Le procure speciali rilasciate dal Comune non autorizzano gli avvocati a estendere il giudizio

Al fine di valutare l’esatto contenuto e l’ampiezza della procura, la Corte di merito non è tenuta a esaminare le deliberazioni con le quali la Giunta comunale ha autorizzato il Sindaco a costituirsi in giudizio.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 27732, depositata l’11 dicembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva accolto l’impugnazione proposta da una società a cui un Comune aveva appaltato la manutenzione di alcune strade cittadine contro la sentenza di primo grado. Un uomo, infatti, aveva promosso un giudizio contro il Comune per ottenere il ristoro dei danni subiti a seguito di una caduta causata da una macchia d’olio esistente sull’asfalto di una strada cittadina. In primo grado, la società-appellante, terza chiamata in garanzia dall’ente convenuto, era stata condannata a pagare in via diretta al danneggiato le somme liquidate a titolo risarcitorio. Invece, la Corte territoriale aveva ritenuto che le procure speciali rilasciate dal Comune ai suoi avvocati – l’una a margine dell’originario atto di citazione e l’altra a margine di quello di riassunzione – non li autorizzavano a estendere il giudizio alla società, terza chiamata in garanzia in virtù di un rapporto contrattuale, e dunque per un titolo diverso da quello, di natura esclusivamente extracontrattuale, in base al quale l’attore originario aveva introdotto la causa. Tale sentenza è stata impugnata dal Comune, deducendo che gli avvocati che lo hanno difeso in giudizio erano muniti di procura speciale loro rilasciata dal Sindaco a seguito di espresse deliberazioni di Giunta che li autorizzavano alla chiamata in causa di terzi. Mentre, a suo dire, la procura generale alle liti conferita ai medesimi avvocati li delegava a difenderlo in tutte le cause rientranti nella polizza di assicurazione R.C. stipulata. Secondo il ricorrente, il giudice territoriale avrebbe dovuto valutare l’ampiezza della procura alla luce delle delibere autorizzative di Giunta, mai esaminate, anziché arrestarsi alla verifica del contenuto testuale di quelle apposte a margine degli atti di citazione e di riassunzione. La Suprema Corte ha considerato il motivo infondato. Gli Ermellini, innanzitutto, hanno constatato che il ricorrente non ha contestato l’accertamento della corte distrettuale, secondo cui le procure speciali conferite dal Sindaco agli avvocati che difendevano il Comune in giudizio non contemplavano il potere dei procuratori di chiamare in garanzia terzi estranei alla lite. Dunque, il motivo illustra unicamente una censura in diritto, disattesa dal Collegio. Chiamata in causa di un terzo effettuata da procuratore sfornito di apposita procura alle liti. Infatti, come precisato da Piazza Cavour, le delibere costituiscono atti interni all’amministrazione e non possono spiegare effetti nei confronti dei terzi se non nei limiti in cui vengano trasfuse nell’atto, a rilevanza esterna, che promana dal rappresentante dell’ente e che è l’unico attraverso il quale la volontà dell’ente medesimo si manifesta ed è portata all’altrui conoscenza . Quindi, il S.C. ha ritenuto di dover dare continuità al principio giurisprudenziale di legittimità secondo cui la chiamata in causa di un terzo a titolo di garanzia impropria è nulla se effettuata da procuratore sfornito di apposita procura alle liti , posto che, attraverso tale chiamata, viene introdotta nel processo una nuova e ben distinta controversia, eccedente dall’ambito dell’originario rapporto litigioso. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 settembre - 11 dicembre 2013, n. 27732 Presidente Salmé – Relatore Cristiano Svolgimento del processo La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 31.10.05, ha accolto l'impugnazione proposta dalla ICS s.r.l. società cui il Comune di Roma aveva appaltato la manutenzione di alcune strade cittadine contro la sentenza di primo grado che, nel giudizio introdotto dinanzi al G.d.P. e poi riassunto dinanzi al Tribunale competente per valore promosso da A P. contro il Comune per ottenere il ristoro dei danni subiti a seguito di una caduta causata da una macchia d'olio esistente sull'asfalto di una strada cittadina, aveva condannato l'appellante, terza chiamata in garanzia dall'ente convenuto, a pagare in via diretta al danneggiato le somme liquidate a titolo risarcitorio. La corte territoriale ha rilevato che le procure speciali rilasciate dal Comune ai suoi avvocati, Cuna a margine dell'originario atto di citazione e l'altra a margine di quello di riassunzione, non li autorizzavano ad estendere il giudizio alla società, terza chiamata in garanzia in virtù di un