. Il Ministero dell'Interno e l'UTG di Chieti si costituivano in giudizio, domandando la conferma della sentenza impugnata. Il tribunale dell'Aquila, con sentenza del 4.4.2012, riteneva infondato il gravame, avallando le argomentazioni utilizzate dal giudice di primo grado. D.N.C. ha proposto ricorso per cassazione, notificato al Ministero dell'Interno e all'UTG di Chieti in data 18/19.4.2013, e articolato su due motivi. Il Ministero dell'Interno e l'UTG di Chieti, rappresentati dall'Avvocatura Generale dello Stato, hanno resistito con controricorso. 2 Con il primo motivo di ricorso, D.N.C. lamenta la violazione degli artt. 196 Cds e 6 1.689/81, in quanto sia il giudice di pace che il tribunale sarebbero incorsi in un'evidente petizione di principio nel far derivare la mancata prova sulla circolazione del ciclomotore contro la volontà del proprietario dal fatto stesso dell'avvenuto utilizzo del mezzo. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia un vizio di motivazione, poiché il tribunale dell'Aquila non avrebbe ritenuto provata dall'odierna ricorrente la circostanza della circolazione contro la sua volontà, sebbene gli elementi di fatto introdotti in giudizio deponessero nel senso opposto. 2.1 Preliminarmente, va rilevato che, nonostante il verbale impugnato dalla ricorrente sia stato formato dai carabinieri, la legittimazione passiva a stare in giudizio non spetta necessariamente al Ministero della Difesa, cui risponde il corpo dei carabinieri, ma al Ministero dell'Interno a tal proposito, l'articolo 11 CdS dispone che ai servizi di polizia stradale, tra cui rientra la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale comma 1, lett. a , provvede il Ministero dell'Interno cfr. Cass. 17189/2007 . 2.2 Nel merito, i due motivi possono essere trattati congiuntamente. Entrambi paiono prospettare, nonostante il nomen iuris utilizzato dalla ricorrente per il primo, un vizio di omessa o insufficiente motivazione. L'articolo 196 CdS, sulla scorta del principio generale affermato dall'articolo 6 l.689/81, estende al proprietario del veicolo l'obbligo al pagamento delle sanzioni pecuniarie per gli illeciti commessi da altri soggetti tramite quel mezzo un'obbligazione a titolo solidale con l'effettivo autore della violazione. Lo stesso articolo 196 consente al proprietario del veicolo di esonerarsi da questa presunzione di responsabilità allorché riesca a fornire la prova che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la sua volontà. Tale costruzione della fattispecie è mutuata letteralmente dall'articolo 2054, comma numero 3, c.c., il quale disciplina l'ipotesi del danno aquiliano cagionato dalla circolazione di veicoli. In tale ambito, la giurisprudenza di questa Corte, con considerazioni estensibili anche agli illeciti previsti dal CdS, ha chiarito la portata della clausola di esonero da responsabilità Il proprietario del veicolo, il quale intenda sottrarsi alla presunzione di responsabilità prevista dal terzo comma dell'articolo 2054 c.c., non può limitarsi a provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso invito domino , ma deve dimostrare che la stessa abbia avuto luogo contro la sua volontà prohibente domino , il che postula che la volontà contraria si sia manifestata in un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione ed estrinsecatosi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate Cass. 15521/2006 Cass. 15478/2011 . Inoltre, la valutazione della diligenza del proprietario e della sufficienza dei mezzi adottati per impedire la circolazione del veicolo deve essere compiuta secondo un criterio di normalità ed in relazione al caso concreto e che il relativo accertamento è rimesso al giudice di merito, il cui giudizio, se adeguatamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità Cass. 15521/2006 . Nel caso in esame, sia il giudice di pace che il tribunale hanno logicamente inferito da alcuni elementi di fatto la mancata adozione di quei comportamenti necessari a inibire la circolazione del ciclomotore a il figlio della ricorrente, B.M. , aveva prelevato il veicolo, per farlo visionare a S.C. , senza alcuna difficoltà b il ciclomotore era privo di assicurazione obbligatoria e del certificato di circolazione, perché smarrito, come da denuncia mostrata agli agenti di conseguenza, la ricorrente avrebbe dovuto vigilare in maniera ancor più pregnante, per evitare che il figlio utilizzasse un mezzo che non poteva circolare. 2.3 Inoltre, correttamente i giudici di merito hanno negato valenza probatoria tanto alla circostanza che il ciclomotore si trovasse in locale adiacente all'abitazione della ricorrente, quanto al fatto che S.C. , potenziale acquirente del mezzo, fosse a conoscenza dell'assenza di targa e copertura assicurativa infatti, entrambi questi dati non postulano l'esistenza di quelle cautele adeguate, impiegate per evitare la circolazione del motorino, che sarebbero state necessarie, quali l'occultamento delle chiavi o tutte le altre misure idonee a dimostrare la precisa volontà di non consentire l'utilizzo del mezzo. Alla luce di queste considerazioni, l'iter logico seguito dal tribunale, esternato in motivazione, non è inficiato da vizi logici. 3 11 Collegio condivide queste considerazioni, rimaste prive di controdeduzioni, sebbene la relazione preliminare sia stata ritualmente notificata. 3.1 Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, unitariamente liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia, secondo il d.m. 55/14, in favore delle amministrazioni congiuntamente costituitesi. Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione alle amministrazioni costituite delle spese di lite liquidate in Euro 500 per compenso, oltre accessori di legge e rimborso delle spese prenotate a debito. Al sensi dell'articolo 13, comma 1 quater,del d.p.r. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1 comma 17 legge numero 228/2012, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.