Obbligazioni di Enti Pubblici: per gli interessi è necessaria la costituzione in mora

Con riguardo ai debiti pecuniari delle P.A., per i quali le norme sulla contabilità pubblica stabiliscono, in deroga al principio di cui all'art. 1182, comma 3, c.c., che i pagamenti si effettuano presso gli uffici di tesoreria dell'amministrazione debitrice, la natura quérable dell'obbligazione comporta che il ritardo nel pagamento non determina automaticamente gli effetti della mora ai sensi dell'art. 1219, comma 2, n. 3, c.c Occorre invece - affinché sorga la responsabilità da tardivo adempimento con conseguente obbligo di corresponsione degli interessi moratori e di risarcimento dell'eventuale maggior danno - la costituzione in mora mediante intimazione scritta di cui al comma 1 dello stesso art. 1219 c.c

Con la sentenza n. 16728, depositata il 23 luglio 2014, la Corte di Cassazione affronta nuovamente la questione della natura quérable delle obbligazioni pecuniarie della P.A., chiarendo altresì che, per la decorrenza degli interessi, è necessario uno specifico atto di messa in mora. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza in commento ha origine dell’atto di citazione notificato da un consorzio di bonifica al Ministero dei lavori pubblici con il quale si chiedeva la condanna di quest’ultimo al pagamento degli interessi per ritardata corresponsione delle sei rate di un finanziamento concesso da un ente pubblico al quale era succeduto il Ministero in questione. La domanda del consorzio viene rigettata in primo grado e tale decisione è confermata in appello, sul rilievo che ciascuna delle sei rate del finanziamento per cui è causa aveva una propria autonomia funzionale, con conseguente prescrizione, da una parte, degli interessi per un certo periodo e, dall’altro, per il periodo non coperto dalla prescrizione, nulla era previsto dal contratto di finanziamento, posto che i debiti della P.A. hanno natura quérable e ciò esclude la debenza di interessi, in assenza di formale costituzione in mora, anche ai fini del risarcimento del maggior danno. La pronuncia di appello, come si vedrà, viene confermata dalla Cassazione che rigetta il ricorso promosso dal consorzio ricorrente. Attribuzione degli interessi nei debiti della P.A. Come puntualmente riferito nella sentenza in commento, l’attribuzione degli interessi, nei debiti della P.A., è soggetta a particolari regole la liquidità e la esigibilità, dalle quali scaturisce l’automatica produzione degli interessi, ai sensi dell’art. 1282, comma 1, c.c., sono escluse dalle circostanze e modalità di accertamento dell’obbligazione, che in ragione della natura pubblicistica del debitore sono specificamente disciplinate da atti aventi efficacia regolamentate artt. 269 ss del r.d. n. 2440/1923 . In tale prospettiva, l’accertamento dei requisiti di liquidità ed esigibilità non può prescindere dal presupposto formale dell’emissione del titolo di spesa. Obbligazioni pecuniarie e luogo dell’adempimento. Secondo l’impostazione tradizionalmente accreditata, le obbligazioni pecuniarie si identificano nei debiti che siano sorti originariamente come tali e cioè aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro. A titolo di esempio, pertanto, costituisce obbligazione pecuniaria, da adempiere al domicilio del creditore al tempo della sua scadenza, ex art. 1182, comma 3, c.c., l'obbligazione derivante da titolo negoziale o giudiziale che ne abbia stabilito la misura e la scadenza stessa qualora, invece, tale determinazione non sia stata eseguita ab origine dal titolo, l'obbligazione deve essere adempiuta, salvo diversa pattuizione, al domicilio del debitore, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 1182, non trattandosi di credito liquido ed esigibile. La ratio di tale differenziazione si rinviene nel fatto che il debitore deve essere in grado di sapere con certezza, fin dal momento in cui l'obbligazione è venuta in essere, non solo se la prestazione è dovuta, ma anche il termine del pagamento ed il suo ammontare. La natura quérable” dei debiti pecuniari della P.A Ulteriore deroga alla disciplina di diritto comune, con riferimento ai debiti della P.A., si