Se la sentenza è scritta male e induce le parti a proseguire la lite, il rimborso è uno “sconto” sulle spese di giudizio

Quando le sentenze di primo e secondo grado mancano di nitore sintattico, chiarezza logica e struttura espositiva, inducendo in tal modo, anche incolpevolmente, le parti a coltivare la lite, le spese del giudizio di legittimità sono compensate integralmente tra le parti.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17960, depositata il 14 agosto 2014. Il caso. La controversia concerne un contratto di leasing, avente ad oggetto un natante, stipulato tra due società. In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda attorea dichiarando risolto il contratto e condannando la società convenuta alla restituzione dei canoni percepiti. In appello, la Corte territoriale riformava la decisione di primo grado sul presupposto che nessuna risoluzione automatica o giudiziale si fosse verificata né del contratto di vendita, né di quello di leasing. La sentenza d’appello veniva impugnata per cassazione dalla società attrice. Le sentenze poco chiare istigano” le parti alla lite. Nella parte del dispositivo dedicata alle spese di lite, la Corte di Cassazione rimprovera” indistintamente i colleghi di primo e secondo grado per la poca chiarezza delle sentenze emesse, decidendo di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio. Queste le parole dei Giudici di legittimità la circostanza che tanto la sentenza di primo grado, quanto quella di secondo grado, non brillino certo per nitore sintattico, chiarezza logica e struttura espositiva, e che tali carenze possano avere indotto le parti, anche incolpevolmente, a coltivare la lite, costituiscono un giusto motivo ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 aprile – 14 agosto 2014, n. 17960 Presidente Berruti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2004 la società MAV Television s.r.l. convenne dinanzi al Tribunale di Milano la società Locat s.p.a. che In seguito si fonderà per incorporazione nella società Unicredit Leasing s.p.a. , esponendo che - aveva stipulato con la Locat un contratto di leasing, avente ad oggetto un natante - in esecuzione di tale contratto aveva pagato una parte dei corrispettivo pattuito - Il natante oggetto dei contratto doveva essere fornito alla Locat dalla società Alimar s.r.l. - il natante approntato dalla Alimar s.r.l. era tuttavia affetto da vizi e difformità rispetto al modello prescelto, sicché essa MAV si rifiutò di ritirarlo - il contratto di leasing stipulato con la Locat prevedeva una clausola risolutiva espressa , in virtù della quale la risoluzione si sarebbe verificata automaticamente nel caso dl a risoluzione dei contratto di vendita dei natante b giustificato rifiuto di ritiro dei bene da parte dell'utilizzatore. Chiedeva perciò l'accertamento dell'avvenuta risoluzione dei contratto di leasing, e la condanna della Locat alla restituzione dei corrispettivo percepito. 2. Il Tribunale dl Milano, con sentenza 7.9.2006 n. 10021 accolse la domanda e dichiarò risolto il contratto, condannando la Locat alla restituzione dei canoni già percepiti. 3. La decisione dl primo grado, Impugnata dalla Locat, venne riformata dalla Corte d'appello di Milano con la sentenza 8.4.2008 n. 918. Con tale sentenza la Corte d'appello ha rigettato la domanda della MAV, sul presupposto che nessuna risoluzione automatica o giudiziale si fosse verificata né dei contratto di vendita, né di quello di leasing. La Corte d'appello motivò tale decisione osservando che il contratto di leasing prevedeva la possibilità, per l'utilizzatore, di domandare la risoluzione dei contratto di vendita solo previo consenso scritto dei concedente, nella specie mancato. 4. La sentenza d'appello è stata Impugnata per cassazione dalla MAV sulla base dl 8 motivi. Ha resistito la Unicredit leasing successore della Locat con controricorso. Motivi della decisione 1. Il primo, secondo e terzo motivo di ricorso. 