L'impugnazione della delibera assembleare va distinta dalla contestazione degli atti attuativi

Ove si vada a contestare le modalità attuative di una delibera assembleare, detta azione può essere azionata anche in assenza di impugnazione della delibera stessa.

Nel caso in cui si operi la trasformazione di una società in S.p.A. è lecito assegnare le nuove azioni in misura proporzionale all'utilità apportata da ciascun socio tra dette utilità possono essere computate anche quelle che - pur materialmente versate da un terzo soggetto - siano effettivamente attribuibili ad un socio. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 23438 del 16 ottobre 2013. Il caso . L'assemblea di una società mutua assicuratrice deliberava la trasformazione in Società per azioni, inoltre, disponeva che a ciascun socio fossero assegnate le nuove azioni in proporzione dei premi versati nell'arco di un decennio utilità portate dal socio in favore della mutua assicuratrice . Uno dei soci conveniva in giudizio la S.p.A. affermando che taluni premi versati non erano stati considerati, quindi, era stato a lui assegnato un numero di azioni inferiore rispetto a quelle effettivamente dovute, dunque, chiedeva l'assegnazione delle azioni nel numero corretto. La compagine societaria si costituiva in giudizio sostenendo che la domanda era inammissibile perché detta opposizione doveva essere formulata con impugnazione della delibera assembleare che aveva provveduto ad assegnare le azioni, mentre, nel merito, riteneva non fondata la pretesa atteso che le somme cui parte attrice si riferiva erano state versate da un terzo soggetto. Il tribunale accoglieva la domanda del socio e condannava la società ad assegnare all'attore il numero corretto di azioni. La corte d'appello confermava la sentenza di primo grado. La S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione. Impugnazione giudiziale delle delibere assembleari. La S.C. ha chiarito che, nel giudizio di legittimità, l'impugnazione della delibera assembleare deve avvenire secondo modalità ben definite, ovvero, riportare parola per parola il testo della delibera che si intende impugnare, indicare con precisione i criteri ermeneutici che si assumono disattesi, nonché, individuare i punti in cui il giudice di merito si sia discostato dall'interpretazione che il ricorrente assume essere corretta. Di contro, è escluso che l'impugnazione possa concretizzarsi nella mera prospettazione di una soluzione interpretativa diversa ed alternativa rispetto a quella proposta dal giudice del merito. Nel caso di specie, il ricorso formulato dalla società appare non conforme ai criteri indicati. Impugnazione del contenuto della delibera assembleare e contestazione delle modalità attuative. Il giudice territoriale, nell'accogliere la domanda dell'attore, chiariva che l'azione posta in essere non era qualificabile come impugnazione della delibera assembleare dovendo invece intendersi come contestazione delle modalità attuative della stessa. Più concretamente, il socio non contestava la modalità di assegnazione delle nuove azioni ma soltanto il computo concretamente realizzato. Osservava ancora la corte d'appello che la delibera cui parte convenuta-ricorrente faceva riferimento, si limitava a fissare il criterio da seguire per effettuare l'assegnazione delle nuove azioni, mentre, tanto il computo quanto l'effettiva assegnazione era avvenuta in momento successivo. Tale ultima circostanza rendeva impossibile l'impugnazione della delibera il cui contenuto non era oggetto di contestazione essendo invece contesa la sua attuazione concreta. Dunque, l'impugnazione della delibera assembleare non era necessaria. La S.C. ha ritenuto tale decisione legittima, logicamente e correttamente motivata. Assegnazione delle nuove azioni. La società convenuta, ai fini del calcolo delle nuove azioni da assegnare, non aveva conteggiato taluni premi perché, a suo dire, non risultavano versati dal socio bensì da un terzo. Il giudice territoriale respingeva tale interpretazione e chiariva che l'intento della delibera che regolava l'assegnazione delle nuove azioni, corrispondeva alla volontà di riconoscere una partecipazione proporzionata all'utilità apportata dal socio alla società originaria. Detto rapporto di cambio ben poteva tener conto di utilità che, pur apportate da terzi soggetti, erano, come nel caso in commento, comunque attribuibili al socio-attore. Sul punto, osserva la S.C., parte ricorrente non ha fornito prova contraria, mentre, la corte d'appello - ancora una volta - ha logicamente e compiutamente motivato la sua decisione. Per tutte queste ragioni, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso condannando la società ricorrente al pagamento delle spese.Â

