Il privilegio ipotecario comprende tutti gli interessi successivi all’annata in corso, al momento del pignoramento

Ai sensi del comma terzo dell’art. 2855 c.c., sono assistiti dal privilegio ipotecario – oltre le specifiche spese per l’atto di costituzione dell’ipoteca volontaria, per l’iscrizione e la rinnovazione dell’ipoteca, quelle ordinarie per l’intervento nel processo esecutivo , non solo il capitale iscritto nei limiti dell’iscrizione e del credito effettivamente esistente ed i soli interessi corrispettivi maturati sul capitale iscritto nell’annata in corso al momento del pignoramento o, in caso di azionamento del credito in via di intervento, al momento di questo e nel biennio anteriore, purché ne sia enunciata la misura, ma – pure gli interessi, di qualunque natura – e cioè, non rilevando se qualificabili come corrispettivi o moratori – ed al tasso legale via via vigente, maturati successivamente all’annata in corso al momento del pignoramento, ovvero, in caso di azionamento del credito in via di intervento, al momento di questo, sino alla vendita del bene oggetto di ipoteca.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 17044 del 28 luglio 2014. Il caso. Il giudizio trae origine da una procedura esecutiva immobiliare, all’esito della quale veniva negato ad una società cessionaria di un credito il privilegio ipotecario sugli interessi al tasso legale. La cessionaria, contestando le ragioni di diritto di tale esclusione, all’udienza di discussione del progetto di distribuzione chiedeva il riconoscimento in suo favore dell’ulteriore somma attribuita ad un’altra società, creditrice ipotecaria di secondo grado. Il giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta, sicché la cessionaria impugnava l’ordinanza tramite opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Respinta anche l’opposizione, la cessionaria decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Gli interessi sul capitale nel privilegio ipotecario. Il thema decidendum sottoposto all’esame del giudice dell’esecuzione atteneva sostanzialmente all’ambito di estensione del privilegio ipotecario di cui all’art. 2855 c.c. Tale disposizione, al comma 2, prevede che l’iscrizione ipotecaria di un capitale che produce interessi faccia collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, nei limiti delle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento il comma 3 prevede, poi, un’analoga collocazione per gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento, però solo nella misura legale e fino alla data della vendita. Ebbene, il Tribunale adito, per motivi di ordine letterale e logico, ha ritenuto applicabile l’intera disposizione solo agli interessi corrispettivi, con estensione agli interessi successivi al pignoramento, mentre ha escluso dall’ambito operativo della stessa gli interessi moratori. Gli interessi maturati prima del pignoramento. La Corte di Cassazione successivamente adita ha ritenuto di non discostarsi dall’interpretazione fornita dal giudice di merito in ordine al comma 2 dell’art. 2855 c.c., peraltro conforme all’orientamento costante della giurisprudenza. Sul punto, è ritenuto insuperabile l’argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo, che induce a ritenere il sintagma capitale che produce interessi inequivocabilmente circoscritto ai soli interessi che, in guisa di frutti civili, costituiscono remunerazione del capitale medesimo, e cioè ai soli interessi corrispettivi, senza che, neppure in via analogica, possano ritenersi inclusi nei frutti civili della sorte capitale quegli interessi che trovino il loro presupposto, morfologico e funzionale, nel ritardo imputabile al debitore. Del resto - affermano gli Ermellini - se il legislatore si fosse riferito a tutti i capitali anche, cioè, a quelli infruttiferi , gli interessi dovuti non avrebbero potuto essere altro che quelli moratori. Di contro, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono ritenersi quelli prodotti dal capitale e non dalla mora. Gli interessi maturati dopo il pignoramento. A diverse conclusioni giunge la Corte di Cassazione quanto alla soluzione data in ordine agli interessi previsti