1.1. I primi tre motivi dei ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perché tutti Incentrati su un presupposto comune ovvero che nessun contratto di vendita si concluse mal tra la Alimar fornitrice dei natante e la Locat acquirente del natante e lessor . Con ciascuno di essi la ricorrente lamenta che la sentenza Impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c 1.2. Coi primo motivo di ricorso la ricorrente deduce di avere allegato in primo grado che il contratto di vendita tra fornitore Alimar e concedente Locat non si fosse mai concluso. Dinanzi a questa allegazione, sarebbe stato onere dei concedente Locat dimostrare t'avvenuta conclusione dei contratto. Questa prova, però, non era mai stata data. La Locat, in particolare, non aveva mai provato che il fornitore gli avesse restituito - così come previsto dal contratto al fini dell'efficacia dei contratto di vendita - I' ordine di acquisto debitamente firmato. Pertanto la Corte d'appello, rigettando la domanda della MAV di restituzione dell'acconto pagato al concedente, avrebbe violato sia gli artt. 1457 e 2697 c.c., sia gli artt. 112 e 115 c.p.c 1.3. Col secondo motivo di ricorso la MAV lamenta che la Corte d'appello avrebbe violato l'art. 1326 c.c., ritenendo concluso il contratto di vendita dei natante tra concedente Locat e fornitore Alimar nonostante mancasse la relativa prova restituzione al concedente dell'ordine dl acquisto firmato dal fornitore . 1.4. Col terzo motivo di ricorso la MAV lamenta l'erroneità della sentenza impugnata per non avere la Corte d'appello tenuto conto dei documento, depositato dalla MAV, dimostrativo che il fornitore Alimar aveva accettato solo tardivamente la proposta dl acquisto formulata dal concedente Locat . E poiché la proposta d'acquisto era soggetta a termine essenziale, quella accettazione tardiva era inefficace, e nessun contratto dl vendita si era concluso sicché il contratto di leasing si era risolto per effetto della clausola risolutiva espressa secondo cui la mancata stipula dei contratto di vendita avrebbe comportato la risoluzione ipso iure di quello di leasing. 1.5. Tutti i suddetti motivi sono inammissibili. Quelle che dalla MAV vengono prospettate come altrettante violazioni delle regole sul riparto dell'onere della prova, ovvero sulla clausola risolutiva espressa, od infine sulla conclusione dei contratti, costituiscono In realtà doglianze concernenti un accertamento di fatto tale è, infatti, lo stabilire se un contratto si sia concluso o meno. Tale accertamento in facto è istituzionalmente riservato al giudice di merito, ed è Incensurabile In sede di legittimità se adeguatamente motivato. Nel caso di specie, la ricorrente MAV non ha mosso censure alla motivazione con la quale la Corte d'appello ritenne concluso e vincolante il contratto dl leasing e, Implicitamente, quello di vendita del natante che ne costituiva parte essenziale. Vale la pena aggiungere che, nella parte in cui la MAV lamenta l'omesso rilievo, da parte della Corte d'appello, della mancata riconsegna dalla Alimar alla Locat del documento ordine d'acquisto cui le parti avevano pattiziamente subordinato l'efficacia della locazione finanziaria, prospetta in realtà un vizio revocatorio, che si sarebbe dovuto far valere con le forme di cui all'art. 395 c.p.c 3. Il quarto motivo di ricorso. 3.1. Col quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Espone, al riguardo, che il fornitore del natante Alimar aveva Intimato al concedente Locat una diffida ad adempiere, affinché fosse ritirato il natante stesso presso il cantiere della Alimar. Poiché Il relativo termine scadde inutilmente, la vendita doveva considerarsi risolta ipso iure, ex art. 1454 c.c., e con essa anche il leasing, in virtù della clausola risolutiva espressa di cui all'art. 5 del contratto dl leasing. 3.2. Il motivo è tanto inammissibile quanto infondato. E' inammissibile perché la ricorrente MAV, pur invocando gli effetti dell'art. 5 delle condizioni generali di contratto, non ne ha trascritto integralmente il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza dei ricorso ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 06/02/2007, Rv. 594992 . E', in ogni caso, Infondato, poiché la diffida della Alimar alla Locat parrebbe intimata il 7 o I'8 agosto, con termine per il ritiro dl natante il 9 successivo e dunque essa non era efficace, per difetto della fissazione dei termine minimo di 15 giorni prescritto dall'art. 1454 c.c 4. Il quinto motivo di ricorso. 