Attenzione a eseguire i pagamenti al creditore legittimato e … a come si redigono i ricorsi in Cassazione

Ai sensi dell’art. 115, D.P.R. 554/1999 l’unica disposizione limitativa della cessione del credito dell’appaltatore rispetto alla disciplina ordinaria di cui agli artt. 1260 e ss. c.c., è la facoltà della stazione appaltante di rifiutare la cessione medesima, ma al di fuori di tale ipotesi l’art. 115 citato non innova per nulla rispetto al regime codicistico che prevede l’opponibilità al cessionario delle eccezioni derivanti dal rapporto negoziale tra il creditore cedente e il debitore ceduto.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 24680 del 4 novembre 2013. Il caso. Un’impresa subappaltatrice di lavori di controsoffittatura si era resa cessionaria dei crediti futuri vantabili dall’impresa appaltatrice dei lavori eseguiti presso la committente. Attraverso tale passaggio la subappaltatrice ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Bergamo un decreto ingiuntivo nei confronti della debitrice. Il decreto veniva confermato nonostante l’opposizione della committente e la sentenza veniva ribadita anche dalla Corte d’Appello di Brescia. La debitrice non desisteva e portava la controversia all’attenzione degli Ermellini. In particolare nelle proprie difese sosteneva che il credito azionato con il decreto ingiuntivo era in realtà inesistente e comunque illiquido e inesigibile. Precisava altresì che l’impresa si era resa inadempiente e che la cessione di credito non era valida. Altro punto fondamentale che la committente tentava di far valere in Cassazione era relativo alla validità dei pagamenti effettuati in favore della vecchia” cedente e non in favore della cessionaria. Opponibili al cessionario le eccezioni derivanti dal rapporto tra il creditore cedente e il debitore ceduto? Proprio su questi aspetti si articola la lunga motivazione della Corte di Cassazione. In pratica la committente cercava di affermare la bontà delle proprie ragioni ritenendo di poter sollevare nei confronti della cessionaria tutte le eccezioni opponibili alla cedente originaria, salvo l’eccezione di compensazione se il debitore ha accettato la cessione art. 1248 c.c. . Ciò è vero, infatti a seguito dell’operazione di cessione l’obbligazione rimane inalterata, il credito viene trasferito con tutti gli accessori, privilegi e garanzie originarie semplicemente si assiste ad una modificazione” nel lato attivo del rapporto obbligatorio e muta il soggetto legittimato a pretendere la prestazione dal debitore. La Corte quindi non ha negato tali caratteristiche, bensì ha semplicemente affermato che la committente non avrebbe più dovuto pagare il corrispettivo per i lavori alla cedente, stante l’ormai avvenuta e notificata cessione, ma, evidentemente, avrebbe dovuto rivolgersi alla cessionaria, l’unica davvero legittimata. La cessione di credito infatti si perfeziona al momento della notifica dell’atto o al momento dell’accettazione da parte del cedente vedi artt. 1260 e ss. c.c. . Da questo istante il debitore per essere liberato deve eseguire la prestazione al nuovo” titolare del credito e non può operare diversamente. A sostegno delle proprie tesi, la committente invocava anche l’art. 115, D.P.R. n. 554/1999 previsto per gli appalti pubblici. In realtà la Corte d’Appello, con una valutazione condivisa dalla Corte di Cassazione, ha specificato che la norma citata non muta il sistema delle eccezioni opponibili al cessionario o la disciplina della cessione di credito sopra illustrata. Semplicemente attribuisce al debitore la facoltà di rifiutare la cessione di credito, ipotesi invero non prevista dal codice civile per le cessioni tra privati”. Non era però questo il caso di specie, non risultava agli atti nessun rifiuto di cessione e la ricorrente non poteva accampare scuse”. In verità, nei motivi di ricorso, la committente sosteneva anche l’invalidità delle cessioni di credito, affermando di averne contestata la legittimità in tempi non sospetti con apposite lettere. Autosufficienza del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha però giudicato tale motivo addirittura inammissibile dal momento che la parte non si era curata di trascrivere i documenti citati impedendone così l’esame agli Ermellini. Come abbiamo già avuto modo di vedere in tante sentenze della Suprema Corte, in tema di ricorso in Cassazione vige infatti il principio di autosufficienza, tale per cui l’atto predisposto dalla parte deve contenere la specifica indicazione dei capi delle sentenze di merito, degli atti e dei documenti o porzioni degli stessi da sottoporre al giudizio dei magistrati. In ossequio a tale principio è necessario che i motivi abbiano i requisiti della specificità e completezza assicurando, senza necessità di attingere ad altre fonti, l’immediata individuazione delle questioni da risolvere e delle ragioni per cui viene domandato l’annullamento della sentenza impugnata così ex multis Cass. nn. 18421/2009, 17125/2007, 26234/2005 . Il mancato rispetto di tali rigorose regole comporta l’inammissibilità e la conseguente reiezione immediata dell’impugnazione. Così è avvenuto nel caso di specie, giacché la ricorrente ha tentato di riproporre una diversa interpretazione degli atti di causa a proprio favore evidentemente , ma non ha mai trascritto nel ricorso le cessioni in discussione o le lettere di contestazione che costituivano il fulcro della propria difesa.