dal terzo comma dell’art. 2855 c.c. In altra occasione, la Suprema Corte aveva già avuto modo di affermare che le norme degli artt. 2788 e 2855 c.c., nel disporre che la prelazione ipotecaria per gli interessi maturati dopo la scadenza dell’annualità in corso al giorno del pignoramento e fino alla data della vendita ha luogo solo nella misura legale, si riferiscono all’interesse legale previsto dall’art. 1284 c.c., sicché è escluso ogni riferimento a saggi d’interesse stabiliti in misura superiore da norme speciali. È quindi evidente che gli interessi maturati dopo la scadenza dell’annualità in corso al giorno del pignoramento e fino alla data della vendita godano della prelazione ipotecaria, ma solo nella misura legale. In adesione a tale orientamento, la Suprema Corte ritiene dunque di discostarsi dalla conclusione del giudice di merito, secondo cui il comma 3 dell’art. 2855 c.c. non possa ricevere una lettura svincolata dal principio enunciato nel comma 2. D’altra parte, se è vero che le disposizioni di cui all’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, mirano ad evitare che, attraverso l’accumulo di annualità eccessive di interessi vengano ad essere pregiudicati i creditori successivi al primo ed i terzi proprietari, non per questo può essere bypassato lo stesso dettato normativo, laddove questo non necessiti di interpretazioni chiarificatrici della ratio legis . Estensione della disciplina all’intervento. Ciò premesso, la Suprema Corte fornisce poi una puntualizzazione in merito all’ipotesi di intervento in una procedura esecutiva da altri iniziata. Invero, la natura eccezionale della norma sull’estensione del privilegio ipotecario non potrebbe giustificare la sua applicazione esclusivamente alla sola fattispecie espressamente prevista, ossia quella dell’azionamento esecutivo del credito mediante pignoramento, con contestuale esclusione della fattispecie di azionamento del credito, da parte del creditore privilegiato, mediante intervento. Invero, il meccanismo processuale dell’intervento dei creditori, disciplinato dagli artt. 498 e ss. c.p.c., ha lo scopo di consentire ad altri creditori del debitore pignorato di partecipare ad un’esecuzione già avviata e pendente, con evidente funzione di economia processuale. Di qui la necessità di riconoscere la sua equipollenza, ove fondato su titolo esecutivo e nel solco della valorizzazione degli interventi titolati, ad un’azione esecutiva principale. Pertanto, non avrebbe senso imporre al privilegiato l’onere di dispiegare formale e separato pignoramento per fruire dell’estensione del privilegio agli interessi. Con la precisazione che, al fine di mantenere il collegamento tra il riconoscimento del privilegio sugli interessi ed una condotta discrezionale propria, il riferimento del capoverso dell’art. 2855 c.c. al pignoramento dovrà essere operato al corrispondente atto di concreta aggressione esecutiva del patrimonio debitore posto in essere dal creditore privilegiato e cioè appunto al ricorso per intervento stesso, non potendo il privilegiato fruire di immeritati benefici effetti quali conseguenze delle altrui condotte processuali, cosa che accadrebbe se il privilegio si riconoscesse su periodi riferiti al pignoramento eseguito da altri.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 maggio – 28 luglio 2014, n. 17044 Presidente Salmé – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1. All'esito della procedura esecutiva immobiliare n. 32587 promossa nei confronti di tale D.C.E. dinanzi al tribunale di Milano, nella quale era intervenuta - tra gli altri - la Cariplo spa per il credito derivante da un contratto di mutuo condizionato, il giudice dell'esecuzione nel progetto di distribuzione non riconobbe alla cessionaria del credito Intesa Sec. NPL spa rappresentata da Intesa Gestione Crediti spa il privilegio ipotecario sugli interessi al tasso legale - pari ad Euro 120.181,46 -maturati tra il 1.1.94 anno successivo a quello in corso dalla data del pignoramento ed il 24.11.04 data del decreto di trasferimento dell'immobile pignorato e la cessionaria, contestando le ragioni di diritto di tale esclusione, all'udienza di discussione