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 giugno - 16 ottobre 2013, n. 23438 Presidente Salmè – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Nell'assemblea straordinaria del 30 dicembre 1997 la Meie Assicurazioni - Società Mutua di Assicurazioni deliberò di trasformarsi da società mutua assicuratrice in società per azioni sulla base di un progetto che prevedeva l'assegnazione ad ogni socio di una quota partecipativa per ogni 10.000 lire di premi versati nel periodo tra 25 gennaio 1987 e il 24 gennaio 1997 e per ogni quota partecipativa un'azione ordinaria della nuova società del valore nominale di 200 lire. 2. In esecuzione di tale progetto di trasformazione della società erano state assegnate al socio P C.S. 843 azioni corrispondenti all'importo dei premi da lui versati direttamente alla MEIE lire 8.434.206 mentre non gli era stato riconosciuto l'importo lire 32.608.186 dei premi versato dalla Telecom, di cui il C.S. era stato dipendente, sulla base degli accordi intercorsi con la RSA Dirigenti della società Telecom che aveva assunto a proprio carico i costi di esercizio delle autovetture che un certo numero di dirigenti si era impegnato a utilizzare nello svolgimento dell'attività lavorativa. 3. Con atto di citazione del 27 dicembre 1999 C.S.P. ha convenuto in giudizio la MEIE Ass.ni s.p.a. chiedendone la condanna ad assegnargli anche le 3.260 azioni corrispondenti ai premi versati da Telecom Italia. 4. Si è costituita in giudizio la MEIE e ha eccepito l'inammissibilità delle domande sul presupposto della mancata tempestiva impugnazione della delibera che aveva approvato il piano di trasformazione della società e di assegnazione delle azioni. Nel merito la società convenuta ha contestato il diritto dell'attore alla intestazione delle azioni corrispondenti a premi versati da Telecom e come tali non di sua spettanza. 5. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 4 giugno 2003, ha accolto la domanda e dichiarato tenuta la MEIE ad assegnare 2.573 azioni ordinarie al C.S. . 6. Contro la sentenza sono stati proposti appello principale da parte della Aurora Assicurazioni s.p.a. subentrata alla MEIE Assicurazioni s.p.a. e alla MEIE Aurora Assicurazioni s.p.a. e appello incidentale dal C.S. . La società appellante ha insistito nell'affermare la inammissibilità della domanda perché proposta senza aver impugnato tempestivamente la delibera assembleare che, nonostante il contrario avviso del Tribunale, aveva definito chiaramente i criteri di assegnazione delle azioni ed era stata preceduta dalla diffusione di un elenco dei soci e delle azioni spettanti. Nel merito ha ribadito che le somme erano state versate dalla Telecom e non avevano affatto costituito una parte della retribuzione come dimostrava il riscontro della documentazione fiscale. 7. Il ricorrente incidentale ha lamentato il mancato accoglimento della sua domanda di risarcimento danni. 8. La Corte di appello ha respinto entrambi gli appelli. Nella motivazione la Corte milanese ha ribadito che l'azione proposta dal C.S. aveva avuto per oggetto la contestazione avverso le modalità di attuazione della delibera e non l'impugnazione della delibera e ciò escludeva pertanto la fondatezza dell'eccezione di inammissibilità. Ha ritenuto la domanda fondata in quanto l'appartenenza alla società MEIE si basava sulla qualità di assicurato e solo in favore degli assicurati e soci della MEIE Mutua di Assicurazioni poteva quindi essere riconosciuta la qualità di soci della costituenda MEIE Assicurazioni s.p.a. Ha escluso la possibilità di accogliere l'appello incidentale rilevando il carattere di domanda subordinata attribuito in primo grado dal C.S. alla sua richiesta risarcitoria. 8. Ricorre per cassazione Aurora Assicurazioni s.p.a. affidandosi a tre motivi di ricorso. 9. Si difende con controricorso P.P C.S. . Ritenuto che 10. Con il primo motivo di ricorso si contesta come erronea l'interpretazione della Corte di appello circa la natura dell'azione svolta dal C.S. e il conseguente rigetto dell'eccezione di inammissibilità sia sotto il profilo della violazione degli artt. 2377 e segg. c.c. e dei principi generali e delle norme in tema di impugnazione delle delibere assembleari che del difetto di motivazione. 11. Va richiamata in primo luogo la giurisprudenza di questa Corte cfr. fra le altre Cass. sezione lavoro n. 29322 del 15 dicembre 2008 e n. 13711 del 12 giugno 2007 , in tema di delibere di enti, secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di delibere, è necessario - in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso - che il testo di tali atti sia interamente trascritto e che siano, inoltre, dedotti i criteri di ermeneutica asseritamente violati, con l'indicazione delle modalità attraverso le quali il giudice di merito se ne sia discostato, non potendo la relativa censura limitarsi ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza. Sotto entrambi i profili il ricorso appare generico e carente di elementi che consentano un suo esame specifico. 