Gli eredi della parte deceduta devono rispondere delle spese di causa, anche se non hanno proseguito il giudizio?

Le Sezioni Unite dovranno chiarire il principio di diritto relativo alla condanna alle spese di causa dei soli eredi delle parti sostanziali, quando il giudizio sia proseguito dal difensore privo di poteri – per morte del soggetto già da lui difeso –, quando gli eredi di questo non si siano costituiti e abbiano con tale condotta manifestato il loro disinteresse alla prosecuzione del processo.

Questo è l’interrogativo che si pone la Prima sezione Civile della Corte di Cassazione nell’ordinanza interlocutoria n. 23890, depositata il 22 ottobre 2013. Decesso della parte difesa prima della proposizione dell’impugnazione. Un attore aveva agito in giudizio chiedendo si accertassero i diritti della propria madre – deceduta quindici anni prima -, quale socia di una s.n.c., sciolta da altri soci che si erano impossessati del patrimonio, di cui si chiedeva la divisione. La domanda era stata rigettata e aveva proposto appello l’avvocato dell’attore, in nome e per conto di questo, il quale era deceduto. Il gravame era stato dichiarato improcedibile perché non proveniente da alcuna delle parti del giudizio di primo grado, condannando in proprio l’avvocato al pagamento delle spese del grado. Contro tale sentenza, il professionista ha chiesto la cassazione, ritenendosi abilitato dalla procura ricevuta a rappresentare l’attore originario per tutti i gradi del giudizio, anche dopo la morte del rappresentato. Inoltre, con un ulteriore motivo, il ricorrente ha affermato l’iniquità della condanna alle spese dell’avvocato, comunque non qualificabile parte” soccombente del giudizio di primo grado. Si è negato che delle spese di causa possa rispondere il difensore Questa sezione, pur aderendo all’orientamento giurisprudenziale nel senso del permanere della legittimazione processuale del difensore, anche in caso di morte della parte che abbia rilasciata la procura da ritenere comunque efficace nell’ambito del grado in cui è stata conferita, non ha condiviso il principio affermato dalla sentenza S.U. n. 10706/2006, per quanto attiene alla disciplina delle spese del processo. Secondo questa pronuncia nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem , non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, [] dovendosi ritenere non corretta la condanna alle spese di lite pronunciata nei diretti confronti del difensore della parte soccombente, dovendo solo questa rispondere di tali spese , che dovranno, quindi, essere pagate dagli eredi del soggetto già difeso dall’avvocato che ha agito senza poteri. Ma la questione è di nuovo in gioco. Ad avviso della Prima sezione, non sono condivisibili le conclusioni della citata sentenza delle Sezioni Unite, quando negano il potere di condannare alle spese del giudizio l’avvocato, dovendo di esse rispondere in ogni caso il solo erede della parte sostanziale, salvo il caso di mancanza originaria di procura e dei poteri rappresentativi . Per gli Ermellini, infatti, si pone comunque il problema della responsabilità degli eredi della parte sostanziale che non siano intervenuti nel processo né abbiano approvato o ratificato l’attività svolta dal difensore del loro dante causa, che ha proseguito l’azione senza mandato. Secondo i giudici della sezione, si può, forse, in tale fattispecie, ipotizzare la condanna in via diretta del difensore senza procura, unico soggetto qualificabile soccombente in difetto di una parte sostanziale che sia qualificabile come tale. Quindi, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite, affinché precisino la disciplina delle spese nel caso di prosecuzione del giudizio del difensore senza l’intervento in causa degli eredi o degli aventi causa della parte che aveva conferito la procura per la difesa ed è deceduta.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 18 settembre - 22 ottobre 2013, n. 23890 Presidente Salmé – Relatore Forte Rilevato in fatto Premesso che P S. , nel novembre 1984, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari A.V.E. , C G. , A A.G. , A.C.M. , Ad Ca. e R A. , e chiedeva sì accertassero i diritti di sua madre E A. , deceduta quindici anni prima, quale socia della s.n.c. Giuseppe Atlante fu Pasquale, sciolta da altri soci che si erano impossessati del patrimonio della società,costituito da un fabbricato in OMISSIS di cui chiedeva la divisione e che la sua domanda era rigettata con sentenza del 30 dicembre 2004, contro la quale ha proposto appello l'avv. C. , in nome e per conto dello S. dopo il decesso di questo in data omissis , gravame dichiarato improcedibile perché non proveniente da alcuna delle parti del giudizio di primo grado, dalla Corte d'appello di Bari, con pronuncia del 30 maggio - 22 giugno 2006 che negava che l'appello potesse ritenersi proposto dagli eredi della parte soccombente in primo grado, in quanto prospettato dallo S. rappresentato e difeso dall'avv. G C. , che aveva giustificato la sua condotta con la ultraattività del mandato a lui conferito, dopo quindici anni dalla morte della parte difesa, senza tener conto dell'estinzione dei suoi poteri rappresentativi ai sensi dell'art. 1722 n. 4 c.c. in tal senso, cfr. Cass. 24 maggio 2004 n. 9915 e 24 giugno 2003 n. 10000 . Rilevato che la Corte d'appello di Bari, con sentenza del 22 giugno 2006, ha dichiarato improcedibile il gravame proposto dall'avv. G C. , perché non legittimato da procura della parte sostanziale, non essendosi costituiti in giudizio gli eredi dello S. , condannando in proprio l'avvocato che ha proposto l'appello senza rappresentanza, per l'estinzione dei poteri a lui conferiti per morte del rappresentato, al pagamento delle spese del grado, a titolo di responsabilità aggravata e ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in favore delle controparti costituite in appello A.G.A.M. , M A.C. e di A.A. e che della sentenza che precede della Corte di merito il professionista ha