del progetto di distribuzione del 3.11.06 chiese riconoscersi a suo favore l'ulteriore somma di Euro 38.554,18 in conto del maggior credito suddetto , attribuita invece a F.G. Finanziaria Generale spa, creditrice ipotecaria di secondo grado. Il giudice dell'esecuzione rigettò tale richiesta e confermò il progetto di distribuzione con ordinanza 25.5.07, la quale però fu impugnata ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ. con ricorso dep. il 6.7.07, mercé la riproposizione delle tesi in diritto disattese nell'ordinanza costituitasi la sola F.G. spa, l'opposizione fu rigettata dal tribunale di Milano con sentenza n. 14293, depositata il 30.11.09 e notificata addì 1.2.10. Per la cassazione di quest'ultima ricorre oggi la Intesa SEC NPL spa, a mezzo della procuratrice speciale Italfondiario spa ed affidandosi a due motivi, illustrati da memoria resiste con controricorso la sola F.G. Finanziaria Generale spa non svolgono attività difensiva in questa sede gli altri intimati Credito Artigiano spa, Banca Popolare di Milano scarl, Banca Nazionale del Lavoro spa, Unicredit Banca già Cassa di Risparmio di Torino spa e Curatela eredità giacente di S.E. . Peraltro, non risultando destinatari di notifica del ricorso gli altri eredi di D.C.E. , come tali indicati già nell'intestazione della gravata sentenza, vale a dire S.G.E. , S.C.M. , S.A.M. , alla pubblica udienza del 15.10.13 fu disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di costoro, con termine perentorio di novanta giorni. A tanto ottempera il ricorrente anche nei confronti del curatore dell'eredità dismessa di S.E. peraltro negando che a quelli spettasse la qualifica di eredi di D.C.E. , avendo essi, benché chiamati all'eredità di S.E. , a sua volte erede di quella, rilasciato l'eredità ai creditori ai sensi dell'art. 507 cod. civ., con successiva nomina dell'avv. B.E. quale curatore dell'eredità dismessa. Motivi della decisione 2. Risulta ritualmente instaurato il contraddittorio nei confronti dei successori della debitrice originaria. È - in particolare - irrilevante, avendo comunque la ricorrente notificato il ricorso sia agli eredi che al curatore dell'eredità dismessa ai sensi dell'art. 507 cod. proc. civ., confutare la tesi della ricorrente in punto di non necessità della notifica medesima al giudizio deve partecipare anche l'erede beneficiato e non soltanto il curatore, perché in tema di successione ereditaria, il rilascio dei beni da parte dell'erede beneficiato, ai sensi dell'art. 507 cod. civ., non comporta il trasferimento della relativa proprietà ai creditori o al curatore nominato ai sensi dell'art. 508 cod. civ., verificandosi un'ipotesi di semplice abbandono, da parte dell'erede stesso, dei poteri di amministrazione e disposizione a lui riconosciuti, con subingresso del curatore quale titolare dell'ufficio di liquidazione ne consegue la necessaria partecipazione al giudizio in cui sia litisconsorte necessario il de cuius non soltanto del curatore, ma anche dell'erede beneficiato, risultando inutiliter data una sentenza eventualmente pronunciata in sua assenza in tali espressi sensi, per i giudizi in cui si verta della proprietà dei beni ereditari Cass., ord. 14 giugno 2013, n. 15038 Cass. 9 gennaio 1999, n. 123 . 3. Ciò posto, la ricorrente sviluppa due motivi. 3.1. Contesta con il primo - rubricato sugli interessi maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data del pignoramento e fino alla vendita violazione o falsa applicazione dell'art. 2855 3 comma c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. - l'esclusione, da parte del giudice del merito, degli interessi moratori dall'ambito di applicazione dell'art. 2855 cod. civ., richiamando pronunce di legittimità Cass. 8 luglio 1998, n. 6668 Cass. n. 7025 del 1994 Cass. 9 febbraio 1987, n. 1377 e di merito, nonché opinioni dottrinali e censura ampiamente anche l'interpretazione, data dal giudice del merito, del terzo comma dell'art. 2855 cod. civ., in base alla quale anche gli interessi legali maturati dopo il compimento dell'annata in corso al momento del pignoramento sono moratori e quindi esclusi dal privilegio ipotecario. 