Straniero espulso e sotto processo penale: l’unica strada è una difesa da “pendolare”

Il cittadino straniero che ha subito un decreto di espulsione non può chiedere la sua sospensione, con la motivazione di doversi difendere in un procedimento penale a suo carico in corso. Il d.lgs. n. 286/1998, infatti, garantisce comunque allo straniero di rientrare temporaneamente in Italia per poter esercitare il suo diritto alla difesa.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19140, depositata oggi. Il caso. Una cittadina brasiliana si rivolgeva al gdp di Avellino per impugnare il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto, dopo che le era stata revocata la carta di soggiorno rilasciata per motivi familiari. La donna chiedeva sia l’annullamento del decreto, sia la sospensione a causa di un procedimento penale a cui, in quel momento era sottoposta. Essendo cessata la convivenza con il marito italiano, il gdp escludeva il divieto di espulsione, disciplinato dall’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 286/1998, ma sospendeva l’esecutività del decreto fino al termine del processo penale pendente. In caso contrario, per il gdp, il diritto della difesa della donna verrebbe menomato. Il Prefetto, però, non accettava la decisione e ricorreva in Cassazione, deducendo che questo potere di sospensione del provvedimento dovrebbe essere limitato solo ai cittadini di un altro Stato UE, ai sensi dell’art. 17, comma 5, d.lgs. n. 150/2011, non anche per quelli extracomunitari. Finalità sbagliata. La Cassazione accoglie il ricorso, aggiustando” però il tiro il potere che il gdp di Avellino ha esercitato, a differenza di quello previsto dall’art. 17, comma 5, d.lgs. n. 150/2011, non ha natura cautelare. Il giudice ha inteso tutelare l’effettività del diritto di difesa in un processo penale, ma si tratta di una decisione che non può essere presa neanche nel caso di allontanamento di cittadini europei, in quanto un potere del genere postulerebbe la temporanea inespellibilità” dell’interessato e, di conseguenza, l’illegittimità del decreto di espulsione. Ciò, però, non è previsto da alcuna norma. La difesa è comunque garantita. Anche i principi costituzionali sono salvi l’esercizio del diritto di difesa per la persona espulsa viene infatti garantito dalla disposizione dell’art. 17, d.lgs. n. 286/1998, secondo cui lo straniero ha la possibilità di rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza . Inoltre, sottolineano i giudici del ‘Palazzaccio’, è irrilevante che la firma sull’autorizzazione all’eventuale rientro sia apposta dal questore, invece che dal giudice. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta completamente il ricorso al gdp.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 6 maggio – 10 settembre 2014, numero 19140 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso Che nella relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. si legge quanto segue l. 1. - La sig.ra D.M., cittadina brasiliana, impugnò dinanzi al Giudice di pace di Avellino il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto della medesima città l'11 febbraio 2013 a seguito della revoca della carta di soggiorno rilasciatale per motivi familiari. La ricorrente chiese sia l'annullamento del decreto, sia la sospensione dello stesso essendo lei sottoposta a procedimento penale in Italia. Il Giudice di pace ha escluso l'applicabilità del divieto di espulsione di cui all'art. 19, comma 2 lett. c , d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, essendo cessata la convivenza della ricorrente con il marito italiano, ma ha comunque sospeso l'esecutività del decreto impugnato sino alla definizione del procedimento penale pendente a carico della ricorrente stessa, ritenendo che ciò s'imponga a garanzia dell'effettività del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato, nel giudizio penale. Il Prefetto di Avellino ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo di censura, cui non ha resistito l'intimata. 2. - Va preliminarmente rilevato che non risulta almeno dal fascicolo regolamentare eseguito, allo stato, il deposito dell'avviso di ricevimento della raccomandata relativa alla notifica del ricorso per cassazione all'intimata a mezzo del servizio postale. Ove l'omissione persista il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile Cass. Sez. Unumero 627/2008 . 3. - Quanto al merito del ricorso, con l' unico motivo di censura si denuncia violazione e falsa applicazione degli arti. 17 e 18 d.lgs. 1 ° settembre 2011, numero 150 e dell'art. 13, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, osservando che il potere del giudice di sospendere il provvedimento impugnato è previsto soltanto con riguardo all'allontanamento del cittadino di un altro stato dell'Unione europea art. 17, comma 5, d.lgs. numero 150 del 2011, cit. , non anche con riguardo all'espulsione del cittadino extracomunitario. 3.1. - La censura è fondata, anche se il ragionamento del ricorrente va meglio puntualizzato. Il potere di sospensione che il Giudice di pace ha ritenuto di esercitare, infatti, a differenza di quello di cui all'art. 17, comma 5, d.lgs. cit., non ha natura cautelare esso non ha alcun legame con l'esito del giudizio d'impugnazione in corso, di cui tenda ad assicurare la pratica operatività, ma è dichiaratamente rivolto a una finalità - la tutela dell'effettività del diritto di difesa in un processo penale - esterna a quel giudizio. Un siffatto potere non è dato al giudice neppure con riguardo all'allontanamento dei cittadini di paesi dell'Unione europea, postulando esso, in realtà, la temporanea inespellibilità dell'interessato, e dunque l'illegittimità del decreto di espulsione, che non è prevista da alcuna norma. Né può affermarsi che ciò contrasti con l'art. 24 Cost., dato che in caso di sottoposizione dell'espulso a procedimento penale in Italia l'esercizio da parte sua del diritto di difesa è assicurato dalla previsione di cui all'art. 17 d.lgs. numero 286 del 1998, essendo priva di rilievo la circostanza, a torto valorizzata dal Giudice di pace, che l'autorizzazione al rientro in territorio italiano sia rilasciata, in base a tale norma, dal questore e non direttamente dal giudice. che tale relazione è stata comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite che la parte ricorrente ha presentato memoria Considerato Che il Collegio condivide le considerazioni di cui sopra, precisando peraltro che l'avviso di ricevimento mancante è stato prodotto che pertanto il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato va cassato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell'art. 384, secondo comma ultima parte, c.p.c., con il rigetto del ricorso al Giudice di pace anche nella parte relativa alla richiesta di sospensione del decreto di espulsione che la particolarità della inedita questione affrontata giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio, sia di merito che di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso al Giudice di pace anche nella parte relativa alla richiesta di sospensione del decreto di espulsione e dichiara compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.