Settimanale in fallo: violata la privacy di una minore. Irrilevante il precedente servizio fotografico in famiglia

Confermata la legittimità della linea di pensiero tracciata dal Garante per la privacy. Sanzione corretta nei confronti del settimanale ‘Chi’, che ha ‘toppato’, pubblicando dati identificativi della figlia minore di una coppia. Assolutamente irrilevante il fatto che la minore fosse già stata ‘presentata’ in pubblico, con un precedente servizio fotografico, pubblicato da un altro settimanale, con autorizzazione dei genitori.

Nuovi ‘colpi di maglio’ contro il fenomeno – sempre produttivo, dal punto di vista commerciale – del gossip giornalistico. Argine ancor più rinforzato è quello della tutela dei minori, la cui riservatezza, finalizzata ad evitare ripercussioni sullo sviluppo psico-fisico, va tutelata a prescindere, anche, come in questo caso, quando, in realtà, la loro identificazione pubblica – debitamente autorizzata dall’adulto – si è già concretizzata, sempre con un ‘pezzo’ giornalistico. Cass., sent. n. 27381/2013, Prima Sezione Civile, depositata oggi Liaison. ‘Boccone’ succulento per il settimanale ‘Chi’, edito dal gruppo ‘Mondadori’ sul ‘piatto’, difatti, il presunto legame sentimentale per un dirigente di vertice della Rai. Conseguenziale è la ricostruzione giornalistica di questa ipotetica liaison, accompagnata, per giunta, da un ‘flash’ sulla situazione familiare dell’uomo. Ma, come si usa dire, il troppo stroppia ”. Ecco spiegata la ‘censura’ del Garante per la privacy nei confronti del settimanale ‘Chi’ difatti, le fotografie pubblicate riportavano dati relativi ai due figli minori della coppia – dirigente e relativa moglie –, ritraevano il volto della figlia minore, mascherato parzialmente in modo inefficace , eppoi il testo menzionava altri dati ed immagini relativi anche al luogo di residenza della famiglia, alla loro palazzina di abitazione . Evidente, quindi, la violazione del divieto in materia di riferimenti a congiunti – ed altri soggetti – non interessati ai fatti , anche tenendo presente che la notorietà di una persona non può certo affievolire i diritti dei congiunti, e, in particolare, dei minori . Per questo, come detto, è scattata la ‘censura’ da parte del Garante – ‘censura’ confermata anche in Tribunale –, alla luce del prioritario diritto alla riservatezza del minore . Riservatezza. Ebbene, l’ottica che ha portato a sanzionare la condotta del settimanale ‘Chi’ viene confermata anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, ribadiscono la specifica illiceità dei dati in concreto trattati nel ‘pezzo’ giornalistico pubblicato. E questa valutazione, viene chiarito, non è messa in crisi neanche dal particolare sottolineato dai legali del settimanale edito da ‘Mondadori’, e cioè dalla considerazione che tanto il nome di battesimo della figlia minore, quanto le sue sembianze, quanto il suo status di figlia della coppia erano stati precedentemente resi pubblici direttamente dal padre e dalla madre, con servizi fotografici pubblicati su settimanali, prima della pubblicazione dell’articolo oggetto del provvedimento del Garante . Di fronte a questa obiezione, difatti, i giudici, ribadendo che il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come prioritario rispetto al diritto di critica e di cronaca , spiegano che la divulgazione, mediante dichiarazioni o comportamenti pubblici, di un dato di interesse pubblico – identificativo, in questo caso, della figlia minore della coppia – non è configurabile come una forma di consenso tacito al suo trattamento, in quanto la persona interessata potrebbe anche essere contraria a che l’informazione resa nota abbia un’ulteriore e più ampia diffusione , anche se, in realtà, la riservatezza del dato è stata già, in qualche misura, intaccata .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 ottobre – 6 dicembre 2013, n. 27381 Presidente Carnevale – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto 1. - Il 21 novembre 2005 i coniugi C. e G. hanno presentato al Garante per la protezione dei dati personali una segnalazione relativamente al servizio giornalistico, pubblicato dal settimanale Chi”, edito da Arnoldo Mondadori editore s.p.a., il quale, riprendendo una notizia su un supposto legame sentimentale del segnalante, già direttore generale della R.A.I., conteneva un articolato servizio fotografico che ritraeva componenti della famiglia C. in alcuni momenti di vita privata quotidiana. Il Garante ha ritenuto fondata la doglianza