Banca sotto esame: dai compiti della Commissione a quelli del Direttorio

E’ osservato il principio di distinzione delle funzioni per l’applicazione di sanzioni in materia di t.u.b., se il Direttori, su proposta dell’Avvocato generale della Banca d’Italia, ritenga del tutto corretta ed esaustiva l’istruttoria espletata, recependo la proposta della Commissione per l’esame delle irregolarità.

E’ quanto emerge dall’ordinanza n. 20042 della Corte di Cassazione, depositata il 24 settembre 2014. Il caso. La Banca d’Italia avviava una procedura sanzionatoria nei confronti di una banca, ritenendo sussistente le violazioni riscontrate durante le verifiche ispettive, dalle quali erano emerse diverse irregolarità, tra cui carenze organizzative nei controlli interni e nella gestione del credito da parte del C.d.A. carenze nei controlli da parte dei componenti del Collegio sindacale e violazione della normativa in materia di contenimento dei rischi. La proposta della Commissione al Direttorio. Successivamente, la Commissione riteneva sussistenti tutte le violazioni predette e formulava al Direttorio una proposta di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. La Banca d’Italia, quindi, irrogava sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei membri del C.d.A., del Direttore e del Collegio sindacale. La banca adiva, quindi, la Corte d’appello che respingeva integralmente il ricorso. La soccombente ricorreva, allora, in Cassazione. Era stata rispettata la procedura sanzionatoria? Con un primo motivo lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 145 t.u.b. procedura sanzionatoria . Il motivo è , però infondato. Rileva la Cassazione, che correttamente i Giudici territoriali avevano esplicitamente respinto la doglianza, motivando che contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’ispezione aveva verificato, nell’attualità, come gli organi aziendali della banca non avessero realizzato iniziative adeguate, per superare le criticità rilevate anni prima. Nessun difetto nella motivazione. Con un secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto inerenti la motivazione della Corte d’appello. Anche questo secondo motivo è infondato. Il ricorrente, difatti, lamenta del tutto genericamente una inadeguata motivazione dei Giudici territoriali. Il decreto della Corte territoriale si mostra completo ed esaustivo. La Corte aveva inoltre motivato la decisione ricordando che la separazione fra la funzione istruttoria e la funzione decisoria è stata assicurata dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 473798/2006 G.U. 108/2006 . Il principio di distinzione delle funzioni. I Giudici di merito hanno anche ribadito la legittimità del modello procedurale sanzionatorio adottato dalla Banca d’Italia, con riferimento all’art. 145 t.u.b., confermata dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza n. 20930/20009. In particolare secondo i Giudici territoriali, nel caso in esame, è stato pienamente osservato il principio di distinzione delle funzioni per l’applicazione di sanzioni in materia di t.u.b. il Direttorio ha, su proposta dell’Avvocato generale della Banca d’Italia, ritenuto del tutto corretta ed esaustiva l’istruttoria fino ad allora espletata, recependo la proposta della Commissione per l’esame delle irregolarità. Sulla base di tali argomenti, la Corte Suprema rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 24 giugno – 24 settembre 2014, n. 20042 Presidente Di Palma – Relatore Bernabai Ritenuto in fatto - che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell'art. 380 bis cod. proc. civile `La Banca d'Italia avviava la procedura sanzionatoria nel confronti della Banca di Credito Cooperativo di Cagliari, ritenendo sussistenti le violazioni riscontrate durante le verifiche ispettive, svoltesi dal 9.2.2009 al 27.3.2009. tali verifiche avevano messo in luce le seguenti irregolarità carene nell'organizzazione, nei controlli interni e nella gestione del credito nei confronti dei componenti il Consiglio di amministrazione, dei componenti del Collegio di amministrazione e del Direttore - carente nei controlli da parte dei componenti del Collegio sindacale - violazione della normativa in materia di contenimento dei rischi e omessa segnalazione dei grandi rischi nei confronti dei componenti il Consiglio di Amministrazione, il Collegio sindacale e del Direttore. La Commissione per l'esame delle irregolarità rilevava inoltre la mancata adozione di misure correttive, rispetto