Contestato il contratto di trasferimento di beni: fondamentale è la gerarchia dei criteri ermeneutici

Nell’interpretazione di un contratto, bisogna primariamente considerare la comune volontà delle parti e poi il senso letterale delle parole. Solo se la volontà dei contraenti è ancora oscura, si potrà esaminare il comportamento delle parti successivo alla stipulazione.

È quanto stabilito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 27040 del 3 dicembre 2013. Il fatto. Un uomo propone appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva dichiarato inammissibile la domanda relativa al trasferimento di beni condominiali. In primo grado era stata messa in evidenza la carenza di legittimazione dell’attore né come condomino né come socio della cooperativa dalla quale, come sosteneva l’uomo, i beni sarebbero stati trasferiti. Viene, quindi, proposto ricorso in Cassazione. Limiti del giudizio di legittimità. Nel caso di specie, per dirimere la controversia, fondamentale importanza ha l’opera dell’interprete la quale, mirando a determinare una realtà oggettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica ai sensi degli artt. 1362 e ss. c.c., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi. Per tali motivi, per poter ritenere ammissibile il motivo di ricorso relativo alla carenza di legittimazione, non è idonea la critica al mero convincimento del giudice, operata mediante apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione ciò, infatti, attiene al merito della controversia e non si consente il riesame in sede di legittimità. Canoni di interpretazione delle clausole contrattuali. , L’art. 1362 c.c. indica chiaramente le regole da seguire nell’interpretazione di un contratto assorbente rilevanza ha la comune intenzione delle parti se più clausole concorrono nella determinazione del pattuito, si potrà fare riferimento al senso letterale delle parole. Se la volontà delle parti risulta essere chiara e univoca non sarà necessario fare ricorso al criterio sussidiario che attribuisce rilevanza al comportamento delle parti successivo alla stipulazione. Il terzo estraneo alla stipulazione non può dedurre la nullità di un atto. Nel caso specifico, il ricorrente ha approvato delibere perfettamente legittime perciò per dedurre la nullità del contratto devono essere violate norme inderogabili, non potendo invocare il mero ius poenitendi . Alla luce di ciò, il ricorso si intende respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 1 ottobre – 3 dicembre 2013, n. 27040 Presidente Goldoni – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata A R. proponeva appello avverso la sentenza n. 2793 del 9.7.2004 nella causa da lui promossa davanti al Tribunale di Firenze e conclusasi con la declaratoria di inammissibilità della domanda, deducendo che l'atto da lui contestato era quello attinente al trasferimento dei beni per cui è causa da tutti i condomini dello stabile di via OMISSIS ai soli condomini Bo. e T. e non quello attinente al trasferimento degli stessi beni dalla Cooperativa al condominio. Gli appellati deducevano la piena validità del contratto. La Corte di appello di Firenze, con sentenza 21.10.2006, in accoglimento dell'eccezione degli appellati, dichiarava la carenza di legittimazione dell'attore e compensava le spese richiamando gli atti di causa e concludendo che l'A. risultava assegnatario di un appartamento facente parte del condomini di via omissis , separato e distinto da quello di via omissis , in virtù della delibera assunta all'unanimità, e quindi col suo consenso in data 7.3.1989, e poiché i locali sottotetto erano stati assegnati ai condomini dei due distinti condomini con la deliberazione assunta all'unanimità, e quindi anche col consenso dell'appellante, in data 18.10.1999, appariva evidente la carenza di legittimazione né come condomino né come socio della cooperativa. Ricorrono Vi Bo. , M B. , S.M. , Gr Be. , Ro Ne. , R A. , M.L. , G F. , R T. , N.A. con due motivi, propone ricorso incidentale A. , con due motivi, con ulteriore controricorso degli altri, non svolge difese la cooperativa Edificatrice Le quattro stagioni a r.l Motivi della decisione Col primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione degli artt. 112, 324, II, 336 cpc per la compensazione delle spese nonostante il rigetto dell'unico motivo di appello, e col secondo degli artt. 91 e 92 cpc nonché vizi di motivazione sempre per l'avvenuta compensazione, con relativi quesiti. Col ricorso incidentale, col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 1421 cc, 100 cpc, vizi di motivazione perché era stata promossa un'azione diretta alla nullità dell'atto - 16.2.2001 - di trasferimento dei diritti immobiliari, quote di comproprietà dei sottotetti sul presupposto di quanto statuito da precedente sentenza della Corte di appello su domanda dell'A. col quesito se il Giudice sia incorso nelle violazioni indicate dichiarando la carenza di legittimazione per la proposizione dell'azione di nullità ex art. 1421 cc del terzo estraneo alla sottoscrizione. Col secondo motivo, indicato come terzo, si lamenta violazione degli artt. 1102 e ss, 1117, 1118, 1119, 2379 cc, 1418 e ss cc perché, se è vero che l'esclusione della legittimazione è stata motivata per fatti sopravvenuti, delibere cooperativa 7.3.89 e 18.10.99, la Corte di appello non poteva prescindere dall'accertamento di ufficio della validità ed efficacia delle stesse col relativo quesito. Ha priorità logica il ricorso incidentale le cui censure non meritano accoglimento. La Corte di appello ha statuito che l'A. aveva votato le delibere relative alla costituzione dei due condomini di omissis ed all'assegnazione ai condomini dei due distinti condomini dei sottotetti. L'opera dell'interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d'ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 ss. CC, oltre che per vizi di motivazione nell'applicazione di essi pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell'ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità epluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381,23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579,16.3.04 n. 5359,19.1.04 n. 753 . Né può utilmente invocarsi la mancata considerazione del comportamento delle parti. Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d'ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell'ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato nel primo comma dell'art. 1362 CC - eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363 CC per il caso di concorrenza d'una pluralità di clausole nella determinazione del pattuito - onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d'una pluralità di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi, cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l'intento effettivo dei contraenti -ciò che è stato fatto nella specie dalla corte territoriale, con considerazioni sintetiche ma esaustive - detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario del secondo comma dell'art. 1362 CC, che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590,23.11.98 n. 11878,23.2.98 n. 1940,26.6.97 n. 5715,16.6.97 n. 5389 . Va, comunque, data risposta negativa ai quesiti, nel senso che il terzo estraneo alla sottoscrizione di un atto non ha in generale interesse a dedurne la nullità, e il potere officioso di rilevare la nullità deve trovare riscontro nella violazione di norme inderogabili e non può essere invocato in virtù dello jus poenitendi di chi ha approvato delibere perfettamente legittime. Anche il ricorso principale va respinto perché la corte di appello ha dedotto esistere giusti motivi per la compensazione delle spese, statuizione legittima ratione temporis . In definitiva i ricorsi vanno rigettati, con compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.