L’impugnazione della sentenza con cui si dispone lo scioglimento non sospende il giudizio di divisione

La sospensione necessaria del processo, a norma dell’art. 295 codice di rito va disposta solo ove sussista un rapporto di pregiudizialità non meramente logica ma tecnico giuridica.

In altre parole la fattispecie costitutiva del giudizio pregiudicato presenti fra i suoi elementi un fatto-diritto che è oggetto di altro giudizio pendente tra le stesse parti. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 24071 del 24 ottobre 2013. La fattispecie. Nel caso in esame il Giudice, dopo aver dichiarato lo scioglimento della comunione, aveva rimesso sul ruolo il giudizio al fine procede alle operazioni di vendita dell’immobile in quanto non divisibile. Operazioni che erano state sospese a seguito dell’impugnazione della sentenza ove, appunto, era stato dichiarato lo scioglimento della comunione. Secondo il Magistrato di merito l’accertamento del diritto, ancora sub iudice , è fatto ostativo alla vendita del bene. Provvedimento che è stato impugnato avanti alla Corte di legittimità I presupposti per la sospensione del giudizio. La Corte di legittimità ha precisato che, ai sensi dell’art. 295 codice rito, la sospensione deve essere disposta solamente qualora tra due giudizi, pendenti fra le stesse parti, sussista un rapporto di pregiudizialità non meramente logico ma tencico-giuridico. In altre parole, come peraltro statuito in una recente sentenza delle Sezioni Unite, le condizioni necessarie per la sospensione sono - la rilevazione del rapporto di dipendenza che si effettua ponendo a raffronto gli elementi fondanti delle due cause, quella pregiudicante e quella pregiudicata - la conseguente necessità che i fatti siano conosciuti e giudicati secondo diritto nello stesso modo - lo stato di incertezza in cui il giudizio su quei fatti versa. Orbene, secondo gli ermellini, la sussistenza di tali requisiti, tali da giustificare la necessità della sospensione del giudizio dipendente cessa quando nel processo sulla causa pregiudicante sia sopravvenuta la decisione di primo grado, non essendo all’uopo necessario il passaggio in giudicato. La Corte restringe il campo di applicazione dell’art. 295 c.p.c. nel solo spazio temporale delimitato dalla contemporanea pendenza dei due giudizi in primo grado senza che quello pregiudicante sia stato ancora deciso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 9 luglio - 24 ottobre 2013, n. 24071 Presidente Di Palma – Relatore Scaldaferri In fatto e in diritto Rilevato che, con sentenza resa pubblica il 20 giugno 2011, il Tribunale di Milano definitivamente pronunciando sulle domande agli atti ” dichiarava che l'appartamento in omissis , con annessa cantina e autorimessa, acquistato nel novembre 1992, appartiene alla comunione legale tra i signori S.M. e S P. uniti in matrimonio nell' omissis e giudizialmente separati con sentenza del omissis , dichiarava lo scioglimento della comunione sul bene e rimetteva la causa sul ruolo per procedere alle operazioni di vendita, non ritenendo l'immobile divisibile in natura che con successiva ordinanza in data 23/25 agosto 2012, il giudice istruttore disponeva la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in quanto, avendo il S. proposto appello avverso la sentenza, doveva ritenersi impossibile procedere alla vendita a terzi del bene quando l'accertamento della comunione era ancora sub iudice che avverso questo provvedimento S P. ha proposto istanza per regolamento necessario di competenza a norma dell'articolo 42 c.p.c., deducendo la violazione o falsa applicazione dell'articolo 295 c.p.c. in relazione all'articolo 788 c.p.c. che M S. resiste con controricorso che il Procuratore Generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso che, nel termine previsto dall'articolo 380 bis c.p.c., entrambe le parti hanno depositato memorie ritenuto, all'esito della adunanza odierna in camera di consiglio, che il ricorso meriti accoglimento che la sospensione necessaria del processo, a norma dell'articolo 295 cod.proc.civ., va disposta solo ove sussista, tra il processo stesso ed altro pendente tra le stesse parti, un rapporto di pregiudizialità non meramente logica ma tecnico-giuridica, nel senso che la fattispecie costitutiva del giudizio pregiudicato presenti fra i suoi elementi un fatto-diritto riguardo al quale, fra le stesse parti, penda altro giudizio che abbia direttamente ad oggetto il medesimo fatto-diritto, imponendosi un identico accertamento al fine di evitare contrasto di giudicati cfr. fra molte Cass. n. 16188/12 n. 27932/11 n. 17212/11 che nella specie la prospettabilità di un rapporto siffatto appare preclusa dalla mancanza del suo necessario presupposto, costituito dalla pendenza attuale di due processi la sentenza di accertamento della comunione sul bene in questione e l'ordinanza di sospensione sono state emesse all'interno del medesimo processo di scioglimento della comunione pendente tra le parti che la natura di sentenza definitiva espressamente attribuita dal Tribunale alla suddetta sentenza non contrasta con l'unitarietà del processo divisionale, come più volte questa Corte ha avuto modo di affermare cfr. Sez. 2 n. 3788/1994 n. 12818/04, entrambe peraltro con riferimento alla distinta questione di diritto relativa alla ammissibilità della riserva di appello ex articolo 340 c.p.c. che invero, nella peculiare struttura attribuita dalla legge al processo divisionale, la idoneità della sentenza ad esaurire la materia del contendere tra le parti non toglie che essa debba, onde realizzare la richiesta attribuzione concreta dei beni ai singoli condividenti, essere seguita da ulteriori operazioni di natura meramente attuativa - nella specie la vendita a terzi del bene indivisibile, con la successiva divisione del ricavato -, operazioni che non costituiscono un distinto ed autonomo processo pendente tra le stesse parti che, pertanto, la sospensione di tali operazioni, disposta dall'ordinanza in esame, fa erroneo riferimento alla norma dell'articolo 295 cod.proc.civ. giacché omette di considerare l'unitarietà del processo divisionale e la conseguente improspettabilità nella specie di un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico ritenuto quindi che la cassazione dell'ordinanza impugnata si impone, con la conseguente rimessione delle parti dinanzi al Tribunale di Milano, cui viene rimessa anche la liquidazione delle spese di questo procedimento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Milano, anche per le spese di questo procedimento.