3.2. Contesta con il secondo - rubricato sugli interessi legali maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data del pignoramento e fino alla vendita - contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. - la tesi dell'incertezza della somma massima oggetto del privilegio ipotecario, quale deriverebbe dal riconoscimento di questo agli interessi legali, siccome legata alla mera possibilità di una durata eccessiva della procedura al riguardo rimarcando la piena determinabilità della somma ed argomentando sulla ratio della tutela del creditore ipotecario. 4. Dal canto suo, la sola controricorrente - del primo motivo eccepisce dapprima l'inammissibilità per omessa analitica esposizione delle argomentazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata e che si assumerebbero errate, ma poi adduce l'infondatezza, previo il rilievo dell'effettivo contenuto anche delle pronunzie di legittimità ex adverso invocate una volta ricondotti gli interessi reclamati a quelli di mora, successivi alla risoluzione del contratto di mutuo fondiario, dovuta a sua volta all'avvio del recupero del credito in sede esecutiva, essa rimarca come sia pacifica la giurisprudenza nell'esclusione degli interessi di mora dal privilegio ipotecario, per l'inammissibilità di un'applicazione analogica del principio dell'art. 2855 cod. civ. in compressione del principio della par condicio creditorum e, comunque, condivide, con ampie argomentazioni, la tesi che il privilegio possa estendersi ai soli interessi corrispettivi, al fine di garantire l'equo contemperamento degli interessi dei creditori ipotecari e di quelli chirografari - del secondo motivo lamenta l'inammissibilità, non potendo configurarsi un vizio motivazionale in caso di contestazione dell'interpretazione e dell'applicazione di norme giuridiche, né - comunque - in presenza di argomentazioni tra loro coerenti e congrue rispetto anche alla giurisprudenza di legittimità, correttamente valutata. 5. Va premesso che il secondo motivo è inammissibile, prospettandosi con esso una questione di incongruità della motivazione in relazione all'interpretazione di una norma, ciò che invece si riconduce de plano al motivo di cui al n. 3 dell'art. 360 cod. proc. civ 6. Va esaminato, ora, il primo motivo di ricorso. 6.1. Al riguardo, il tribunale di Milano ha identificato il thema decidendum nell'ambito di estensione del privilegio ipotecario di cui all'art. 2855 cod. civ. agli interessi di qualunque natura o solo a quelli corrispettivi con conseguente esclusione di quelli moratori per poi ritenere applicabile l'intera disposizione solo a questi ultimi, per motivi di ordine letterale e logico, con adesione alla giurisprudenza di legittimità al riguardo e sua estensione agli interessi successivi al pignoramento lo stesso giudice di merito ha escluso, per i contratti di mutuo, analogo privilegio per l'ipotesi in cui il creditore abbia agito per il pagamento anche del capitale residuo, avvalendosi del diritto di far dichiarare il debitore decaduto dal beneficio del termine. 6.2. Può poi prescindersi dal riscontro della carenza di idonea contestazione - eccettuati un generico richiamo ad una pronuncia di legittimità la n. 7025/94 , privo di ogni riferimento alle argomentazioni specifiche sul punto sviluppate dal giudice del merito, ovvero la definizione di speciosità dell'etichettatura degli interessi stessi circa la qualificazione degli interessi reclamati come moratori, nel senso che la loro causa è stata identificata dal giudice del merito nell'inadempimento del debitore, in dipendenza della risoluzione del contratto di mutuo fondiario ricollegata all'avvio dell'azione esecutiva anche solo mediante dispiegamento di intervento . 