alle ulteriori violazioni riscontrate in seguito alle ispezioni condotte alla fine del 2006, e accertate definitivamente dalla Corte di Appello di Roma, con decreto 5 marzo 2008. Con due distinte note del 26.6.2009, il M., quale Presidente del Consiglio di amministrazione, nonché la Banca di Credito Cooperativo di Cagliari, gli amministratori, i sindaci, e il Direttore in proprio formulavano istanza formale di accesso agli atti del procedimento sanzionatorio, con contestuale proroga dei termini per la presentazione delle controdeduzioni. A tale istanza rispondeva la Banca d'Italia, evidenziando le risultanze ispettive sono rappresentate nella parte costativi della relazione ispettiva, che è già stata consegnata integralmente agli esponenti aziendali che la restante parte del verbale ispettivo è coperta dal segreto d'ufficio, in forza della generale previsione dell'art. 7 t. u. b., che non sussistono ulteriori documenti, o atti, o comunicazioni, diversi dal rapporto ispettivo, che ineriscano alla procedura in questione e per quanto riguarda i termini per la presentazione delle controdeduzioni, considerate le esigenze difensive manifestate, si concede una proroga di 15 giorni”. Nella riunione del 3.2.2010, la Commissione, ritenendo sussistenti tutte le violazioni de quibus , formulava al Direttorio proposta per l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. Con il provvedimento n. 232 dell'1.4.2010, la Banca d'Italia irrogava sanzioni amministrative pecuniarie nel confronti dei membri del C. d. a., del Direttore, e dei membri del Collegio sindacale. In particolare, per quanto rileva in questa fase, condannava l'amministratore M. al pagamento di Euro 36.000,00. Con ricorso in opposizione, ai sensi dell'ad. 145 t u. b., datato 18 maggio 2010, il sig. Pietro M., Presidente del C.d.a., adiva la Corte di Appello di Roma e chiedeva - in via preliminare, di sospendere l'esecuzione del provvedimento impugnato - in via principale, di accertare che il Provvedimento era nullo, annullabile e/o revocabile - in via subordinata, di ridurre ad equo ammontare la sanzione amministrativa applicata. La Banca d'Italia si costituiva nel procedimento, contestando le deduzioni avversarie. La Corte di Appello di Roma, con decreto depositato il 26 febbraio 2011, respingeva integralmente il ricorso, condannando la ricorrente alla rifusone delle spese del giudizio. Avverso il suddetto provvedimento, il sig. M. proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Si costituiva la Banca d'Italia con controricorso. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 145 t. u. b. e dell'art. 24, primo comma, l. 28 dicembre 205 n. 262, come modificato dall'art. 4, terzo comma, `Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finan?fari' del d.lgs. 29 dicembre dei 2006, n. 303 art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. , perché il decreto della Corte di Appello di Roma non prende in alcuna considerazione le censure sollevate dall'opponente, odierno ricorrente, in ordine al fatto che l'ispezione del 2009, le cui risultanze sono riportate nelle Contestazioni, non ha neanche lontanamente preso in esame le risultanze della precedente ispezione del 2006, e che tali argomenti non potevano risultare oggetto di contestazione, di censura e di sanzione. Perciò il ricorrente assume che la difesa sul punto non si sia potuta espletare nella sua pienezza. Il motivo sembra infondato. La Corte di Appello di Roma ha esplicitamente respinto tale doglianza, già proposta nel primo motivo di appello, motivando che contrariamente a quanto affermato dal M. - l'ispezione del 2009 ha verificato, nell'attualità, come gli organi aziendali della BCC Cagliari non avessero posto in essere iniziative adeguate, per superare le criticità rilevate già tre anni prima, dando ampiamente atto, in sede di Proposta, delle controdeduzioni di merito dell'interessato, circa gli interventi seguiti post - verifica del 2006. Non si vede allora quale sia l error iuris in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa. Ogni altra questione, con riferimento alla ricostruzione dei fatti in distonia con quanto affermato dalla Corte territoriale, è questione afferente al merito, non sindacabile nella fase di legittimità. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta testualmente violazione e falsa applicazione di norme di diritto inerenti la motivazione della decisione della Corte di Appello' Il motivo sembra infondato. Il ricorrente lamenta, del tutto genericamente, una inadeguata motivazione della Corte di Appello con riferimento alle censure relative alla mancata analisi nella Proposta delle controdeduzioni presentate e alla mancanza di motivazione del Provvedimento finale. In realtà, il decreto della Corte territoriale si mostra completo ed esaustivo sul punto la deliberazione san fonatoria del Direttorio della Banca d'Italia, di cui trattasi, è stata motivata `per relationem , sulla base della Proposta della Commissione interna per l'esame delle irregolarità e che, in ogni caso, nella delibera impugnata, si è dato ampiamente conto delle controdeduzioni difensive dell'interessato con particolare riguardo alla contestazione delle disfunzioni rilevate in materia di erogazione del credito alla clientela ' . Soggiunge ulteriormente la Corte, nel proseguo del proprio iter motivazionale, che la separazione fra la funzione istruttoria e la funzione decisoria è stata assicurata dalla Banca d'Italia con il provvedimento n. 473798 del 27 aprile 2006 G. U. 108 dell'i 1.05.2006 recante Modalità organizzative per l'attuazione di tale principio. Viene inoltre ribadita la legittimità del modello procedurale sanzionatorio adottato dalla Banca d'Italia, con riferimento all'art. 145 tu. b., confermato dalle stesse Sezioni Unite, con sentenza n. 20930 del 2009. secondo 1 ,giudici distrettuali inoltre, nel caso di specie, è stato pienamente osservato il principio di distinzione delle funzioni per l'applicazione di sanzioni in materia di t. u. b. il Direttorio fa difatti, su conforme parere dell Avvocato generale della Banca d'Italia, ritenuto del tutto corretta ed esaustiva l'istruttoria fino ad allora espletata, recependo la proposta della Commissione per l'esame delle irregolarità. E' evidente come il vizio di motivazione non sussista nella specie. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta testualmente violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in punto di motivazione del decreto impugnato ulteriore profilo di illegittimità , poiché sarebbero stati violati i parametri di determinazione della misura delle sanzioni, previsti dall'art. 11 della/ 689/81 `Modifiche al sistema penale' . Il motivo sembra inammissibile. Con il presente motivo il ricorrente mira difatti a proporre questioni afferenti al merito, quale è la gradazione della sanzione, non censurabile nella fase di legittimità. Il ricorrente si limita, nel suo ricorso, a dolersi della sanzione pecuniaria comminatagli, senza un riferimento critico all'errore sul quantum e alla violazione che si sarebbe perpetrata alla legge di determinazione della stessa. E' evidente come l'improprio paragone con la sanzione a carico di altri soggetti non ha alcun rilievo nel caso di specie, perché il ricorrente avrebbe dovuto convincentemente dimostrare l'erroneità nella quantificazione della propria. La Corte di Appello ha chiarito, con una motivazione esaustiva ed esente da vizi logici, che la contestata reiterazione delle condotte è stata legittimamente valutata dalla Banca d'Italia in considerazione delle protratte carenze organizzative e di gestione del credito, ascrivibili alla BCC di Cagliari, già valutate nell'ispezione del 2006. La Corte territoriale ha dato inoltre atto della posizione egemone del Presidente del C. d. a. e ha correttamente motivato, con riferimento alla diversità del trattamento sanzionatorio fra i vertici della BCC, che non sia arbitraria e contraddittoria perché `in base al principio primario fissato dall'art. 3 l. 698/ 1981 in materia di illeciti amministrativi, ciascuno risponde del suo operato e che la personali!~!a.Zinne della sanzione non imponga, all'Organo che la commini, di procedere ad un motivato raffronto comparato delle varie posizioni e ad una omologazione della san ione pergli autori dell'illecito. Sotto entrambi i profili, della violazione di legge e della carenza di motivazione, il decreto della Corte di Appello di Roma si sottrae alle censure dedotte. - che la relazione è stata notificata ai difensori delle parti, che non hanno depositato memorie Considerato in diritto - che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l'accompagnano - che il ricorso dev'essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte. P.Q.M. - rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, liquidate in complessivi € 5.100,00, di cui € 5.000,00 per compenso e € 100,00 per spese, oltre alle spese forfettarie 15% e agli accessori di legge.