rinviene per quanto concerne il luogo dell’adempimento dei debiti stessi. Per i debiti pecuniari della P.A., infatti, in deroga al principio di cui all'art. 1182, comma 3, c.c., i pagamenti si effettuano presso gli uffici di tesoreria dell'amministrazione debitrice. La natura c.d. quérable della obbligazione della P.A. rimane ferma anche nelle ipotesi, vagliate dalla giurisprudenza, in cui l'ente abbia in precedenza effettuato il pagamento a mezzo vaglia cambiario nonché quando la commutazione del mandato di pagamento in vaglia cambiario o in assegno circolare non trasferibile costituisca oggetto di previsione di carattere generale. Natura quérable” dell’obbligazione e costituzione in mora. Dalla natura quérable delle obbligazioni pecuniarie della P.A., deriva che il ritardo nel pagamento non determina automaticamente gli effetti della costituzione in mora ex re ai sensi dell'art. 1219, comma 2, c.c. in mancanza della richiesta fatta per iscritto ai sensi dell'art. 1219, comma 1. Obblighi contrattuali e disciplina speciale per l’ente pubblico. La particolare natura dell’ente pubblico, soprattutto nei rapporti con terzi e creditori, fa sì che, agli obblighi contrattuali che fanno capo al medesimo ente pubblico, si sovrapponga una disciplina speciale, predisposta a tutela dell’interesse pubblico ai fini dell’ordinata e oculata erogazione della spesa pubblica. Chiunque entri in rapporto con l’ente pubblico, infatti, è soggetto per questo alle regole delle contabilità pubblica, in base alla quali la natura quérable dell’obbligazione pecuniaria della P.A. rimane ferma anche quando, ad esempio, la riscossione dei crediti vantati avviene mediante accreditamento su conto corrente o mandato di pagamento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 giugno – 23 luglio 2014, n. 16728 Presidente Salvago – Relatore Benini Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 3.7.1998 il Consorzio di bonifica n. 6 già Consorzio di Bonifica della Piana di Fondi e Monte San Biagio conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma il Ministero dei lavori pubblici chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 331.190.491 a titolo di interessi per ritardata corresponsione delle rate di finanziamento previste dall'art. 6 dell'atto di trasferimento n. 953 del 26.6.1989 stipulato tra il Consorzio di bonifica della Piana di Fondi e l'Agensud cui era subentrato il Ministero per la realizzazione dello schema idrico Conca di Fondi - Campo pozzi Monti Musoni e Monte grande - I lotto. Chiedeva anche il maggior danno da svalutazione monetaria e la condanna del Ministero a garantire il Consorzio di fronte alle pretese dell'impresa appaltatrice, per ritardati pagamenti. Si costituiva in giudizio il Ministero dei lavori pubblici, contestando il fondamento della domanda, ed eccependo la prescrizione quinquennale. 2. Avverso la sentenza di primo grado, depositata il 10.10.2000, che rigettava le domande, proponeva appello il Consorzio di bonifica n. 6. Il giudizio s'interrompeva, poi veniva riassunto dal Consorzio di bonifica Sud pontino già Consorzio di bonifica n. 6 . Con sentenza depositata il 6.3.2006, la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame ognuna delle sei rate di finanziamento, collegata agli stati di avanzamento dell'opera pubblica, aveva una propria autonomia funzionale, con conseguente prescrizione degli interessi maturati fino al 3.7.1993 per il periodo successivo, nulla disponendo il contratto circa le modalità di richiesta di pagamento degli interessi per ritardato pagamento, i debiti della pubblica amministrazione hanno natura quérable , il che esclude la debenza di interessi, in assenza di formale costituzione in mora, anche ai fini del risarcimento del maggior danno riguardo alla pretesa di garanzia per le somme reclamate dall'appaltatore a titolo di interessi per ritardato pagamento, la clausola della convenzione tra Consorzio e Agensud art. 4, comma 3, atto di trasferimento 953/89 ne prevedeva l'onere a carico del primo. 3. Ricorre per cassazione il Consorzio di bonifica Sud pontino affidandosi a quattro motivi, illustrati da memoria, al cui accoglimento si oppone con controricorso l'Avvocatura generale dello Stato, per il Ministero delle infrastrutture. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo di ricorso, il Consorzio di bonifica Sud pontino, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2948 c.c., e contraddittoria e insufficiente motivazione su punto decisivo, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la prescrizione quinquennale del credito, considerando autonomi i singoli pagamenti rateali, da cui ha fatto decorrere il termine prescrizionale, anziché dal momento utile per il pagamento dell'ultima rata, trattandosi di un'unica complessiva obbligazione. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso, il Consorzio di bonifica Sud pontino, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1219 e 1282 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. e motivazione del tutto insufficiente su punto decisivo, censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto atti idonei a costituire il debitore in mora le richieste scritte di pagamento relative alla sorte capitale, agli effetti della decorrenza degli interessi moratori, e per aver ignorato la documentazione attestante l'avvenuta richiesta di pagamento. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso, il Consorzio di bonifica Sud pontino, denunciando violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 1372, 1418, 1419, nonché degli artt. 1219 e 1182, terzo comma, c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la natura quérable dell'obbligazione del Ministero, ignorando la regolamentazione pattizia del pagamento, mediante accredito sul conto corrente del creditore, con automatica decorrenza degli interessi dalla scadenza. 1.4. Con il quarto motivo di ricorso, il Consorzio di bonifica Sud pontino, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 responsabilità del debitore , 1223 risarcimento del danno , 1229 clausole di esonero da responsabilità c.c., censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto la responsabilità del Ministero, anche in via di rivalsa, in relazione alle pretese del terzo connesse ai ritardi nell'adempimento dell'amministrazione alle proprie obbligazioni, addossandone tutte le conseguenze al concessionario in applicazione di clausola contrattuale, da considerare nulla. 2.1. Ritiene il collegio di dover esaminare prioritariamente il secondo e il terzo motivo, che si dimostrano infondati, con la conseguenza che, escludendosi l'esistenza stessa del credito reclamato dal ricorrente, è superflua la questione della prescrizione. La carattere preliminare di quest'ultima, infatti, che obbliga il giudice di merito a farne oggetto di decisione prima del merito, viene meno per il fatto che nella ricostruzione operata dalla Corte d'appello, resterebbe comunque fuori dalla prescrizione la pretesa degli interessi per i ratei di finanziamento successivi al 3.7.1993 questione fondamentale che dunque va esaminata quanto all'esistenza stessa del debito di interessi. Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente, attesa la connessione, giacché la questione di diritto, sollevata con il terzo motivo, riguardante la configurabilità dell'obbligazione di interessi nei debiti della pubblica amministrazione, condiziona l'esame del secondo, concernente la forma attraverso la quale il debitore può essere costituito in mora al fine di constatarne il ritardo colpevole. Riguardo alle obbligazioni pecuniarie della pubblica amministrazione precipuo oggetto del terzo motivo , debbono riconfermarsi i principi concernenti la qualificazione di tali obbligazioni, come eseguibili al domicilio del debitore giurisprudenza costante da ultimo, Cass. 8.5.2014, n. 10002 . L'attribuzione degli interessi, nei debiti della pubblica amministrazione, è soggetta a particolari regole la liquidità ed esigibilità, dalle quali scaturisce l'automatica produzione di interessi, a norma dell'art. 1282, primo comma c.c., sono escluse dalle circostanze e modalità di accertamento dell'obbligazione, che in ragione della natura pubblicistica del debitore, sono specificamente disciplinate da atti aventi efficacia regolamentare artt. 269-270 r.d. 23.5.1924 n. 827 , che tuttavia