contenuta nella segnalazione perché le immagini - commentate da una giornalista - riprendevano più volte con evidenza la segnalante e riportavano dati relativi ai due figli minori il volto della figlia minore dei segnalanti era stato mascherato parzialmente in modo inefficace e la stessa era pertanto riconoscibile. Inoltre, l’articolo menzionava altri dati ed immagini relativi anche al luogo di residenza della famiglia, alla loro palazzina di abitazione e alla madre della segnalante. Ciò in violazione dei limiti dell’ essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” che caratterizzano la possibilità di diffusione dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica. Garanzia che comporta il dovere di evitare riferimenti a congiunti - ed altri soggetti - non interessati ai fatti art. 137, comma 3, Codice e artt. 5 e 6 del codice di deontologia , non potendo la notorietà di una persona - quale era il segnalante - affievolire i diritti dei congiunti e, in particolare, dei minori. Pertanto, con provvedimento del 23 novembre 2005, il Garante a ha disposto nei confronti di Arnoldo Mondadori editore s.p.a., in qualità di titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 154, comma 1, lett. d , 143, comma 1, lett. c e 139, comma 5, del Codice in materia di protezione dei dati personali, il divieto di diffondere illecitamente dati personali relativi ai congiunti del segnalante, con effetto immediato a decorrere dalla data di ricezione del provvedimento b ha prescritto al medesimo titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 154, comma 1, lett. c e 143, comma 1, lett. c del Codice, di conformare i trattamenti ai principi sopra richiamati c ha disposto l’invio di copia del provvedimento ai competenti consigli regionali e al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, per le valutazioni di competenza. 2. - Secondo il Garante il giornalista ha il dovere di considerare il diritto alla riservatezza del minore come primario e di non pubblicare quindi nomi, immagini o altri particolari in grado di condurre comunque alla loro identificazione, anche nel caso - peraltro non ravvisabile nella vicenda in esame - di un loro coinvolgimento in fatti di cronaca art. 7 del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, in allegato A1 del Codice in materia di protezione dei dati personali, che richiama i principi contenuti nella Carta di Treviso art. 50 del Codice e art. 13 della Convenzione sui diritti del fanciullo - New York, 20 novembre 1989 - ratificata con la legge 27 maggio 1991, n. 176 e l’articolo in questione ha concretizzato una violazione dei diritti dei familiari del segnalante, considerate anche le informazioni specifiche fornite sulla relativa abitazione. Ha ritenuto, inoltre, che il Garante ha il compito di vietare anche d’ufficio il trattamento, in tutto o in parte, o di disporre il blocco dei dati personali se il trattamento risulta illecito o non corretto o quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati artt. 154, comma 1, lett. d e 143, comma 1, lett. c del Codice e che il predetto divieto può conseguire anche, specificamente, ad una violazione delle prescrizioni contenute nel predetto codice di deontologia art. 139, comma 5, del Codice . 3. - Contro il provvedimento del Garante la predetta società e B.U. hanno proposto opposizione con ricorso al Tribunale di Milano ai sensi dell’art. 152 d.lgs. n. 196/2003 opposizione rigettata dal tribunale con sentenza del 5 settembre 2006 contro la quale gli opponenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso il Garante per la protezione dei dati personali, mentre non hanno svolto difese il Cattaneo e la Goi, contumaci nel giudizio di merito. 3. - Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 139, 143 lett. B e C e 154 lett. C e D d.lgs. 196/03 in relazione all’art. 21 Cost.” e formulano, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. - applicabile ratione temporis - il quesito di seguito trascritto per ragioni di sintesi se gli artt. 139, 143 lett. B e C e 154 lett. C e D d.lgs. 196/03, letti in relazione all’art. 21 Cost., consentano al Garante, che abbia ritenuto illegittimo il trattamento dei dati personali di taluno in un determinato articolo di stampa, di vietare in via preventiva, assoluta e generale, e anche al di fuori del caso di trattamento in corso, la diffusione nell’esercizio dell’attività giornalistica di qualunque dato relativo alla medesima persona, e se, in ipotesi affermativa, trattandosi di questione rilevante ai fini del decidere, tale normativa debba essere rinviata al vaglio della Corte Costituzionale in quanto contrastante con l’art. 21, comma II, Cost.”