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio - 4 novembre 2013, n. 24680 Presidente Carnevale – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. La Cosmi Costruzioni Sistemi Innovativi s.r.l. impresa esecutrice, in regime di subappalto dalla società appaltatrice Compagnia Euro Immobiliare s.r.l., di lavori di controsoffittatura presso la IPAB Casa Serena ha richiesto e ottenuto dal Presidente del Tribunale di Bergamo decreto ingiuntivo del 28 settembre 2000 nei confronti della Fondazione Casa Serena Leffe Onlus per l'importo di Euro 62.292,86 fondando la sua richiesta sull'accordo di sub-cessione intercorso con la Compagnia Euro Immobiliare dei crediti futuri vantabili dalla C.E.I. nei confronti della Fondazione in relazione all'esecuzione del contratto di appalto. 2. Ha proposto opposizione la Fondazione Casa Serena contestando la esistenza del credito e comunque la sua certezza, esigibilità e liquidità. 3. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 226/2002, ha respinto l'opposizione della Fondazione Casa Serena nonché la domanda formulata nei confronti della C.E.I. s.r.l. nel frattempo fallita. 4. Ha proposto appello la Fondazione rilevando che il credito era inesistente dato che a la C.E.I. con i suoi numerosi e gravi inadempimenti al contratto di appalto aveva maturato un debito per ritardata e difettosa esecuzione delle opere pari a 179.342,73 per come stimato dal conto finale del 4 luglio 2000 redatto dalla Direzione lavori b la lettera di presa d'atto della cessione del credito non poteva valere come atto negoziale ai fini dell'art. 1248 c.c. c il credito non era né certo, né liquido, né esigibile d era applicabile alla fattispecie la legge n. 109/1994 e il suo regolamento di attuazione adottato con D.P.R. n. 554/1999 che all'art. 115 comma 5 stabilisce l'opponibilità da parte della amministrazione ceduta di tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto di appalto. 5. La Corte di appello di Brescia ha respinto l'appello. 6. Ricorre per cassazione la Fondazione Casa Serena Leffe Onlus affidandosi a quattro motivi di impugnazione con i quali deduce a omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione b violazione dell'art. 1372 c.c. relativamente all'interpretazione delle disposizioni contrattuali sulla determinazione del corrispettivo da compiersi in base alla contabilizzazione delle opere eseguite in conformità al progetto approvato e al capitolato speciale di appalto c omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione laddove la Corte di appello, sul solo presupposto del mancato rifiuto delle cessioni, ha ritenuto di poter escludere le condizioni poste dalla Fondazione Casa Serena in ordine all'accettazione delle cessioni di credito in discussione. Interpretazione violativa del disposto dell'art. 115 comma 3 del D.P.R. 554/1999 che non esclude affatto la possibilità di condizionare l'accettazione della cessione e di eccepire la compensazione di cui all'art. 1248 c.c. d violazione e falsa applicazione dell'art. 115 comma 3 del D.P.R. 554/1999. La ricorrente contesta la interpretazione della Corte di appello secondo cui sarebbero inopponibili al cessionario le eccezioni relative all'esistenza del credito e alla sua entità in relazione alla esecuzione del contratto di appalto perché in tal modo si consente alla ditta appaltatrice di sottrarsi alle responsabilità connesse all'esecuzione dei lavori, avvalendosi anche della mancanza di azione diretta fra committente e subappaltatore, situazione che la legge speciale in materia di appalti pubblici ha voluto evitare con la chiara disposizione di cui all'art. 115 citato. 7. Si difende con controricorso COSMI s.r.l 8. Con il primo motivo di ricorso si contesta la decisione impugnata laddove ha ritenuto che, essendo state notificate le cessioni in data antecedente agli stati di avanzamento non ancora pagati, i pagamenti eseguiti successivamente in favore della appaltatrice C.E.I. non fossero opponibili alla Cosmi. La ricorrente fa riferimento alla circostanza, che non sarebbe stata presa in considerazione dalla Corte di appello, per cui le cessioni di credito vantate dalla Cosmi erano in realtà due subcessioni parziali di una cessione di credito più consistente, effettuata dalla C.E.I. s.r.l. in favore della C.I.S. s.r.l. il 29 luglio 1888. Questa cessione faceva riferimento al credito futuro che la C.E.I. avrebbe potuto vantare sulla base del contratto di appalto e non in base ai singoli stati di avanzamento lavori. Inoltre era subordinata all'obbligazione della C.I.S. s.r.l. di estinguere tutte le obbligazioni sorte in capo alla Zanardi s.r.l. trasformatasi nel corso dell'appalto in C.E.I. s.r.l. per i costi sostenuti per la realizzazione del cantiere di Leffe entro il limite di 1.800.000.000 lire. 9. La censura deve ritenersi inammissibile in quanto la ricorrente non ha dimostrato di aver dedotto e provato tale circostanza nel corso del giudizio di merito, né di aver impugnato, con riferimento a tale specifica ricostruzione delle vicende negoziali, la decisione di primo grado in merito alla ritenuta efficacia della cessione azionata dalla COSMI. 