rapporto contrattuale, e dunque per un titolo diverso da quello, di natura esclusivamente extracontrattuale, in base al quale il P. aveva introdotto la causa ha precisato che la procura generale alle liti, conferita dal Comune ai medesimi legali con atto notarile del 30.11.05, concerneva unicamente le cause nelle quali era parte la Ascoroma ha infine rilevato che, in ogni caso, il giudice di primo grado non avrebbe mai potuto condannare in via diretta la ICS al risarcimento dei danni subiti dal P. , il quale aveva agito solo contro il Comune e non aveva mai esteso la domanda alla terza chiamata. Ha pertanto escluso che l'appellante fosse tenuta al pagamento delle somme liquidate in favore dell'attore, non senza sottolineare che questi non aveva proposto appello incidentale per ottenere la condanna dell'originario convenuto. La sentenza è stata impugnata dal Comune di Roma con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui la ICS s.r.l. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 Con l'unico motivo di ricorso il Comune di Roma denuncia violazione degli artt. 75, 83, 182 c.p.c. nonché vizio di motivazione. Deduce che gli avvocati che l'hanno difeso in giudizio erano muniti di procura speciale loro rilasciata dal Sindaco a seguito di espresse deliberazioni di Giunta che li autorizzavano alla chiamata in causa di terzi, mentre la procura generale alle liti conferita ai medesimi avvocati e che comprendeva il potere di chiamata in causa di terzi li delegava a difendere il Comune in tutte le cause rientranti nella polizza di assicurazione R.C. stipulate con la Ascoroma, Mutua Assicuratrice Comunale Romana, e non nelle sole cause in cui la predetta società era parte, come erroneamente ritenuto dalla corte territoriale. Assume, in conclusione, che il giudice d'appello avrebbe dovuto valutare l'ampiezza della procura alla luce delle delibere autorizzative di Giunta, mai esaminate, anziché arrestarsi alla verifica del contenuto testuale di quelle apposte a margine degli atti di citazione e di riassunzione. Rileva, in subordine, che non v'era necessità, nella procura, di un espresso riferimento al potere di chiamata dei terzi, dovendo la stessa ritenersi comprensiva di tutte le facoltà inerenti alla gestione processuale. Il motivo è infondato e deve essere respinto. In punto di fatto, il ricorrente non contesta l'accertamento della corte territoriale, secondo cui le procure speciali conferite dal Sindaco agli avvocati che difendevano il Comune in giudizio, apposte a margine degli atti introduttivi del processo dinanzi al G.d.P. ed al tribunale, non contemplavano il potere dei procuratori di chiamare in garanzia terzi estranei alla lite, né deduce che, contrariamente a quanto ulteriormente accertato dal giudice del merito, la controversia promossa dal P. rientrasse fra quelle oggetto della procura generale ad lites conferita ai medesimi legali e ciò indipendentemente dalla circostanza, del tutto priva di rilievo ai fini che qui interessano, che detta procura si riferisse alle sole cause in cui era parte Ascoroma od a tutte quelle per le quali il Comune avrebbe potuto avvalersi della polizza di assicurazione R.C. stipulata con la predetta società . Neppure è contestato che la chiamata in garanzia di ICS s.r.l. fondata su un titolo contrattuale distinto da quello, di natura esclusivamente extracontrattuale, in forza del quale il danneggiato aveva convenuto in giudizio il Comune andasse qualificata come impropria. Il motivo illustra, dunque, unicamente due censure in diritto, che devono essere entrambe disattese. In primo luogo va escluso che, al fine di valutare l'esatto contenuto e l'ampiezza della procura, la corte di merito fosse tenuta ad esaminare le deliberazioni con le quali la Giunta comunale aveva autorizzato il Sindaco a costituirsi in giudizio le delibere, infatti, costituiscono atti interni all'amministrazione e non possono spiegare effetti nei confronti dei terzi se non nei limiti in cui vengano trasfuse nell'atto, a rilevanza esterna, che promana dal rappresentante dell'ente e che è l'unico attraverso il quale la volontà dell'ente medesimo si manifesta ed è portata all'altrui conoscenza. Il collegio ritiene, poi, di dover dare continuità al principio giurisprudenziale, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui la chiamata in causa di un terzo a titolo di garanzia impropria è nulla se effettuata da procuratore sfornito di apposita procura alle liti Cass. nn. 20825/09, 19912/08, 5768/05 , posto che, attraverso tale chiamata, viene introdotta nel processo una nuova e ben distinta controversia, eccedente dall'ambito dell'originario rapporto litigioso. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.