Chiede al giudice la divisione della Sicilia: anche le domande rivoluzionarie devono essere assistite da un avvocato

Un cavillo giuridico frena un ambizioso progetto di riforma territoriale partito dal basso”. Le parti devono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente, salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti dividere la Trinacria non rientra tra questi.

È quanto risulta dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 24517, depositata il 30 ottobre 2013. Un’insolita domanda. Un cittadino siciliano si era rivolto al Giudice di Pace per ottenere la condanna dello Stato italiano alla spartizione della Sicilia in due zone la Sicilia Orientale – indipendente e neutrale – e la Sicilia occidentale – autonoma - a statuto incompleto da sessanta anni per ostruzionismo e complotto politico del governo unitario accentrato a Roma . Il progetto rivoluzionario dell’attore prevedeva anche la creazione di una moneta Siciliana a potere costante di acquisto, ritirando la Sicilia orientale dall’Euro inoltre, aveva chiesto l’emissione dell’ordinanza di sfratto della base aeronavale degli Stati Uniti di Sigonella. Veniva richiesta la citazione del presidente USA Barak Obama. Il giudice adito aveva dichiarato la carenza di legitimatio ad processum dei soggetti convenuti, di ius postulandi e di legitimatio ad causam dell’attore. Dichiarato inammissibile l’appello, l’attore originario, soccombente, ha proposto ricorso in Cassazione, denunciando un contrasto tra i principi CEDU e l’art. 82 c.p.c., a suo dire, ciò comporterebbe la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. Il ricorrente ha anche lamentato violazione del TFUE, in quanto l’interpretazione dell’art. 82 c.p.c. fornita dal giudice di merito, in base alla quale è necessario il ministero di un difensore, determinerebbe la creazione di un monopolio in favore della categoria degli avvocati, restrittivo della concorrenza e contrario al diritto dell’unione europea. Per Piazza Cavour la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata. Il Legislatore, nell’esigere la collaborazione del difensore, ha voluto tutelare le parti stesse. Il Collegio ha spiegato che il fondamento dell’articolo in questione si ravvisa in un duplice ordine di ragioni. Per un verso la complessità delle norme e il tecnicismo nella redazione degli atti richiedono delle competenze che solo un tecnico del diritto è in grado di avere. Per altro verso, la collaborazione di un esperto serve a filtrare il processo dalle emozioni e dalle passionalità, che difficilmente mancano nei protagonisti della lite e che potrebbero privarli della lucidità necessaria a scegliere la più opportuna strategia processuale. Gli Ermellini hanno ricordato, in aggiunta a ciò, che il Giudice delle Leggi ha già chiarito che il diritto di difesa deve essere inteso come potestà effettiva dell’assistenza tecnica e professionale in qualsiasi processo, dando al compito del difensore una importanza essenziale nel dinamismo della funzione giurisdizionale. I compiti svolti dal difensore rappresentano esercizio di una funzione pubblica. Manifestamente infondata è stata dichiarata anche l’ulteriore censura, in quanto il ricorrente interpreta erroneamente l’art. 82 c.p.c., facendo risalire il sistema denunziato alla volontà di legge di proteggere interessi corporativi e di creare un monopolio in favore degli avvocati e a danno dei singoli individui, che poterebbero difendersi da soli nei gradi di merito . In seguito a tali rilievi, in conclusione, il S.C. ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto esso non è stato sottoscritto da difensore iscritto all’apposito albo speciale dei patrocinati in Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 luglio - 30 ottobre n. 24517 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., nel procedimento civile iscritto al R.G. 8820 del 2012. M.G. senza ministero di difensore conveniva in giudizio davanti al giudice di pace di il Prefetto D.P.A. , già Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, e il dr. G.F. , Preposto al Servizio di rapporto alle Sezioni riunite e alla Sezione di Controllo della Corte dei Conti per la Regione Siciliana, per ottenere la condanna dello Stato italiano alla spartizione della Sicilia in due zone, la Sicilia orientale, indipendente e neutrale, e la Sicilia occidentale, autonoma a statuto incompleto da sessanta anni per ostruzionismo e complotto politico del governo unitario accentrato a Roma la comunicazione alle Nazioni Unite della sentenza di legittima spartizione in due zone della Regione siciliana in Stato Sovrano Orientale e Stato Ordinario Sicilia Occidentale per la nomina di un osservatore delle Nazioni Unite per coadiuvare il Capo provvisorio in prorogatio, M. , ad organizzare le elezioni delle Camere e del Consiglio Federale, la creazione di una moneta Siciliana a potere costante di acquisto, ritirando la Sicilia Orientale dall'Euro e facendo affluire tutte le tasse dovute al Nuovo Stato Sovrano in una Tesoreria controllata preventivamente sulle spese necessarie ed urgenti, decise in Via provvisoria dal Capo provvisorio dello Stato M. e, trascorsi sei mesi, decise dal Capo dello Stato eletto dal Popolo della Sicilia Orientale con sistema proporzionale, senza premio di maggioranza, e la formazione del Governo di coalizione per almeno cinque legislature di cinque anni ciascuna per le Camere e di sette anni per il Consiglio Federale e per il Capo dello Stato Sovrano l'emissione, in attuazione ed in