chiesto la cassazione con ricorso di tre motivi, notificato il 17 novembre 2006, cui resistono, con controricorso notificato il 20 dicembre 2006, le prime due appellate costituite nel grado precedente, che hanno anche depositato memoria illustrativa delle loro difese ai sensi dell'art. 378 c.p.c Preso atto che il ricorso per cassazione dell'avv. C. deduce, con il primo motivo, violazione dell'art. 1722 n. 4 c.c. e dell'art. 300 c.p.c., ritenendosi abilitato dalla procura ricevuta a rappresentare lo S. per tutti i gradi del giudizio, anche dopo la morte del rappresentato, che non rileva sul piano processuale se non dichiarata o comunicata dal difensore nei modi dell'art. 300 c.p.c., e, in secondo luogo, denuncia la disapplicazione degli artt. 75 e 83 c.p.c. e dei principi generali sulle parti sostanziali e quelle processuali e in materia di validità della procura, anche ai sensi dell'art. 132 c.p.c., le la insufficiente motivazione della decisione, che non distingue l'ipotesi della nullità, inesistenza o mancanza della procura da quella della sopravvenuta inefficacia anche per morte della parte sostanziale, perché in questo caso, permane il potere di difesa dell'avvocato per il prosieguo del processo in tal senso, cita Cass. S.U. 10 maggio 2006 n. 10706 e infine con il terzo motivo afferma la iniquità della condanna alle spese dell'avvocato, comunque non qualificabile parte soccombente del giudizio di primo grado. Osserva in diritto Questa sezione semplice, pur aderendo ai principi di diritto richiamati in ricorso e all'orientamento della giurisprudenza delle sezioni unite nel senso del permanere della legittimazione processuale del difensore, anche in caso di morte della parte che abbia rilasciata la procura da ritenere comunque efficace nell'ambito del grado in cui è stata conferita, non condivide, ai sensi dell'art. 374, 3 comma, c.p.c., il principio affermato dalla citata sentenza delle sezioni unite n. 10706 del 2006, per quanto attiene alla disciplina delle spese del processo, secondo il quale nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, perché l'attività processuale dell'avvocato deriva da una procura che è idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo e può quindi essere anche condannata al pagamento delle spese, dovendosi ritenere non corretta la condanna alle spese di lite pronunciata nei diretti confronti del difensore della parte soccombente, dovendo solo questa rispondere di tali spese , che dovranno quindi essere pagate dagli eredi del soggetto già difeso dall'avvocato che ha agito senza poteri. Nella sentenza delle sezioni unite sopra citata, relativa ad un caso analogo a quello di cui al presente processo, in cui vi era stato il decesso della parte difesa prima della proposizione dell'impugnazione ed ha proposto appello il difensore ormai privo di poteri rappresentativi, per il decesso del soggetto che glieli aveva conferiti per l'intero giudizio nel corso del primo grado di causa, si è negato che delle spese di causa possa rispondere il difensore in luogo della parte sostanziale identificata nell'erede del rappresentato, da condannare alle spese in luogo di quest'ultimo, negandosi che il difensore possa mai assumere la qualità di parte e rispondere in proprio delle spese, in quanto lo stesso non può mai qualificarsi soccombente, essendo tale solo il soggetto in nome del quale l'avvocato ha proposto senza procura la impugnazione o i suoi eredi, sulla scia di quanto enunciato nella citata pronuncia delle sezioni unite di questa Corte che non è condivisa su tale punto. Ad avviso di questa sezione, non sono condivisibili le conclusioni della citata sentenza delle sezioni unite, quando negano il potere di condannare alle spese del giudizio l'avvocato, dovendo di esse rispondere in ogni caso il solo erede della parte sostanziale, salvo il caso di mancanza originaria di procura e dei poteri rappresentativi, nel quale solamente il difensore potrà rispondere dì detti esborsi per responsabilità aggravata e ai sensi dell'art. 96 c.p.c., per avere gestito la causa nonostante la carenza dei poteri di difesa, ponendosi comunque il problema della responsabilità degli eredi della parte sostanziale che non siano intervenuti nel processo né abbiano approvato o ratificato l'attività svolta dal difensore del loro dante causa, che ha proseguito l'azione senza mandato, potendosi forse, in tale fattispecie, ipotizzare la condanna in via diretta del difensore senza procura, unico soggetto qualificabile soccombente in difetto di una parte sostanziale che sia qualificabile come tale. Deve quindi rimettersi la questione di cui sopra alle sezioni unite di questa Corte, perché vogliano eventualmente precisare la disciplina delle spese nel caso di prosecuzione del giudizio del difensore senza l’intervento in causa degli eredi o degli aventi causa della parte che aveva conferito la procura per la difesa ed è deceduta, dovendosi in parte precisare, anche ai sensi dell'art. 374 c.p.c., la motivazione della citata pronuncia delle sezioni unite n. 10706 del 2006, in ordine al punto, non condiviso da questa sezione, per il quale devono rispondere delle spese di causa comunque gli eredi della parte deceduta, anche se non abbiano proseguito il giudizio, ai quali non può in alcun modo attribuirsi la condotta processuale del difensore da qualificare mero abuso dei poteri conferiti a questo dal loro dante causa. P.Q.M. Ordina trasmettersi gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione, perché assegni la causa alle sezioni unite civili, ai sensi dell'art. 374, 3 comma, c.p.c., per chiarire il principio di diritto di cui in motivazione relativo alla condanna alle spese di causa dei soli eredi delle parti sostanziali, quando il giudizio sia proseguito dal difensore privo di poteri, per morte del soggetto già da lui difeso, quando gli eredi di questo non si siano costituiti ed abbiano con tale condotta manifestato il loro disinteresse alla prosecuzione del processo.