Dove viveva lo straniero prima del provvedimento espulsivo? La prova testimoniale è decisiva

L’indicazione di un domicilio non può essere considerato una circostanza idonea a escludere l’esistenza di un altro luogo di abitazione stabile.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 24217, depositata il 25 ottobre 2013. Arresto per violazione del divieto di reingresso in Italia. Il Giudice di Pace aveva rigettato la domanda di annullamento del decreto di espulsione a carico di un cittadino straniero, in quanto non era stata fornita la prova che al momento dell’emissione del decreto espulsivo lo straniero convivesse con la sorella, cittadina italiana. Infatti, il giudice aveva osservato che il ricorrente aveva prodotto copia della dichiarazione di ospitalità sottoscritta dalla sorella, priva però di data, non essendo così dato comprendere se la convivenza fosse antecedente al provvedimento impugnato, e che nel verbale di dichiarazione e elezione di domicilio dei Carabinieri – redatto a seguito del suo arresto per violazione di un precedente decreto espulsivo – egli aveva dichiarato ai pubblici ufficiali di domiciliare in un altro indirizzo, e non presso la sorella. Contro tale provvedimento, lo straniero ha proposto ricorso per cassazione, denunciando l’omessa motivazione sulla mancata ammissione della audizione testimoniale della sorella, richiesta ritualmente dal ricorrente, per dimostrare che il periodo della convivenza con lei era antecedente al provvedimento espulsivo. Per la Suprema Corte il ricorso è manifestamente fondato. La prova testimoniale richiesta assume carattere di decisività. Gli Ermellini hanno notato che gli elementi di fatto, posti a base della negazione della condizione di convivenza, hanno natura non univoca. Secondo Piazza Cavour, ne consegue la necessità per il ricorrente di accertare la coabitazione con il parente di secondo grado al fine di far dichiarare l’illegittimità dell’espulsione, una volta che la produzione documentale, in quanto priva di data, sia stata ritenuta insufficiente. Ratio decidendi priva di fondamento. Nella specie, come affermato dal Collegio, può trovare applicazione il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il vizio di motivazione per omessa ammissione di una prova può essere denunciato solo nel caso in cui la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito . Nel caso concreto, come affermato dal S.C., la testimonianza della sorella del cittadino straniero ha astrattamente tale valenza probatoria , pertanto il ricorso è stato accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 luglio - 25 ottobre 2013, n. 24217 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., nel procedimento civile iscritto al R.G. 21349 del 2012. Il giudice di pace di Pordenone rigettava la domanda di annullamento del decreto di espulsione, pronunciato a carico di A.E. dalla Prefettura di Pordenone in data 04.01.2011, sul rilievo che non poteva trovare applicazione l'art. 19, comma 2, lett. c del D. Lgs. 286 del 1998, invocato dal ricorrente, in quanto non era stata fornita la prova che al momento dell'emissione del decreto espulsivo lo straniero convivesse con la sorella Al.Er. , cittadina italiana. Si osservava che il ricorrente aveva prodotto copia della dichiarazione di ospitalità sottoscritta dalla sorella, priva però di data, non essendo così dato comprendere se la convivenza fosse antecedente al provvedimento impugnato, e che nel verbale di dichiarazione ed elezione di domicilio dei Carabinieri di Spilimbergo, redatto in data 02.01.2011, a seguito del suo arresto per violazione del divieto di reingresso in Italia impostogli con un precedente decreto espulsivo, egli aveva dichiarato ai pubblici ufficiali di domiciliare in Spilimbergo, via del Gambero n. 2, e non presso la sorella. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione A.E. , affidandosi ad un unico motivo, con il quale è stata denunciata l'omessa motivazione sulla mancata ammissione della audizione testimoniale della sorella, richiesta ritualmente dal ricorrente, per dimostrare che il periodo della convivenza con lei era antecedente al provvedimento espulsivo. Il ricorso è manifestamente fondato. La prova testimoniale richiesta assume carattere di decisività, come dedotto dal ricorrente, in quanto gli altri elementi di fatto, posti a base della negazione della condizione di convivenza, hanno natura non univoca. In particolare l'indicazione di un domicilio non può essere considerato una circostanza idonea ad escludere l'esistenza di un altro luogo di abitazione stabile, come erroneamente ritenuto anche dal giudice della convalida. Ne consegue la necessità per il ricorrente di accertare la coabitazione con il parente di secondo grado al fine di far dichiarare l'illegittimità dell'espulsione, una volta che la produzione documentale, in quanto priva di data, sia stata ritenuta insufficiente. Nella specie, di conseguenza, può trovare applicazione il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il vizio di motivazione per omessa ammissione di una prova può essere denunciato solo nel caso in cui la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento Cass. 11457 del 2007 4369 del 2009 5377 del 2011 . Nella specie la testimonianza della sorella del cittadino straniero ha astrattamente tale valenza probatoria. In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere accolto . Ritenuto che il collegio condivide la relazione depositata. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso. Cassa con rinvio al giudice di pace di Pordenone in diversa composizione.