Straniero irregolare, ma “la casa è dove si trova il cuore”

L’art. 13, comma 2- bis , d.lgs. n. 286/1998 impone di tenere conto, ai fini del procedimento di espulsione, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, nonché della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 18608, depositata il 3 settembre 2014. Il caso. Il gdp di Cagliari respingeva il ricorso di un cittadino senegalese contro il decreto di espulsione emesso dal Prefetto nei suoi confronti ai sensi dell’art. 13, comma 2, lettera b , d. lgs. n. 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , in quanto non aveva chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, scaduto due anni prima. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 13, comma 2- bis , d.lgs. n. 286/1998. A suo giudizio, né il Prefetto né il gdp avevano tenuto conto dei suoi legami familiari e del suo inserimento sociale. Il ricorrente era, infatti, giunto in Italia nel 2004 per ricongiungersi al padre, divenuto cittadino italiano. Anche se in seguito si era distaccato dal padre, si era comunque integrato nel paese, con lo scopo di conservare l’unità del nucleo familiare, instaurando anche una stabile relazione con una ragazza italiana. Inoltre, non aveva precedenti o pendenze penali. Vincoli familiari. La Corte di Cassazione, analizzando la domanda, ricorda che l’art. 13, comma 2- bis , d. lgs. n. 286/1998 impone di tenere conto, ai fini del procedimento di espulsione, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, nonché della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine. La presenza irregolare non basta. Lo scopo della norma è di tutelare il diritto alla vita familiare dello straniero ogni volta che questo non sia in contrasto con prioritari interessi pubblici come nel caso dell’espulsione per pericolosità sociale . Perciò, l’espulsione andrebbe evitata se l’unico presupposto è quello della posizione irregolare. Nel caso di specie, invece, il gdp aveva ignorato i profili riguardanti il diritto alla vita privata del ricorrente, che pure li aveva dedotti in giudizio. Al contrario, il gdp si era limitato a considerare la non dimostrata titolarità di un documento valido per l’espatrio, di una stabile dimora dove essere rintracciato e di un lavoro che potesse garantirgli un reddito certo. Da ciò, derivava la sua decisione di espulsione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, rinviando la decisione al gdp di Cagliari.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 6 maggio – 3 settembre 2014, n. 18608 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso 1. - Il Giudice di pace di Cagliari respinse il ricorso del sig. M.N., cittadino del Senegal, avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti il 5 dicembre 2012 dal Prefetto della stessa città, ai sensi dell'art. 13, comma 2 lett. b , d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per non aver chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare scaduto il 15 giugno 2010. Il sig. N. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi. L'autorità intimata non ha svolto difese. Con relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. il Consigliere relatore ha ipotizzato l'accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il terzo e dichiarati inammissibili gli altri. La relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati della parti costituite. Non sono state presentate conclusioni scritte o memorie. Considerato 2. - Con il primo motivo si ripropone la censura di violazione dell'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. n. 286 del 1998 già proposta con l'impugnazione del decreto espulsivo. Si lamenta che né il Prefetto, né il Giudice di pace abbiano tenuto conto dei legami familiari e dell'inserimento sociale del ricorrente, il quale era giunto in Italia nel 2004 per ricongiungimento al padre, divenuto cittadino italiano, e, pur essendosi poi distaccato dal genitore per dissapori familiari, era intenzionato a conservare l'unità del suo nucleo familiare, si era integrato nel nostro paese, instaurando anche una stabile relazione sentimentale con una ragazza italiana, ed era privo di precedenti o pendenze penali. 2.1. - Il motivo è fondato. L'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. 286/98 prevede che nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a e b , nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine . La norma, introdotta dal d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, di attuazione della direttiva 2003/86/CE sul diritto al ricongiungimento familiare, tende a salvaguardare il diritto alla vita familiare dello straniero tutte le volte che esso non contrasti con prioritari interessi pubblici e infatti non trova applicazione nel caso di espulsione per pericolosità sociale ai sensi della lett. c dell'art. 13, comma 2, cit. . In funzione di tale diritto l'espulsione dev'essere evitata ancorché sarebbe consentita sul mero presupposto della posizione irregolare dello straniero. Nell'ordinanza impugnata manca invece del tutto una valutazione dei profili, indicati dalla norma in esame, inerenti al diritto alla vita privata familiare del ricorrente, il quale, pure, li aveva dedotti in giudizio nei termini più sopra esposti. Il Giudice di pace, infatti, si è limitato a motivare con riferimento alla non dimostrata titolarità, da parte del ricorrente, di un documento valido per l'espatrio, di una stabile dimora ove essere rintracciato, di un lavoro che gli garantisse un reddito certo, e ciò al solo fine di giustificare il suo immediato accompagnamento alla frontiera. 3. - Resta conseguentemente assorbito il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata assunzione delle prove testimoniali addotte per dimostrare il radicamento sociale del ricorrente in Italia. 4. - Il secondo e il quarto motivo di ricorso sono connessi e vanno perciò esaminati congiuntamente. 4.1. - Con il secondo motivo si denuncia la nullità dell'ordinanza impugnata perché vi si afferma che il giudice aveva accertato personalmente la conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente per averlo sentito personalmente all'udienza, nel cui verbale, però, non vi è traccia di tale audizione. 4.2. - Con il quarto motivo si denuncia violazione dell'art. 2, comma 6, d.lgs. n. 286 del 1998 riproponendo la censura di omessa traduzione del decreto espulsivo in lingua conosciuta dal destinatario. 4.3. - Quest'ultima censura è inammissibile. Il Giudice di pace, infatti, l'ha respinta osservando che il ricorrente conosceva l'italiano perché viveva in Italia dal 2004 e, data la sua giovane età e le relazioni personali e di lavoro che egli stesso adduceva di avere nel nostro paese, era da presumere con certezza che avesse imparato la nostra lingua, e del resto - ha aggiunto - lo stesso decidente ha rilevato che il cittadino straniero, presente all'udienza di comparizione e sentito personalmente, comprende la lingua italiana . L'accertamento della conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente è un accertamento di fatto, che il ricorrente avrebbe dovuto dunque censurare deducendo opportunamente un vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, primo comma n. 5, c.p.c. il che però non è avvenuto. Inammissibile è anche la censura di cui al secondo motivo, la quale si riferisce ad un passaggio della motivazione dell'ordinanza impugnata - quello sopra riportato testualmente - di mero rincalzo e privo di decisività. 5. - L'ordinanza impugnata va pertanto cassata, in accoglimento della censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, affinché valuti, assunte le prove eventualmente necessarie ed ammissibili, se l'espulsione debba essere esclusa in considerazione della natura e della effettività dei vincoli familiari del ricorrente, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo e inammissibili il secondo ed il quarto, cassa l'ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Cagliari in persona di altro magistrato.