Il giudice d’appello rigetta il gravame: può modificare la decisione sulle spese?

Il giudice di appello che rigetti il gravame non può, in assenza di uno specifico motivo di impugnazione in ordine alla decisione sulle spese processuali, modificare tale statuizione, compensando tra le parti le spese del giudizio di primo grado.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 23226, depositata il 14 ottobre 2013. Il caso. In un giudizio proposto contro una società di telecomunicazioni per risarcimento di danni da infissione di pali nella proprietà degli attori, il Tribunale, nel rigettare l’appello proposto dalla convenuta contro la sentenza del Giudice di Pace che l’aveva condannata ai danni e alle spese processuali, aveva compensato per intero tra le parti le spese del doppio grado. Contro questa sentenza, gli attori hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’art. 92 c.p.c., in quanto, pur avendo rigettato l’appello, ha riformato, compensando, la statuizione sulle spese del giudice di primo grado, che non poteva essere modificata, una volta che l’appello era stato rigettato e non vi era appello incidentale sul punto. Per la Suprema Corte il motivo è fondato. L’onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite. Gli Ermellini hanno chiarito che la soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, deve essere stabilita in base a un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 c.p.c. il giudice di merito che ritenga la parte come soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado. Il giudice d’appello può procedere d’ufficio a un nuovo regolamento delle spese in caso di riforma, anche parziale, della sentenza impugnata. Piazza Cavour ha dichiarato che in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Pertanto, il ricorso è stato accolto, la sentenza cassata e, decidendo la causa nel merito, il Collegio ha confermato la statuizione del primo giudice sulle spese di primo grado.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 26 settembre - 14 ottobre 2013, n. 23226 Presidente Finocchiaro – Relatore Segreto Fatto e diritto Considerato che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati. osserva In un giudizio proposto da T.A. e G.G. contro la Telecom Italia s.p.a. per risarcimento di danni da infissione di pali nella loro proprietà, il Tribunale di Paola, sez. dist. Di Scalea, nel rigettare l'appello proposto dalla convenuta avverso la sentenza del giudice di pace che aveva condannata la convenuta s.p.a. ai danni ed alle spese processuali, compensava per intero tra le parti le spese del doppio grado. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli attori. Resiste con controricorso la Telecom Italia s.p.a 2. Con l'unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che l'impugnata sentenza ha violato l'art. 92 c.p.c., in quanto, pur avendo rigettato l'appello, ha riformato, compensando, la statuizione sulle spese del giudice di primo grado, che non poteva essere modificata, una volta che l'appello era stato rigettato e non vi era appello incidentale sul punto. 3. Il motivo è manifestamente fondato. Infatti il giudice di appello che rigetti il gravame non può, in assenza di uno specifico motivo di impugnazione in ordine alla decisione sulle spese processuali, modificare tale statuizione, compensando tra le parti le spese del giudizio di primo grado. Corollario di quanto sopra è che il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione. Invero, la soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, deve essere stabilita in base ad un criterio unitario e globale sicché viola il principio di cui all'art. 91 cod. proc. civ. il giudice di merito che ritenga la parte come soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado. Peraltro, il criterio di individuazione della soccombenza deve essere unitario e globale anche qualora il giudice ritenga di giungere alla compensazione parziale delle spese di lite per reciproca parziale soccombenza, condannando poi per il residuo una delle due parti in tal caso, l'unitarietà e la globalità del suddetto criterio comporta che, in relazione all'esito finale della lite, il giudice deve individuare quale sia la parte parzialmente soccombente e quella, per converso, parzialmente vincitrice, in favore della quale deve essere liquidata quella parte delle spese processuali che sia residuata all'esito della disposta compensazione parziale. La fondatezza manifesta del motivo è riconosciuta dalla stessa intimata. Pertanto, va accolto il ricorso, va cassata, in relazione l'impugnata sentenza, nella parte in cui statuisce sulle spese di primo grado . 4. Ritenuto che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione che va accolto il primo motivo di ricorso che va cassata in relazione l'impugnata sentenza l'impugnata sentenza e che, decidendo la causa nel merito, va confermata la statuizione del primo giudice sulle spese di primo grado che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa l'impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, conferma la statuizione del primo giudice sulle spese di primo grado. Condanna la resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dai ricorrenti, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.