. Deducono che il tribunale avrebbe errato due volte prima, quando ha interpretato le norme innanzi menzionate nel senso che esse consentirebbero al Garante di inibire a taluno, in via preventiva, generale e perpetua, la diffusione a mezzo stampa, nell’ambito dell’attività giornalistica, dei dati personali di terzi sul presupposto che il soggetto inibito, in un articolo precedente, non avrebbe rispettato i relativi presupposti di legge poi, quando non ha ritenuto fondata la questione di l.c. delle norme così intese per violazione dell’art. 21 Cost. 3.1.- La censura è infondata. Il giudice del merito - con motivazione esente da idonee censure v. infra sub § 4.1 - ha evidenziato che il dispositivo del provvedimento del Garante doveva essere inteso in correlazione con la giustificazione del provvedimento stesso e questa faceva riferimento allo specifico contesto” considerato dalla predetta Autorità e alla specifica illiceità dei dati in concreto trattati. Sì che nessun divieto era desumibile circa ogni futura notizia che direttamente potesse riguardare fermi i divieti per i minori e i dati relativi alla privata dimora ” i congiunti del segnalante. Invero, il giudice del merito ha correttamente evidenziato che il provvedimento non si sostanzia in una preventiva valutazione censoria delle notizie pubblicabili, ma nell’accertamento di uno o più illeciti e nell’ordine di non protrarne oltre le conseguenze lesive. D’altra parte, l’art. 139, comma 5, d.lgs. n. 196/2003 dispone espressamente che, nei casi di violazione del codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lett. c e i in forza di tale norma i detta Autorità dispone il blocco o vieta, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto anche per effetto della mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera b , oppure quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati”. L’attività giornalistica - pur oggetto di disciplina meno rigorosa - è comunque illecita se esercitata in violazione del d.lgs. n. 196/2003 e del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica Provvedimento del Garante del 29 luglio 1998, Gazzetta Ufficiale 3 agosto 1998, n. 179 , le cui norme sono volte a contemperare i diritti fondamentali della persona con il diritto dei cittadini all’informazione e con la libertà di stampa” art. 1 , diritti fondamentali pure costituzionalmente protetti. Sì che appare incensurabile il bilanciamento operato dal legislatore tra la tutela del diritto di cui all’art. 21 Cost. e quella prevista in quelle norme che mirano a tutelare e a realizzare i fini dell’art. 2 affermati anche negli artt. 3, secondo comma, e 13, primo comma, che riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali rientra quello del proprio decoro, del proprio onore, della propria rispettabilità, riservatezza, intimità e reputazione, sanciti espressamente negli artt. 8 e 10 della. Convenzione europea sui diritti dell’uomo” cfr. Corte cost. n. 38 del 1973, in tema di libertà di stampa . 4. - Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione senza formulare la sintesi del fatto controverso. 4.1 - Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. poiché, quanto alla formulazione dei motivi nel caso previsto dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui ai nn. 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità v. S.U. sent. n. 20603/2007 sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonché S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008 . 5. - Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione senza formulare la sintesi ex art. 366 bis c.p.c. . 5.1. - Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. anche a volerlo riguardare come unico articolato motivo d’impugnazione che denuncia con il successivo vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, posto che lo stesso non si conclude con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto cfr. Sez. Un. 7770/2009 . 6.- Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 137 Codice Privacy in relazione agli artt. 4, lett. b dello stesso codice e 3 e 7 del Codice deontologico di cui al Provv.to del Garante 29.7.1998” e formulano, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. il quesito di seguito trascritto per ragioni di sintesi se, a’ sensi dell’art. 137 d.lgs. 196/2003, i dati personali resi noti alla stampa direttamente dagli interessati, restino liberamente trattabili per finalità giornalistiche anche in contesti diversi dalla loro originaria pubblicazione, se ad essi si applichi il limite dell’essenzialità dell’informazione dettato dalla medesima norma per gli altri dati, e se rientrino nella previsione di tale articolo i dati concernenti l’aspetto esteriore o 1.1 comune di ubicazione di uno stabile ricomprendente al suo interno l’abitazione di una famiglia”. Deducono che tanto il nome di battesimo della figlia minore, quanto le sue sembianze, il suo status di figlia dei coniugi Cattaneo, le sembianze della signora Goi e il rapporto di coniugio della stessa con il dott. Cattaneo erano dati precedentemente resi pubblici ‘direttamente dagli. interessati’” in servizi fotografici pubblicati su settimanali prima della pubblicazione dell’articolo oggetto del provvedimento del Garante. 6.1.- L’ultimo comma dell’art. 137 d.lgs. n. 196 del 2003 dispone che in caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all’articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”. Senonché, l’ultimo comma dell’art. 7 del Codice di deontologia dispone che il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca qualora, tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla ‘Carta di Treviso’”. Quest’ultima, tra l’altro, prevede che al bambino coinvolto come autore, vittima o teste - in fatti di cronaca, la cui diffusione possa influenzare negativamente la sua crescita, deve essere garantito l’assoluto anonimato. Per esempio deve essere evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possono portare alla sua identificazione, quali le generalità dei genitori, l’indirizzo dell’abitazione o il Comune di residenza nel caso di piccoli centri, l’indicazione della scuola cui appartenga”. Ora, appare evidente dalla motivazione della sentenza impugnata pag. 11 che il tribunale abbia escluso che la pubblicazione dei dati riferiti ai minori potesse essere valutato come davvero nell’interesse oggettivo” dei medesimi, come previsto dall’art. 7 codice deontologico cit. e ha correttamente escluso che la decisione assunta in precedenza dai genitori, in relazione al servizio fotografico pubblicato, potesse essere invocata in un diverso contesto, nel quale era trattata la notizia della relazione extraconiugale del C. Il tribunale ha, altresì, correttamente evidenziato che al servizio fotografico precedente era del tutto estranea la madre della G., mentre quest’ultima - priva di autonoma notorietà - era stata fotografata nello svolgimento di attività quotidiane in un contesto affatto diverso dal servizio fotografico per il quale aveva posato con la famiglia. Come è stato sottolineato in dottrina, la divulgazione di un dato di interesse pubblico mediante dichiarazioni o comportamenti pubblici non è configurabile come una forma di consenso tacito al suo trattamento, in quanto l’interessato potrebbe anche essere contrario a che l’informazione da lui resa nota abbia un’ulteriore e più ampia diffusione, anche se costituisce una situazione nella quale la riservatezza del dato è stata già in qualche misura intaccata a seguito della condotta consapevole dell’interessato. Talché, la ratio della norma può essere colta nell’opportunità di dare prevalenza all’interesse pubblico all’informazione, anche se riguardi profili non essenziali rispetto alla vicenda o al personaggio di interesse pubblico cui si riferisce, quando le dichiarazioni o i comportamenti in pubblico dell’interessato abbiano già compromesso in misura significativa l’interesse alla riservatezza dei dati trattati. La deroga, dunque, concerne l’essenzialità del dato trattato e non l’interesse pubblico che va apprezzato autonomamente e, nella concreta fattispecie, è stato escluso dal giudice del merito con valutazione sorretta da motivazione non ritualmente censurata. Da ultimo, pure correttamente è stato ritenuto dal tribunale che costituisce dato relativo al domicilio dell’interessato la foto che ritrae la palazzina in cui risiede se si tratta di una piccola località, consentendo una facile ricostruzione dell’indirizzo di privata dimora, non divulgabile. Il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione della novità delle questioni trattate. Ai sensi dell’art. 154, comma 6, d.lgs. n. 196/2003 copia del presente provvedimento sarà trasmessa, a cura della cancelleria, al Garante per la protezione dei dati personali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.