ripetono la loro efficacia vincolante esterna da norme legislative artt. 50 ss. r.d. 18.11.1923 n. 2440 . Ne consegue che l'accertamento dei requisiti di liquidità ed esigibilità non può prescindere dal presupposto formale dell'emissione del titolo di spesa Cass. 24.1.1987, n. 690 10.1.1990, n. 24 4.9.2004, n. 17909 6.6.2006, n. 13252 . Altra questione è la disciplina attuale delle obbligazioni degli enti pubblici, quale approntata da più recenti disposizioni legislative, di recepimento delle direttive comunitarie, atte ad equiparare la posizione debitoria delle amministrazioni a quella dei privati, con la previsione della mora automatica art. 3 d.lgs. 9.10.2002 n. 231 d.l. 8.4.2013 n. 35, conv. in l. 6.6.2013 n. 64 la normativa sopraggiunta concerne i contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore l'atto di trasferimento del 26.6.1989, da cui è scaturito il finanziamento di cui il ricorrente lamenta il ritardo nelle erogazioni, è anteriore a tali normative , salvo disposizioni per i debiti in precedenza maturati, tuttavia concernenti speciali procedure di ricognizione e liquidazione, che non comportano retroattivamente l'automatica produzione di interessi. Gli interessi sulle somme oggetto dei ratei di finanziamento, mancando l'esigibilità del credito in assenza di indicazioni normative in deroga ai principi ora richiamati, potrebbero configurarsi solo sotto la specie di interessi moratori che prescindono dalla liquidità . L'amministrazione è infatti tenuta a compiere diligentemente quanto è da parte sua necessario per rendere i credito liquido ed esigibile. Pertanto, se essa ritarda ingiustificatamente la procedura di liquidazione e pagamento oltre il tempo ragionevolmente necessario, il creditore può costituirla in mora. È dunque necessaria una formale costituzione in mora, non ricorrendo alcuna ipotesi di mora ex re riguardo all'art. 1219, secondo comma, c.c., non si tratta di fatto illecito non è stato dedotto il rifiuto dell'amministrazione a corrispondere l'indennizzo non si tratta di obbligazioni portabili, giacché il pagamento avviene presso gli uffici di tesoreria, come da disciplina riguardante le amministrazioni centrali dello Stato, prevista dagli artt. 278 lett. d , 287 e 407 r.d. 827/24. Non vale osservare in contrario che l'erogazione dei ratei di finanziamento è stata effettuata mediante accrediti sul conto corrente bancario del creditore. Agli obblighi contrattuali, che fanno capo ad un ente pubblico, si sovrappone la disciplina speciale, predisposta a tutela dell'interesse pubblico ai fini dell'ordinata e oculata erogazione delle spesa pubblica. Chiunque entri in rapporto con l'ente pubblico, è soggetto per questo alle regole della contabilità pubblica. La natura quérable dell'obbligazione rimane ferma anche qualora la commutazione del mandato di pagamento in vaglia cambiario o in assegno circolare non trasferibile costituisca oggetto di previsione contrattuale Cass. 25.7.2001, n. 10135 anche quando la riscossione dei crediti vantati avviene mediante accreditamento su conto corrente, ovvero mandato di pagamento commutato in vaglia cambiario o assegno circolare, per accordi intercorsi tra l'ufficio pagatore e il creditore, luogo di adempimento della obbligazione in questione resta pur sempre la sede dell'ufficio di tesoreria dell'ente Cass. 20.12.1999, n. 14311 , pur se le modalità di accredito siano previste da legge regionale dettata per facilitare il creditore Cass. 25.10.2013, n. 24157 . Gli interessi moratori, e l'eventuale maggior danno, sono dovuti dall'atto di costituzione in mora, fatta salva la prova, il cui onere grava sull'amministrazione, che il ritardo o l'inesattezza della prestazione siano dipesi da causa ad essa non imputabile, ai sensi dell'art. 1218 c.c. Cass. 4.3.2011, n. 5212 22.10.2013, n. 23895 . Conseguentemente è dal giorno della mora che sono dovuti gli interessi moratori ed il maggior danno Cass. 15.5.2008, n. 12281 , e in mancanza di intimazioni precedenti, essa coincide con la domanda giudiziale. Il giudice non ha individuato atti in cui possano riconoscersi i requisiti formali della costituzione in mora che non sia la mera richiesta di