10. Sempre con il primo motivo la ricorrente contesta la decisione della Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto che la Casa Serena non potesse eccepire il difetto di certezza e liquidità del credito, in ragione del fatto che le fatture emesse erano di un importo inferiore al credito ceduto, perché, a giudizio della corte distrettuale, è preclusiva la estraneità del debitore ceduto rispetto al rapporto tra cedente e cessionario. Rileva la ricorrente che la Corte di appello non ha valutato come l'emissione delle fatture costituisse il presupposto formale della esigibilità del credito, assolutamente necessario ai fini del pagamento. La ricorrente contesta ulteriormente la decisione impugnata per la mancata applicazione dell'art. 115 comma quinto del D.P.R. n. 554/1999 secondo il quale, in ogni caso, l'amministrazione ceduta può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto di appalto. Infine la ricorrente contesta, perché non motivata, l'affermazione della Corte di appello secondo cui i crediti ceduti erano quelli relativi alla esecuzione del contratto di appalto nel suo complesso e non già con riferimento agli stati di avanzamento, in alcun modo richiamati negli atti di cessione . 11. Anche queste censure sono inammissibili laddove contestano l'interpretazione delle cessioni recepita dalla Corte di appello senza trascrivere nel ricorso il contenuto delle cessioni, notificate, rendendo cosi l'impugnazione priva di autosufficienza. Quanto all'applicazione dell'art. 115 del D.P.R. n. 554/1999 la Corte di appello ha già chiarito, citando la giurisprudenza di legittimità Cass. civ. 17 gennaio 2001 n. 575 , che la norma invocata pone quale unica disposizione limitativa della cessione del credito dell'appaltatore, rispetto all'ordinaria disciplina di cui agli artt. 1260 e segg. c.c., la facoltà della stazione appaltante di rifiutare la cessione medesima, ma, al di fuori di tale ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, non innova per nulla rispetto al regime codicistico che prevede l'opponibilità al cessionario delle eccezioni derivanti dal rapporto negoziale tra il creditore cedente e il debitore ceduto. 12. Con il secondo motivo di ricorso si ritiene che la decisione impugnata incorra nella violazione o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c. per avere la Corte di appello violato o comunque falsamente applicato le chiare disposizioni contrattuali circa la determinazione del corrispettivo le quali stabiliscono espressamente che il prezzo del contratto di appalto sarebbe stato quello risultante dalla contabilizzazione delle opere che sarebbero state eseguite dall'appaltatrice in conformità del progetto approvato e nell'osservanza del capitolato speciale di appalto. Di conseguenza la Corte di appello, accertata la mancata venuta ad esistenza del credito futuro ceduto avrebbe dovuto ritenere l'eccezione opponibile e revocare il decreto ingiuntivo opposto. Inoltre secondo la ricorrente la decisione avrebbe falsamente applicato le norme in materia di appalti pubblici per cui gli acconti non cessano di rappresentare delle anticipazioni provvisorie anche dopo il riconoscimento della cessione. 13. Il motivo è infondato. La Corte di appello non ha affatto ritenuto inopponibile l'eccezione di inadempimento sopra riportata. Ha invece ritenuto che la debitrice ceduta, odierna ricorrente, non avrebbe dovuto pagare gli stati di avanzamento lavori dopo la notifica delle cessioni alla appaltatrice cedente ma alla subappaltatrice cessionaria . Su questa base, e con riferimento ai versamenti effettuati, la Corte di appello ha respinto il gravame della Fondazione. 14. Con il terzo motivo di ricorso si ritiene, per altro verso, censurabile la decisione della Corte bresciana nella parte in cui non ha valutato le precisazioni fatte dalla Fondazione Casa Serena nelle lettere di accettazione delle cessioni come condizioni dell'accettazione. Secondo la ricorrente si sarebbe infatti dovuto rilevare che nelle lettere di accettazione la Fondazione aveva specificato alla cessionaria COSMI che il pagamento del credito ceduto sarebbe avvenuto solo nei limiti in cui esso fosse venuto ad esistenza. Tale interpretazione delle specificazioni contenute nelle lettere di accettazione era, secondo la ricorrente, conseguente al disposto della norma di cui al citato art. 155 D.P.R. n. 554/1999 la quale prevede che la cessione di credito si intende accettata se non viene espressamente rifiutata dall'ente appaltante. La comunicazione dell'accettazione non poteva quindi avere altro significato che quello di chiarire le condizioni cui l'accettazione stessa veniva subordinata. 