4.1. Coi quinto motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza Impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe escluso che si fosse verificata una risoluzione dei contratto di vendita, sul presupposto che nel contratto di leasing era previsto che la risoluzione potesse essere domandata dal utilizzatore al fornitore solo su autorizzazione scritta del concedente, nella specie mancata. Tuttavia la Corte d'appello non ha considerato che la concedente Locat aveva ratificato con un comportamento concludente l'operato della utilizzatrice MAV che aveva manifestato la volontà di ritenere risolto Il contratto di vendita. Pertanto - l'utilizzatrice ed il fornitore avevano ritenuto risolto Il contratto di vendita - l'utilizzatrice era rappresentante dei concedente, per patto espresso dei contratto di leasing - il concedente ne aveva ratificato l'operato - ergo, il contratto di vendita si era risolto, e con esso quello dl leasing per effetto dell'art. 5 delle condizioni generali del contratto di leasing. La Corte d'appello tuttavia, conclude la ricorrente, non aveva considerato tali circostanze senza motivazione giustificativa alcuna . 4.2. Il motivo è Inammissibile, per più ragioni. La prima ragione di Inammissibilità è che, pur formalmente lamentando un vizio di violazione di legge, la MAV deduce nella sostanza un vizio dl motivazione cfr. il ricorso, foglio 23, secondo capoverso , senza far seguire il motivo di ricorso dalla chiara indicazione dei fatto controverso, prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al presente giudizio. La seconda ragione di inammissibilità è che anche in questo caso la MAV invoca gli effetti di una clausola contrattuale l'art. 5 del contratto di leasing senza averne trascritto integralmente il contenuto nel ricorso. La terza ragione di Inammissibilità è che la quaestio facti dell'esistenza d'una risoluzione consensuale dei contratto dei vendita della ratifica da parte della Locat all'operato della MAV, e della sussistenza d'un potere rappresentativo della prima In capo alla seconda, sono questioni dei tutto nuove, prospettate inammissibilmente per la prima volta In questa sede. 5. Il sesto, settimo ad ottavo motivo di ricorso 5.1. I motivi di ricorso sesto, settimo ed ottavo possono essere esaminati congiuntamente, perché con tutti e tre la MAV lamenta un vizio di motivazione della sentenza Impugnata. 5.2. Col sesto motivo di ricorso la MAV si duole dei fatto che la Corte d'appello abbia dichiarato inopponibile al venditore Alimar , estraneo al giudizio, gli esiti dl quest'ultimo. 5.3. Col settimo motivo di ricorso la MAV lamenta che la Corte d'appello non avrebbe motivato la propria affermazione secondo cui la risoluzione dei contratto di vendita poteva essere domandata dall'utilizzatore solo col consenso scritto dei concedente. 5.3. Con l'ottavo motivo di ricorso la MAV lamenta che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che l'utilizzatore avesse dato spontanea esecuzione al contratto di leasing, nonostante l'inadempimento di controparte, e che quindi nessuna risoluzione per Inadempimento si fosse verificata. 5.4. Tutti e tre i motivi sono Inammissibili, perché non conclusi dalla chiara indicazione dei fatto controverso , prescritta a pena d'inammissibilità dall'art. 366 bis c.p.c 6. Le spese. La circostanza che tanto la sentenza dl primo grado, quanto quella di secondo grado, non brillino certo per nitòre sintattico, chiarezza logica e struttura espositiva, e che tali carenze possano avere indotto le parti, anche incolpevolmente, a coltivare la lite, costituiscono un giusto motivo ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio, ovvero nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 21, lettera a , della legge 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile ai procedimenti Iniziati sino al 1° marzo 2006 per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.