violazione dell'art. 50, comma 4, del Trattato di Pace con l'Italia, secondo il quale In Sicilia e in Sardegna è vietato all'Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l'aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti di ordine interno , dell'ordinanza di sfratto della base aereonavale degli Stati Uniti d'America di OMISSIS , la cui attività ed il recente potenziamento con velivoli senza pilota rendeva un pericoloso obiettivo militare per la popolazione catanese l'emissione, in considerazione del fatto che M. aveva offerto alla Marina degli Stati Uniti la Super Portaerei OMISSIS che gli ingegneri americani non avevano saputo costruire, dell'ordinanza di stipulazione con gli Stati Uniti di una convenzione per aprire immediatamente la Base aerea di OMISSIS ai voli commerciali internazionali tra la XXXXXXX e gli OMISSIS , utilizzando inizialmente il volo di ritorno degli aerei Galaxi per la esportazione dei prodotti OMISSIS negli OMISSIS , indipendentemente dal fatto che gli Stati Uniti iniziassero la costruzione della super Portaerei galleggiante a moduli di navi larghe 200 metri e lunghe 410 metri, da riunirsi in un'unica pista di atterraggio e di involo lunga 4 Km o più, da sistemare nei mari internazionali a protezione della intangibilità del territorio americano da attacchi esterni. Veniva inoltre richiesta la citazione del Presidente e Governatore della Sicilia, R L. , del Presidente del Consiglio dei Ministri, S B. , dell'ex Governatore della Banca d'Italia, A C. , e del presidente degli Stati Uniti d'America, B O. . Il giudice di pace dichiarava la carenza di legitimatio ad processum dei soggetti convenuti, di ius postulandi e di legitimatio ad causam dell'attore. Tale sentenza veniva impugnata senza ministero di difensore dal M. , il quale riproponeva tutte le richieste avanzate in primo grado, chiedendone l'accoglimento. Il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile l'appello, osservando che l'impossibilità di M.G. di costituirsi personalmente, ai sensi dell'art. 82 cpc, assorbiva gli altri rilievi sempre preliminari all'esame del merito, tra i quali l'assenza delle condizioni dell'azione e, in particolare, della stessa ipotetica accoglibilità della domanda per difetto di possibilità giuridica. L'appellante veniva condannato al pagamento delle spese di lite, liquidate in 1.000 Euro, per diritti ed onorari, oltre agli accessori di legge. Avverso tale provvedimento M.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ai seguenti motivi nel primo e nel quarto è stata denunciata la violazione dell'art. 6, comma 3, della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali in relazione alla concreta applicazione dell'art. 82 cpc, per avere il giudice di secondo grado ritenuto che il ricorrente non potesse difendersi personalmente, senza l'assistenza del difensore nel secondo è stata dedotta la violazione dell'art. 117 Cost., per non essere stato interpretato l'art. 82 cpc in maniera conforme alla Carta EDU, permettendo al ricorrente di svolgere personalmente le sue difese nel terzo è stata richiesta la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, affinché quest'ultima valuti la costituzionalità dell'art. 82 cpc, terzo comma, il quale, come interpretato dal Tribunale di Catania, non consente che la parte possa stare in giudizio personalmente nel quinto è stata denunciata la violazione dell'art. 106 del TFUE, in quanto l'interpretazione dell'art. 82 cpc fornita dal giudice di secondo grado, in base alla quale è necessario il ministero di un difensore, determina la creazione di un monopolio in favore della categoria degli avvocati, restrittivo della concorrenza e contrario al diritto dell'unione Europea. Ha sostenuto il ricorrente che la norma determinerebbe un'esclusiva ingiustificata e che non vi sarebbe la prestazione di un servizio pubblico, essendo il diritto di difesa una prerogativa e un diritto individuale di ogni cittadino nel sesto è stata lamentata la condanna alle spese di giudizio, ritenuta dal ricorrente una sanzione per essere state prospettate dinanzi al giudice di secondo grado senza l'ausilio di un difensore le medesime doglianze già esaminate dal giudice di prime cure. Hanno resistito con controricorso A D.P. e G.F. . Ritenuto che i primi quattro motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto il ricorrente denuncia con essi sostanzialmente un contrasto tra l'art. 6 e 47 della Carta EDU e l'art. 82 cpc, che comporterebbe la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 117 e 11 Cost. che la questione di legittimità costituzionale appare manifestamente infondata. L'art. 82 c.p.c. stabilisce che nei giudizi promossi dinanzi al Giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede Euro 516,46, mentre nelle cause che eccedono tale valore il Giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. Negli altri casi, la medesima norma prevede che le parti non possano stare in giudizio se non con il ministero o con l'assistenza del difensore e che davanti al tribunale o alla corte d'appello, salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, le parti debbano stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente. Il fondamento di tale regola si ravvisa in un duplice ordine di ragioni. Per un verso la complessità delle norme, che regolano lo svolgimento del processo, e il tecnicismo nella redazione degli atti richiedono una preparazione e delle competenze che solo un tecnico del diritto, il quale è tenuto continuamente ad aggiornarsi