12. Per altro verso la Corte di appello ha ritenuto che le deduzioni della società ricorrente non abbiano reso affatto evidente e univoca l'interpretazione della delibera nel senso ribadito ora con il ricorso per cassazione. In particolare la Corte territoriale ha escluso che la delibera abbia inteso attribuire ai singoli soci le azioni corrispondenti ai premi sottoscritti in una misura chiaramente evidenziata con l'indicazione delle azioni spettanti ad ogni socio e che da tale indicazione conseguisse l'onere per i soci di contestare con l'impugnazione una attribuzione di azioni non corrispondente al diritto commisurato in base ai criteri fissati con la stessa delibera. Tanto meno la Corte di appello ha ritenuto pacifica l'interpretazione, perorata dalla società ricorrente, consistente nel ritenere evidente una univoca presa di posizione sulla questione dei premi versati da soggetti terzi ma relativi a posizioni assicurative beneficiate dai soci. Conseguentemente la Corte di appello ha escluso che l'azione proposta fosse qualificabile come impugnazione di delibera assembleare ovvero che, in ogni caso, fosse necessaria una impugnazione della delibera contestuale alla proposizione della domanda di attribuzione delle azioni corrispondenti ai premi versati da Telecom Italia. Tale motivazione oltre che coerente dal punto di vista logico appare esauriente, per quanto si è detto, con riferimento al riscontro degli elementi documentali. Né può ritenersi carente la motivazione per non aver tenuto in considerazione l'elemento fattuale della disponibilità, al momento del voto, di un elenco dei soci con il corrispondente ammontare delle azioni assegnate. A tale proposito va rilevato che sotto il profilo dell'affidamento doveva risultare chiaro il contenuto deliberativo consistente nel fissare irrevocabilmente con la deliberazione le azioni di spettanza dei soci il che avrebbe dovuto quanto meno presupporre una incorporazione dell'elenco nel testo della delibera e la indicazione della efficacia di tale inclusione. In altri termini doveva risultare inequivoca la volontà assembleare di deliberare anche sulla concreta ripartizione delle azioni e non solo sui criteri di attribuzione. Pertanto anche sotto questo specifico profilo la motivazione appare logica e coerente. 13. Con il secondo motivo di ricorso si contesta come erronea l'interpretazione della Corte di appello circa i criteri di determinazione delle quote e di assegnazione delle azioni della MEIE, sia sotto il profilo della violazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti 1362 e segg. c.c. , se le delibere assembleari si interpretano secondo i principi in materia contrattuale, sia sotto il profilo della violazione delle norme in tema di partecipazione alle mutue assicuratrici 2546 c.c. e dei principi generali in materia di società di capitali ed emissioni di azioni 2346 c.c. . Viene inoltre dedotto il difetto di motivazione laddove la Corte di appello afferma il carattere vincolante della qualità di socio, ai fini dell'attribuzione delle azioni, e laddove non ritiene rilevante la circostanza pacifica del pagamento dei premi da parte di Telecom e quella della omessa dichiarazione ai fini fiscali di tali premi in quanto parte integrante della retribuzione del C. . 14. Il motivo non indica chiaramente per quali ragioni ritiene violate le norme indicate. In ogni caso va affermato che il criterio ritenuto dalla Corte di appello, come quello corrispondente a una interpretazione della delibera conforme alle norme societarie e in tema di contratto di assicurazione, e in particolare agli articoli 2346 e 2546 del codice civile, appare del tutto corretto perché si incentra sull'assegnazione delle azioni commisurata al conferimento da parte dei soci e rende compatibile e logica l'attribuzione delle azioni ai soci anche in relazione ai premi pagati con versamenti effettuati da terzi perché comunque riferibili alla posizione dei soci destinatari dell'utilità corrispondente al versamento del premio. Anche sotto il profilo motivazionale le censure della ricorrente non appaiono cogliere nel segno perché dalla motivazione emerge chiaramente che la Corte di appello ha ritenuto l'insistenza della ricorrente sul dato testuale della attribuzione delle azioni, sulla base del versamento dei premi, inidonea a enucleare una chiara volontà societaria di prescindere dall'ulteriore criterio legale della possibilità di godere dei servizi della mutua assicuratrice solo in seguito all'assunzione della qualità di socio. Di conseguenza ha ritenuto la Corte territoriale che se la delibera ha fatto riferimento al versamento dei premi lo ha fatto riferendosi ai soci e tale valutazione sulla base delle considerazioni fatte sinora non può ritenersi né illogica né immotivata se estesa alla ipotesi per cui si controverte. Non si vede poi perché la Corte di appello avrebbe dovuto valutare la dichiarazione dei premi ai fini fiscali da parte del C. , come elemento della sua retribuzione dato che tale elemento è stato correttamente ritenuto del tutto ultroneo rispetto al rapporto società mutua - socio. 15. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, infine, come erronea l'interpretazione della Corte di appello circa la natura dei contratti di assicurazione stipulati da Telecom in favore del sig. C.S. sotto il profilo della violazione delle norme in tema di contratto di assicurazione 1882 e segg. c.c. . 16. Anche in questo caso l'indicazione della violazione di legge è del tutto generica. La circostanza per cui, a seguire l'interpretazione della Corte di appello si finirebbe per ritenere occorso, fra Telecom e Aurora, un contratto di assicurazione per conto altrui non comporta, per altro verso, né l'incongruità dell'interpretazione recepita dalla Corte di appello né la violazione di norme in materia di assicurazione e in particolare dell'art. 1891 c.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 5.200 Euro di cui 200 per spese.