Indirizzo sconosciuto: se l’indagine fallisce, si risale indietro nel tempo

La notifica al destinatario irreperibile art. 140 c.p.c. presuppone che siano esattamente individuati i luoghi di residenza, domicilio o dimora, ma ciò nonostante la notifica non riesca ad avere luogo per impossibilità materiale, incapacità o rifiuto delle persone di cui all’art. 139 c.p.c Per converso la notifica a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti art. 143 c.p.c. implica che il notificante non sappia in alcun modo dove il destinatario si trovi nell’impossibilità di venirne a conoscenza.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15771, depositata il 10 luglio 2014. Il caso. Nel caso in esame la parte soccombente, rimasta contumace in primo grado, aveva impugnato la sentenza resa dal Tribunale per una asserita nullità dell’atto introduttivo del giudizio in quanto notificato ai sensi dell’art. 143 c.p.c. senza aver esperito le opportune ricerche sulla residenza della destinataria ma limitandosi a richiedere il certificato di residenza. Gravame che è stato rigettato dalla Corte d’appello e, pertanto, è passato al vaglio della Corte di legittimità chiamata a indicare le ipotesi in cui la parte che ha interesse alla notifica dell’atto può utilizzare l’istituto di cui all’art. 143 c.p.c I vani tentativi di notifica. La Corte di legittimità ha rilevato che l’istituto di cui all'art. 143 c.p.c. può essere utilizzato qualora la notifica presso l’ultima residenza risultante dal certificato anagrafico non sia andata a buon fine in quanto il destinatario risulti essere sconosciuto, a nulla rilevando che i familiari si sono rifiutati di ricevere l’atto asserendo che il destinatario abiti altrove. La distinzione tra art. 140 e art. 143 c.p.c. La Corte, infine, ha avuto modo di delineare le differenze fra la notifica di cui all’art. 140 e quella ai sensi dell’art. 143 c.p.c La prima può essere utilizzata qualora il destinatario non venga reperito per assenza momentanea e le persone di cui all’art. 139 cpc non vengono reperite o si rifiutano di ritirare l’atto diversamente la seconda può essere esperita solamente quando il destinatario risulti sconosciuto presso l’ultima residenza e non sia possibile, attraverso una semplice ricerca anagrafica, reperire il nuovo indirizzo. Su tale presupposto la Corte ha fermamente disatteso le argomentazioni della ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 maggio – 10 luglio 2014, n. 15771 Presidente Segreto – Relatore Cirillo Svolgimento del processo l. Con ricorso al Tribunale di Rimini C.M. convenne in giudizio M.M. e - sulla premessa di aver stipulato con la convenuta locatrice un contratto di locazione ad uso abitativo della durata di quattro anni, rinnovabili alla prima scadenza, per il canone annuo di euro 7.800, versando contestualmente il deposito di euro 1.950 - chiese che la stessa fosse condannata alla restituzione del deposito ed al risarcimento del danno pari al maggior canone di locazione che ella era stata costretta ad accettare in relazione ad altro immobile. A sostegno della domanda, fece presente che la M. non le aveva consegnato l'immobile alla data pattuita, sicché ella aveva dovuto stipulare un altro contratto di locazione ad uso abitativo, al maggior canone annuale di euro 9.360. Il Tribunale, dichiarata la contumacia della M., con sentenza del 10 febbraio 2006 accolse la domanda e condannò la convenuta alla restituzione del deposito cauzionale ed al pagamento della somma di euro 12.480 a titolo di risarcimento del danno, con rivalutazione ed interessi sulla somma annualmente rivalutata, nonché al rimborso delle spese di giudizio. 2. La sentenza è stata appellata dalla M. con ricorso depositato in data 15 gennaio 2008, e la Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 30 giugno 2008, ha respinto il gravame, condannando l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che l'impugnazione si fondava sull'affermazione dell'appellante secondo cui ella non aveva avuto alcuna conoscenza del procedimento, a causa della nullità o inesistenza del ricorso introduttivo. Tale affermazione, però, non trovava alcun appiglio concreto. Risultava dagli atti, infatti, che nel momento di conclusione del contratto la M. risiedeva in Santarcangelo di Romagna, Via La Pieve 82, ma che a quell'indirizzo non era stato possibile notificare il ricorso ed il decreto introduttivi del giudizio di primo grado. Compiuti gli opportuni accertamenti anagrafici, era emerso che la M. aveva trasferito la propria residenza in altra via dello stesso Comune, dove però la notifica era stata per due volte inutilmente tentata sicché il giudice istruttore aveva poi concesso termine alla M. per la nuova notifica del ricorso e del verbale col rito di cui all'art. 143 del codice di procedura civile. Nessuna nullità processuale era dunque ravvisabile. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Bologna propone ricorso M.M. con atto affidato ad un solo motivo. Resiste C.M. con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 140 e 143 del codice di procedura civile, nonché del principio dell'apparenza giuridica. Rileva la ricorrente che la notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non era avvenuta secondo l'art. 139 cod. proc. civ., e il Tribunale e la Corte d'appello non ne avrebbero tenuto conto, consentendo la notifica ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., norma utilizzabile solo nel caso in cui siano sconosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario. Tale sistema di notifica sarebbe anche in contrasto con il principio di affidamento. 1.1. Il motivo non è fondato. La censura posta dalla ricorrente - peraltro formulata ai limiti della inammissibilità - si sostanzia nella doglianza per la quale la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere validamente compiuta, nella specie, la notifica del ricorso introduttivo del giudizio ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., senza che fosse stata in precedenza tentata la notifica ai sensi dell'art. 140 del medesimo codice. La Corte d'appello, con la motivazione in precedenza riassunta, ha dato conto di come sono andate le cose nella realtà ed ha specificato che la M. tentò più volte di notificare il ricorso introduttivo all'indirizzo risultante dagli atti anagrafici Via Roncaglia 47 , dove la M. risultò sconosciuta la prima volta e dove la seconda volta una terza persona si rifiutò di ricevere l'atto, sul rilievo che la destinataria abitava altrove. La Corte d'appello ha poi spiegato che la M. tentò altre notifiche, in altri indirizzi del Comune di Santarcangelo di Romagna, sempre con esito negativo sicché le fu poi consentita la notifica ai sensi dell'art. 143 del codice di rito. Ora, com'è noto, la distinzione tra le due figure previste dagli artt. 140 e 143 cod. proc. civ. risiede nel fatto che la notifica al destinatario irreperibile presuppone che siano esattamente individuati i luoghi di residenza, domicilio o dimora, ma ciò nonostante la notifica non riesca ad avere luogo per impossibilità materiale, incapacità o rifiuto delle persone di cui all'art. 139 cod. proc. civ. mentre la notifica a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti implica che il notificante non sappia in alcun modo dove il destinatario si trovi e sia nell'impossibilità di venirne a conoscenza v., tra le altre, le sentenze 27 marzo 2008, n. 7964, 23 giugno 2009, n. 14618, e 28 maggio 2013, n. 13218 . La Corte d'appello, dunque, ha fatto buon governo di tali principi, tenendo in considerazione che il comportamento della M. dimostrava il pieno rispetto anche del principio di buona fede, sicché dalla medesima non potevano pretendersi, ragionevolmente, ulteriori sforzi di ricerca della M 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 4.200, di cui euro 200 per spese, oltre, spese generali ed accessori di legge.