sui mutamenti legislativi e giurisprudenziali, è in grado di avere. Per altro verso, la collaborazione di un esperto serve a filtrare il processo dalle emozioni e dalla passionalità, che difficilmente mancano nei diretti protagonisti della lite e che potrebbero privarli della necessaria lucidità e attitudine a valutare con serenità e distacco i fatti della controversia e a scegliere la più opportuna e adeguata strategia processuale. Appare dunque chiaro come il legislatore, nell'esigere la collaborazione del difensore, abbia voluto tutelare le parti stesse, garantendo loro nel miglior modo possibile l'esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente inviolabile in ogni stato e grado del procedimento art. 24 della Cost. . La Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Busto Arsizio in relazione a tutte le norme relative ai difensori, contenute nell'art. 82 cpc e negli articoli da 84 a 87 dello stesso codice, le quali condizionano il diritto di difesa all'obbligo della parte di provvedersi di un difensore e la costringono a sopportare le conseguenze del comportamento processuale di quest'ultimo, ha ribadito che la legge ordinaria può subordinare a modalità particolari l'esercizio del diritto di difesa, con il solo limite che la sua esplicazione non ne risulti impossibile o estremamente difficile. Nella specie ha ritenuto che questo limite non fosse stato superato dall'art. 83 cod. proc. Civ., atteso che la parte non viene privata del potere di scelta fra i procuratori e gli avvocati iscritti negli albi, che è il più ampio a tal punto che il mandato conferito per il giudizio può anche essere liberamente revocato, e se non abbiente, gode della protezione che le assicura l'art. 24 terzo comma della Costituzione Corte Cost. 47 del 1971 . In aggiunta a ciò deve essere ricordato che nella precedente sentenza 8 marzo 1957, n. 46, il giudice delle leggi aveva già chiarito che il diritto di difesa dovesse essere inteso come potestà effettiva dell'assistenza tecnica e professionale in qualsiasi processo, dando al compito del difensore una importanza essenziale nel dinamismo della funzione giurisdizionale, tanto da opinare che esso potesse considerarsi esercizio di funzione pubblica. Alla tesi del ricorrente, il quale ritiene di basare, oltre che sull'art. 24 Cost., anche sugli artt. 6, n. 3, lett. c e 47 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali il diritto della parte di stare in giudizio personalmente in ogni caso, va inoltre obiettato che la Corte costituzionale ha sempre riconosciuto la discrezionalità del legislatore in tema di disciplina dei casi in cui è necessario il patrocinio di un avvocato cfr., ex plurimis, ordinanze n. 460/2006, n. 193/2003 e n. 481/2002, nonché n. 66/2006 e, nella sentenza n. 188 del 1980, ha osservato che alla richiamata norma della Convenzione, la quale prevede la possibilità di autodifesa esclusiva, non possa attribuirsi il significato di riconoscimento di un diritto assoluto di difendersi in giudizio da sé, ma solo quello di riconoscimento di un diritto limitato dal diritto dello Stato interessato di emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali cfr. anche Cass. 1^ Sez. pen. 29 gennaio 2008, n. 7786 Cass. Civ. n. 12570 del 2011 . Peraltro la stessa Corte EDU, chiamata ad interpretare l'art. 6, comma 3, 1.c , della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ha sottilineato che il monopolio dei difensori specializzati presso le corti supreme risulta giustificato dalla natura delle questioni di diritto trattate, in gran parte inaccessibili a persone prive di formazione giuridica Corte EDU, Grande Camera, Meftah and Others v. Francia, giudizio del 26 luglio 2002 che il quinto motivo è manifestamente infondato, in quanto il ricorrente interpreta erroneamente l'art. 82 cpc, facendo risalire il sistema denunziato alla volontà della legge di proteggere interessi corporativi e di creare un monopolio in favore degli avvocati e a danno dei singoli individui, che potrebbero difendersi da soli nei gradi di merito senza avvalersi delle prestazioni degli iscritti agli albi forensi. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i compiti svolti dal difensore rappresentano esercizio di una funzione pubblica Corte Cost. sent. 8 marzo 1957, n. 46 e la professione dell'avvocato non costituisce esercizio di impresa, esulando pertanto dal campo di applicazione dell'art. 106 TFUE che il sesto motivo è inammissibile, per mancata riconducibiltà della censura in uno dei motivi di ricorso per cassazione tassativamente indicati dall'art. 360 cpc, comma 1, dal momento che non è stata denunciata né una violazione di legge né un vizio di motivazione. Deve peraltro osservarsi che il giudice di secondo grado, in applicazione del principio della soccombenza, ha correttamente posto le spese di lite a carico di M.G. , parte soccombente tanto nel giudizio di primo quanto in quello di secondo grado. Infatti secondo il costante orientamento di questa Corte in materia di spese processuali, al giudice del merito non è consentito porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa ex plurimis Cass. 13229 del 2011 n. 3083 e 5828 del 2006 . In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere respinto . Il collegio ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto esso non è stato sottoscritto da difensore iscritto all'apposito albo speciale dei patrocinanti in cassazione, in violazione dell'art. 365 cpc. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.