6.3. Infatti, indubitata - e comunque non revocabile in dubbio in quanto ricostruita all'esito di un apprezzamento di fatto scevro da evidenti vizi logici o giuridici - la risoluzione del contratto di mutuo v. pag. 9, penultimo capoverso, della gravata sentenza , la questione di merito, relativa all'esclusione dal privilegio ipotecario, di cui al comma secondo dell'art. 2855 cod. civ., degli interessi moratori, è stata risolta dal tribunale di Milano - che ha applicato le stesse conclusioni pure al caso dell'azione esecutiva per il pagamento dell'intero credito fondiario residuo, a seguito della risoluzione del contratto - in senso conforme alla giurisprudenza prevalente di questa Corte regolatrice. Deve qualificarsi invero insuperabile l'argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo, che induce a ritenere il sintagma capitale che produce interessi inequivocabilmente circoscritto ai soli interessi che, in guisa di frutti civili art. 820, comma terzo, cod. civ. , costituiscono remunerazione del capitale medesimo, id est i soli interessi corrispettivi, senza che, neppure in via analogica, possano ritenersi inclusi nei frutti civili della sorta capitale quegli interessi che trovino il loro presupposto, morfologico e funzionale, nel ritardo imputabile al debitore” così testualmente, in caso in tutto analogo, Cass. 24 ottobre 2011, n. 21998 - cui aderisce incidentalmente anche Cass. 25 gennaio 2012, n. 1032 - ove richiami a Cass. 30 agosto 2007, n. 18312, Cass. 8 novembre 1997, n. 11033, Cass. 29 agosto 1998, n. 8657, Cass. 26 aprile 1999, n. 4124, ex aliis nella stessa Cass. 21998 del 2011, in senso contrario - e cioè in favore dell'estensione pure agli interessi moratori del privilegio de quo - si richiama anche la pronuncia di Cass. 6668/98 . D'altra parte, se il legislatore si fosse riferito a tutti i capitali anche, cioè, a quelli infruttiferi , gli interessi dovuti non avrebbero potuto essere altro che quelli moratori. Ma, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono ritenersi quelli prodotti dal capitale e non dalla mora testualmente, ancora più di recente Cass. 15 gennaio 2013, n. 775 . È ferma opinione del Collegio che non sussistano, neppure all'esito degli argomentati dubbi di parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, elementi per discostarsi da tale prevalente orientamento, al quale deve quindi assicurarsi continuità. 7. Non altrettanto può dirsi quanto alla soluzione data in ordine agli interessi previsti dal terzo comma dell'art. 2855 cod. civ 7.1. In caso singolarmente analogo a quello oggi in esame, infatti Cass. 15 gennaio 2013, n. 775 , questa Corte ha avuto modo di stabilire quanto appresso testualmente riportato. Le norme degli artt. 2788 e 2855 c.c., nel disporre che la prelazione ipotecaria per gli interessi maturati dopo la scadenza dell'annualità in corso al giorno del pignoramento e fino alla data della vendita ha luogo solo nella misura legale, si riferiscono all'interesse legale previsto dall'art. 1284 c.c Ne deriva che è escluso, quindi, ogni riferimento a saggi d'interesse stabiliti in misura superiore da norme speciali Cass. 30.8.2007 n. 18312 Cass. 17.9.1999 n. 10070 Cass. 8.11.1997 n. 11033 v. anche Cass. 27.9.2012 n. 16480 . È, quindi, di tutta evidenza che gli interessi maturati dopo la scadenza dell'annualità in corso al giorno del pignoramento e fino alla data della vendita godano della prelazione ipotecaria, ma solo nella misura legale arg. anche da Cass. 2.4.2010 n. 8185 in motivazione . Erra, pertanto, la sentenza impugnata laddove afferma che la giurisprudenza della Corte di cassazione non ha avuto modo di pronunciarsi espressamente sull'interpretazione del terzo comma dell'art. 2855 c.c. che riguarda gli interessi maturati dopo il pignoramento per i quali è ritenuta l'estensione del privilegio, ma solo nella misura indicata, aggiungendo Ritiene questo giudicante che tale disposizione non possa ricevere una lettura e una interpretazione svincolata dal principio enunciato nel comma 2. Non vi sarebbe ragione, infatti, per attribuire al creditore privilegiato, cui sia stata negata la collocazione ipotecaria degli interessi moratori con riferimento al periodo anteriore al pignoramento, il riconoscimento di tale collocazione per gli interessi moratori maturati dopo il pignoramento, sia pur nella misura legale se vi era pattuizione su una misura superiore. Le ragioni sopra indicate e la stessa dizione della norma rende ragione delle diverse conclusioni cui si deve, invece, pervenire. D'altra parte, vero è che le disposizioni di cui all'art. 2855 c.c, commi 2 e 3, mirano ad