indennizzo , tali da giustificare la liquidazione degli interessi di cui all'art. 1224, primo comma, c.c Ciò è detto alla luce della deduzione del ricorrente, secondo il quali sarebbero state inoltrate formali intimazioni alla liquidazione del credito di finanziamento, pur senza illustrarne il contenuto testuale. Ciò è precipuo oggetto del secondo motivo, che va rigettato nella parte in cui censura la violazione di legge per il mancato riconoscimento, da parte del giudice, di atti di costituzione in mora nelle richieste di pagamento gli interessi moratori possono decorrere solo dalla notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio diretto alla liquidazione del dovuto, ovvero da uno specifico atto di costituzione in mora nel corso del procedimento amministrativo Cass. 22.2.2008, n. 4530 . Il secondo motivo censura anche il ragionamento del giudice, sotto la specie del vizio di motivazione, nella parte in cui ha escluso potersi ravvisare nelle richieste di pagamento della sorte capitale, i requisiti dell'atto di costituzione in mora nella denuncia di vizio di motivazione rientra anche la doglianza riferita agli artt. 115 e 116 c.p.c., che appaiono male invocati giacché, riguardando l'attività valutativa delle risultanze probatorie, il potenziale vizio riguarda il procedimento logico di ricostruzione del fatto, non la critica ad un principio di diritto . La censura difetta però di qualsiasi indicazione sul tenore di tali richieste. Sotto tale aspetto, il ricorso è inammissibile. Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative Cass. 19.12.2006, n. 27169 30.7.2010, n. 17915 vanno in particolare evidenziati i punti ritenuti decisivi, risolvendosi, altrimenti, il dedotto vizio di motivazione in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle prove e di verifica dell'esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata ovvero è stata insufficiente o illogica Cass. 12.3.2009, n. 6023 . 2.2. Il rigetto dei motivi secondo e terzo del ricorso, comportando l'inesistenza del credito vantato per gli interessi da ritardato pagamento, assorbe ogni questione inerente la prescrizione dello stesso credito. 2.3. Attiene all'esistenza di un diverso credito il quarto motivo, con il quale il ricorrente assume un obbligo del controricorrente a garantirlo per le obbligazioni risarcitorie nei confronti dell'appaltatore. L'obbligazione di garanzia è stata esclusa dalla Corte d'appello, alla stregua della previsione contrattuale di cui all'art. 4, comma 3, dell'atto di trasferimento n. 953/89, che espressamente prevede resti a carico del Consorzio beneficiario del finanziamento qualsiasi onere o richiesta risarcitoria connessa alla realizzazione dell'opera oggetto di trasferimento. Il ricorrente ne deduce ora la nullità, invocando la violazione dell'art. 1219 c.c La censura appare inammissibile. È pur vero che l'indicazione, ai sensi dell'art. 366 n. 4 c.p.c., delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicché la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l'inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del quid disputandum . Nella specie, il riferimento all'art. 1219 c.c. è palesemente eccentrico, potendosi trovare appiglio alla censura sollevata, nell'art. 1229 c.c Ma proprio in riferimento alle condizioni cui la norma richiamata fa dipendere la nullità della clausola di preventiva esclusione della responsabilità dolo, colpa grave, fatto degli ausiliari , il ricorso è assolutamente carente, non essendovi alcuna deduzione che consenta la riconducibilità della previsione contrattuale alla patologia descritta dalla norma. Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata è pertanto, inammissibile il motivo di ricorso col quale il ricorrente lamenti la violazione di norme sostanziali senza illustrarne i presupposti di applicazione Cass. n. 3248 del 02/03/2012 , limitandosi a denunciare l'ingiustizia della decisione senza svolgere un iter argomentativo diretto a confutarne la fondatezza giuridica Cass. 5.8.2000, n. 10324 20.11.2003, n. 17627 . 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 8.000 per compensi, con accessori, oltre alle spese prenotate a debito.