15. Il motivo è inammissibile e comunque infondato nel merito. È inammissibile sotto due profili. Il primo attiene al difetto di autosufficienza del ricorso conseguente alla mancata trascrizione delle lettere di accettazione delle cessioni delle quali si lamenta l'omessa o comunque incongrua valutazione e, in particolare, attiene alla mancata trascrizione, nel ricorso, delle condizioni per l'accettazione che sarebbero state la ragione stessa dell'invio delle lettere di accettazione. Nonostante la centralità che il contenuto dell'accettazione della cessione assume nella difesa della ricorrente, il motivo di ricorso si limita a fornire una interpretazione del significato di tali comunicazioni ma omette di riportarle. Sotto il secondo profilo il motivo di ricorso è inammissibile perché la questione dell'accettazione condizionata della cessione del credito non aveva costituito l'oggetto di uno specifico motivo di appello e per tale ragione la Corte di appello non aveva motivato in senso contrario alla tesi dell'odierna ricorrente. Una motivazione contraria è comunque implicita nella motivazione complessiva della Corte di appello in quanto, anche a ritenere provata la comunicazione di una accettazione condizionata all'insorgere del credito futuro derivante dalla corretta esecuzione dei lavori appaltati, tale circostanza resta irrilevante perché è incontestato che sia stata la stessa Fondazione appaltante a riconoscere la maturazione di tale credito provvedendo a eseguire cospicui pagamenti corrispondenti agli stati di avanzamento lavoro ed eccedenti largamente il credito fatto valere in questo giudizio da COSMI. Tali pagamenti, proprio perché effettuati indebitamente in favore della società appaltatrice e cedente successivamente alla notificazione delle cessioni del credito, sono, a giudizio della Corte di appello, inopponibili alla sub-appaltatrice cessionaria COSMI. Questo costituisce il nucleo centrale della motivazione della decisione impugnata che non viene pertanto messo in discussione dal rilievo del carattere condizionato dell'accettazione della cessione. 16. Con il quarto motivo di ricorso si ribadisce che la decisione viola il citato art. 155 del D.P.R. n. 554/1999 in quanto non ha ritenuto opponibili le eccezioni sollevate dall'odierna ricorrente in ordine al pagamento richiesto dalla COSMI con riguardo sia all'esistenza del credito sia alla sua entità in relazione all'esecuzione delle opere previste nel contratto di appalto. In tale prospettiva secondo la ricorrente la Corte di appello avrebbe dovuto non solo ritenere ammissibili le predette eccezioni ma avrebbe dovuto anche ritenerle fondate in quanto non risultava maturato il credito ceduto dalla società appaltatrice che era, all'esito della contabilizzazione finale, risultata debitrice nei confronti della committente a causa dei gravi inadempimenti del contratto di appalto. 17. Il motivo deve ritenersi infondato per le ragioni già esposte con riferimento ai precedenti motivi in quanto, come si è detto, da un lato, la Corte di appello non ha affatto ritenuto inopponibili le eccezioni relative all'esecuzione del contratto di appalto. E, per altro verso, ha ritenuto che, dopo la comunicazione delle cessioni, i pagamenti non dovevano essere effettuati alla cedente ma alla cessionaria e su tale considerazione ha fondato la pronuncia di rigetto dell'appello. 18. Va infine respinta la richiesta della controricorrente di condanna della Fondazione ex art. 96 c.p.c Tale richiesta, sebbene rituale e ammissibile cfr. Cass. civile sezione I n. 20914 dell'11 ottobre 2011 , secondo cui la domanda di condanna al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ., può essere proposta anche in sede di legittimità, per i danni che si assumono derivanti dal giudizio di cassazione e, in particolare, quando si riferisca a danni conseguenti alla proposizione del ricorso, deve essere formulata, a pena di inammissibilità, con il controricorso , va disattesa non potendosi sostenere che la ricorrente abbia agito con la consapevolezza dell'infondatezza della questione né che abbia provocato alla controparte dei danni eccedenti i costi processuali, rimborsabili ex art. 91 c.p.c 19. Per le ragioni sin qui esposte va respinto sia il ricorso e l'istanza proposta ex art. 96 c.p.c. dalla controricorrente. Le spese del giudizio di cassazione vanno poste a carico della società ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e l'istanza ex art. 96 c.p.c Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 7.200 di cui Euro 200 per spese.