evitare che, attraverso l'accumulo di annualità eccessive di interessi vengano ad essere pregiudicati i creditori successivo al primo ed i terzi proprietari. Mirano, cioè ad evitare l'eccessiva compressione delle aspettative dei terzi al soddisfacimento dei loro rispettivi diritti e della relativa garanzia patrimoniale. Ma, non per questo, può essere bypassato lo stesso dettato normativo, laddove questo non necessiti di interpretazioni chiarificatrici della ratio legis. Devono, quindi, considerarsi assistiti dal privilegio ipotecario oltre le specifiche spese per l'atto di costituzione dell'ipoteca volontaria, per l'iscrizione e la rinnovazione dell'ipoteca, quelle ordinarie per l'intervento nel processo esecutivo a il capitale iscritto nei limiti dell'iscrizione e del credito effettivamente esistente b gli interessi corrispettivi maturati sul capitale iscritto nell'anno in corso al momento del pignoramento e nel biennio anteriore, purché ne sia enunciata la misura c gli interessi legali maturati successivamente all'anno in corso e sino alla vendita del bene” . 7.2. Non ha il Collegio elementi per discostarsi da tale orientamento, al quale va assicurata continuità. 8. Deve solo cogliersi l'occasione per due puntualizzazioni. 8.1. La prima è che va a chiare lettere respinta la lettura congiunta del secondo e del terzo comma predicata dal giudice del merito e, con essa, l'estensione a quest'ultimo della distinzione tra interessi corrispettivi e moratori, ai fini dell'esclusione di questi dal privilegio anche nel periodo successivo all'annata in corso al momento del pignoramento e fino alla vendita . In primo luogo, la stessa dizione letterale della disposizione è ictu oculi diversa nel secondo comma essa si riferisce ad una iscrizione di un capitale che produce interessi , mentre nel terzo ad una iscrizione del capitale sic et simpliciter . In secondo luogo e come già osservato anche da attenta dottrina, dopo il compimento dell'annata in corso all'atto del pignoramento e quindi dopo la cessazione del triennio considerato dal capoverso dell'art. 2855 cod. civ., i soli interessi che potrebbero decorrere sarebbero moratori. In terzo luogo, nessuna - e tanto meno insuperabile - difficoltà può rinvenirsi nella non conoscibilità a priori dell'entità della somma relativa agli interessi, su cui riconoscere il privilegio ammettendo invece la giurisprudenza di questa corte regolatrice proprio che solo in caso di specifica indicazione, nella nota di iscrizione, della somma dovuta a quel titolo il creditore non potrebbe poi pretendere l'estensione della garanzia oltre l'importo iscritto Cass. 6 marzo 2012, n. 3494 Cass. 8 febbraio 2000, n. 1869 . In quarto luogo, pare evidente come, nel bilanciamento tra i contrapposti interessi del creditori ipotecario e degli altri, con lui concorrenti, la norma codicistica abbia evidentemente inteso individuare un punto di equilibrio con l'imposizione di un limite temporale quello della data di vendita del bene oggetto del diritto di garanzia, fonte del privilegio - e di uno quantitativo - il tasso legale degli interessi - benché entrambi non conoscibili a priori e cioè al momento tanto dell'iscrizione ipotecaria che della consultazione dei registri immobiliari da parte dei creditori successivi che aspirano, così, a rappresentarsi un quadro il più possibile completo della situazione patrimoniale del soggetto cui indursi o meno a fare - ulteriore - credito e della consistenza dei cespiti con cui rispondere anche di quest'ultimo . 8.2. Infine, la natura eccezionale della norma sull'estensione del privilegio ipotecario non potrebbe giustificare la sua applicazione esclusivamente alla sola fattispecie espressamente o testualmente prevista, vale a dire quella dell'azionamento esecutivo del credito mediante pignoramento, con contestuale esclusione della fattispecie di azionamento del credito, da parte del creditore privilegiato, mediante intervento. Infatti, l'intervento dei creditori - anche dopo la riforma degli artt. 499 e 500 c.p.c. di cui alle L. n. 80 del 2005 e L. n. 263 del 2005 i quali sono stati modificati, rispettivamente, dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3, lett. e , nn. 7 e 7-bis conv. con mod. in L. 14 maggio 2005, n. 80, il primo come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 1, comma 3, lett. e nonché il secondo a sua volta inserito dall'art. 1, comma 2, lett. d di tale ultima legge - è il particolare meccanismo processuale in forza del quale un creditore, per soddisfare il suo credito concorrendo alla distribuzione della somma ricavata, può fruire dell'attività liquidativa già posta in essere, con l'instaurazione di un precedente procedimento esecutivo, da altro creditore meccanismo che, al tempo stesso, consente al debitore di beneficiare della riduzione dei costi e dei tempi dovuti dall'unicità delle operazioni stesse Cass. 11 dicembre 2012, n. 22645 Cass. 18 aprile 2012, n. 6067 . Esso ha quindi la finalità primaria di consentire ad altri creditori del debitore pignorato, diversi dal creditore procedente, di partecipare ad un'esecuzione già avviata e pendente, con evidente funzione di economia processuale e la sua equipollenza, ove fondato su titolo esecutivo e nel solco della valorizzazione degli interventi titolati di cui a Cass. Sez. Un., 7 gennaio 2014, n. 61 , ad un'azione esecutiva principale è da riconoscersi anche a tali fini. Se tanto è vero, non avrebbe allora senso imporre al privilegiato l'onere di dispiegare formale e separato pignoramento per fruire dell'estensione del privilegio agli interessi, così incrementando anzi le spese da porre nel medesimo grado, a detrimento delle possibilità di soddisfacimento degli altri creditori e dell'interesse del debitore stesso a che quest'ultimo avvenga nella misura maggiore possibile, anche nell'aspettativa di rientrare in possesso di un eventuale esubero del ricavato rispetto alla massa dei suoi debiti. Va solo precisato che, al fine di mantenere il collegamento tra il riconoscimento del privilegio sugli interessi ed una condotta discrezionale propria, il riferimento del capoverso dell'art. 2855 cod. civ. al pignoramento dovrà allora essere operato al corrispondente atto di concreta aggressione esecutiva del patrimonio debitore posto in essere dal creditore privilegiato e cioè appunto al ricorso per intervento stesso non potendo il privilegiato fruire di immeritati benefici effetti quali conseguenze delle altrui condotte processuali, cosa che accadrebbe se il privilegio gli si riconoscesse su periodi riferiti al pignoramento eseguito da altri. 9. Pertanto, il primo motivo è accolto nei limiti del principio di diritto enunciato al termine del paragrafo 7.1 e che per comodità si riporta qui di seguito, coordinato con le puntualizzazioni appena rese e riferito alla peculiarità della fattispecie, relativa al solo terzo comma della norma codicistica in esame ai sensi del comma terzo dell'art. 2855 cod. civ., sono assistiti dal privilegio ipotecario - oltre le specifiche spese per l'atto di costituzione dell'ipoteca volontaria, per l'iscrizione e la rinnovazione dell'ipoteca, quelle ordinarie per l'intervento nel processo esecutivo , non solo il capitale iscritto nei limiti dell'iscrizione e del credito effettivamente esistente ed i soli interessi corrispettivi maturati sul capitale iscritto nell'annata in corso al momento del pignoramento o, in caso di azionamento del credito in via di intervento, al momento di questo e nel biennio anteriore, purché ne sia enunciata la misura, ma - pure gli interessi, di qualunque natura - e cioè, non rilevando se qualificabili come corrispettivi o moratori - ed al tasso legale via via vigente, maturati successivamente all'annata in corso al momento del pignoramento, ovvero, in caso di azionamento del credito in via di intervento, al momento di questo, sino alla vendita del bene oggetto di ipoteca. 10. Conseguentemente, il ricorso è accolto in relazione a tale censura e la gravata sentenza cassata in relazione ad essa, con rinvio al medesimo tribunale di Milano, in persona di diverso giudicante, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione, dichiarato inammissibile il secondo cassa la gravata sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia al tribunale di Milano, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.